I ragazzi di oggi sono nati e crescono in una società digitale. L’Istat ci dice che l’87% delle famiglie con almeno un figlio minorenne ha un computer e l’89% delle famiglie ha accesso a Internet da casa, che l’89% dei ragazzi usa un dispositivo per accedere ad Internet con regolarità. Vista la tendenza, tra pochi anni, tutti i ragazzi si connetteranno a Internet regolarmente. E se oggi molti di loro usano il computer o il tablet di famiglia, in un prossimo futuro, avranno il proprio dispositivo personale.
Ma bambini e adolescenti come usano le tecnologie digitali? L’Eurispes ci dice che più della metà dei bambini (7-11 anni) gioca, un terzo si collega a YouTube, un quarto utilizza iTunes o applicazioni simili per ascoltare musica, il 22,5% naviga in rete, il 20,3% utilizza Instagram per le foto. Giochi, navigazione, social network, fruizione di contenuti multimediali, uso di App sono le attività principali svolte dagli adolescenti. Eccoli dunque i nativi digitali di oggi. Siamo vicini a una società in cui smartwatch, smartphone, tablet, notebook, Internet e altri tipi di dispositivi, la cui forma e funzioni sono oggi difficilmente prevedibili, saranno disponibili ovunque e in qualunque momento. Ma la disponibilità generalizzata di questi dispositivi implica anche il diventare informalmente digital literate?
ICT literacy
In questo contesto, la ICT literacy riguarda l’uso strumentale dell’hardware e del software che di volta in volta si rendono disponibili. In questa dimensione, la maggioranza dei ragazzi si trova a proprio agio, mostrando padronanza nell’uso dei dispositivi per svolgere un’infinità di attività. Inoltre, il tam tam tra pari fa sì che alcune App, come anche alcuni siti e reti sociali, diventino un must per i ragazzi, che sono dunque ottimi utenti-consumatori di alcune categorie di oggetti digitali.
Riguardo alla capacità di usare le tecnologie digitali, potremmo dire che i ragazzi sanno leggere gli oggetti digitali. Ma sanno anche scriverli? Cioè sanno produrre, immagazzinare e condividere oggetti multimediali, aperti e interattivi?
Fruizione e produzione di contenuti
Per quanto riguarda la produzione, molti ragazzi realizzano foto e video con telefonini, videocamere economiche o tablet, e molti sanno anche montarli. Molti sanno anche come catturare video esistenti e come tagliarli e cucirli per creare nuovi video. Esistono diverse comunità online che condividono foto, video e consigli su come realizzarli. Quasi tutti i prodotti vengono condivisi sui social network come Flickr, Youtube, Whatsapp e Facebook. Inoltre, i ragazzi spesso scrivono messaggi e partecipano alla vita di reti sociali.
Sembrerebbe dunque che i ragazzi imparino informalmente a produrre oggetti digitali. Tuttavia, al di là di foto, semplici video e scritti elementari, pochissimi sono in grado di realizzare App, programmi, siti web, che richiedono competenze di design e di coding.
È difficile che i ragazzi imparino informalmente le tecniche del design, i modi di progettazione, il pensiero computazionale e il coding, che richiedono capacità di astrazione, pensiero strutturato, pensiero divergente e un corpo di conoscenze teoriche e pratiche, difficili da acquisire informalmente. Sfruttando le conoscenze acquisite informalmente, la scuola dovrebbe aiutare i ragazzi a sviluppare queste abilità fin dai primi livelli scolari e non solo perché ciò rende i ragazzi produttori e non solo fruitori, ma anche perché in tal modo si sviluppano creatività, capacità di astrazione e di problem solving.
Media literacy
Con le tecnologie digitali, i ragazzi realizzano e condividono foto e video, messaggi, post e email. Basta questo per affermare che sono media literate? Così come il fatto che scrivano SMS, post e email, non autorizza a pensare che siano diventati scrittori o che ciò abbia migliorato le loro capacità di scrittura, così non possiamo affermare che siano diventati media literate per il fatto che producano e condividano foto e video.
La Media literacy riguarda infatti il comprendere e il valutare i diversi aspetti dei media e dei loro contenuti nonché l’abilità di comunicare in una varietà di contesti, creando contenuti mediali.
Capire il linguaggio dei media
Nel mondo digitale, per cogliere il significato di una comunicazione o per veicolarne uno, i ragazzi dovrebbero capire il linguaggio dei media e essere capaci di rispondere a domande come: Chi comunica è perché? Che tipo di comunicazione è? Come è stata prodotta? A chi è destinata e come si ritiene debba essere interpretata? Come rappresenta il soggetto?
La media literacy si occupa di comunicazione e di espressione. La comprensione della comunicazione implica il sapere analizzare e valutare i messaggi e il saperli creare e condividere.
La comprensione della struttura di una comunicazione e dei suoi meccanismi richiede capacità che non possono essere acquisite informalmente, così come la produzione di un contenuto mediale richiede la capacità di strutturare l’informazione e la conoscenza. La scuola dovrebbe sviluppare nei ragazzi abilità di analisi, valutazione, strutturazione e produzione di contenuti, abilità queste che hanno costituito il corpo dei curricula di educazione ai media, che, con l’avvento delle tecnologie digitali, ha acquisito una grande importanza.
Nella produzione diffusa di contenuti emergono questioni etiche nuove, come il riuso di produzioni di altri, l’adozione di regole per evitare la diffusione di contenuti offensivi o pericolosi, il rispetto di una netiquette, tematiche queste di cui dovrebbe occuparsi anche la scuola, favorendo lo sviluppo di queste abilità in modo che i ragazzi possano comprendere il significato reale della massa di messaggi con cui vengono in contatto e produrre contenuti che valorizzino le loro capacità espressive.
Information literacy
Qualsiasi genitore sa quanto siano curiosi i bambini e come, se non coltivata, crescendo, la curiosità diminuisca. Oggi la rete è la nuova mamma che risponde alle nostre domande. Allora i ragazzi imparano informalmente a trovare l’informazione giusta navigando in rete? Un’indagine condotta nel 2005 su ragazzi australiani e statunitensi di 13-17 anni, utenti abituali del web, ha mostrato che solo il 55% era in grado di svolgere con successo facili compiti di ricerca, rivelando scarsa capacità di lettura, strategie di ricerca poco sofisticate e poca pazienza. Studi analoghi dicono che i ragazzi sono caotici nelle ricerche dell’informazione e non adottano strategie di ricerca definite. Combinano diverse tattiche, con una scarsa capacità di valutare la qualità dell’informazione trovata, sia per quanto riguarda il contenuto, sia per quanto riguarda il contributo di tale informazione al raggiungimento della soluzione del compito. Adottano strategie di ricerca improvvisate, non precisamente finalizzate. Fanno associazioni di volta in volta a seconda di quello che trovano, per tentativi ed errori. Questi risultati non devono meravigliarci perché risolvere un problema informativo non banale è un compito molto complesso. La scuola può giocare un ruolo importante nello sviluppo di abilità di ricerca dell’informazione.
Intelligenza collettiva
L’essere sempre connessi migliora la qualità delle relazioni dei ragazzi? E per quanto riguarda l’apprendimento, migliorano le capacità di condividere conoscenze, di collaborare e di creare nuove conoscenze insieme con gli altri? La prima questione è stata indagata da Gardner e Davis che concludono indicando vantaggi e lati oscuri di questa connettività continua. Tra i vantaggi indicano la possibilità di tenersi in contatto con persone care quando si è separati, la possibilità di interagire con ragazzi con gli stessi interessi, di condividere i propri sentimenti e fare nuove amicizie. Ma qual è il contenuto di queste decine di messaggi al giorno? Molti sms servono per organizzare incontri. Altri sono una specie di pacche virtuali sulle spalle per mantenere un senso di connessione, inviate nei momenti morti. Paradossalmente, i mezzi creati per connettere possono indurre un senso di isolamento. Esiste, inoltre, la tendenza a presentare sulla rete un’identità diversa dalla propria, mostrando come si vorrebbe essere piuttosto che come si è. Chi legge spesso confronta la vita brillante degli amici con la propria, che trova più povera, meno divertente, meno stimolante. Turkle sostiene che le reti sociali non hanno le caratteristiche per generare e sostenere relazioni profonde tra le persone.
Uso informale della rete e apprendimento
Ma al di là degli aspetti problematici, alcuni usi informali della rete appaiono molto promettenti per l’apprendimento, come i giochi che possono essere usati per l’apprendimento di particolari abilità, come ad esempio i serious game con regole e scopi ben definiti.
Ma se è giusto sottolineare che i ragazzi vivono oggi in una società digitale, è corretto appiattire la rappresentazione dei giovani di oggi sulla dimensione delle tecnologie digitali?
Una ricerca INVALSI-ISTAT del 2009 sui temi di maturità degli studenti liceali ha messo in evidenza che un liceale su tre non sa scrivere. L’85% fa errori grammaticali. Il 70% mostra scarsa competenza lessicale e semantica. Il 60% dimostra scarsa capacità ideativa.
Ma almeno sanno leggere? Secondo De Mauro:
Cinque italiani su cento tra i 14 e i 65 anni non sanno distinguere una lettera da un’altra. Trentotto lo sanno fare, ma riescono solo a leggere con difficoltà una scritta. Trentatré superano questa condizione ma qui si fermano: un testo scritto che riguardi fatti collettivi è oltre la portata delle loro capacità di lettura. Secondo specialisti internazionali, soltanto il 20% della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea.
Combinando i dati della ricerca INVALSI-ISTAT e quelli di De Mauro, possiamo farci un’idea delle scarse competenze linguistiche dei nostri ragazzi.
Convergenza tra chi insegna e chi impara
Comprendere la relazione tra ragazzi e tecnologie è necessario per capire chi sono gli studenti di oggi, ma non è sufficiente. Dobbiamo fare un passo ulteriore. Gardner ci ricorda che esistono tante intelligenze diverse e per questo i ragazzi sono diversi tra loro. Queste intelligenze vanno assecondate, da un lato valorizzando quelle possedute, dall’altro rafforzando quelle meno sviluppate. E ciò vale anche per le intelligenze logico matematiche o verbali. La scuola dovrebbe capire i ragazzi, valorizzando i loro talenti e rafforzando fino a che è possibile i punti deboli. Dovrebbe capire anche qual è il loro stile di apprendimento, perché da questo dipende la risposta alle esperienze proposte e il loro successo. Se non c’è convergenza tra le strategie di apprendimento di chi insegna e di chi impara, non c’è apprendimento. Ciò mette in crisi il modello trasmissivo perché, qualunque sia lo stile di apprendimento del docente, gli studenti con stili differenti avranno difficoltà nel seguirlo.
Finora sono state discusse le caratteristiche dei giovani che riguardano principalmente gli aspetti cognitivi, ma gli aspetti affettivi sono altrettanto importanti. Oggi i ragazzi non riescono a intravedere un progetto di vita per il futuro. La scuola dovrebbe aiutarli a vincere queste paure e a costruirsi un’identità rispondente al proprio modo di essere. Per far questo, dovrebbe trovare modi di sviluppare autostima e autoaccettazione, che determinano motivazione e combattono la frustrazione, favorendo la loro crescita culturale, sociale e civile. Purtroppo, la scuola oggi non sembra interessata a questo, avendo come il modello di riferimento l’azienda: il profitto dei ragazzi va valutato, le competenze sviluppate, il programma svolto, il capitale umano formato, la competizione incentivata, il merito premiato.
La scuola di una società digitale mira, invece, a scoprire e valorizzare le capacità di ogni ragazzo, affinché possa scegliere e realizzare il modello di vita più rispondente al proprio modo di essere, essendo il suo fine quello di aiutare i ragazzi a realizzarsi e essere felici.