La pandemia ha mostrato come sia possibile utilizzare in modo pervasivo e innovativo rispetto al passato materiale digitale nelle attività didattiche per rendere il processo interattivo e più immersivo e rendere accessibili esperienze tipiche di un laboratorio durante lo svolgimento di lezioni ordinarie.
È naturale allora chiedersi come la didattica post-pandemia debba evolversi ora che lo streaming, la registrazione della lezione e la sua trascrizione sono divenute tecniche ordinarie, così come l’accettazione che sia possibile affidarsi ai dispositivi degli studenti per poter erogare i contenuti.
Le soluzioni, pur costose, ci sono. Ora la sfida si sposta sui contenuti.
Gli Hybrid Learning Spaces
Tra gli eventi ospitati allo stand del MUR/CRUI al ForumPA c’è stata la dimostrazione della tecnologia Hybrid Learning Spaces (HSL), basata sulle HoloLens 2 di Microsoft, Teams e la tecnologia Surface.
Si tratta di un interessante uso della tecnologia della realtà aumentata che consente ad una classe di vedere come uno o due partecipanti interagiscono su modelli 3D anche a distanza mediante una call Teams.
Si tratta di un concetto interessante poiché è difficile immaginare un’organizzazione della didattica che possa permettersi di fornire un visore come le HoloLens per ciascuno studente. In questo modo invece con uno o due apparecchi è possibile costruire esperienze didattiche interattive in cui gli studenti possono essere coinvolti dal docente nell’interazione con modelli 3D situati nel mondo reale con la classe che può vedere ciò che vedono quelli che indossano le HoloLens anche a distanza.
I possibili ambiti di utilizzo
In questo modo è possibile interagire con modelli virtuali con semplici gesti e senza l’ausilio di joystick tipici della virtual reality. L’impatto di una didattica interattiva è evidente in discipline come la medicina e l’ingegneria dove è possibile osservare e interagire con modelli per aumentare la comprensione attraverso l’interazione. Ma è facile immaginare applicazioni in altri ambiti disciplinari: l’archeologia con la possibilità di esplorare virtualmente i siti, la chimica per visualizzare i legami molecolari, e così via.
È sicuramente degna di nota la possibilità di condividere un modello 3D tra le HoloLens e una videochiamata Teams, consentendo l’interazione con il modello a distanza via Teams, una funzione utile allo svolgimento di sessioni di ricevimento a distanza interattive.
Apple Vision Pro
L’ingresso di Apple nel mondo della realtà aumentata con l’annuncio di Apple Vision Pro, un visore che ricorda per molti aspetti le Hololens 2 di Microsoft, un visore capace di aumentare la realtà con contenuti digitali, e le poche informazioni per ora rese pubbliche lasciano pensare che come le HoloLens anche Apple Vision sia in grado di scansionare l’ambiente con uno scanner LiDAR e una camera di profondità. Gli aspetti collaborativi però, almeno nei primi annunci, non sono stati evidenziati dalla casa di Cupertino, e solo il tempo mostrerà le capacità dell’SDK di Apple per lo sviluppo di applicazioni collaborative.
L’hardware sembra comunque in grado di operare in modo analogo e non vi sono motivi per cui esperienze simili agli HSL non si possano avere anche su questa nuova piattaforma. Anche in questo caso il costo di un singolo apparecchio è significativo (circa 3.500$) e in un contesto didattico non può prescindere dall’abilità di condividere ciò che si vede con la classe.
È auspicabile che con questo nuovo annuncio vi sia un rinnovato interesse nello sviluppo ulteriori di sistemi di realtà aumentata sia al fine di ridurre ulteriormente i costi che migliorarne le funzionalità.
Ma è proprio necessaria la realtà aumentata?
I dispositivi di realtà aumentata, come le HoloLens 2, sono sicuramente molto affascinanti ma anche più costosi: il dispositivo deve includere uno scanner 3D in modo che gli oggetti della realtà virtuale possano interagire con la realtà fisica, inoltre la possibilità di “condividere” un oggetto virtuale nel mondo reale richiede la capacità di localizzare gli stessi punti di un ambiente da punti di vista differenti. È quindi inevitabile che si tratti di dispositivi con un certo costo e quindi utilizzabili solo se si dispone di risorse che normalmente non sono previste per la didattica nel nostro paese. Sicuramente la possibilità di vedere su dispositivi tradizionali come lavagne interattive o chiamate Teams rende un progetto didattico quantomeno possibile.
Si potrebbe pensare che l’uso di visori di mixed reality come gli Oculus di Meta, dal costo decisamente più accessibile, possano rappresentare una valida alternativa per mostrare elementi didattici digitali durante una lezione. Anche disponendo della capacità di condividere l’interazione ad una classe senza che tutti dispongano di un visore, è impensabile che il docente possa fare lezione percependo il solo mondo virtuale.
Gli occhiali di realtà aumentata consentono a chi li indossa di rimanere situato nel mondo reale, elemento essenziale per condurre una lezione in presenza. Non è un caso che anche il Metaverso stia rapidamente svanendo (anche a causa della rivoluzione dell’intelligenza artificiale): gli uomini faticano a trasferirsi in un mondo puramente virtuale.
La realtà aumentata nella didattica
Da un punto di vista didattico quindi, soprattutto nel contesto di lezioni in presenza, la realtà aumentata offre un’esperienza decisamente più convincente e meno isolata del metaverso. E la tecnologia di HLS sembra un buon approccio per rendere la tecnologia accessibile, quantomeno nel contesto dell’alta formazione.
Si possono però invece pensare esperienze in cui gli studenti usano i propri dispositivi personali, come gli smartphone, per accedere contenuti digitali interattivi da utilizzare durante il corso della lezione, anche in assenza di dispositivi speciali come gli occhiali di realtà aumentata. La pandemia ci ha insegnato che si tratta di un’opzione che solo pochi anni fa veniva considerata impossibile.
La sfida dei contenuti
Una delle sfide è quella della realizzazione dei contenuti adatti alla didattica. Sebbene gli strumenti per la produzione di materiale adatto alla realtà aumentata, prevalentemente 3D, si siano evoluti, sono ancora necessarie competenze specifiche. I meccanismi di carriera del personale docente non tengono conto degli investimenti sulla didattica: l’applicazione di questo tipo di tecnologie, sicuramente più adatte per il trasferimento di nozioni alle nuove generazioni, è quindi condizionato dall’assenza di un ecosistema per la produzione e la validazione di contenuti digitali. È noto come la digitalizzazione della formazione è spesso rimasta ad interazioni con la classe mediante lo scambio di file, test e comunicazione digitale su piattaforme come Moodle. Si tratta di interazioni che oggi i ragazzi sono abituati ad avere attraverso le piattaforme social, e sicuramente l’interazione con oggetti digitali interattivi offre nuovi spunti ora che la loro fruizione è possibile mediante dispositivi che non devono necessariamente essere forniti dall’istituzione che forma.
Senza una nuova stagione di investimenti sulla produzione di contenuti digitali per la formazione c’è il rischio che queste tecnologie non si diffondano. Quando ero studente l’abitudine era che i professori universitari scrivessero i testi adottati nelle scuole superiori, oggi lo scarso valore da un punto di vista accademico dello sforzo ha ridotto investimenti che erano invece importanti nello sviluppo dell’intero ecosistema della formazione.
Conclusioni
La disponibilità e il rapido sviluppo di strumenti per la fruizione del contenuto digitale durante le lezioni, anche in presenza, ha il potenziale di trasformare un processo che si è mantenuto stabile per secoli. La disponibilità di contenuti adeguati alla formazione (in primis accurati) rimane la sfida più grande, ma è già un grande passo avanti poter assumere che sia possibile disporre della piattaforma di visualizzazione durante la lezione.