L'APPROFONDIMENTO

Patto digitale fra generazioni, ecco le strategie anti-conflitto sociale

L’utilizzo di strumenti tecnologici rischia di allargare la forbice fra giovani e adulti. Non solo: anche di generare gap comunicativi fra ragazzi di età diverse. Serve un “riallineamento” che coinvolga tutti gli stakeholder in campo, mettendo mano alle forme innovative di apprendimento. Vediamo come

Pubblicato il 27 Nov 2020

Gregorio Ceccone

pedagogista del digitale, Coordinatore dei formatori e referente per l'Osservatorio Scientifico del Movimento Etico Digitale

Davide Dal Maso

presidente del Social Warning - Movimento Etico Digitale

education-960×640

Digitale e social media stanno cambiando la realtà attorno a noi. Possiamo accettarlo o meno, ma è così. Le distanze si accorciano, il mondo del lavoro è alle prese con una turbolenta trasformazione, la didattica è in cerca di nuove strade.

Il periodo complesso che stiamo vivendo ha quindi premuto l’acceleratore su molti di questi cambiamenti. Quanti di noi conoscevano concetti come lo smartworking, la didattica a distanza o la Zoom-fatigue prima di marzo 2020? Siamo stati esposti a nuovi strumenti e modalità relazionali. Abbiamo vissuto molto di più in casa isolati con i nostri cari. Persone così vicine ma a volte così lontane.

Non a caso la lente dei ricercatori sta mettendo a fuoco uno scenario pedagogico ed educativo in costante evoluzione. Analizziamo le strategie da adottare nella scuola digitale, ma non solo, per scongiurare l’acuirsi dello scontro generazionale.

Acceleratore Covid sul digitale

Un aspetto molto curioso è assistere allo sviluppo dell’educazione digitale e dei cittadini digitali rispetto nell’evolversi degli anni. Assistere allo scetticismo che ha sempre accompagnato l’arrivo di un nuovo media visto in prima battuta con sospetto e poi quasi sempre accolto sia dalle nuove generazioni che da quelle più “anziane”.

Prendiamo per esempio WhatsApp. Che ci piaccia o no questo strumento lo utilizziamo, o conosciamo, praticamente tutti. Una decina di anni parlavo di questa app nei corsi di formazione come se fosse uno strumento all’avanguardia che solamente i più giovani utilizzavano e gli adulti guardavano con molta diffidenza. Se pensiamo a cos’è diventato WhatsApp al giorno d’oggi ci viene da sorridere pensando a come fosse lo scenario di anni fa. Lo stesso potremmo dire con tutte le varie tecnologie e media di comunicazione. Stampa, radio, televisione, computer, videogiochi, internet, MySpace, Facebook fino ad arrivare al contemporaneo TikTok. Tecnologie viste con sospetto dagli over 35[1] ma poi pian piano accolte dalla maggioranza della popolazione.

L’Educazione Digitale nel 2020

La diffusione delle nuove tecnologie è sempre più capillare anche nel nostro paese, come evidenziato dalle immagini sottostanti tratte dalla ricerca svolta dall’agenzia We are Social e dall’Osservatorio Scientifico di Social Warning.

Una dieta mediale simile ha generato un nuovo linguaggio, un nuovo modo di organizzare il pensiero e un tessuto sociale in costante evoluzione. Il gap generazionale che si è venuto a creare non riguarda solamente il rapporto genitori e figli ma anche generazioni più vicine, in termini di differenza di età, che possono comunicare con linguaggi parzialmente differenti. Queste trasformazioni investono i processi di apprendimento e di istruzione e hanno importanti ripercussioni sui comportamenti che i più giovani adottano, consapevolmente o no, nel contatto e nell’utilizzo, spesso intensivo, delle tecnologie digitali. La sfida educativa posta a insegnanti, educatori e adulti significativi è quella di interpretare l’evoluzione del contesto comunicativo entro il quale si muovono i giovani non solo per poter comunicare efficacemente con gli educandi, ma anche per essere membri attivi del tessuto sociale.

Questa sfida è stata accettata? Per i professionisti della didattica e dell’educazione la posizione è la stessa o cambia in virtù di una maggiore capacità di lettura dei fenomeni sociali? La diffidenza verso le nuove tecnologie e i Nuovi Media può portare a sottovalutare la questione educativa o ad avere un atteggiamento sospettoso e/o censorio? Esistono esempi virtuosi di innovative forme di educazione digitale in Italia?

La risposta a quest’ultima domanda è sì. Esistono progetti e figure professionali che si stanno ritagliando uno spazio in questo nuovo contesto e mercato. Vi voglio raccontare di un progetto a me particolarmente caro: Social Warning.

Il progetto Social Warning

L’associazione Social Warning, da questo punto di vista, è un esempio emblematico. Un movimento di volontari che vuole raccogliere questa sfida: portare la cultura digitale nelle scuole secondarie di primo e secondo grado e università con attività di informazione e azioni etiche che migliorino la società grazie a un uso consapevole della rete. Questo movimento non ha la pretesa di voler essere l’unico portatore dell’educazione digitale ma punta ad unire professionisti, appassionati ed entusiasti al tema della comunicazione digitale e della media education sotto un unico cappello. Un movimento che nasce e cresce nella rete ma che vede la sua forza nel lavoro collaborativo off-line di persone accomunate da un’idea, da un territorio e, perché no, da una visione di un futuro migliore. A febbraio 2020 hanno aderito circa 150 volontari sparsi in tutte le regioni di Italia e abbiamo incontrato oltre 30.000 ragazzi e 10.000 adulti

Competenze digitali per il mondo del lavoro

La tecnologia ha rivoluzionato il modo in cui le persone comunicano, accedono alle informazioni e apprendono, motivo per cui le pratiche di insegnamento dovrebbero essere rimodellate per soddisfare le mutevoli esigenze formative degli studenti.

Tuttavia, poiché i metodi di insegnamento tradizionali sono stati progettati prima che l’uso della tecnologia fosse così esteso, non sempre questi metodi riescono a preparare gli studenti al mondo moderno. Insegnanti ed educatori dovrebbero aggiornare le loro metodologie per affrontare gli effetti dell’uso frequente del digitale sulla Generazione Z & Generazione Alpha preparando al tempo stesso gli studenti a utilizzare consapevolmente la tecnologia.

La rivoluzione tecnologica ha portato un nuovo modo di apprendimento: veloce, con risorse sempre a disposizione e sempre aggiornato. Gli insegnanti potrebbero promuovere questo tipo di apprendimento utilizzando nuove modalità didattiche e nuove risorse come lezioni online interattive, flipped classroom, byod.

La flipped classroom è un modello pedagogico nel quale le classiche lezioni e l’assegnazione del lavoro da svolgere a casa vengono capovolti. L’insegnante assegna per casa ai propri studenti alcuni video da seguire su un dato argomento, prima di trattarlo in classe. In questo modo, poiché gli studenti hanno già un’infarinatura generale dei contenuti da affrontare, si può dedicare il tempo a disposizione a scuola per dare chiarimenti, effettuare delle esercitazioni e qualsiasi altra attività funzionale ad una migliore comprensione.

Smartphone a scuola: pro e contro

I membri della Generazione Z sono prevalentemente nativi digitali, il che significa che hanno avuto accesso alla tecnologia sin dalla nascita. Trovano l’apprendimento interattivo più attraente, quindi sono più propensi a rimanere impegnati in lezioni interattive rispetto alle lezioni non interattive.

I nativi digitali hanno un costante accesso ai media interattivi per la maggior parte della loro vita, sono abituati a scoprire come utilizzare rapidamente le nuove tecnologie senza alcun aiuto. Questo ha cambiato il loro modo di apprendere. Un ragazzo adolescente è accompagnato per gran parte della propria giornata da uno smartphone che gli permette di essere costantemente connesso. Spesso quando arriva a scuola gli viene privata questa possibilità e si sente disconnesso.

Questo aspetto non dev’essere visto necessariamente in modo negativo ma può essere letto in questo senso se vi è dietro la presenza di una riflessione educativa.

Con questo non intendo dire che i ragazzi dovrebbero avere libero accesso a tutte le applicazioni e social media che utilizzano durante la giornata ma che un contesto che priva loro completamente la possibilità di essere connessi, è uno spazio che priva loro di essere se stessi.

Se pensiamo alla nostra vita probabilmente l’avvento delle tecnologie digitali ha influenzato solamente una parte della nostra esistenza. Abbiamo vissuto gran parte della nostra giovinezza in una realtà completamente reale e tangibile. Solamente in un secondo momento si è avvicinato il mondo digitale: il mondo di Internet, dei social network e dei media digitali. Nel mio caso personale, per esempio, ricordo la mia prima connessione al web all’età di 17 anni. Quando avevo 17 anni, nel lontano 1996, vivevo un contesto quasi del tutto analogico tutta la mattinata dal risveglio al rientro a casa, nel pomeriggio. Tornato a casa, accendevo il mio computer con un modem a 56k e vivevo per qualche ora anche un contesto digitale.

Iperrealtà, una nuova dimensione

Oggigiorno, da quando mi alzo non passa neanche un’ora dal momento del mio risveglio al momento in cui accendo lo smartphone e da quel momento in poi sono nuovamente connesso al mondo digitale. Un mondo in cui vivo è una realtà sia tangibile che digitale. Una realtà ibrida che viene definita iperrealtà. Tanto più vivo il digitale nella vita di tutti i giorni tanto più questa sovrapposizione prende spazio. In questa sovrapposizione vive l’adulto moderno e vivono anche i nostri ragazzi.

I ragazzi della Generazione Z sono “nativi digitali”: hanno avuto accesso alla tecnologia sin dalla nascita. Amano gestire il proprio apprendimento commettendo errori e imparando autonomamente. In altre parole, non vogliono che qualcuno dica loro cosa fare o come. Gli studenti della Generazione Zeta & Generazione Alpha trovano l’apprendimento interattivo più attraente, quindi sono più propensi a impegnarsi in lezioni interattive rispetto alle lezioni non interattive.

Gli studenti imparerebbero di più se gli insegnanti enfatizzassero l’apprendimento interattivo. Dal momento che i nativi digitali hanno accesso ai media interattivi per la maggior parte della loro vita, sono abituati a scoprire come utilizzare rapidamente le nuove tecnologie senza alcun aiuto, il che ha cambiato il loro modo di apprendere.

I metodi di insegnamento tradizionale, come le lezioni frontali, non sono in linea con il mondo in cui sono cresciuti gli studenti della Generazione Z, il che rende la comprensione delle lezioni tradizionali molto complessa e inefficiente. Gli insegnanti possono rendere le lezioni più partecipative, integrando i programmi informatici per computer nelle loro lezioni, ad esempio in aule interattive online, rendendo le lezioni più utili e consentendo agli studenti di imparare di più ed essere stimolati ad approfondire le materie in un secondo momento.

Le 9 materie per l’educazione digitale

Dal mio punto di vista è molto importante trattare sia a scuola che a casa il tema della cittadinanza attiva digitale. Secondo Mike Ribble e colleghi (2015), educatore e scrittore di “Digital Citizenship in Schools”, ci sono nove elementi di base utili per insegnare agli studenti ad essere sicuri, responsabili e giuridicamente consapevoli sul loro uso della tecnologia. Questi elementi sono:

  • Accesso digitale: è importante che gli studenti riconoscano che non tutti hanno uguale accesso alla tecnologia e che la scuola dovrebbe essere un luogo in cui ogni studente, indipendentemente dal suo background e dalle sue possibilità, dovrebbe imparare come gestirla.
  • Commercio digitale: la scuola dovrebbe essere l’istituzione che consente agli studenti di diventare consumatori efficaci nel mercato online, di evitare truffe e altre forme di compravendita illegale.
  • Comunicazione digitale: con una vasta gamma di mezzi per comunicare, è importante educare gli studenti ad un utilizzo etico e consapevole di questi strumenti. Inoltre, è importante costruire assieme un regolamento e delle buone prassi che stabiliscano le corrette modalità d’uso degli strumenti digitali all’interno del contesto scolastico. Vietare i telefoni cellulari in classe potrebbe non essere una buona idea, in quanto gli smartphone potrebbero essere utilizzati come potenti strumenti per la ricerca e l’istruzione, anche se il loro utilizzo dovrebbe essere regolato in modo da evitare che diventino solamente una fonte di distrazione. Ci sono diverse esperienze di utilizzo dello smartphone in classe, chiamate BYOD, che dimostrano come questa pratica non sia solo possibile ma anche auspicabile. Bring Your Own Device (BYOD), in italiano vuol dire “porta il tuo dispositivo”, in altre parole è un’espressione che descrive (anche) una metodologia didattica che consente agli studenti di utilizzare i propri dispositivi personali in ambiente scolastico. Il valore aggiunto del BYOD è proprio l’aspetto inclusivo, ovvero la possibilità di lavorare a scuola con tutto quello che è possibile utilizzare anche a casa. Il proprio familiare strumento può essere sempre a disposizione, facilitando sicuramente l’apprendimento.
  • Alfabetizzazione Digitale: come apprendere da soli utilizzando, in maniera critica, tutte le fonti di informazione disponibili. La consapevolezza critica porta a non assorbire inconsapevolmente bufale e informazioni manipolate. Porta anche a scegliere quali possono essere le fonti attendibili e a fare delle ricerche comparate rispetto a diversi siti, testi, video e/o altro.
  • Galateo digitale: come nel mondo fisico, il mondo digitale ha un insieme di regole e comportamenti che aiutano a evitare conflitti e incomprensioni. Un galateo che andrebbe insegnato ai ragazzi e agli adulti.
  • Diritto digitale: l’educazione a tutto ciò che riguarda il diritto d’autore, la proprietà privata, l’identità e le questioni regolate dalla legge nel mondo digitale. Spesso le persone ignorano le ripercussioni legali che le loro azioni sul Web possono avere sulla loro vita reale, e la scuola è l’ambiente giusto per creare consapevolezza su questi temi.
  • Diritti e responsabilità digitali: l’insegnamento dei diritti degli studenti. Dalla libertà di parola, al rispetto della privacy, nonché allla responsabilità di proteggere i diritti delle altre persone, non intraprendere pratiche come il cyberbullismo e altre azioni non etiche.
  • Salute e benessere digitale: come utilizzare la tecnologia in modo sicuro ed evitare le sindromi fisiche e le condizioni derivanti dall’abuso di computer e dispositivi mobili, nonché come prevenire le dipendenze correlate a Internet e al suo contenuto. Proprio su questo importantissimo tema Social Warning ha lanciato una campagna di crowdfunding per poter diffondere la conoscenza di questo problema ed alcune strategie per prevenirlo. In primis: la consapevolezza.
  • Sicurezza digitale: insegnare ai ragazzi i pericoli del mondo digitale. Dall’apprendimento su come sviluppare fattori protettivi contro i predatori, alla protezione dei dati personali, come evitare phishing e frodi, oltre a malware, virus e altri tipi di minacce.

Questi principi incarnano tutti i campi sui quali i veri cittadini digitali devono essere alfabetizzati per condurre una vita produttiva e positiva online, sia da bambini che da adulti. Tuttavia, affinché la scuola sia l’ambiente in cui vengono insegnate queste competenze, prima di tutto abbiamo bisogno di educatori esperti nell’argomento e che possiedano gli strumenti appropriati per trasmettere queste informazioni. Per questo motivo, sia le scuole che le autorità dovrebbero fare uno sforzo completo per formare gli insegnanti sia nel campo della tecnologia, insegnando loro come diventare utenti competenti dei media digitali, sia in tutti gli ambiti relativi alla cittadinanza digitale.

Formazione dei genitori, un tema strategico

Spesso i bambini imparano ad usare i loro computer e i dispositivi mobile senza alcun controllo da parte degli adulti. Spesso ciò accade perché gli adulti sentono di non avere la possibilità o il tempo di gestire le azioni dei loro figli online e di stabilire regole e limiti.

Il genitore così come insegna i valori, le regole ed è da buon esempio nel mondo reale, deve sforzarsi di sviluppare queste competenze anche nel mondo digitale. In questo senso, molte scuole conducono seminari e corsi rivolti a genitori che desiderano imparare come aiutare i loro figli e le loro figlie in questo campo e per creare consapevolezza sull’importanza della questione tra coloro che non sono ancora coscienti. Molti formatori del progetto Social Warning si occupano di formazione per adulti.

Le 7 regole da mettere in atto a casa

Spesso quando conduco delle serate di formazione per adulti, la domanda di rito è: “Quali regole per educare i ragazzi all’uso delle tecnologie”? Mi sento di dire che i “dieci comandamenti rispetto l’uso delle tecnologie” non esistono ma esistono delle buone prassi per adulti e ragazzi.

Sii curioso; non mettere la testa nella sabbia per paura di scoprire cosa stanno facendo i tuoi figli online. Mostra interesse e crea un dialogo: spesso fanno qualcosa di produttivo e apprezzano il tuo genuino interesse e supporto. Attenzione! “Genuino interesse e supporto” non significa controllare i loro smartphone quando non lo sanno o con la coercizione. C’è una bella differenza!

Proibire i dispositivi a tavola durante i pasti; questo è un momento della famiglia che dovrebbe essere preservato come tale. Molti adulti sono ingenui sull’esposizione dei loro figli a comportamenti online dannosi. Anche se l’utilizzo che ne fanno i propri figli è “benigno”, è probabile che abbiano osservato un comportamento scorretto da parte di altri e adulti. Ricordiamoci che siamo noi i loro modelli e che quindi anche noi dobbiamo evitare di utilizzarli.

Limita l’uso dello smartphone in auto. Gli spostamenti in automobile offrono una grande opportunità per conversare con i nostri ragazzi. Quando i genitori parlano al telefono mentre guidano con i bambini, inavvertitamente diciamo loro che una conversazione con la persona dall’altra parte del telefono è più importante di una discussione in prima persona con loro.

Non mandare messaggi ai tuoi figli durante il giorno a scuola; è fonte di distrazione. Rende i bambini ansiosi quando i genitori scrivono: “Come è andata la verifica, tesoro?”. Questo mina la loro indipendenza e la separazione genitore-figlio che meritano durante l’orario scolastico.

Chiedi ai tuoi figli di disconnettersi dalla tecnologia per almeno 30 minuti, preferibilmente un’ora prima di andare a letto. La luce blu che i dispositivi emettono stimola la retina e diminuisce la produzione di melatonina nel cervello, il che rende più difficile addormentarsi.

Imposta un orario la sera in cui tutti i dispositivi sono fuori dalla camera da letto. I tuoi figli non solo dormiranno più, ma questo “coprifuoco” aiuterà a supportare le abilità di gestione del tempo.

Gli adolescenti e gli adulti non dovrebbero usare i loro telefoni come sveglie. Se un telefono è al loro capezzale, saranno tentati di rispondere a testi e social media, ritardando o interromperanno il sonno.

Due suggerimenti per riconquistare il tempo

Due buone abitudini vengono suggerite da Andrea Giuliodori nel libro “Riconquista il tuo tempo”. La prima è riassumibile con “elimina tutte le notifiche”: sbarazziamoci delle notifiche push. Instagram, Facebook, Whatsapp… tutte le spunte che ci avvisano dell’arrivo di un messaggino, di un mi piace o di un tag. Proviamo poi con tutte le notifiche: email, messaggini, social, disattivate le notifiche istantanee di tutte le vostre app.

Le notifiche push sono l’ennesimo esempio di meccanismo a premio imprevedibile che crea dipendenza. Ogni volta che ne riceviamo una siamo attratti come api dal miele e interrompiamo il flusso dei nostri pensieri e il nostro lavoro pur di controllarle. Eliminare tutte le notifiche significa dunque riprendere il controllo del nostro tempo e controllare il telefonino solo nei nostri tempi.

La seconda “buona abitudine” riguarda la noia. Quante volte in sala di attesa, mentre siamo in coda, in autobus, per ammazzare la noia tiriamo fuori lo smartphone? A volte lo facciamo anche per semplice imbarazzo. Per superare il disagio di essere in una situazione fuori dalla nostra comfort zone.

Anche io lo facevo ma, quando ne ho preso consapevolezza, ho provato a fare qualcosa che non facevo da tempo: ho messo lo smartphone in tasca e mi sono semplicemente immerso nella noia e nella frustrazione dell’attesa. Di fatto siamo ormai diventati incapaci di tollerare qualsiasi emozione negativa e appena se ne presenta una, la reprimiamo immergendoci nei nostri schermi e nelle nostre app succhia-tempo preferite. Così facendo però abbiamo smesso di ascoltarci, di conoscerci.

Eppure la noia, una delle emozioni che tendiamo a reprimere, ha una sua precisa funzione evoluzionistica. La natura non lascia mai nulla al caso. Il vuoto ci permette di ricaricare le pile e alimenta la nostra creatività. Come detto in un recente convegno dal premio Pulitzer Thomas Friedman: “Quando premi il pulsante pausa di uno smartphone, questo si ferma. Ma quando premi il pulsante pausa di un essere umano, questo si avvia”.

L’Italia è pronta alla generazione Alpha?

I ragazzi della Generazione Zeta & Generazione Alpha stanno crescendo: questo è un dato di fatto. Se per la generazione Zeta consideriamo valido il periodo di appartenenza l’annata 1995-2010, nel 2020 molti di loro sono dei giovani adulti e continuano a crescere. Molti sono già entrati nel mondo del lavoro ed alcuni stanno per fare il loro ingresso. Una questione educativa che emerge da questa constatazione è: saranno pronte per quella data le istituzioni e amministrazioni italiane per entrare in contatto con questi cittadini?

La Generazione Alpha è invece la prima generazione nata già connessa al web. Alla generazione Alfa appartengono i nati dal 2010 e i primi risultati del loro modo di essere li stiamo già vedendo. E ci fanno già prospettare un futuro quantomeno strano, affascinante e nuovissimo.

“Sono tecnologicamente competenti, sempre connessi e il più anziano tra loro ha circa 9 anni. Salutiamo la Generation Alpha”, scrive il sito di ricerche Axios.

L’Italia si trova in un momento in cui i termini priorità e urgenza stanno entrando ormai nel linguaggio di tutti i giorni e in tutti i campi perdendo così la loro valenza semantica. In un tempo in cui c’è la necessità di rivedere il presente in una logica proattiva, di trovare modi ecosostenibili per risparmiare, di rientrare in una logica concorrenziale nei mercati internazionali, aspettare che siano le nuove generazioni a portare il cambiamento è una logica disfunzionale. Le nuove generazioni digitali, che poi saranno adolescenti e adulti, dovranno muoversi in un contesto di dialogo e sinergia con la generazione precedente. Il prossimo gap generazionale non potrà essere tra Cittadini Digitali e Tardivi Digitali: i futuri contrasti dovranno essere su un nuovo contesto comunicativo, culturale o sociale.

Per superare questo gap c’è bisogno di fare rete tra diverse generazioni. Rispettando le proprie origini, i propri vissuti e valori ma uniti da un obiettivo comune: cambiare in meglio il mondo che ci circonda sia on-line che off-line, avere una visione futura, una visione da non abbandonare qualunque sia la nostra età.

Scritto da Gregorio Ceccone (www.gregorioceccone.it) e Davide Dal Maso (www.davidedalmaso.net) rispettivamente coordinatore dei formatori e presidente del Social Warning – Movimento Etico Digitale.

Note

1) Douglas Adams, scrittore e grande appassionato di tecnologia, ha sintetizzato il rapporto che ognuno di noi ha con la tecnologia in tre regole: Tutto quello che è al mondo quando nasci è normale e banale ed è semplicemente parte del modo in cui il mondo funziona; Tutto quello che viene inventato dai tuoi 15 ai tuoi 35 anni è nuovo, eccitante e rivoluzionario, e con un po’ di fortuna potresti fare carriera usandolo; Tutto quello che viene inventato dopo i tuoi 35 anni è contro l’ordine naturale delle cose (e per alcuni anche l’inizio della fine della civiltà come la conosciamo)

Bibliografia

Baldascino R. Insegnare e dirigere nella scuola digitale. Come cambiano gli ambienti di apprendimento. Roma: Tecnodid Editrice; 2018.

Ferri P. I nuovi bambini. Come educare i figli all’uso della tecnologia, senza diffidenze e paure. Milano: Rizzoli; 2014.

Giulodori A. Riconquista il tuo tempo. Milano: Rizzoli; 2018.

Guarnaccia E, Tagliapietra G, Boniolo F, Ceccone G, Conte G, D’Acuti G, Dal Maso D, Micheletti A, Simoni C. Generazione Z: Fotografia statistica e fenomenologica di una generazione ipertecnologica e iperconnessa. Pubblicazione Indipendente; 2018.

Messina L & De Rossi M. Tecnologie, formazione e didattica. Roma: Carocci Editore; 2015.

Pellai A. Tutto troppo Presto. L’educazione sessuale dei nativi digitali. Novara: De Agostini; 2015.

Pitzalis M, Porcu M, De Feo A, Giambona F. Innovare la scuola. Insegnanti, studenti e tecnologie digitali. Bologna: il Mulino; 2016.

Quartiroli I & Boringhieri B. Internet e l’Io diviso. La consapevolezza di sé nel mondo digitale. Torino: Bollati Boringhieri; 2013.

Ribble M & Bailey G. Digital Citizenship in Schools. Iste Editore; 2015.

Tisseron S. 3-6-9-12 Diventare grandi all’epoca degli schermi digitali. Brescia: La Scuola; 2016.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

EU Stories - La coesione innova l'Italia

Tutti
Analisi
Video
Iniziative
Social
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

Articoli correlati