Siamo nel pieno della Quarta Rivoluzione Industriale, che si vuole attuare con il piano Industria 4.0, ed in questo contesto la scuola viene chiamata a formare risorse umane utili alle imprese per affrontare il grande passo della digitalizzazione.
Le competenze dei giovani, formati nelle scuole tecniche e professionali, diventano la condizione necessaria per accedere ai 13 miliardi euro di fondi che saranno messi a disposizione dal Governo e per i quali la manifattura digitale rientra tra le spese ammissibili.
Ma arrivare a fare innovazione in modo sistematico richiede delle strategie didattiche che, parallelamente agli argomenti disciplinari, potrebbero e dovrebbero essere adottate anche nei percorsi di alternanza scuola-lavoro.
Sono questi i contesti in cui lo studente apprende la consapevolezza reale dei benefici della condivisione e della applicazione delle conoscenze, che in precedenza sono state oggetto di antipatiche valutazioni.
Le didattica per l’innovazione dovrebbe imporre alle scuole di rivoluzionare le metodologie didattiche ed orientare alle attività in cui vengono previlegiate le soft skills come: problem solving, la riflessione, la creatività, il pensiero critico, l’assunzione delle responsabilità dei rischi e la capacità di lavorare in gruppo.
Tutte necessarie all’un unico obiettivo di “unire i puntini”, perché a dire di Steve Jobs, l’innovazione è la capacità di sintetizzare esperienze e soft skills in una nuova idea.
Proprio per questo le industrie si stanno affiancando alle Scuole ed alle Università nei percorsi di alternanza scuola-lavoro, per formare competenze e capacità di innovazione, perché per la concorrenza dei mercati, non ci sono le tempistiche per rimandare queste attività dopo il conseguimento dei titoli per quali si sta studiando.
La competenze da creare nei fattori abilitanti del mondo di Industria 4.0 vanno nella direzione della digitalizzazione, ed attribuiscono all’additive manufacturing uno dei ruoli più importanti.
La additive manufacturing o semplicemente Stampa 3D, è quella tecnologia che permette di realizzare gli oggetti di forma anche complessa, a partire dal progetto del componente per mezzo un software di progettazione tridimensionale, a cui seguono stampe a getto per successive stratificazioni di materiali plastici, compositi o metalli.
Questi getti o depositi di strati di materiale in polvere o fuso, permetterebbero di realizzare forme difficili da ottenere con i normali processi di fusione o di realizzazione alle macchine utensili.
L’additive manufacturing infatti per il settore industriale rappresenta un elemento di supporto alla innovazione, con aspettative di applicazione più elevate rispetto alla semplice realizzazione del singolo oggetto, che sono:
- l’accelerazione dello sviluppo dei prodotti;
- offerta di prodotti personalizzati e serie limitate;
- incremento della flessibilità produttiva;
- riduzione dei costi dei prodotti dimostrativi;
- management dei pezzi di ricambio.
Lo stesso processo di Stampa 3D è rientrato nella scelta della Ferrari, che per l’ultimo modello monoposto da Formula 1, la Ferrari SF70H, ha prodotto il nuovo pistone grazie alla resistenza della lega di acciaio alle elevate sollecitazioni della camera di combustione.
Il riempimento “a nido d’ape” permette di ottenere un componente leggero ma realizzato con un materiale resistente alle temperature elevate che si raggiungono nei Gran Premi, senza problemi di deformazione.
L’esigenza della dissipazione del calore viene studiata con l’applicazione della CFD (La fluidodinamica computazionale o numerica – computational fluid dynamics), un metodo che utilizza l’analisi numerica e algoritmi per risolvere e analizzare i fenomeni di fluidodinamica e di trasmissione del calore, attraverso la quale si possono effettuare le scelte ottimali degli spessori e riempimenti del modello in 3D del pistone.
Questo permette e permetterà alla tecnologia della stampa 3D di acquisire ruoli sempre più importanti nello sviluppo dei modelli delle monoposto che in precedenza erano relegati allo sviluppo delle parti aerodinamiche collaudate successivamente nella galleria del vento.
Si assiste sempre di più ad un ingresso a 360 gradi delle tecnologie della manifattura digitale ed additiva nel mondo della Formula 1, che sta permettendo alle case costruttrici come la Ferrari, di ripensare i componenti e svilupparli in modo veloce, tenendo sempre sotto controllo la progettazione e le prestazioni ottenibili.
Tante sono le competenze descritte nella scelta tecnologica della Ferrari, ma sono le stesse che la scuola deve mettere in campo per far emergere i talenti dai propri studenti.
Se per sfida una scuola volesse ad esempio formare una progettazione per competenze nella stampa 3D spendibili in un contesto lavorativo come quello della Ferrari, non dovrebbe tralasciare argomenti che trattano di sollecitazioni meccaniche, della conoscenza dei materiali, degli aspetti tecnologici e delle analisi strutturali, fluidodinamiche e termiche.
Ma per raggiungere l’obiettivo è necessario che siano le stesse aziende a dare un contributo nella produzione dei materiali didattici, ed in funzione degli orientamenti tecnologici, a prevedere le competenze da suggerire nei curricoli degli istituti tecnici e professionali.
Proprio per questo non si avranno dubbi sulle conseguenti differenze tra i livelli di apprendimento tra una UdA di un semplice argomento di meccanica e una programmata sulle applicazioni dello stesso argomento fatte su una monoposto da Formula 1, di certo più accattivante.
Seguendo questa ipotesi sulla meccanica, per tutte le altre discipline del sistema di istruzione nazionale, le scuole potrebbero diventare palestre di motivazione ed emozioni negli apprendimenti, perché impiegherebbero processi educativi richiesti dagli studenti e legati ai loro interessi quotidiani.
Solo così si potrebbe ottenere una partecipazione attiva degli studenti alle programmazioni fatte a scuola, che per la legge 107 si riassumerebbero nel rombo di un motore che da emozioni, che vince e che non si deve mai spaccare.