L’eredità dell’azione riformatrice dei governi del centro-sinistra è un’eredità pesante, ma in senso positivo, quella che raccoglierà il nuovo Ministro dell’Istruzione del Governo che verrà – quale che sia la sua parte politica – dopo l’incognita delle elezioni del 3 marzo.
Il bilancio scuola digitale del centro-sinistra
Un’eredità pesante e “rivoluzionaria” perché i quattro Ministri (Profumo, Carrozza, Giannini e Fedeli) che si sono succeduti nei governi del centro-sinistra, in particolare gli ultimi due, hanno finalmente “ribaltato” la tendenza a “disinvestire” nelle scuola pubblica che aveva caratterizzato i quindici anni di governo berlusconiano. Oggi grazie all’azione di Renzi e Giannini e cioè grazie alla Buona scuola (legge 107) e al Piano Nazionale Scuola Digitale (e qui va ricordato il contributo fondamentale dato alle sua ideazione dallo Staff del Ministro: da Damien Lanfrey e Donatella Solda, e che lo hanno attuato insieme a Daniele Barca) l’Italia ha un piano serio e credibile di digitalizzazione delle sue istituzioni formative.
Le risorse per il cambiamento ci sono: è stato speso quasi mezzo miliardo e altrettanto resta ancora da impiegare per colmare il digital divide di quindici anni denunciato nel 2013 dall’Ocse. Un divario che forse oggi si è ridotto di almeno la metà grazie alle norme varate da Renzi e Giannini e alla azione di forte innovazione e il pragmatismo “lombardo” (in senso nobile però) esercitata rispetto al Piano Nazionale Scuola Digitale dalla Ministra Fedeli. Fedeli, infatti, pur nel tempo breve a lei concesso, ha il merito di aver mantenuto alta la spinta riformatrice e di aver condotto in porto, una serie di provvedimenti, ad esempio il finanziamento dei “bandi” per le Biblioteche digitali e per i Laboratori creativi nella scuola primaria, oltre che lo sblocco dei finanziamenti per gli Animatori digitali, che erano rimasti “in mezzo al guado” con la caduta del governo Renzi.
Ciò che resta da fare e le strategie di sviluppo del Piano Nazionale Scuola Digitale
Molto resta da fare come ha segnalato, anche, Fedeli, a più riprese sottolineando l’importanza strategica per il Paese dell’innovazione metodologica e tecnologica della nostra scuola. All’apertura dell’anno scolastico, ad esempio, ha dichiarato: “Stiamo lavorando per accelerare l’attuazione del Piano Nazionale Scuola Digitale, per darvi sempre di più le competenze che vi servono per guardare al futuro”, e successivamente a Futura. Festa del Piano Nazionale Scuola digitale a Bologna (18-20 gennaio) ha riconfermato il suo impegno anche attraverso proposte concrete, come le linee guida sull’utilizzo del cellulare a scuola, un ottimo esempio di BYOD (Bring Your One Device) applicato all’educazione.
Un impegno meritorio e necessario dal momento che anche gli ultimi dati – incompleti e molto parziali – che abbiamo a disposizione sul tema dell’attuazione del Piano Nazionale Scuola Digitale (inchiesta Agenzia Giornalistica Italiana), dimostrano come la sua implementazione comincia a dare i sui primi frutti con fatica e molta diffidenza da parte degli insegnanti.
I principali punti di criticità che si troveranno sul tavolo del nuovo ministro, come lo sono su quello di Fedeli, sono quelli che seguono.
La situazione della banda larga a scuola
La banda larga è, a oggi, tutt’altro che un diritto di cittadinanza. Sono molto poche, (secondo i dati incompleti AGI, solo per 13% dei plessi scolastici) le scuole che hanno piena connettività su tutte le aule degli istituti scolastici e con banda realmente sopra i 100 megabit in upload e download. Questo è il principale problema che dovrà affrontare il nuovo Ministro. L’attuale situazione normativa che scarica sugli enti locali (comuni e provincie) il cablaggio degli Istituti formativi fa sì che la maggior parte dei costi per la banda ricadano spesso sulla singola scuola, con buona pace del “ridotto” contributo statale annuale. Il nuovo Ministro a nostro avviso dovrebbe assumersi l’onere di emanare un apposito provvedimento che regolamenti in maniera chiara la materia e che garantisca la banda come diritto di cittadinanza a tutti gli alunni e gli studenti, gli insegnati e il personale amministrativo delle scuole pubbliche.
Gli Animatori digitali e il team dell’innovazione
Oggi tutti gli istituti scolastici italiani hanno nominato un Animatore digitale, ed è stato completato il primo stanziamento dei mille euro che avrebbero dovuto finanziare le attività di formazione dei docenti dei singoli istituti (anno 2016). È necessario che il nuovo Governo e il nuovo Ministro, si impegnino a definire stanziamenti maggiori e modalità di riconoscimento e incentivi premianti per questa figura e per il team dell’innovazione. È sull’Animatore digitale, infatti, che si è poggiata, quasi per intero (insieme ai Dirigenti, al team dell’innovazione) l’attuazione del PNSD. In assenza di interventi normativi e di incentivazione, che consolidino il loro ruolo, il rischio molto presente è quello che gli Animatori digitali si demotivino e/o agiscano in maniera non coordinata ed episodica, senza fare sistema. Facendo, in questo modo, perdere slancio alla ventata di innovazione digitale e metodologica introdotta dal PNSD, ovviamente al netto di alcune virtuose eccezioni.
La formazione degli insegnanti
È necessario, inoltre, che non si lasci la formazione degli insegnati solo alla autonoma scelta dei docenti. Gli insegnanti devono essere supportati e indirizzati nell’acquisto, attraverso la Carta del docente, dei corsi che stanno popolando la piattaforma ministeriale Sofia. Questi, infatti, sono spesso molto disomogenei e l’offerta di formazione è ridondante in molti casi e carente in altri. Riteniamo che sia necessario che il Ministero svolga, perciò, un’azione di indirizzo e di controllo rispetto alla coerenza delle proposte formative e alla qualità dell’offerta in rapporto ai costi parametrandola, inoltre, sugli obiettivi strategici individuati nel Piano Nazionale di Formazione degli Insegnanti varato nel 2016. Solo da un’efficacie azione di monitoraggio della formazione obbligatoria dei docenti dovrebbe potrà scaturire anche un piano di “supporto” gestito direttamente dal Ministero sulle aree definite prioritarie nel Piano Nazionale di Formazione degli Insegnanti che risultassero poco “rappresentate” nelle scelte degli insegnanti.
La didattica: la necessità di una trasformazione metodologica
Sono state attivate solo parzialmente alcune Azioni strategiche del PNSD, in particolare: #33 – Osservatorio per la Scuola Digitale, – #34 – Un comitato Scientifico che allinei il Piano alle pratiche internazionali – #35 Il monitoraggio dell’intero Paino. Occorre che l’intero processo di attuazione del PNSD venga monitorato e avviare questo processo sarà un dovere del prossimo Ministro. Oggi non sappiamo, infatti, in quante Scuole si sia dato avvio ad una didattica realmente “aumentata digitalmente” e tanto meno, a che livello, e in quali forme questa tipologia di didattica si attecchita e si sia radicata in tutte le scuole d’Italia come la legge 107 prevede. Allo stesso modo se il PNSD, meritoriamente promuove, l’adozione di una didattica laboratoriale, attiva e non più nozionistica, abbiamo davvero poche evidenze su quale sia la situazione reale nella scuola. Il nuovo Governo dovrà attivarsi decisamente a questo proposto. Senza un efficace monitoraggio e un supporto scientifico di alto livello è difficile sviluppare adeguatamente il Piano Nazionale Scuola digitale e farlo diventare prassi quotidiana in tute le scuole.
Gli ambienti virtuali di apprendimento e il registro elettronico
Ci aspettiamo anche un intervento normativo che, come nel caso del registro elettronico, “costringa” le scuole a dotarsi di un ambiente virtuale per l’apprendimento. Infatti, le teorie e le pratiche che fanno da sostegno epistemologico e metodologico al PNSD non possono essere adottate se non vengono utilizzati, a regime e non in forma sperimentale, gli ambienti digitali per l’apprendimento, ad esempio Moodle o Google Classroom. Tali piattaforme sono, infatti, la condizione necessaria per favorire la transizione dai vecchi manuali cartacei ai nuovi data base di contenuti digitali per l’apprendimento, quegli stessi contenuti digitali sui quali gli editori italiani non riescono o meglio non vogliono investire, spaventati dalla rivoluzione nel loro modello di business che questa transizione comporterebbe. Un intervento normativo che era già stato abbozzato dal Ministro Carrozza, quando ancora governava Gianni Letta, ma che anche per il contrasto della legittima azione di lobbing degli editori non ha mai visto la luce.
Attuare davvero e per intero il Piano Nazionale scuola digitale
Quello che chiediamo al nuovo Ministro dell’Istruzione è, da un lato, di proseguire nel lavoro sin qui svolto dai sui predecessori, confermato e rilanciato in maniera decisa e pragmatica dal Ministro Fedeli. Dall’altro è necessario investire ulteriormente risorse finanziarie e progettuali nella implementazione di tutte le 35 Azioni del Piano nazionale Scuola Digitale. In assenza di un forte impulso del Ministero, ma anche di doverosi e improrogabili finanziamenti la “spinta propulsiva” del PNSD rischia di spegnersi proprio ora che il complesso provvedimento comincia a dare i primi frutti. Questa necessità è tanto più urgente, oggi, alla vigilia di elezioni che potrebbero imprevedibilmente rimescolare il quadro politico e istituzionale italiano e ogni azione legislativa sulla scuola rischia di rimanere bloccata per almeno un anno…purtroppo, si sa, in Italia l’insediamento di un nuovo governo rallenta i processi decisionali invece che accelerarli o facilitarli.