I numeri sulla diffusione delle competenze digitali a scuola sono stati sottolineati dalla ministra Fedeli anche recentemente: 150 mila persone nella scuola fruiscono della formazione sui temi del digitale; 8.400 animatori digitali e i loro team per l’innovazione sono al lavoro; oltre 1,3 milioni di studentesse e studenti e 50.000 docenti sono già coinvolti nel portare il pensiero computazionale in ogni classe; oltre 4.000 istituti sono al lavoro per rendere strutturali le competenze digitali grazie ad un investimento da 80 milioni di euro; tutte le scuole sono impegnate su innovazione degli ambienti per l’apprendimento e per il rinnovamento di didattica e organizzazione.
“Un impegno – ha sottolineato la Ministra Fedeli – che riguarda anche l’Alternanza Scuola-Lavoro in chiave digitale e l’orientamento, strumenti che sono stati ulteriormente rafforzati nell’ultimo anno con investimenti dedicati, grazie alle risorse del PON, e il rafforzamento degli ITS, in particolare su tecnologie dell’informazione e della comunicazione”.
Ottimi numeri, ma è bene riflettere sul fatto che si tratta di una situazione “in progress” ancora molto fragile e per nulla consolidata. In particolare, il sistema di assegnazione dei fondi tramite più bandi di ridotte dimensioni non si è mostrato un sistema efficiente di implementazione: ad esempio, uno dei progetti più interessanti, quello per la realizzazione di “atelier creativi”, a fronte di un avviso emanato nel marzo 2016 abbia visto solo di recente la formalizzazione delle graduatorie e poche scuole già in grado di avviare le singole iniziative.
La stessa istituzione degli animatori digitali, ottima risposta alla necessità di diffondere capillarmente il “germe dell’innovazione”, non è stata accompagnata, per l’intero anno scolastico appena trascorso, dei necessari supporti metodologici e organizzativi, lasciando l’efficacia della realizzazione alle caratteristiche del contesto scolastico e alla presenza di dirigenti scolastici con l’adeguata consapevolezza e competenza. Solo adesso sembra avviarsi l’azione specifica di creazione di una comunità di condivisione delle esperienze per gli animatori digitali. Ma, anche qui, non sembra emergere con chiarezza un disegno complessivo di gestione del cambiamento adeguato alla complessità territoriale e organizzativa del sistema scolastico.
Il rischio, che mi sembra oggi ancora elevato, è che le iniezioni di cambiamento, in gran parte affidate alle aree e alle persone già consapevoli e competenti, non riescano a realizzare la necessaria trasformazione in assenza di un effettivo sradicamento del sistema pre-esistente.
La mancanza di una profonda trasformazione organizzativa della macchina amministrativa, e la lentezza di un cambiamento culturale avvertito ancora come “opzionale”, e quindi potenzialmente non irreversibile, rischia di consegnare a fine legislatura la “scuola digitale” una grande incompiuta con un progetto di cambiamento ancora da portare concretamente sul fronte dell’attuazione diffusa. Ci sono ancora pochi mesi utili, e l’auspicio è che vengano dedicati a realizzare le fondazioni del nuovo sistema, entrando profondamente nelle modalità di lavoro, nella didattica, nell’organizzazione, con un chiaro sistema di valutazione che segni con nettezza e coerenza i valori del cambiamento.
Il tutto con la consapevolezza di una situazione nazionale ancora molto in ritardo sul fronte delle professioni ICT, soprattutto per quanto riguarda la componente femminile. Come ha sottolineato la Ministra: “La quota molto bassa di donne tra i laureati nei corsi ICT e scientifici è una criticità, ma anche un potenziale strategico di abilità e capacità da cogliere. È necessario aiutare le donne ad abbattere una barriera culturale imposta dal costume e associata a schemi di disparità salariale di genere, tramite campagne di formazione e informazione sulle maggiori opportunità di reddito, carriera e valorizzazione di genere negli ambiti dell’ICT e dell’innovazione, iniziative di mentoring, rafforzamento delle competenze.”
Su questo fronte le recenti Linee Guida possono essere di notevole supporto per una configurazione matura dell’approccio al mercato del lavoro, ma è evidente, come anche sostiene la Ministra (“La creazione di una cultura digitale diffusa deve inevitabilmente partire dalla scuola”) che il cambiamento culturale deve iniziare dalla scuola, dove si costruisce, strategicamente, il futuro del Paese. Per questa ragione i cambiamenti radicali sono necessari.