Quando parliamo di libro intendiamo molte cose assieme: un oggetto, un supporto, un testo, uno spazio mentale, uno spazio sociale, una storia, una pedagogia.
Prendere atto delle caratteristiche del libro su supporto digitale e ragionarci è necessario, almeno per chi intenda sfruttare al meglio le occasioni che il digitale e la rete offrono all’innovazione didattica. Ma dev’essere detto e ribadito che nessun insegnante o educatore potrà far fronte positivamente ad un impegno di questo tipo se prima di tutto non lo avrà seriamente provato su se stesso. L’uso del libro digitale come risorsa di apprendimento rischia di perdere buona parte della sue potenzialità se il docente prima di adottarlo come esperienza di mediazione non ne matura un’esperienza diretta, personale.
Invitiamo dunque tutti coloro che si interrogano sulle valenze educative della lettura digitale e dell’impiego di libri digitali all’interno della propria azione didattica a sperimentare su se stessi, compiutamente, l’arco di possibilità che il cambio di infrastruttura comporta. Perché, appunto, di cambio di infrastruttura si tratta: cioè di un qualcosa che deriva da (e coinvolge) aspetti sottostanti, più profondi e sovente nascosti rispetto a quelli che di solito si vedono e si evidenziano. In altri termini, il passaggio dall’infrastruttura della stampa (dove troviamo media diversi ma accomunati dallo stesso tipo di produzione e ricezione, come il libro, il periodico, il manifesto) all’infrastruttura del digitale e della rete (dove troviamo media come il computer, lo smartphone, il tablet) apre a importanti revisioni dei termini stessi dell’apprendere e dell’insegnare in quanto tocca, riconfigurandole, alcune prerogative di fondo del leggere.
L’infrastruttura digitale e di rete permette di gestire direttamente tutte le fasi della produzione editoriale: una classe o un gruppo di classi possono infatti realizzare il ciclo completo della pubblicazione di un libro (digitale, ovviamente) senza dover ricorrere ad altro intermediario se non quello che ne garantisca la distribuzione.
L’attività che proponiamo qui non ha il carattere di simulazione; mira invece ad interagire e far interagire direttamente con la realtà tecnica, culturale, economica dell’editoria, e dunque permette di arricchire con un’esperienza di ‘laboratorio aperto al mondo’ l’impegno pedagogico, orientato ad includere la questione del libro dentro gli spazi di una positiva educazione ai media.
Creare libri digitali significa familiarizzare con progettazione, composizione, allestimento, inserimento dei metadati, distribuzione, promozione, etc. Solo così si può capire che quando parliamo di libri e ebook non siamo davanti a una lotta tra libro cartaceo e libro digitale, ma a un ecosistema editoriale che si fa di anno in anno più complesso e che vive di relazioni dinamiche tra le parti.
Se infatti per quel che riguarda il libro cartaceo si può dire che la forma libro è la stessa ormai da molto tempo, non altrettanto si può dire per i libri digitali. Ciò per ragioni legate da una parte alla stessa natura dei sistemi digitali, in rapida e costante evoluzione, e dall’altra a ragioni materiali e strutturali che riguardano la differenze tra formati, le strategie aziendali dei principali attori sul mercato, le risposte e le preferenze degli utenti, le resistenze di alcuni comparti chiave del settore education e degli ambienti culturali più in generale, le politiche messe in atto dai governi e le scelte delle istituzioni educative e preposte alla formazione.
Per esempio, quanti sono consapevoli – nel mondo dell’editoria, dell’impresa, della scuola e dell’università – delle potenzialità offerte dai cosiddetti libri (digitalmente) aumentati, gli enhanced books? Chi ha esperienza di rete sa che ormai ‘leggere’ è una pratica che non ha più a fare unicamente con la lettura lineare di testo scritto: gli stessi mutamenti del web – delle sue tecnologie, delle infrastrutture e dei suoi usi sociali – ci hanno abituato a una relazione normale con contenuti fatti di testo, immagini, suoni, video, elementi interattivi.
Sui quotidiani che più investono su forme ibride di produzione di contenuto informativo troviamo da tempo articoli che fanno uso di infografiche interattive, video e suoni. Se ci si pensa cercando di non considerare il modello cartaceo come l’unico possibile, l’informazione si è sempre servita dei supporti disponibili a seconda del momento storico: carta stampata con testo e poi immagini, apparecchi radiofonici, pellicole cinematografiche, televisione, tecnologie digitali e web. Ai libri sta progressivamente accadendo qualcosa di simile: non più solo testo e immagini statiche, ma un insieme di contenuti, flussi, forme mediali e linguaggi differenti. Ciò implica chiaramente un mutamento nelle pratiche produttive e nella stessa concettualizzazione dello ‘scrivere’, che diventa sempre più produrre contenuti complessi.
Qualche presa d’atto della improrogabile necessità di sfruttare pienamente le potenzialità offerte dalla lettura digitale è giunta negli ultimi anni anche da parte del decisore politico, con alcune prime timide direttive del MIUR relative all’Editoria Digitale Scolastica e il coinvolgimento diretto delle Associazioni degli Editori, e il decreto del 2013 (testo completo e allegati qui) dedicato a “tempi e modi del passaggio dalla carta all’e-book”.
La possibilità dell’adozione opzionale dei libri di testo, ovvero anche della non adozione, ha consentito a dirigenti e docenti di decidere autonomamente se adottare i testi prodotti dall’editoria specializzata o se utilizzare altri contenuti didattici. Da qualche anno è quindi possibile adottare o meno libri cartacei tradizionali e contenuti digitali realizzati da editori del settore Education, utilizzare testi e contenuti digitali resi disponibili in rete in modalità libera (OER, contenuti con licenze Creative Commons, etc.), o utilizzare materiali e contenuti prodotti dagli stessi insegnanti o da persone che si interessano del settore scolastico.
Se dunque dal punto di vista legislativo sono stati fatti alcuni passi in avanti coraggiosi (seppur con qualche contraddizione), cosa può realmente favorire la sperimentazione e l’esplorazione delle opportunità offerte dalle piattaforme digitali? Ciò che può essere di aiuto è sicuramente una piena e matura consapevolezza del docente, che non può che passare da un percorso personale di apertura e curiosità.
Leggere libri digitali, provare ad abituarsi alla lettura digitale, sia di testi lineari che di materiali più complessi e interattivi, non significa usare strumenti diversi per fare le stesse cose ma abitare lo spazio cognitivo e corporeo creato dalla lettura digitale. Per esempio, solo un docente che sa cosa significa leggere digitale può pensare di creare percorsi in cui gli studenti non soltanto leggono ma creano con attenzione testi e libri digitali. Si tratta di azioni cognitive complesse che non solo non possono essere comprese, ma non possono neanche essere immaginate da chi non ne ha mai fatto e non ne fa esperienza. Se una possibilità di arricchimento delle pratiche di lettura a scuola esiste, questa risiede nello sforzo e nelle esperienze di chi – docente, dirigente, animatore digitale o studente – è aperto alla sperimentazione e all’immersione negli spazi profondi della lettura digitale.
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“Crea il tuo libro digitale in pochi passi!” è il titolo di un laboratorio curato da me e Andrea Patassini per il Kidsbit di Roma. Il workshop, dedicato agli adulti, consente di costruire in poco tempo un libro digitale funzionante e fruibile. Il Laboratorio di Tecnologie Audiovisive di cui facciamo parte lavora da anni sulle implicazioni didattiche e epistemologiche dell’autoproduzione di contenuti digitali aperti, in un percorso ora riassunto nell’ebook Editori digitali a scuola (Antonio Tombolini Editore) a cura di Roberto Maragliano. In questo testo, diviso tra parte teorica e parte pratica, sono raccontate diverse esperienze – universitarie e scolastiche – di progettazione e creazione di libri digitali, utili per tutti coloro che intendono cimentarsi con la realizzazione di ebook.