La pandemia ha messo in luce le gravi disuguaglianze di accesso al mondo digitale che colpiscono, in Italia, tanti bambini, bambine e adolescenti.
L’aspetto più eclatante si è manifestato, nella fase più acuta dell’emergenza, nella mancata disponibilità di tablet, pc e connessioni che ha reso difficile – quando non impossibile – per molti studenti la fruizione della didattica a distanza, con gravi effetti sull’apprendimento e la socialità.
Ma l’assenza dei dispositivi è solo la parte più evidente di un gap molto più profondo, sul quale si è riflettuto ancora troppo poco, che riguarda la scarsa padronanza della rete da parte di tanti giovani nativi digitali.
Cittadinanza digitale, perché sarà sempre più importante: i prossimi scenari
La povertà educativa digitale
Save the Children la definisce “povertà educativa digitale”: la privazione delle opportunità di apprendere, sperimentare e far fiorire capacità e talenti attraverso l’utilizzo responsabile, critico e creativo degli strumenti digitali.
La povertà educativa digitale non nasce con la pandemia, è conseguenza di una sottovalutazione che viene da lontano, se si considera che l’Italia è uno dei pochi paesi in Europa a non essersi ancora dotato di un sistema di valutazione delle competenze digitali e che l’investimento su queste competenze è ancora residuale nel curriculum scolastico.
La mancanza di competenze digitali che penalizza gli studenti italiani
Del resto, l’arretratezza su questo fronte è ben testimoniata dalle rilevazioni che già prima della pandemia collocavano gli studenti italiani di 13 anni ai livelli più bassi delle classifiche europee nelle competenze digitali[1].
Questo gap è confermato da una recente rilevazione sul campo condotta da Save the Children in collaborazione con il Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media all’Innovazione e alla Tecnologia (CREMIT) dell’Università Cattolica di Milano e del Dipartimento di Economia dell’Università di Pisa[2]. La rilevazione ha coinvolto 772 ragazzi e ragazze tredicenni di 11 città italiane, attraverso la somministrazione di uno strumento di autovalutazione di base delle competenze digitali (AbCD). L’indagine pilota ha evidenziato gravi lacune di competenze, da quelle strettamente tecniche a quelle più legate all’esercizio di cittadinanza.
Il 32,8% dei tredicenni coinvolti non è stato in grado di inserire un link interattivo in un file di testo e il 29,3% di scaricare un documento condiviso da un insegnante sulla piattaforma della scuola. Il 46,1% non è stato in grado di riconoscere una evidente fake news riguardante l’attualità e più della metà dei ragazzi (56,8%) non era a conoscenza delle regole concernenti la cessione ai social della propria immagine. Quasi un terzo (31,1%) era convinto che l’età minima per avere un profilo sui social come TikTok o Instagram fosse inferiore ai 13 anni, mentre il 30,3% non sapeva come rendere un profilo Instagram accessibile soltanto ai propri amici e non pubblico.
Competenze digitali, “identità digitale” e disuguaglianze
Nel loro insieme, questi e altri risultati dell’indagine ci restituiscono le difficoltà incontrate da molti adolescenti non solo nell’utilizzo di strumenti e applicazioni, ma anche e soprattutto nella costruzione della propria “identità digitale”: saper riconoscere i limiti tra spazio pubblico e privato, essere consapevoli delle conseguenze delle proprie azioni in rete, esercitare il pensiero critico necessario per accedere a una conoscenza vasta e globale del mondo che ci circonda.
Il quadro si fa ancora più preoccupante se si considera che molte lacune di competenze rilevate dall’indagine sono correlate alle condizioni di svantaggio economico e culturale delle famiglie di appartenenza. Colpisce ad esempio il fatto che il 30% dei minori che hanno una madre con nessun titolo di studio, o comunque con titolo non superiore alla licenza media, non sappia rispondere correttamente alla maggior parte delle domande relative all’alfabetizzazione digitale di base. La percentuale scende al 13,9% tra gli studenti con una madre con un titolo di studi superiore e precipita al 5,5% se la madre è laureata. Percentuali pressoché identiche si osservano quando si prende in considerazione il titolo di studio del padre. Le disuguaglianze digitali non fanno dunque che appesantire e aggravare i divari educativi legati alle condizioni del contesto familiare di partenza. Una grande questione educativa, ed una grande questione di democrazia.
La lotta alle disuguaglianze passa quindi per una nuova centralità dell’ambiente digitale come ambiente di crescita. E’ questo anche il contenuto del nuovo Commento generale alla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, pubblicato il 24 marzo 2021, dal titolo Children’s rights in relation to the digital environment. Un importante punto di riferimento che finalmente inquadra tutto lo spettro dell’attuazione dei diritti dei bambini, delle bambine e degli adolescenti nella dimensione online.
Il progetto Connessioni digitali
A questa frontiera dei diritti si lega il nuovo progetto Connessioni digitali che vede Save the Children Italia impegnata, da quest’anno, al fianco di 100 scuole superiori di primo grado collocate in contesti territoriali difficili. L’obiettivo è sperimentare, nel corso di tre anni, un nuovo approccio educativo per promuovere la cittadinanza digitale di circa 6000 studenti. La scelta è quella di utilizzare uno spazio di apprendimento creativo, una vera e propria newsroom crossmediale che consentirà ai ragazzi e alle ragazze, con i loro docenti, educatori e volontari, di sperimentarsi nella produzione di reportage e inchieste sul territorio che li circonda e di acquisire, attraverso il lavoro redazionale, competenze digitali indispensabili per la crescita.
Agli studenti viene così proposto un uso della rete creativo e attivo, non da semplici fruitori ma da protagonisti. Il progetto, che si avvale della supervisione scientifica del CREMIT ed è realizzato grazie alle risorse messe a disposizione dalle società del gruppo Crédit Agricole in Italia, sarà sottoposto a una valutazione di impatto indipendente, allo scopo di verificarne l’efficacia e di renderlo riproducibile su scala.
Conclusioni
Perché l’educazione digitale è una sfida cruciale per il sistema scolastico. Il Piano Nazionale Ripresa e Resilenza, Next Generation, ha indicato tra gli assi portanti la transizione digitale. Ma è evidente che questa transizione sarà possibile solo attraverso lo sviluppo diffuso delle competenze di cittadinanza.
Dopo i lunghi mesi della DAD, la scuola in presenza è per tutti un valore irrinunciabile. Allo stesso tempo, il ritorno della scuola in presenza non può e non deve far archiviare frettolosamente la questione dei divari digitali che la pandemia ha svelato in tutta la sua gravità e ingiustizia. Le competenze digitali dei docenti e degli studenti non possono più rimanere estranee ai percorsi educativi ed è necessario che la scuola stessa si ripensi come ambiente di apprendimento in grado di far fiorire la cittadinanza digitale di tutti i bambini, le bambine e gli adolescenti, senza esclusione alcuna.
Note
- European Commission, The 2018 International Computer and Information Literacy Study (ICILS), Main findings and implications for education policies in Europe, 2019 ↑
- Save the Children, Riscriviamo il Futuro, Una rilevazione sulla povertà educativa digitale, 2021 ↑