DIGITALE e capitale umano

Studi transdisciplinari per affrontare le sfide del digitale: ecco come fare



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Per facilitare l’accettazione del cambiamento è fondamentale costruire una narrazione positiva sul futuro digitale. Pertanto, è necessario comunicare in modo chiaro e convincente i benefici della digitalizzazione, combattendo al contempo le paure legate ai possibili impatti negativi sul lavoro e sulla società. Tutto passa da un approccio transdisciplinare nella formazione

Pubblicato il 28 dic 2023

don Andrea Ciucci

Pontificia Accademia per la Vita



Human,Eye,And,Graphical,Interface.,Smart,Contact,Lens,Concept.

Tra i molti dati presentati nell’interessante Rapporto 2023 offerto dall’Osservatorio sulla trasformazione digitale in Italia, accanto a numeri lusinghieri circa, ad esempio, lo sviluppo delle infrastrutture, appaiono numeri preoccupanti nel capitolo intitolato complessivamente “capitale umano”.

La scarsa affezione italiana alla trasformazione digitale

Il primo numero che merita attenzione è la percentuale di laureati in discipline ITC: l’1,4%, ultimo posto in Europa. Il secondo è il giudizio che gli italiani danno immaginandosi nel prossimo futuro: il 36% ritiene che nel 2030 i vantaggi dello sviluppo tecnologico saranno superiori agli svantaggi, il 50% dichiara che essi si equivarranno, il 14% avrà in fine un giudizio negativo. Come interpretare questa scarsa affezione italiana alla trasformazione digitale e, soprattutto come intervenire?
Un primo set di proposte va nella direzione di spingere i giovani verso studi scientifici, al fine di colmare il divario con il resto dell’Europa. Da più parti si invoca, a questo proposito, una più larga diffusione delle così dette scienze STEM (scienze, tecnologia, ingegnerie e matematica), soprattutto nel mondo femminile. Certamente tali discipline offriranno un numero elevato di posti di lavoro qualificati nel prossimo futuro e si configurano come un importante driver di sviluppo della professionalità femminile. Questo però non basta, né forse è decisivo.

La necessità di un approccio transdisciplinare nella formazione


Piuttosto va assunto fino in fondo quanto indicato nelle proposte segnalate alla fine del Rapporto: sono necessari l’approccio multidisciplinare alla formazione in ambito digitale e l’inserimento di una prospettiva etica e inclusiva tra gli elementi decisivi del mutamento sociale.

La questione decisiva non è avere più ingegneri e informatici a discapito di laureati in scienze umanistiche, quanto piuttosto avere laureati in molteplici campi, capaci di pensare il proprio ambito in dialogo costruttivo e fecondo con esperti di altre discipline. Si tratta, di fatto, di promuovere nel mondo accademico e in quello industriale, forme concrete di interazione e collaborazione tra laureati in scienze umanistiche e scientifiche.

In questo senso non basta un approccio multidisciplinare (che accosta, cioè, saperi) ma transdisciplinare, capace cioè di offrire sintesi e soluzioni nuove, mediante un dialogo che integri e allarghi prospettive e competenze.
Certo, tale scelta impone un cambio non banale nell’attuale paradigma scientifico, caratterizzato da una iper specializzazione che magari offre efficaci soluzioni a problemi specifici ma è del tutto incapace di esibire un quadro sintetico capace di integrare, ad esempio, le questioni etiche connesse alle scelte tecnologiche e industriali compiute. Per dirla in modo ancora più chiaro: è impensabile che oggi a un giovane laureato in ingegneria non sia mai stato proposto un modulo di filosofia o di etica della scienza e della tecnologia.

Allo stesso modo risultano poco spendibili quei curricula letterari e filosofici che non aiutino gli studenti a utilizzare anche in ambiti produttivi e scientifici le capacità critiche acquisite nella paziente esegesi di testi antichi.

L’importanza di una narrazione positiva sul futuro digitale


Questo mix capace di offrire una visione sintetica e sapiente delle trasformazioni in atto diventa ancor più necessario se si vuole affrontare, oltre all’integrazione di una prospettiva etica, anche la questione di una narrativa capace di rendere sensata all’uomo comune lo sviluppo tecnologico in atto.
L’approccio non particolarmente entusiasta al futuro prossimo digitale, che guarda per lo meno con freddezza i prossimi mutamenti, è frutto di una narrazione, e quindi di una cultura sottesa, che in questi anni è stata capace di mostrare più le perplessità che i benefici, più i costi che i guadagni.

Globalizzazione e velocità della trasformazione sono percepiti più come cattive notizie che come orizzonti di sviluppo: il mondo fa paura e la rapidità è invivibile. Si preferiscono chiusure e piccole certezze identitarie (falsamente) rassicuranti ad aperture rischiose dagli orizzonti troppo grandi.

Costruire maggiore fiducia sul cambiamento tecnologico dell’IA

Anche il recente dibattito sullo sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale appare spesso costruito anzitutto sui rischi che esso pone in termini esistenziali (la differenza tra uomini e macchine) ed economici (il numero di posti di lavoro che si perderanno) e solo marginalmente sugli incredibili benefici che tali sistemi già offrono e potranno in futuro ancor più segnare la vicenda umana su questo pianeta.
Il solo argomento del progresso è oggi insufficiente, se non addirittura controproducente, nella costruzione di una maggiore fiducia sul cambiamento in atto. È richiesta una narrazione diversa, che sappia ascoltare e interpretare anche le paure e le difficoltà soprattutto dei soggetti meno disponibili, per cultura e tradizione, a cogliere le opportunità del mutamento. Anche qui servono collaborazioni strutturali e transdisciplinari tra filosofi e ingegneri, sociologi e informatici, psicologi e matematici; forse ci vuole anche un prete (mi si consenta l’accenno biografico) capace di mettere sul piatto quello sguardo positivo sulla realtà, l’uomo e la storia, tipico della tradizione giudaico cristiana.

Conclusioni


Non si tratta di vendere a prescindere la trasformazione digitale, né tantomeno di farla digerire a un paziente recalcitrante. Piuttosto si tratta di offrire una narrazione capace di assumere fino in fondo prospettive e criticità, capace cioè di offrire una visione onesta e possibile di un futuro abitabile.
Tutto questo può essere fatto solo insieme. Qui, sì, è la chiave del futuro.

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