Il processo di digitalizzazione, con le molteplici occasioni di interconnessione e la pervasività dei nuovi device, pone nuove e complesse sfide nel campo educativo. Sfide a cui sono chiamati a rispondere, in primo luogo, scuole e insegnanti, famiglie e genitori.
Ciò che serve è la definizione di una condivisione di obiettivi e, in questo contesto, i cosiddetti “patti educativi digitali” rappresentano degli strumenti preziosi in questa direzione.
Vediamo di cosa si tratta, non prima di aver contestualizzatio le sfide da affrontare.
Family Tech: le relazioni tra tecnologie, famiglie e minori
Da un lato, com’è noto, l’utilizzo dei dispositivi può apportare significativi benefici e offrire opportunità di apprendimento, informazione e scambio; dall’altro lato, sussistono numerose evidenze sui rischi e i pericoli legati all’utilizzo precoce dei dispostivi da parte dei minori, in termini sia di benessere psico-fisico sia di sicurezza digitale.
I genitori spesso percepiscono un’incapacità tecnica nel fronteggiare tale sfida e, a loro volta, subiscono una pressione socio-economica su quando e come fornire, per la prima volta, il dispositivo a bambini e bambine, sentendo come compito arduo attuare una scelta ponderata. Tali circostanze hanno portato a parlare specificamente di Family Tech, per indicare le relazioni tra tecnologie, ambito familiare e minori di età.
Si possono elencare diverse problematiche inerenti all’uso dei dispositivi da parte dei minori.
A quale età il primo smartphone?
Una prima questione, decisiva, riguarda la discussione su come e quando fornire al minore lo smartphone: qual è l’età più idonea, ossia l’età del c.d. “discernimento”? La questione è indubbiamente importante, perché serve a evitare fenomeni di emulazione e di preconizzazione precoce del minore.
I rischi di un utilizzo prematuro dei device
La seconda questione è legata al mancato recepimento delle indicazioni da parte delle società scientifiche pediatriche che, in diverse occasioni, hanno sottolineato i rischi psico-fisici di un utilizzo prematuro dei device da parte dei minori della prima infanzia.
In tempi molto recenti, non è passata inosservata poi la scelta radicale del nuovo ministro dell’Istruzione svedese, Carlotta Edholm, che ha comportato un inizio dell’anno scolastico senza i familiari tablet nelle loro aule. Al loro posto, sono tornati i tradizionali libri di carta, quaderni e penne. La ragione della scelta si basa sull’indagine internazionale PIRLS del 2021, i cui risultati hanno mostrato che la capacità di lettura degli studenti svedesi era diminuita significativamente. Fattore cruciale dietro questo declino, è stato ritenuto l’eccessivo utilizzo di dispositivi digitali che interferirebbe con il tempo di riflessione necessario per un apprendimento profondo.
Il mondo dei social network
Una terza questione è legata al mondo dei social network: le norme, generalmente, vietano l’iscrizione alle piattaforme social al minore sotto il quattordicesimo anno di età, eppure eludere il divieto è semplice, dato che basta ‘mentire’ sull’anno di nascita durante il procedimento d’iscrizione al social network. In forza di ciò, le stesse iniziative di educazione digitale sono in qualche modo costrette a dare per scontato che siffatta norma non sia osservata.
Le indicazioni PEGI
Una quarta problematica riguarda le indicazioni PEGI (Pan European Game Information), usate per classificare i videogames attraverso le cinque categorie di età (+3, +7, +12, +16, +18) e le otto descrizioni contenutistiche (turpiloquio, discriminazione, droga, paura, gioco d’azzardo, sesso/nudità, violenza, acquisti integrati). Queste ultime indicazioni servono per determinare il gioco più idoneo per bambini e bambine, ciò nonostante, tali indicazioni sono largamente ignorate, con il rischio che il minore giochi a un videogame per la sua età non idoneo sia a livello contenutistico sia a livello visivo.
Le richieste delle scuole
Un altro aspetto problematico – ma altri se ne potrebbero segnalare – concerne le richieste delle scuole stesse di utilizzare la connessione nello svolgimento dei compiti a casa: com’è possibile sfruttare le potenzialità didattiche del digitale senza scaricare tutto l’onere sulle famiglie nel rendere sicuro l’ambiente della navigazione in rete a casa?
Educare i genitori all’uso consapevole dei device
In linea generale, gli attori coinvolti e impegnati ad affrontare il tema dell’educazione digitale sono tanti, così come crescenti ormai sono le iniziative volte a sensibilizzare, educare e gestire i problemi che inevitabilmente si possono creare con l’uso dei dispositivi.
Il progetto “Equip Today to Thrive Tomorrow”
Ne costituisce un buon esempio il progetto “Equip Today to Thrive Tomorrow”, coordinato da Save the Children con il supporto di Accenture Italia, finalizzato a sviluppare competenze umane e capacità tecnologico-digitali di bambini e bambine/ragazzi e ragazze in contesti di povertà educativa, entro un’ottica di inclusione di genere.
All’interno delle attività del progetto, della durata di tre anni (giugno 2020 – agosto 2023), è stata infatti condotta una ricerca esplorativa volta a indagare le barriere che impediscono, in particolar modo alle ragazze, un più ampio accesso a percorsi di apprendimento digitale e nel campo di studio STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica). Lo studio ha coinvolto ragazzi e ragazze, genitori, insegnanti ed educatori/educatrici di alcuni “Punte Luce – Spazi educativi di Save the Children” presenti nei quartieri e nelle periferie maggiormente svantaggiate di diverse città –, le cui riflessioni hanno consentito di realizzare attività formative (inclusa una Scuola di Robotica), basate sull’apprendimento non formale, e di sensibilizzazione dei/delle partecipanti su un utilizzo più agevole e consapevole di strumenti ormai quotidiani.
I limiti di un dibattito troppo polarizzato
Malgrado questo e altri esempi possibili, manca ancora un’ampia discussione pubblica e collettiva su siffatte questioni e il dibattito fra “tecno-ottimisti” e “tecno-pessimisti” che spesso domina i social non è, in questo caso, particolarmente proficuo per il tema in oggetto e la sua rilevanza.
I patti educativi digitali
Il patto educativo digitale può essere inteso come un “patto di corresponsabilità” per l’educazione digitale, che parte dalle famiglie e si apre alla cooperazione con altri soggetti coinvolti nell’educazione digitale dei minori.
L’educazione digitale non si esaurisce nella gestione delle singole scelte delle famiglie: l’esperienza dimostra che la collettività (le scuole, gli enti locali e il mondo dell’associazionismo) può unirsi insieme alle singole famiglie per formare un’alleanza collettiva, delineando le migliori strategie per l’educazione digitale dei bambini e delle bambine.
Infatti, nel momento in cui questi ultimi ricevono messaggi incoerenti dal mondo degli adulti rimangono – fondamentalmente – disorientati. Questo ‘disorientamento’ può portare a scelte erronee nella navigazione in rete; al contrario, una solida alleanza di comunità (rectius, di gruppi), che si organizza per delineare le migliori strategie educative nel digitale, può fornire un quadro chiaro delle scelte educative.
Un patto educativo digitale contiene i principi fondamentali di tali scelte condivise, per far sì che le famiglie, gli enti locali e il mondo dell’associazionismo si impegnino all’uso corretto delle nuove tecnologie da parte dei bambini e delle bambine, affinché sia a loro garantito il benessere psico-fisico.
Si possono elencare, a titolo esemplificativo, tre principi fondamentali di un patto educativo digitale:
- il decidere collettivamente il momento della consegna, ossia stabilire quando i bambini e le bambine possono cominciare a fare esperienza con i diversi tipi di schermi, stabilendo insieme i contenuti più adatti e quali strumenti consegnare;
- la partecipazione con le famiglie a momenti di educazione digitale, ovverosia decidere quando organizzare incontri di approfondimento e di scambio delle esperienze, che mirano a un uso creativo, divertente e condiviso dei dispositivi digitali;
- stabilire regole cogenti sull’utilizzo dello smartphone e dei dispositivi digitali, ovvero le famiglie e i figli/le figlie definiscono precisi accordi che si impegnano scrupolosamente a rispettare.
Possono, al riguardo, fornirsi alcuni esempi: l’uso dello smartphone deve essere trasparente, quindi i genitori devono essere sempre al corrente dei contenuti che il bimbo o la bimba visualizza; definizione specifica dei luoghi (divieto, ad esempio, di usare il dispositivo a tavola) e degli orari concessi per l’uso del dispositivo (ad un certo orario, per esempio dalle 22:00 in poi, l’utilizzo non è consentito); le app, i social e i giochi devono essere idonei al bimbo, seguendo le indicazioni del già menzionato PEGI.
Su questi presupposti si possono delineare le seguenti linee guida dei punti programmatici di un patto educativo digitale:
- va superata un’eventuale visione “tecnofobica” da parte dei genitori, il passaggio dall’analogico al digitale deve tuttavia essere graduale;
- ci si prepara, per tempo, all’autonomia digitale del bambino e della bambina, condividendo dapprima l’utilizzo del dispositivo e lasciando gradualmente l’indipendenza al minore;
- definizione di regole chiare e trasparenti fin dall’inizio riguardo l’utilizzo dei dispositivi;
- le famiglie sono adeguatamente informate sull’utilizzo del device da parte del minore e, in certo senso, si responsabilizzano maggiormente attraverso il patto, che coinvolge altre famiglie, le istituzioni e il mondo dell’associazionismo.
Conclusioni
I patti educativi digitali sono indubbiamente un’importante occasione, perché permettono una sinergia fra le famiglie, le scuole, gli enti locali e il mondo dell’associazionismo, indicando a bambini e bambine regole chiare, ma mai oppressive.
Ciò permette di accrescere le potenzialità positive delle nuove tecnologie, senza farsi divorare dalla corsa frenetica alla digitalizzazione, da un lato, e senza cadere all’interno dei circuiti negativi delle nuove tecnologie come, per esempio, la visione di contenuti non adatti ai minori o all’interno di un ambiente ‘non idoneo’ nella rete, dall’altro lato.
Un esempio di patto educativo digitale, oltre all’importante iniziativa condotta dal team di ricerca dell’Università di Milano-Bicocca, coordinata da Marco Gui, è “Aspettando lo smarphone”, un progetto al quale hanno aderito otto Istituti Comprensivi, fra i quali due Istituti di Modena, e secondo il quale nessuno schermo andrebbe consentito fino ai 2/3 anni e il telefono dovrebbe essere liberamente connesso solo dopo i 14 [1].
L’aspetto indubbiamente positivo di un patto digitale educativo, oltre alla creazione di principi e regole condivise, è la sua flessibilità: le nuove famiglie che aderiranno, o le stesse del patto originario, potranno ridefinire i contenuti o stabilirne altri e ciò a seconda delle esigenze che, man mano, maturano nel corso del tempo.
L’obiettivo primario è, e sarà sempre, il benessere psico-fisico dei bambini e delle bambine, affinché acquisiscano la consapevolezza e la maturità necessaria sull’uso dei device, senza bruciare i fisiologici tempi di crescita e di maturazione nel cimentarsi con i contenuti della rete.
Sitografia
https://www.savethechildren.it/blog-notizie/patti-di-comunita-in-risposta-a-sfide-tecnologie
https://www.partecipami.it/infodiscs/view/40999
Bibliografia
Ballerini L., Né dinosauri né ingenui: educare i figli nell’era digitale, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2018.
Buckingam D., Media Education, Erickson, Trento, 2006.
Falcinelli F., Percorsi formativi per genitori, insegnanti ed educatori, per un rinnovato patto educativo di contrasto al cyberbullismo, in Media education – Studi, ricerche, buone pratiche, 2, 2019, pp. 246-255.
Ferrari S., Alleanze digitali: i media oggi da problema a risorsa per la corresponsabilità scuola-famiglia, in M. Amadini, S. Ferrari S. Polenghi (a cura di), Comunità e corresponsabilità educativa. Soggetti, compiti e strategie, Pensa Multimedia, Lecce, 2019.
Magni F., La disruption digitale e la riscoperta della responsabilità educativa della famiglia, in La famiglia, 1, 2022, pp. 78-93.
Volpi B., Genitori digitali: crescere i propri figli nell’era di Internet, il Mulino, Bologna, 2017.
[1] Cfr. https://primamodena.it/attualita/no-a-cellulare-e-internet-sotto-i-14-anni-modena-aderisce-al-progetto-aspettando-lo-smartphone/ (ult. consultazione 22 settembre 2023).