A giugno 2022 è stato adottato il Piano Scuola 4.0, previsto dal PNRR quale strumento di sintesi e accompagnamento all’attuazione delle relative linee di investimento. Lo scopo è quello di utilizzare le risorse europee per sviluppare azioni innovative e cambiamento sistemico nelle scuole italiane e farlo nel rispetto dell’autonomia didattica, gestionale e organizzativa.
Per quanto il Piano sia ambizioso e coerente nelle sue misure, provveda ad inserire gli aspetti pedagogici, aggiunga tracce di ricerche a supporto delle ipotesi e abbracci ogni ordine di scuola, non mostra direttamente i grandi fantasmi della scuola: la visione educativa, la relazione docente-studente e il rapporto culturale tra gli ambienti digitali progettati dai docenti in funzione del miglioramento dei processi di apprendimento di studentesse e studenti, nel quadro di un ampiamento in tutte le funzioni cognitive.
Piano Scuola 4.0, finta innovazione per una didattica senza futuro
Ma andiamo per gradi.
Il Piano Scuola 4.0: un documento in progress
Il Piano è diviso in quattro sezioni:
- Background: definisce il contesto dell’intervento, ripercorrendo brevemente le principali tappe del processo di trasformazione didattica e digitale della scuola italiana e gli scenari europei di riferimento;
- Nella sezione Framework si presentano due campi, che costituiscono il quadro di riferimento e i principali orientamenti per la progettazione degli ambienti di apprendimento innovativi (Next Generation Classrooms) e dei laboratori per le professioni digitali del futuro (Next Generation Labs);
- Roadmap è l’ultima delle quattro sezioni e illustra e sintetizza gli step di attuazione della linea di investimento “Scuola 4.0”.
Il ministro ha chiesto di considerare questo documento non in modo statico, ma in chiave di work in progress perché il suo aggiornamento seguirà tutto l’iter attuativo della linea di investimento e si completerà con ulteriori linee di indirizzo e di sostegno e con la valutazione e la presentazione dei risultati e delle buone pratiche realizzate dalle scuole.
Come ho imparato tanti anni fa, quando lavoravo come funzionario per la direzione generale di un ministero, alcune preziose informazioni di ogni documento e decreto si annidano nelle frasi d’apertura, che sembrano rituali premesse al vero contenuto del testo: rilevato, considerato che, ritenuto che…
La definizione di che cosa sia questo piano la troviamo lì: il Piano scuola 4.0 intende favorire la transizione digitale del sistema scolastico italiano con la trasformazione di almeno 100.000 aule delle scuole primarie e secondarie in ambienti di apprendimento innovativi adattivi e flessibili, connessi e integrati con tecnologie digitali, fisiche e virtuali, e la creazione di laboratori per le nuove professioni digitali in tutte le scuole superiori, interconnessi con le imprese e le start-up innovative per la creazione di nuovi posti di lavoro nel settore delle nuove professioni digitali (come l’intelligenza artificiale, la robotica, la cybersecurity, etc.), identificando le fasi previste per la sua attuazione, in particolare in relazione ad avvisi pubblici, decreto di assegnazione, flussi finanziari di rendicontazione e pagamento e procedure relative alle istituzioni scolastiche in qualità di soggetti attuatori.
Chi se ne dovrebbe occupare è l’Unità di missione del Piano nazionale di ripresa e resilienza presso il Ministero dell’istruzione, che con successivi atti provvede a fornire alle istituzioni scolastiche statali tutte le indicazioni per l’attuazione, il monitoraggio, la rendicontazione e il controllo dei singoli interventi.
Digitale ed educazione: non basta investire in tecnologie, serve un cambiamento culturale
La pitagorica numerazione degli investimenti, anche comprensibile visto che si tratta prima di tutto di un documento che insegue una logica economica, non rende in modo chiaro e approfondito l’idea del rapporto, che ci dovrebbe essere tra digitale ed educazione. Sembra più importante sottolineare un rapporto quantitativo persona/macchina che non una relazione qualitativa persona/apprendimento/miglioramento provocato dal setting e dalle tecnologie digitali.
Ecco che quindi la lista della spesa prende progressivamente corpo. Fra il 2014 e il 2021 il rapporto fra alunni/dispositivi è passato da 8,9 a 4 e tra LIM e classi è passato da meno di una LIM ogni due classi ad una LIM/Schermo digitale per ogni classe. L’utilizzo del registro elettronico è salito dal 69% al 99% delle scuole. Sono oltre 40.000 gli ambienti didattici innovativi e digitali realizzati dall’approvazione del Piano nazionale per la scuola digitale (PNSD). Rispetto alla digitalizzazione amministrativa, prima del PNSD, il 68% delle segreterie scolastiche aveva un sistema di gestione documentale informatizzato, oggi il 97%.
Mi sembra che l’errore sia diventato come un bug di sistema: sempre lo stesso, difficile da stanare e ostinatamente ricorrente, perché non si tratta solo di investire in oggetti, ma di nutrire cambiamenti culturali, che sono lenti e hanno bisogno di molte prospettive e scenari possibili. Ci si illude sempre che basti aumentare le tecnologie in un altrove futuristico e auspicato, per avere un coerente miglioramento dei processi di insegnamento e di apprendimento e magari anche un aumento del benessere di tutta la comunità: docenti, dirigenti scolastici, famiglie e corpi studenteschi. Le ricerche di Hattie[1], benché comincino ad avere una certa età, ce lo avevano già raccontato: la frequenza dell’uso delle tecnologie va messa in relazione con i progressi dell’apprendimento o quantomeno con l’impatto delle metodologie, che usano le tecnologie sul miglioramento dei processi e degli apprendimenti a scuola.
Next Generation Classrooms e la Next Generation Labs: dalla teoria alla pratica
Per questo, quando si leggono nel documento stralci come quello che segue, che sembra tratto da una scena del film Ritorno al futuro, si viene raggiunti da piccoli brividi, immaginando il disorientamento di chi poi si ritroverà a progettare la didattica, gli spazi e gli strumenti di monitoraggio: “Gli ambienti fisici di apprendimento non possono essere oggi progettati senza tener conto anche degli ambienti digitali (ambienti on line tramite piattaforme cloud di e-learning e ambienti immersivi in realtà virtuale) per configurare nuove dimensioni di apprendimento ibrido. L’utilizzo del metaverso in ambito educativo costituisce un recente campo di esplorazione, l’eduverso, che offre la possibilità di ottenere nuovi “spazi” di comunicazione sociale, maggiore libertà di creare e condividere, offerta di nuove esperienze didattiche immersive attraverso la virtualizzazione, creando un continuum educativo e scolastico fra lo spazio fisico e lo spazio virtuale per l’apprendimento, ovvero un ambiente di apprendimento onlife”.
Le due azioni del Piano “Scuola 4.0, che dovrebbero portare a questo sarebbero la Next Generation Classrooms e la Next Generation Labs. La prima azione prevede la trasformazione di almeno 100.000 aule in ambienti innovativi di apprendimento. Le comunità scolastiche del primo e del secondo ciclo progetteranno e realizzeranno ambienti fisici e digitali di apprendimento (on-life), caratterizzati da innovazione degli spazi, degli arredi e delle attrezzature e da un nucleo portante di pedagogie innovative per il loro più efficace utilizzo, secondo i principi delineati dal quadro di riferimento nazionale ed europeo. La trasformazione fisica e virtuale deve essere accompagnata dal cambiamento delle metodologie e delle tecniche di apprendimento e insegnamento. La comunità scolastica in collaborazione con l’animatore digitale, il team per l’innovazione e le altre figure strumentali, costituisce un gruppo di progettazione, coinvolgendo i docenti e gli studenti.
Tre saranno gli aspetti fondamentali:
- il disegno (design) degli ambienti di apprendimento fisici e virtuali;
- la progettazione didattica basata su pedagogie innovative adeguate ai nuovi ambienti e l’aggiornamento degli strumenti di pianificazione;
- la previsione delle misure di accompagnamento per l’utilizzo efficace dei nuovi spazi didattici.
La seconda azione sarebbe la Next Generation Labs: prevede la realizzazione di laboratori per le professioni digitali del futuro, capaci di fornire competenze digitali specifiche nei diversi ambiti tecnologici avanzati, trasversali ai settori economici, in un contesto di attività autentiche e di effettiva simulazione dei luoghi, degli strumenti e dei processi legati alle nuove professioni.
Sviluppo delle competenze digitali
In applicazione del PNRR nel DL 152/21 è stato introdotto anche l’articolo 24-bis “Sviluppo delle competenze digitali” che prevede le seguenti azioni:
- nel triennio 2022/23 – 2024/25 il Piano nazionale di formazione dei docenti delle scuole di ogni ordine e grado (Legge 107/15 art. 1 commi 124 e 125) individua tra le priorità nazionali, l’approccio agli apprendimenti della programmazione informatica (coding) e della didattica digitale;
- entro il 2024/25 sono integrati gli obiettivi specifici di apprendimento e i traguardi di competenza delle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione e delle Indicazioni nazionali e delle Linee guida vigenti per le scuole secondarie di II grado;
- a decorrere dal 2025/26 nelle scuole di ogni ordine e grado si persegue lo sviluppo delle competenze digitali, anche favorendo gli apprendimenti della programmazione informatica (coding), nell’ambito degli insegnamenti esistenti.
Come sarà possibile realizzare tutto questo senza mettere mano al ripensamento della struttura profonda della scuola, cioè il tempo (organizzazione delle unità orarie, del tempo degli insegnanti, del tempo di lavoro a casa di docenti e studenti…) e la valutazione degli esiti?
La partenza delle due azioni
Le due azioni sono appena partite (agosto 2022): nel Next Generation Classrooms sono state finanziate 8253 istituzioni scolastiche (il Finanziamento più elevato è toccato Ipsseoa “Pietro Piazza” di Palermo con € 490.778,36), mentre nel Next Generation Labs sono state finanziate 2821 scuole secondaria di II grado. Agli istituti tecnici e agli istituti professionale è stata assegnata la cifra di € 164.644,23. Ai licei è stata assegnata la cifra di € 124.044,57. Solo l’istituto statale di istruzione specializzata per sordi “A. Magaratto” risulta assegnatario di € 493.936,50. Le scuole che riceveranno le risorse più elevate sono l’istituto statale di istruzione specializzata per sordi “A. Magaratto” di Roma con € 672.775,63, l’Ipsseoa “Pietro Piazza” di Palermo con € 655.422,59, l’ISIS “A. Malignani” di Udine con 604.290,43, l’IIIS Aldini Valeriani di Bologna con € 600.564,62, l’ITI Enrico Medi di S. Giorgio a Cremano (Na) con € 586.470,38, il polo sc. Tec. Prof.le “Fermi – Giorgi” di Lucca con € 581.935,54.
Conclusioni
Non si potrebbero prevedere a questo punto strategie e strumenti che sviluppino e monitorino quella desiderata cultura del digitale e prevedano piani a lungo termine? Come mai la figura del fantomatico docente esperto (che poi anche questa sembra una contraddizione e anche un po’ una mortificazione della professionalità dei docenti) è completamente sganciata da queste prospettive del Piano? L’expertise educativa da incrementare quindi sarebbe di due tipologie diverse: un docente tecnico e un docente pedagogista? Ma non esistono già docenti super esperti, che nel tempo hanno investito personalmente in percorsi di formazione e di professionalizzazione?
Temo che si rischi uno svilimento, a fronte invece di risorse importanti che potrebbero essere solo il punto di partenza, per un ripensamento serio e coerente della scuola italiana, che ne faccia una leva per il cambiamento e per la promozione di una cittadinanza innovativa e responsabile. L’ottimismo di ogni educatore si scontra spesso con i conticini, che non riescono a raccontare la complessità di un sistema che attende da tempo una revisione globale.
Note
- Hattie J. (2009). Visible Learning. A synthesis of over 800 meta-analyses relating to achievement. London & New York: Routledge. ↑