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Odiare la DAD? Ma se si apprende peggio, la colpa non è del digitale

L’elogio della presenza che da più parti viene fatto in questi giorni riguardo il ritorno a scuola è davvero la soluzione definitiva? Se c’è stato un peggioramento nelle performance degli studenti, è davvero tutta colpa della Dad? Sfatiamo qualche mito

Pubblicato il 08 Set 2021

Paolo Ferri

Professore Ordinario di Tecnologie della formazione, Università degli Studi Milano-Bicocca

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“A settembre si tornerà tutti in presenza”, la scuola deve essere solo in presenza, con il green pass per i docenti ma solo in presenza. Anche l’università si allinea, negli Atenei green pass anche per gli studenti e lezioni in presenza ma disponibili in streaming per alcune fasce di studenti (quelli affetti da Covid, i non vaccinabili, gli stranieri e in alcune università quelli residenti fuori regione). Ovviamente sono vaccinato e sollecito tutti a vaccinarsi al più presto ma siamo sicuri che questo elogio della presenza, anche se in sicurezza, sia davvero la soluzione per la scuola e l’università italiana?

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I dati INVALSI 2020-2021: un netto peggioramento degli apprendimenti

Parrebbe così, ad una prima lettura dei dati INVALSI, resi noti il 14 di luglio sugli Apprendimenti rilevati nell’anno scolastico 2020-2021[1]. fatta salva la scuola primaria che ottiene risultati del tutto comparabili con quelli dell’anno scolastico 2018-2019.

Il risultato negativo della scuola italiana, o meglio della risposta della scuola italiana alla pandemia è evidente[2] sia nella scuola superiore di primo sia in quella di secondo grado. In due anni scolastici gli apprendimenti verificati in italiano e matematica hanno subito, in questi ordini di scuole una netta diminuzione, in particolare nella secondaria superiora.

Come vedremo, però, il paradosso statistico di Edward Hugh Simpson (Clifford H., Wagner, 1982) non si manifesta solo nel caso dei dati relativi al Sars Covid-19 ma anche in quello di quelli relativi all’uso delle tecnologie digitali nella didattica.

Rispetto ai nostri competitor europei e internazionali USA, Olanda e Inghilterra che hanno riscontrato un divario negli apprendimenti di circa due mesi di scuola[3], i dati italiani nelle superiori di primo e secondo grado sono peggiori. I test INVALSI delle studentesse e degli studenti delle scuole secondarie di primo grado mostrano “in italiano un perdita media di 4 punti, in matematica di 7 avrebbero dunque perso circa 2 mesi in italiano e 4 in matematica” rispetto al 2018-2019.

Figura 1. Peggioramenti in Italiano e matematica nel terzo anno della scuola superiore di primo grado (Fonte Presentazione Roberto Ricci Responsabile Area Prove INVALSI – Presentazione Risultati INVALSI 2021 (invalsiopen.it)

Più evidente è il tracollo della scuola superiore di secondo grado dove il divario “In media la diminuzione in italiano è di 10 punti e in matematica di 9: oltre 5 mesi equivalenti di scuola in meno rispetto alle coorti precedenti in entrambi i casi” (Gavosto. Romano, 2021).

Figura 2. Peggioramenti in Italiano e matematica nel quinto anno della scuola superiore di secondo grado Fonte Presentazione Roberto Ricci Responsabile Area Prove INVALSI – Presentazione Risultati INVALSI 2021 (invalsiopen.it)

Forti anche le differenze territoriali alcune regioni hanno il 70 per cento e più delle studentesse e degli studenti che è sotto il livello minimo (Puglia, Sicilia, Calabria e Campania) con un ritardo medio di 49 punti rispetto al Nord: oltre tre anni di scuola secondo lo stesso INVALSI. Sorprendentemente, poi, perdono terreno nei confronti della media anche le regioni del Nord-Est, storicamente le prime della classe (Gavosto. Romano, 2021). Il fatto è che i risultati delle prove dell’anno scolastico 2018-2019, senza il Covid, non erano affatto soddisfacenti nel confronto con gli altri paesi sviluppati anzi la scuola italiana dopo la lettura dei dati di allora era considerata dai ricercatori della Fondazione Agnelli un “malato grave” (Gavosto, Romano, 2019).

Il paradosso di Simpson, la scuola italiana e il digitale: tutta colpa della Dad!

È qui che entra in gioco il Paradosso di Edward Hugh Simpson, che ci può far comprendere quanto sia dubbio il presunto nesso causale diretto tra Didattica e distanza (DAD) e calo degli apprendimenti durante la pandemia. Analizziamo, prima in forma sintetica, il paradosso. Edward Hugh Simpson era un giovane statistico e crittografo che tra il 1942 e il 1945 lavorò presso i laboratori di Bletchley Park sotto la guida di Alan Turing – il padre dell’informatica moderna – alla decodifica dei cifrari delle due macchine crittografiche naziste “Enigma” e “Lorentz” che tanto ruolo ebbe nella vittoria degli Alleati nella Secondo Guerra mondiale (Khan, 1991). Dopo il clamoroso successo del gruppo di Turing – ottenuto grazie alle macchine calcolatrici “Colossus”[4] e “Bomba” – Simpson completò i suoi studi statistici a Cambridge e pubblicò nel 1951 il saggio The Interpretation of Interaction in Contingency Tables dove descrive, appunto, il noto paradosso che assunse il suo cognome (Simpson, 1951). Si tratta di una situazione in cui una relazione tra due fenomeni appare modificata, o perfino invertita, dai dati presi in considerazione dal momento che non vengono presi in considerazione altri fenomeni e dati le cosiddette “variabili nascoste”. È quello che accade, a nostro avviso, quando si stabilisce un nesso causale diretto tra il calo negli apprendimenti – Dati INVALSI 2018-2019 e 2020-2021 – e le giornate svolte in DAD e non in presenza. La mia ipotesi, è che questa affermazione sia fallace perché semplifica eccessivamente il quadro e non tiene conto di alcuni dati che, appunto rimangono nascosti: ad esempio quelli relativi ai problemi che affliggevano ed affliggono la scuola italiana da prima della pandemia, indipendentemente dalla pandemia stessa. Proviamo perciò ad usare il paradosso di Simpson per comprendere come possano essere forvianti le analisi che correlano direttamente l’uso della mediazione tecnologica nella didattica (durante la DAD) al calo degli apprendimenti.

Le “variabili nascoste” che pesano sull’apprendimento

Per provare a dimostrare la nostra ipotesi prendiamo in considerazione le variabili “nascoste” che inficiano la conclusione esposta più sopra[5]. Queste variabili sono, invece, ben presenti nelle misure previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza di Draghi, per il rilancio della scuola italiana:

La carenza se non l’assenza di banda larga

Il PNRR prevede il completamento e/o l’attuazione, nei molti territori che non ne fruiscono ancora, del piano “Scuola connessa” per garantire la connessione in fibra a 1 Gbps ai plessi scolastici sconnessi o connessi con banda insufficiente.

L’eccesivo tasso di abbandono entro l’età dell’obbligo

Questo è stimato dal Miur (MIUR, 2019) al 3,8% nelle scuole secondarie di primo grado. Il 14,5% degli studenti italiani, poi, si ferma a questo grado di istruzione mentre la media UE è pari al 10%. L’Italia ha poi una percentuale di diplomati nella scuola superiore di secondo grado molto inferiore alla media europea: solo il 62,2% delle persone tra i 25 e i 64 anni in Italia ha almeno il diploma, nell’Ue il 78,7%. Non a caso i due ordini scolastici penalizzati nei test INVALSI 2020/2021.

La necessita di svecchiare le metodologie didattiche e il quadro delle discipline

Il PNRR prevede di riformare radicalmente le metodologie didattiche nelle scuole di secondo grado e segnatamente indica:

  • di privilegiare le metodologie attive e costruzioniste e cioè di preferire, in tutte le materie, un approccio laboratoriale e sperimentale alle discipline che sostituisca le tradizionali lezioni frontali, nozionistiche e trasmissive.
  • un maggiore orientamento al learning by doing così come alle competenze disciplinari “attive”: il problem solving, così come le abilità di comunicare e dibattere, di lavorare in gruppo.
  • È previsto inoltre nel PNRR di attuare una riforma dell’impianto dei programmi disciplinari, dove sarà data una nuova centralità alle Scienze alla Tecnologia, all’economia e alla Matematica (STEM) e al multilinguismo.

La carenza di competenze digitali del capitale umano

L’Italia è all’ultimo posto in Europa in questo ambito (Ferri, 2021), infatti, il PNRR prevede un investimento particolare dedicato alla formazione degli insegnanti sulla “Didattica Digitalmente Integrata” per migliorare le competenze digitali del personale scolastico e mettere a sistema nella scuola le esperienze condotte durante il periodo pandemico (Mantovani et al., 2021), seguendo le indicazioni dei framework europei sulle competenze digitali di cittadinanza DigComp 2.1 (per studenti) e DigCompEdu (per docenti).

Ora queste sono le “variabili nascoste” che inficiano in nesso causale diretto che imputa esclusivamente alla DAD il calo negli apprendimenti. Ma siamo sicuri che anche il numero di giorni frequentati in presenza rispetto ai giorni teorici previsti sia il fattore decisivo nel calo degli apprendimenti? Anche in questo caso i dubbi sono legittimi. Analizziamo i dati nei vari ordini di scuola grazie ad una ricerca di Save the Children che analizza il periodo tra il febbraio 2020 e il febbraio 2021.

Immagine che contiene tavolo Descrizione generata automaticamente

Figura 3. Comparazione giorni in presenza e “giorni teorici” previsti in presenza per tipo scuola in Italia. Fonte Save the Children, https://www.savethechildren.it/press/coronavirus-alcune-citt%C3%A0-italiane-studenti-aula-meno-della-met%C3%A0-del-tempo-previsto-dall%E2%80%99anno

In questo caso, come si evince dalla figura 3, i giorni in presenza svolti dagli alunni della primaria e quelli svolti dagli studenti della secondaria di primo grado sono solo leggermente inferiori se non gli stessi in almeno sei delle otto città italiane prese in considerazione dallo studio. A questo punto come si spiega il divario tra le performance nei test INVALSI tra la scuola primaria e la secondaria di secondo grado?

Conclusioni

La scuola primaria ha avuto risultati in linea con l’anno scolastico 2018-2019, le scuole secondarie di secondo grado no! Forse la correlazione tra DAD e scuola in presenza non è così diretta e molto dipende dalle “variabili nascoste” che abbiamo citato più sopra?

La scuola dell’infanzia e primaria italiana sono un “eccellenza” nel mondo, nonostante i bassi investimenti degli ultimi vent’anni nel sistema formativo italiano. Le maestre e i maestri italiani hanno la fortuna di lavorare nel solco della tradizione di Maria Montessori, Loris Malaguzzi, Don Milani, Gianni Rodari e Bruno Munari. Si tratta di una tradizione di metodologico-didattica “attivista” e costruttivista che costituisce anch’essa un unicum. Inoltre le maestre e i maestri italiani dal 1998 debbono laurearsi in corso di laurea specialistico specifico (cinque anni a ciclo unico e numero chiuso), Scienze della formazione primaria, appunto, per poter insegnare il questo ordine di scuole (Mantovani, 2002, 2010, KanizsaGelati, 2009). Lo stesso non accade per gli insegnati degli altri ordini di scuola. È forse la variabile della formazione metodologico-didattica degli insegnati e quella del contesto, invece, di quella delle ore in presenza che determina il miglioramento o il calo degli apprendimenti?

Per contro, e a rafforzare l’argomentazione precedente, la scuola secondaria di primo grado è da lungo tempo considerata come il “grande malato” della scuola italiana come dimostra ad esempio il Rapporto della Fondazione Agnelli del 2011 dal significativo titolo: La scuola media è l’anello debole dell’istruzione in Italia: analisi e proposte per ridarle una missione e far ripartire l’ascensore sociale confermato. La scuola media, oggi superiore di primo grado, veniva rappresentata nel Rapporto come troppo nozionistica, legata ad un modello didattico trasmissivo. Una tesi che negli anni successivi non è stata mai smentita né a parole né nei fatti (Fondazione Agenti 2011). È probabile che lo stesso ragionamento possa valere anche per la formazione metodologico-didattica dei docenti della scuola secondaria di secondo grado, dove la didattica disciplinare, frontale e nozionistica è la norma e le competenze digitali sono ancora molto carenti. Siamo così sicuri, dunque, che il calo negli apprendimenti dipenda solo dalla DAD?

Bibliografia

Clifford H., Wagner (1982). “Simpson’s Paradox in Real Life”, in The American Statistician36 (1), pp. 46–48.

Gavosto A., Romano B., (2021), Dalla pandemia la scuola italiana esce a pezzi, in Lavoce.info, 07/2021 disponibile al sito https://www.lavoce.info/archives/88665/dalla-pandemia-la-scuola-italiana-esce-a-pezzi/.

Gavosto, A. Romani, B., (2019), Questo Invalsi 2019 è la diagnosi di un malato grave, in Lavoce.info, 07/2019, https://www.lavoce.info/archives/60346/questo-invalsi-2019-e-la-diagnosi-di-un-malato-grave/.

Gelati M., Kanizsa S., (2010), Dieci anni dell’Università dei maestri, Parma, Edizioni Junior.

Ferri, P. (2021), “Pnrr, per la scuola arriva il Piano per l’educazione digitale. Come cambierà il sistema”, in Agenda digitale, 07/2021, https://www.corriere.it/scuola/secondaria/21_maggio_03/pnrr-la-scuola-arriva-piano-l-educazione-digitale-come-cambiera-sistema-9b07f02c-abe8-11eb-85bf-b7fbcf91bb8d.shtml

Fondazione Giovanni Agnelli, (2011), Rapporto sulla scuola in Italia 2011, Roma-Bari, Laterza,

Kahn D., Seizing the enigma: The race to break the German U-boat codes, 1939-1943, New York, Barnes & Noble.

Mantovani S., (2010), Le politiche educative per l’infanzia tra pluralismo e intercultura, in Lodigiani R, Garzonio M. (2010), Welfare ambrosiano, futuro cercasi, Milano, FrancoAngeli, pp. 125-141.

Mantovani S., (2002), L’identità della scuola dell’infanzia nel processo di riforma degli ordinamenti, in La Scuola dell’Infanzia tra realtà e prospettive di riforma, Atti del Convegno, Roma, Editoriale BM Italia, pp. 11-16

Miur (2019), La dispersione scolastica nell’anno scolastico 2016/2017 e nel passaggio all’anno scolastico 2017/2018, reperibile al sito https://www.miur.gov.it/documents/20182/2155736/La+dispersione+scolastica+nell%27a.s.2016-17+e+nel+passaggio+all%27a.s.2017-18.pdf/1e374ddd-29ac-11e2-dede-4710d6613062?version=1.0&t=1563371652741

Simpson, Edward H. (1951). “The Interpretation of Interaction in Contingency Tables”, in Journal of the Royal Statistical Society, Series B13, pp. 238–241.

  1. Dati Invalsi dell’ultima rilevazione, nel 2019-2020 non si erano svolte le prove a causa dell’emergenza Covid-19
  2. Seguiamo per l’analisi dei dati l’impostazione di Andrea Gavosto e Barbara Romano della Fondazione Agnelli, in recente articolo su Lavoce.info https://www.lavoce.info/archives/88665/dalla-pandemia-la-scuola-italiana-esce-a-pezzi/
  3. Dati della Education Endowment Foundation 2020-2021, fondazione indipendente UK finanziata dal Dipartimento dell’educazione del Governo britannico)
  4. Colossus è stato uno dei primi computer elettronici programmabili nella storia dell’informatica.
  5. Ce ne siamo già occupato in un recente articolo su Agenda Digitale Come cambierà la scuola col Pnrr.

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