L'ANALISI

La Buona Scuola due anni dopo, luci e ombre della riforma

Questo è forse il momento più critico della scuola italiana, in cui a fronte di grandi finanziamenti ci si trova impreparati, per carenze strutturali, organizzative, infrastrutturali. La macchina verso la digitalizzazione della scuola è stata avviata, non senza difficoltà, ma la strada è ancora lunga

Pubblicato il 12 Mag 2017

Dianora Bardi

ImparaDigitale

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A due anni dal debutto della Buona Scuola è tempo di bilanci.
La macchina verso la digitalizzazione della scuola è stata avviata, non senza difficoltà e con qualche perplessità da parte della comunità scolastica. Ma è solo una parte del percorso da fare, per certi versi inutile se non affrontato integralmente.
L’addestramento alle tecnologie è stato molto incisivo,  la formazione invasiva. Si continua  a parlare di coding, di robotica, di competenze digitali di creatività, di internet delle cose, di making, di uso positivo e consapevole dei media. Chi può negare l’importanza di tutto ciò? Ma forse non basta e dobbiamo, ora, fermarci a riflettere.
Il contesto in cui ci stiamo muovendo è ancora pesantemente improntato a una didattica tradizionale, la lezione frontale: ci stiamo sforzando di rendere protagonista lo studente del proprio percorso di apprendimento, ma non siamo capaci di modificare gli ambienti, non abbiamo ancora compreso come far entrare il pensiero computazionale nella didattica giornaliera, come integrare la nostra cultura tradizionale con la “scuola dell’innovazione”, come far acquisire competenze rivalutando le conoscenze, come rendere abilitanti i nuovi strumenti. Ma allo stesso tempo il vecchio caro libro rimane e rimarrà la fonte dominante e univoca del nostro sapere e non riusciamo ad abbandonare quel ruolo di docente monodimensionale che eroga contenuti.
Come docenti ci viene invece richiesto un profondo  cambiamento, nella didattica, nel nostro agire in classe, nella progettazione. Moltissimi insegnanti hanno cercato di comprendere, si sono aggiornati, informati,  ma al momento della valutazione è più semplice ritornare agli apprendimenti, relegando la valutazione delle competenze al solo comportamento.
Si vogliono potenziare le competenze di base, anche disciplinari ma tutto in orario rigorosamente extrascolastico (come si evince dai bandi PON), che fa nascere una scuola “altra”, a due velocità, che lascia inalterata la scuola tradizionale del mattino, trasferendo l’innovazione, per coloro che hanno la possibilità di seguire queste lezioni, in momenti che  i docenti vivono come distaccati dalla propria vita quotidiana in classe.
Questi sono solo alcuni dei dubbi e delle problematiche che giornalmente ascoltiamo come formatori di ImparaDigitale andando in giro per l’Italia, quando incontriamo migliaia di docenti che ci rivolgono sempre le stesse domanda: ora, che ho imparato a usare la tecnologia, cosa devo fare nel momento in cui entro in classe con i miei studenti? Come interagisco e progetto con il mio consiglio di classe in cui altri docenti vogliono rimare legati alla didattica tradizionale? Se il mio dirigente non vuole il cambiamento, come posso portare avanti l’idea del digitale? Come posso svolgere il programma e contemporaneamente dedicare spazio alla progettazione o ad attività con le tecnologie? Dopo sette anni dall’introduzione dei tablet nella scuola,  quale tecnologia è meglio usare ma soprattutto per quale scuola?
A queste e a tante altre domande si devono dare risposte e una prima considerazione è essenziale: ora si deve cambiare paradigma e rimettere al centro la didattica, quella didattica che permetterà l’acquisizione delle competenze, che deve diventare la base di nuove organizzazioni e  di nuove politiche scolastiche, di nuovi rapporti con il territorio e  con le famiglie, quelle competenze senza le quali i nostri studenti saranno sempre “dotti”, solitari nella loro cultura, incapaci di intessere relazioni, incapaci di costruire progettualità. Senza questa contestualizzazione il digitale non diverrà abilitante e, sia pur pervasivo, rimarrà relegato a pochi attimi, a pochi momenti, a poche situazioni. Ma questa non è e non può essere la scuola del futuro.
Questo è forse il momento più critico della scuola italiana, in cui a fronte di grandi finanziamenti ci si trova impreparati, per carenze strutturali, organizzative, infrastrutturali. Una scuola in cui il personale scolastico è soffocato dalla quotidianità e dalla burocrazia, guarda con terrore ogni progetto o sollecitazione che  implichi ulteriore lavoro, in cui si richiede di inserire nuove tecnologie senza avere personale tecnico a disposizione, dove tutto corre ora molto in fretta, forse troppo.
Ed è allora giusto fermarsi, riflettere, dibattere, esprimere le proprie perplessità, delineare linee guida, mettere a sistema esperienze consolidate. E’ ora di dare la voce alla base, a quella scuola che ha bisogno di conferme e di indirizzi chiari, ma che soprattutto desidera mettere al centro del dibattito il Dirigente scolastico, i rappresentanti di tutta la comunità scolastica, compresi quei genitori che non comprendono più dove la scuola e i propri figli stanno andando e che forse desiderano rimanere ancorati ad antiche e rassicuranti certezze. Ma che soprattutto si rivolge al  docente, a quel docente che vuole colmare un gap sempre più  ampio con i propri studenti, che vorrebbe ridare loro fiducia, coinvolgimento, entusiasmo. Si rivolge ai ragazzi sempre più lontani dal mondo reale che trovano nell’immaterialità nuovi modi e nuovi mondi per fare gruppo per conoscersi per esistere. Sempre più annoiati, sempre più distaccati, sempre più passivi.
Da queste riflessioni è nato l’evento che si svolgerà a Bergamo il 16 Maggio “Verso gli stati generali della scuola”, una giornata in cui si parlerà di scuola a 360 gradi, in cui verrà restituito il risultato del monitoraggio sulle metodologie attive nella didattica all’interno di una didattica per competenze, uno studio svolto sui docenti che progettano con la piattaforma del Curriculum mapping ideata da Imparadigitale, in cui alcuni rappresentanti dell’Industria 4.0 evidenzieranno le richieste del mondo del lavoro, dove verrà simulato un colloquio di lavoro grazie alla collaborazione con CIsco, dove verranno premiati i vincitori delle Olimpiadi nazionali del videogioco nella didattica e degli hackathon svolti nel corso delle tappe del Tablet school (11 tappe italiane a cura di ImparaDigitale). Ma soprattutto in cui tutte queste problematiche saranno al centro di dibattiti e di analisi divisi in 14 tavoli di lavoro senza relatori, ma solo con facilitatori e verbalizzatori (che si sono proposti  dalla rete).
La presenza del ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli e del suo team dirigenziale permetterà al confronto di essere sempre più diretto e condiviso. I risultati del dibattito die tavoli saranno inseriti direttamente su una piattaforma i cui contenuti verranno rielaborati e saranno consegnati entro pochissimi giorni al MIUR e ai rappresentanti del Parlamento italiano.
Un nuovo modo di confronto e di condivisione per permettere a tutti di raccontare e raccontarsi, essere ascoltati e interagire con quelle istituzioni che delineano il futuro della scuola e della società italiana.

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