Il possibile uso delle fonti atipiche (audiovisive) in ambito scolastico è al centro di un ciclo di webinar sull’uso didattico delle fonti a scuola destinato ai docenti: si tratta del progetto “La scuola allo schermo” che nasce dalla riflessione dei ricercatori Indire (Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca Educativa) che lavorano nella struttura di ricerca “Valorizzazione del patrimonio storico” .
Il contesto educativo delle piccole scuole (e del cinema indipendente)
La proposta si concretizza in un’offerta di risorse filmiche rivolta ai docenti, ai dirigenti scolastici, a chi studia, fa ricerca o formazione nei contesti educativi e a chiunque nel mondo della scuola voglia approfondire, mediante le fonti audiovisive, temi culturali e socio-economici. La collaborazione con il gruppo di ricerca della struttura ‘Innovazione metodologica e organizzativa nelle scuole piccole’ – coordinato da Giuseppina Rita Mangione – ha fatto del contesto educativo delle piccole scuole il primo campo di intervento e sperimentazione dell’iniziativa.
Il lavoro viene sviluppato in sinergia con il Pesaro Film Festival e con molti altri partner, tra cui: il Festival dei Popoli – Istituto italiano per i film di documentazione sociale; Lanterne Magiche (coordinata da Fondazione Sistema Toscana); Associazione internazionale Diculther; Sedicicorto International Film Festival di Forlì. L’idea che muove il progetto è che, così come le piccole scuole (ovvero quelle delle cosiddette ‘aree interne’ del paese) rappresentano un patrimonio di cultura e innovazione didattica da comprendere e rilanciare, allo stesso modo, molto del cinema indipendente che è attore di questo progetto Indire, si muove dislocato, disagiato, quasi dimenticato e può divenire, invece, una risorsa culturale importante a disposizione delle scuole. La categoria della ‘perifericità’ di un bene culturale ‘atipico’ diviene in questa sede il fattor comune, insieme all’idea che questo sia un modo per utilizzare, trasversalmente alle varie discipline, in una didattica attiva e laboratoriale, una particolare categoria di fonti, gli audiovisivi, che si caratterizzano per essere uno tra i linguaggi più inclusivi.
Didattica laboratoriale della storia con l’uso delle fonti
Ma, ‘La scuola allo schermo’ è solo una delle attività con cui Indire negli anni ha connotato parte della sua ricerca fondandola su un crescente lavoro critico-ermeneutico relativo al bene culturale e sul suo rapporto col digitale, con lo specifico focus della declinazione didattica e formativa, che traccia oggi nuovi sviluppi e traiettorie per la ricerca futura. In questa prospettiva si sviluppano varie altre attività: prima fra tutte, la sperimentazione sulla didattica laboratoriale della storia con l’uso delle fonti, coordinata scientificamente da Pamela Giorgi. “Il laboratorio di storia: lo studente come lo storico alla ricerca delle fonti” si svolge nell’ambito della struttura di ricerca Indire “Didattica laboratoriale ed innovazione del curricolo nell’area linguistico-umanistica” (previsto nel Piano Triennale delle Attività di Indire 2020-2021-2022) ed è nato nel 2018 con la costituzione di un gruppo di lavoro, composto da ricercatori Indire e docenti, strutturato in verticale che ha operato e si è confrontato sulla ‘didattica laboratoriale della storia attraverso l’uso delle fonti storiche’, considerata come il fulcro di un approccio attivo e motivante alla disciplina.
A fianco a questa anche altre le iniziative orientate, nel loro complesso, verso una riflessione sulla didattica che dia centralità al bene culturale nelle sue svariate dimensioni: ne sono un esempio gli Hackathon ‘19-’20 e ‘20-’21 rivolti agli studenti e promossi in partenariato Indire – Diculther – Digital Cultural Heritage, Arts and Humanites, rete inter-istituzionale col quale viene svolta una ricerca congiunta per costruire e consolidare una cultura dell’innovazione tecnologica digitale, in relazione al sistema scolastico, sulle problematiche legate all’uso del Cultural Heritage in un contesto di proposte progettuali di metodologie innovative per la valorizzazione del patrimonio – tangibile, intangibile e digitale – centrate sull’engagement delle fasce giovanili della popolazione, chiamate a mettersi in gioco in una logica di esercizio di cittadinanza e di progettazione partecipata. Così come le molteplici sinergie attuale con altri partners, quali il Museo M9 di Mestre, che del digitale ha fatto l’asse portante di tutto il proprio percorso espositivo con oggetto la storia del Novecento Italiano.
Proprio Indire, del resto, nell’ultimo trentennio, grazie all’intuizione del suo Presidente Giovanni Biondi, si è posto come guida nei processi di innovazione legati al rapporto tra sistema scolastico e nuove tecnologie, maturando poi, già nel 2009 un’attenzione speciale all’uso del digitale per far entrare in sinergia scuola e patrimonio culturale. La progressiva messa in rete del proprio archivio fotografico, le sperimentazioni effettuate con l’esperienza di didattica laboratoriale che ha trasposto in rete il vecchio allestimento museale del 1941 con la riproposizione virtuale del “Museo Nazionale della Scuola”, come i progetti delle ‘Digital collections Indire’ (percorsi tematici ad uso della didattica con la messa a disposizione di fondi bibliografiche e documentarie) e dello ‘Spazio Rodari. 100 anni di Fantasia fantastica’ (percorso multimediale formativo per il centenario rodariano).
Uso delle fonti e digitale
La riflessione sulle fonti (estesamente intese), valorizzate nella loro funzione diacronica tra passato e presente, si è ampliata progressivamente al loro uso in ambito didattico e formativo, anche grazie all’impiego del digitale, per costruire e consolidare nel sistema scolastico una cultura dell’innovazione tecnologica digitale che sia d’ausilio al miglioramento effettivo delle relazioni dei giovani con il patrimonio Culturale (con particolare attenzione a quello ‘minore’, che caratterizza ogni singolo territorio in Italia più che altrove).
É in tale contesto che a dicembre 2020 abbiamo proposto alle scuole afferenti alle nostre reti del Movimento delle Piccole Scuole Indire (a cui aderiscono oggi oltre 400 istituti di montagna, delle isole o delle aree interne e periferiche del paese) e del Movimento Avanguardie educative (oltre 800 istituti tra scuole capofila delle Idee e scuole adottanti) delle ‘conversazioni’, auspicando che possano dare spunti alla comunità scolastica su tale tema e avviare nuove sinergie.
L’evento “Conversare tra le carte in un mondo digitale”
L’evento “Conversare tra le carte in un mondo digitale. Legami possibili tra scuola, archivi, biblioteche, musei” promosso da Indire assieme ad altri partners – Archivio storico di S. Maria sopra Minerva di Roma, Centro Archivistico della SNS di Pisa, Museo M9 di Venezia Mestre e con il network DiCultHer – Digital Cultural Heritage, Humanities School – ha tentato di mettere a sistema quel confronto, avviato da tempo, tra scuola e addetti ai lavori del mondo dei beni culturali.
All’indomani del termine dell’AS 2019-2020 e dell’inizio di dell’AS 2020-2021, entrambi caratterizzati dai lunghi mesi del primo e del secondo lockdown e, per la scuola, dell’esperienza della didattica a distanza, cosa è possibile tracciare come bilancio? Cosa, davvero, il digitale ha consentito? E cosa, invece, è mancato?
Come la Didattica, anche attraverso l’uso del patrimonio culturale, è stata praticata in questo periodo di lockdown, vista la necessità per docenti e studenti di svolgere ogni attività essenzialmente tramite la rete, per motivi legati al dilagare del virus e alla conseguente sospensione delle lezioni a scuola e degli spostamenti dalla propria abitazione: gli insegnanti, attivatisi con lezioni a distanza, sono riusciti a sfruttare al meglio il patrimonio già liberamente accessibile on line per stimolare o supportare la propria didattica?
Si sono realizzate forme di didattica attiva e laboratoriale con al proprio centro l’uso del patrimonio? O ci si è limitati di fatto ad una didattica prevalentemente trasmissiva anche se in contesto digitale?
Quale il ruolo che queste pratiche possono rivestire nell’acquisizione di competenze e conoscenze disciplinari, nella prospettiva della definizione di un modello didattico estendibile e ripetibile?
Infine, come può fronteggiare efficacemente la scuola quella ‘disuguaglianza’ insita inevitabilmente nel divario tecnologico e culturale tra un contesto familiare e l’altro? L’uso del digitale per la didattica a distanza parrebbe mettere sotto stress la questione del background di ciascuno studente: ovvero, gli strumenti, i contenuti ed i programmi sono in chiaro e davvero accessibili a tutti?
Il ruolo della scuola come garante del principio costituzionale di uguaglianza
Forse, in fin dei conti, questa emergenza è occasione non solo di ripensare in modo sistemico al tema del rapporto tra digitale e innovazione della didattica – alle prese, questa volta necessariamente, inevitabilmente e, diciamolo, anche fortunatamente, con le opportunità messe in campo dalla tecnologia – ma è anche occasione per riflettere approfonditamente sul tema del ruolo della scuola come garante del principio costituzionale di uguaglianza: essa deve, infatti, pensarsi e mantenersi, anche nella ‘distanza’, come quel territorio il più possibile ‘neutro’ rispetto alle differenze di tipo economico e culturale che caratterizzano il sociale.
Insomma, quella che in questi giorni la scuola sta vivendo costituisce una fase complessa di rodaggio che presenta stimoli per tutte le parti in gioco, docenti e studenti: i primi alle prese con linguaggi diversi, strumenti web etc; i secondi maggiormente protagonisti e responsabilizzati dall’ambiente digitale in cui sentono maggiormente liberi di farsi carico del proprio processo di apprendimento.
Conclusioni
Inoltre, il tema dell’uso corretto del patrimonio culturale, in conclusione, si riversa su noi tutti (studenti, genitori, docenti e cittadini) se lo si estende all’approccio, mai del tutto innocuo, delle informazioni reperibili in rete.
Si tratta in tutta evidenza di tematiche ben più generali legate al digitale e al suo uso. Una cosa è certa: l’esperienza Covid 19 ha obbligato tutti (anche i più resistenti) a confrontarsi, anzi, a immergersi nel web e nelle nuove tecnologie. Non si può non constatare come “il digitale stia assumendo sempre di più valenza metodologica ed epistemologica, strutturale e di contesto, attraverso l’integrazione fra saperi umanistici tradizionali e conoscenze di metodi e tecniche computazionali nella strutturazione della nuova Cultura Digitale” (C. Marinucci, 2020).
Alla luce di questo la scuola ha il compito di orientarsi ad essere ‘crocevia’ e stimolo per una cultura del bene culturale e della memoria come bene comune. E auspichiamo che questo a sua volta possa rivelarsi occasione ulteriore per la trasformazione, l’innovazione e il cambiamento del modello formativo. Modello che dovrebbe avviarsi ad attuare percorsi di esplorazione del patrimonio culturale con metodologie co-creative basate sull’interazione docenti/studenti, con l’obiettivo ulteriore di trovare nuove modalità di collaborazione tra il terzo settore culturale e le scuole.