Modello pCC

Dall’università al lavoro, c’è una tecnologia per un passaggio sicuro

La struttura del modello Partecipazione Costruttiva e Collaborativa (PCC) sostiene la transizione dal contesto accademico a quello professionale attraverso una struttura modulare e varie attività fondate su consolidate teorie psico-pedagogiche quali il Jigsaw

Pubblicato il 26 Apr 2022

Maria Beatrice Ligorio

University of Bari & University of Parma

Workplace-management

L’università è spesso vista come la fase finale dell’istruzione formale, prima di entrare nel mercato del lavoro. Tuttavia, i datori di lavoro spesso considerano la preparazione universitaria come insufficiente e non riconoscono negli studenti adeguate competenze professionali.

Esiste tuttavia un modello di didattica universitaria esplicitamente progettato per supportare l’attraversamento del confine tra università e mondo del lavoro, in cui la tecnologia ricopre un ruolo cruciale.

Università e lavoro, così formiamo alle competenze digitali

Il modello, elaborato da chi scrive e sperimentato in un corso magistrale di Psicologia dell’e-learning presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, si concentra proprio sul supportare gli studenti a mettere in pratica quanto appreso durante il corso.

In Italia corsi di questo genere sono spesso inseriti nell’alveo delle scienze umane; pertanto, c’è una forte attenzione alla teoria e una tendenza a utilizzare strategie educative prevalentemente trasmissive. Questo significa che gli studenti hanno poche opportunità di mettere in pratica le proprie capacità professionali durante la loro vita accademica. Al contrario, questo modello è progettato per offrire agli studenti molteplici opportunità di partecipare ad attività pratiche, nonché di riflettere sulle loro capacità di apprendimento (Amenduni et al., 2021).

Il modello PCC

Il modello che qui presentiamo è denominato Partecipazione Costruttiva e Collaborativa (PCC) (Ligorio & Annese, 2010; Ligorio & Sansone, 2009) ed è particolarmente adatto in modalità blended (Ligorio, 2021). La prima iterazione di questo modello è stata introdotta nel 2005 con l’obiettivo esplicito di offrire agli studenti l’opportunità di sviluppare competenze digitali, supportare coloro che non possono frequentare il corso in presenza e innovare le esperienze di insegnamento e apprendimento introducendo attività di tipo professionalizzante.

Per evitare un utilizzo della tecnologia limitato al trasferimento di informazioni, nel modello sono state incorporate varie attività online: individuali, da svolgere in diadi, in piccoli gruppi fino ad attività collettive. Si vuole così sfruttare l’opportunità offerta dagli ambienti online di allestire spazi digitali in cui gli studenti possono incontrarsi e partecipare attivamente, in modo costruttivo, sviluppando e testando le competenze professionali oggetto del corso. Infatti, il PCC si pone come obiettivo quello di consentire agli studenti di mettere in pratica online modalità di lavoro simili a quelle professionali ma in un ambiente sicuro perché simulato. In questo modo viene incoraggiato il passaggio dall’essere uno studente al diventare gradualmente un professionista.

Per potenziare la dimensione blended, il corso non è concepito come una semplice alternanza tra apprendimento online e offline ma si punta ad una reciproca fertilizzazione tra questi due momenti (Ligorio et al., 2021). Questo comporta necessariamente una combinazione di diverse pratiche educative complementari, componendo così un mix ricco e complesso di esperienze di insegnamento ed apprendimento. Per esempio, tra le attività individuali richieste agli studenti vi è la compilazione di revisioni critiche dei materiali didattici forniti dal docente e la redazione un report finale, entrambi guidati da format predisposti dal docente. Tra le attività collaborative di piccolo gruppo è prevista la costruzione di mappe concettuali che sintetizzino i concetti studiati e discussi a lezione, utilizzando appositi software.

La struttura modulare

Il corso dura solitamente circa 13 settimane ed è diviso in due moduli rispettivamente di sei settimane e sette settimane. Il modulo 1 copre i contenuti curriculari, mentre il secondo si concentra sulla messa in pratica di quanto appreso nel precedente modulo, di concerto con aziende che operano nel mercato dell’e-learning. All’inizio del corso gli studenti vengono divisi in gruppi di dimensioni variabili, a seconda del numero totale di partecipanti e della quantità di gruppi che il docente pensa di poter gestire. A tal proposito si consiglia di tener conto delle raccomandazioni che provengono dalla letteratura specialistica circa gli effetti della dimensione dei gruppi collaborativi (si veda Dillenbourg, 1999). In genere, il modulo 1 viene avviato con una lezione frontale durante la quale il docente fornisce risorse e materiali di studio (ad es. capitoli, articoli, presentazioni PowerPoint, siti web, ecc.) raggruppabili in cluster corrispondenti al numero di gruppi formati. Per esempio, se sono stati previsti sei gruppi il docente selezionerà materiali che afferiscono a sei sotto argomenti che insieme compongono il contenuto del modulo. Ad ogni gruppo sarà assegnato il materiale attinente ad un sotto argomento con il compito di studiarlo prima individualmente, scrivendo la revisione critica di cui si è parlato prima, e poi discuterlo in gruppo. In conclusione di questa fase i gruppi vengono sciolti e nuovi gruppi vengono formati avendo cura di assicurarsi che sia presente almeno un componente di ciascuno dei gruppi precedenti. Questi nuovi gruppi hanno il compito di ricostruire l’insieme dei sotto-argomenti e, quindi, l’intero contenuto del modulo. Ispirato al metodo Jigsaw (Aronson et al., 1978), i primi gruppi sono stati chiamati “gruppi esperti” perché hanno il compito di approfondire il materiale di studio allo scopo di socializzare i contenuti nei gruppi successi; invece, i gruppi formatesi successivamente sono denominati “jigsaw” o “puzzle” dato che il loro compito è quello di far convergere, incastrare – come in un puzzle – le conoscenze dei vari “esperti” provenienti dai gruppi precedenti all’interno di un prodotto condiviso, per esempio una mappa concettuale. I materiali forniti dal docente sono postati online in una cartella in Google Drive e i vari gruppi potranno incontrarsi per discutere e preparare i prodotti richiesti nello spazio digitale che si reputa più consono (WhatsApp, Teams, Moodle, etc.). Se necessario, le discussioni e le attività avviate online possono essere finalizzate in presenza anche prevedendo la possibilità per alcuni di connettersi a distanza.

Prima di avviare le attività di gruppo, tutti i corsisti partecipano alla definizione di una domanda di ricerca stimolante e motivante, che guida le attività successive del corso. La ragione principale per cui si ricorre a questa modalità è quella di evitare un apprendimento mnemonico e aiutare gli studenti a concepire l’apprendimento come indagine progressiva, come risoluzione collaborativa di problemi e costruzione di conoscenze professionali (Hakkarainein, 2003; Scardamalia & Bereiter, 2006). Proporre una domanda di ricerca non ha lo scopo di spingere gli studenti a trovare necessariamente una risposta, ma piuttosto di coinvolgerli in ragionamenti collaborativi su possibili risposte ed eventualmente generare nuove domande più specifiche e sofisticate. Sia nelle revisioni individuali che nelle mappe costruite collaborativamente, agli studenti è richiesto di esplicitare la risposta fornita alla domanda di ricerca indicando le fonti utilizzate per definirla.

Gli studenti sono anche invitati a leggere e commentare reciprocamente le revisioni individuali, che vanno considerate a tutti gli effetti materiali di studio, insieme ai commenti che il docente appone alle revisioni, disponibili sempre online. Questa pratica è proposta per migliorare l’autoriflessione, aiutare gli studenti a vedere la valutazione come uno strumento di apprendimento e sostenere lo sviluppo di obiettivi condivisi attraverso la socializzazione di prodotti individuali e di gruppo.

Il modulo 2 ha una connotazione molto pratica. Qui l’obiettivo è quello di offrire agli studenti la possibilità di mettere in pratica quanto appreso nel modulo precedente. A tale scopo si coinvolgono agenti del mondo professionale a cui gli studenti aspirano; nel nostro caso aziende e imprenditori attivi nel campo dell’e-learning. Le aziende selezionate e disponibili vengono invitate a fornire una lezione – se possibile in presenza, altrimenti in remoto – in cui presentare il core business della loro azienda e proporre un prodotto alla cui realizzazione gli studenti possono partecipare. Anche qui si formano gruppi esperti e gruppi jigsaw – diversi da quelli del modulo 1. I gruppi esperti lavoreranno con l’azienda prescelta mentre i gruppi jigsaw socializzeranno i lavori svolti con le diverse aziende allo scopo di fornire feedback reciproci, appropriarsi ciascun del lavoro svolto anche con le aziende con cui non si è in contatto e realizzare un prodotto finale collettivo (per esempio, un dépliant oppure una griglia) in cui evidenziare aspetti comuni e divergenti del lavoro con ciascuna azienda. I feedback saranno strutturati sulla base dei criteri di valutazione stabiliti dalle stesse aziende.

Il Role-Taking

Sia all’interno dei gruppi di esperti che dei gruppi jigsaw gli studenti sono chiamati a ricoprire alcuni ruoli. Prendendo spunto dalla teoria del Role-Taking (Fischer, et al., 2013; Topping, 1998), questi ruoli vengono specificamente progettati per supportare gli studenti nella presa di responsabilità, nello sviluppo della loro agency e nella partecipazione attiva (Ligorio et al., 2017). Ricoprire un ruolo per gli studenti significa avere delle chiavi di lettura più chiare e precise sul come strutturare i propri interventi. Ne consegue che gli studenti si sentano legittimati comportarsi in modi consoni al ruolo e che probabilmente non avrebbero mai messo in atto senza di esso (Sansone et al., 2010; Sansone et al., 2011).

Il numero e la tipologia di ruoli da attivare possono essere variabili, a seconda della numerosità dei gruppi e della possibilità del docente di monitorarli. In genere si consiglia di adottare una strategia incrementale, ovvero partire con pochi ruoli e poi man mano nelle attività successive procedere ad aumentarli.

Tra i ruoli più frequentemente assegnati segnaliamo: (a) il leader delle discussioni di gruppo online. Chi copre questo ruolo è responsabile del monitoraggio delle discussioni, delle scadenze delle attività di gruppo e si preoccupa che tutti i componenti del proprio gruppo partecipino attivamente; (b) il product manager ovvero il responsabile della preparazione di una prima bozza del prodotto che il gruppo deve realizzare. Tra i suoi compiti vi è anche quello di sollecitare feedback costruttivi da parte di ciascun partecipante del gruppo utili alla finalizzazione del prodotto; (c) il ricercatore che è incaricato di trovare e condividere ulteriori materiali didattici funzionali allo svolgimento delle discussioni e delle attività di gruppo.

Ovviamente, questi sono solo degli esempi. Altri ruoli possono essere appositamente inventati in funzione degli scopi e delle necessità del corso o ripresi dalla letteratura specialistica; pe esempio lo scettico e l’osservatore (Pontecorvo et al., 1993).

L’assegnazione dei ruoli avviene in entrambi i moduli ma possono essere variati a seconda delle esigenze emerse durante lo svolgimento delle attività. Si raccomanda di evitare che lo stesso studente ricopra più volte lo stesso ruolo favorendo, invece, una loro turnazione. Inoltre, si consiglia di partire da una assegnazione casuale per poi assegnare i ruoli in modo più strategico; per esempio se si vogliono supportare competenze di leadership in studenti passivi allora si può assegnare loro il ruolo di leader; oppure, viceversa, questo ruolo può essere assegnato a chi già spontaneamente mostra di avere una attitudine verso la leadership allo scopo di assecondare interessi e motivazioni. La decisione di quale strategia assegnare nel selezionare e assegnare i ruoli è a totale discrezione del docente.

È anche possibile prevedere delle specifiche discussioni– meglio se online – sul ruolo ricoperto, invitando gli studenti a riflettere sulla propria esperienza e a condividere suggerimenti utili a chi svolgerà quel ruolo prossimamente.

L’e-portfolio

Parallelamente a tutte queste attività, gli studenti sono richiesti di predisporre il proprio e-portfolio, compilando sezioni diverse a seconda della fase del corso. Ad avvio del corso gli studenti inseriscono nel proprio e-portfolio tutte le informazioni personali che vogliono condividere: hobby e passioni di diversa natura; informazioni biografiche; interessi accademici e non; link ai propri social; foto e video. Inoltre, dovranno postare le loro aspettative sul corso. I moduli, invece, saranno inaugurati con l’esplicitazione degli obiettivi personali che si intende perseguire. Al termine di ciascun modulo gli studenti dovranno identificare ciò che ritengono rappresenti il loro migliore contributo (ad es. un supporto alla realizzazione del prodotto collaborativo oppure un intervento nelle discussioni), esplicitando le ragioni della loro scelta. In conclusione del corso, gli studenti riassumono le competenze acquisite durante il corso ed esamineranno le loro aspettative iniziali per verificare se e quanto si siano realizzate (Impedovo et al., 2013).

All’interno dell’e-portfolio è anche attivo un ruolo speciale; quello di “amico di zona di sviluppo prossimale”. Chiaramente ispirato a Vygotskij (1978), l’attivazione di questo ruolo prevede che ciascuno studente individui – visitando i vari e-portfolio – un collega per cui nutre stima e fiducia e che avrà il compito di monitorare da vicino tutte le attività svolte da chi lo ha scelto per questo ruolo. Si tratta di una attività diadica che permette di instaurare un clima di fiducia reciproca nell’intera comunità del corso e ha permesso di arricchire non solo la qualità dei e-portfolio ma anche in generale della partecipazione degli studenti al corso (Impedovo et al., 2018).

Conclusioni

La struttura del PCC sostiene la transizione dal contesto accademico a quello professionale attraverso una struttura modulare e varie attività fondate su consolidate teorie psico-pedagogiche quali il Jigsaw che guida la composizione e ricomposizione die gruppi, l’indagine progressiva che propone il ricorso a domande di ricerca come guida alle attività di studio e di discussione, l’assunzione di ruoli, il mantenimento di e-portfolio e la costruzione di prodotti di diverso tipo.

Nel primo modulo i prodotti realizzati sono ad appannaggio del corso stesso, mentre nel secondo modulo si tratta di oggetti progettati e realizzati insieme alle aziende che operano nel mercato dell’e-learning. Tutti i prodotti sono sottoposti alla valutazione degli stessi partecipanti che si scambiano feedback costruiti sulla base di form predisposti dal docente. Questa è una strategia che supporta una visione costruttiva della valutazione che accompagna tutto il corso e non solo il suo momento conclusivo.

I prodotti realizzati possono essere definiti come di “confine” tra diverse comunità (Akkerman & Baker, 2011); nel nostro caso, quella del corso e quella delle aziende attive nel modulo 2. In altre parole, questo modello incoraggia gli studenti a proiettarsi nel futuro e a considerare non solo ciò che sanno ma anche come possono utilizzare le conoscenze appena acquisite per produrre un avanzamento nel settore oggetto di studio. Ciò è perfettamente in linea con la filosofia del socio-costruttivismo e della costruzione di conoscenza (Scardamalia & Bereiter, 2006) che connota gli approcci più recenti all’apprendimento, soprattutto quando connessi all’introduzione della tecnologia nei contesti educativi.

Esempi di oggetti di “confine” costruiti durante il corso sono: (a) una App per l’inserimento lavorativo utile per gli studenti universitari, (b) un serious-game intitolato “Chi vuol essere presidente”, rivolto a studenti di età compresa tra i 10 e i 13 anni per conoscere la Costituzione italiana, (c) un corso MOOC sul pensiero critico per insegnanti di scuola media, (d) uno storyboard per un learning object sulla leadership.

Tra i vari effetti positivi registrati dall’implementazione di questo modello abbiamo avuto modo di constatare che circa il 20% dei corsisti mantiene e prosegue il rapporto con le aziende e circa la metà di loro trova poi una occupazione stabile nelle stesse aziende o aziende consociate. Un risultato che compensa la complessità del modello e le difficoltà che la sua implementazione comporta.

Bibliografia

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