L’inizio di ogni anno scolastico è un momento topico per ogni scuola.
Topico e caotico, un capodanno alla rovescia in cui invece di festeggiare si è travolti da un tornado di guai più o meno gravi da risolvere ma tutti inevitabilmente a strettissima scadenza. Dirigenti, docenti, personale amministrativo spesso appena arrivati in contesti nuovi in cui integrarsi con la gradualità di un lancio spaziale, rincorrono affannosamente una terraferma che permetta almeno il regolare avvio delle lezioni. Si tratta di far fronte alle esigenze più essenziali come avere abbastanza banchi e cattedre, garantire un livello decoroso di igiene in ogni plesso, essere certi che ci sia almeno un docente per classe al suono della prima campanella. Potrebbero sembrare iperboli. Vorrei tanto che lo fossero.
In questi frangenti pensare alle dotazioni tecnologiche o all’esito dell’ultimo PON cui si è partecipato sembra quasi un lusso che non ci si può permettere e forse lo è davvero.
Ma le azioni messe in campo in modo particolare negli ultimi 18 mesi nella direzione dell’innovazione della didattica, dell’arricchimento delle infrastrutture, della formazione degli insegnanti allo scopo di dare un significato a locuzioni quali ‘competenze digitali’ o ‘digital literacies’ sono ormai così numerose e complesse che sembrano vivere di vita propria.
Generano inevitabilmente istanze da raccogliere, passi da compiere, azioni da finalizzare. Anche il numero stesso di soggetti che all’interno di ogni scuola sono gradualmente stati coinvolti in questo processo che si può dire si sia avviato in modo massivo con il lancio del PNSD è ormai tutt’altro che irrilevante. Animatori digitali, team per l’innovazione, docenti formati per l’innovazione, ma anche responsabili di progetti PON, progettisti di atelier creativi e biblioteche digitali…e poi referenti per il cyberbullismo, gestori di reti scolastiche e piattaforme online, incaricati del sito web, esperti del registro elettronico, pionieri del coding in classe, praticanti della dematerializzazione negli uffici.
In una scuola di dimensioni standard circa un 25% del personale docente (oltre a tutto il personale amministrativo, volente o nolente) accanto alle incombenze ‘tradizionali’ si trova ormai anche impegnato con qualcosa che ha che fare con l’integrazione delle nuove tecnologie nella didattica e nella gestione della scuola in generale.
Si dirà che è proprio quel che si cercava di ottenere, una concreta estensione del coinvolgimento sul tema oltre la nicchia degli ‘early adopters’. Ho sostenuto io stessa questa necessità anche in altri interventi.
La sensazione però che prevale in questo momento è che ci si stia agitando in tante direzioni contemporaneamente. Abbiamo forse aperto troppi fronti, stiamo giocando su troppi tavoli partite delicate e complesse e le forze in campo, per quanto aumentate considerevolmente, sono pur sempre troppo esigue e troppo oberate di altri carichi per riuscire a non perdere la bussola.
Quale principale promotrice di tutte le iniziative messe in campo nel mio istituto, avverto la responsabilità di aver spinto in questa direzione senza avere ancora il conforto di risultati che inequivocabilmente attestino la bontà delle azioni dispiegate. Sono consapevole del fatto che la conquista delle ‘competenze del 21° secolo’ ci vorrà forse poco meno di un secolo per constatarla con mano. Ciò che si semina oggi produrrà effetti a lungo e lunghissimo termine sulla vita dei bambini e dei ragazzi che abbiamo tra i banchi ora. Lo avevo messo in conto.
Questo non mi impedisce di pensare che per il bene della comunità scolastica che mi trovo a dirigere e anche per il successo stesso delle iniziative intraprese per/con/grazie al PNSD è giunto forse il momento di tirare il fiato, prendersi cura di ogni singola azione ormai lanciata (evitando di rispondere a ulteriori avvisi, aprire altri fronti) e accompagnare i soggetti che stanno investendo in ogni azione molto delle proprie energie e della propria professionalità al miglior esito possibile. Fatto ciò sarà cruciale prendersi il giusto tempo per effettuare una seria e accurata valutazione dei risultati ottenuti in termini di apprendimento per decidere a conti fatti se gli sforzi compiuti, il denaro investito, il tempo dedicato siano realmente serviti all’unico scopo che la scuola può darsi, il successo formativo dei nostri giovani.
È il momento della riflessione e del consolidamento. Non è una marcia indietro sulla spinta all’innovazione che sempre mi ha caratterizzato, non rinnego il PNSD che confermo di aver apprezzato per tutte le risorse e gli input che ha potuto fornire. Sento però che soltanto concedendo a me stessa e alla mia scuola il giusto tempo per riflettere e valutare le moltissime (troppe?) iniziative legate a quest’area potrò riuscire veramente a darne un’attuazione che non sia soltanto una scintillante ma sottilissima mano di vernice.
Less is more.