Il Project Based Learning (PBL) è un approccio didattico che pone al centro del processo di apprendimento la realizzazione di progetti concreti e significativi.
Questo metodo non solo rinnova il ruolo dell’insegnante, che diventa un facilitatore piuttosto che un dispensatore di contenuti, ma introduce anche nuovi strumenti digitali nel panorama educativo, amplificando le opportunità di apprendimento e sperimentazione per gli studenti.
La scuola dei progetti non è il “progettificio”
Tuttavia, è importante sottolineare come PBL non sia semplicemente sinonimo di “progetto”, ma rappresenta una visione dell’insegnamento più complessa e strutturata, basata su principi ben definiti.
In molti insegnanti la parola “progetto” scatena un moto di insofferenza: spesso visto come incombenza extracurricolare, carico di pesi amministrativo-burocratici che ne sviliscono il valore e complicano la sua realizzazione, la sua pianificazione occupa gran parte del tempo delle attività dei docenti nel primo mese di scuola, e i suoi strascichi, in termini di adempimenti burocratici, si protraggono a volte fino a dopo il termine delle lezioni.
Molti corsi di formazione e aggiornamento per docenti prevedono, come output, la pianificazione di Project Works che aiutano i corsisti a trasformare in azione le teorie, gli approcci, le strategie, gli strumenti affrontati a lezione. Spesso, però, questi Project Works rimangono sulla carta, perché la domanda che i docenti-corsisti si pongono e girano al formatore è sempre la stessa: “Ma quando posso realizzarli in classe, con la rigida organizzazione degli orari settimanali, senza rischiare di rimanere indietro con il famigerato “programma”, che non esiste, ma c’è, e condiziona l’attività di molti docenti?”.
Proviamo a dare una delle possibili risposte a questa domanda.
Una delle soluzioni sarebbe quella di non considerare i Progetti esclusivamente come un’attività extracurricolare, e quindi aggiuntiva, magari riservata solo a quei ragazzi che hanno disponibilità di tempo e di mezzi per frequentare la scuola anche di pomeriggio, ma di trasformare, grazie al Project Based Learning, l’attività curricolare quotidiana, coinvolgendo l’intera classe con una didattica che rende l’alunno veramente protagonista del suo apprendimento.
Che cos’è il Project Based Learning
Il Project Based Learning (da ora PBL) è approccio didattico costruttivista che pone al centro del processo di apprendimento l’alunno, il quale, grazie allo spunto generato da domande-stimolo, viene invitato ad un’acquisizione di conoscenze e competenze, per scoperta e per ricerca, sviluppando al tempo stesso la capacità di pensiero critico, la disponibilità alla collaborazione e alla flessibilità, l’efficacia comunicativa, superando la mera assimilazione di concetti e” pezzi” di conoscenza, spesso finalizzati solo al superamento delle varie prove di verifica e che, pertanto, non si giovano di una motivazione intrinseca che li rende stabili e riutilizzabili.
Elementi essenziali del Project Based Learning
Con un framework simile a quello di altre metodologie attive, che fanno leva sulla collaborazione degli alunni ed una loro sempre maggiore responsabilizzazione in termini di azione, il Project Based learning è una delle più utilizzate, e prevede alcuni elementi essenziali:
- Individuazione di un problema o situazione sfidante, che coniughi tematiche significative per gli alunni e contenuti disciplinari;
- Selezione di una domanda-guida aperta, che orienti la ricerca senza prevedere un’univoca risposta, che specifichi in modo chiaro gli obiettivi di apprendimento e li persegua in modo critico, creativo e divergente;
- Ruolo centrale, attivo e critico degli studenti, che orientano il proprio percorso di apprendimento attraverso la ricerca, la scoperta, il coinvolgimento, la partecipazione responsabile e fattiva;
- Sviluppo delle competenze chiave e trasversali come “effetto collaterale” dell’attività di PBL: collaborazione, comunicazione, uso consapevole del digitale, ascolto attivo, pensiero critico, organizzazione e gestione delle conoscenze, e così via;
- Riflessione individuale e di gruppo, verifica, valutazione e autovalutazione per l’eventuale riorientamento del percorso e/o il miglioramento del prodotto finale;
- Presentazione pubblica della soluzione scelta, che aiuta nell’acquisizione di conoscenze e competenze spendibili anche al di fuori della scuola, come l’importanza della corretta ed efficace comunicazione, la necessità di considerare referenze e diritti di autore, la capacità di individuare, nel proprio lavoro, elementi di originalità, significatività, sostenibilità che lo rendono vincente.
Il ruolo del docente nel PBL
Nel PBL, come in molte delle metodologie attive, quello dell’insegnante, è un ruolo di accompagnamento, di sostegno, di predisposizione delle condizioni per la realizzazione del progetto da parte degli alunni. L’insegnante, nello strutturare l’architrave del Progetto, prende in considerazione i legami delle tematiche e delle strategie del PBL con i contenuti disciplinari e multidisciplinari, e questo è ciò che lo rende efficace come metodologia curricolare; aiuta gli alunni a riflettere su prodotti e processi e a formulare anche strumenti di verifica e valutazione, coerentemente con loro età. Con il suo lavoro di supporto, il docente aiuta gli alunni a costruire un senso di comunità e di appartenenza, grazie alla comune necessità di raggiungere un obiettivo condiviso, a cui ciascuno contribuisce in modo collaborativo. Inizialmente, nei primi approcci al PBL, il docente organizza e guida le attività con un grado di direttività che andrà via via diminuendo, per lasciare sempre più spazio all’autonomia operativa degli alunni.
Progetto e PBL
Così come il lavoro di gruppo si differenzia dall’Apprendimento cooperativo per il grado di coinvolgimento degli alunni, anche il PBL si differenzia dal più generico Progetto (con cui alcuni docenti ancora lo confondono) per alcuni elementi essenziali:
- Mentre il Progetto segue le direttive del docente, il PBL prevede che sia la ricerca stessa degli alunni ad indirizzare il loro percorso.
- Focus del Progetto è il prodotto, focus del PBL sono il prodotto e i processi.
- Spesso il progetto è extracurricolare, mentre il PBL è incardinato nel curricolo, è una sua attuazione più coinvolgente per gli alunni.
- Per il motivo sopracitato, il Progetto è spesso confinato al contesto scolastico, alle discipline, mentre il PBL lega il disciplinare alla realtà circostante, in cui applica la sua attuazione. Oppure, nel caso di alcuni progetti extracurricolari, è totalmente slegato dalla prassi didattica quotidiana, ed esaurisce la sua funzione al suo termine
- Anche la presentazione del Progetto spesso rimane nell’ambito della classe, a meno che non sia legato alla partecipazione ad un concorso, mentre il PBL, così come il Challenge Based Learning, illustrato in un precedente articolo, sempre su questa testata, si propone ad un pubblico più vasto, anche esterno alla scuola.
- A volte il Progetto si attua dopo l’apprendimento, come sintesi o verifica; nel PBL l’apprendimento avviene “durante” il progetto.
- Ultimo, ma non meno importante: spesso nel progetto è previsto un unico prodotto finale, comune a tutti gli alunni; il PBL prevede che ogni gruppo produca la soluzione più adatta alla ricerca svolta.
La differenza principale con il Challenge Based Learning, invece, risiede nel fatto che la sfida di questo tipo di metodologia preveda una graduatoria tra le soluzioni presentate, con la selezione delle prime tre, mentre il PBL considera valide tutte le soluzioni presentate, senza graduarle; entrambe le metodologie prevedono la riflessione su prodotti e processi da parte del gruppo artefice della soluzione e degli altri gruppi, per una revisione del lavoro in ottica migliorativa.
Il ruolo del digitale
Come per le altre metodologie, ogni fase del PBL può prevedere l’uso di diversi strumenti tecnologici per favorire il raggiungimento degli obiettivi. Vediamone insieme alcune.
Una prima ricerca che possa indirizzare verso contenuti significativi su cui orientare i progetti si poò giovare dell’universo di Wikimedia, di cui parleremo in un articolo specifico. Anche i temi legati agli obiettivi e sotto obiettivi dell’Agenda 2030 è una buona fonte di spunti significativi.
Per la discussione sull’individuazione delle domande-guida si possono utilizzare strumenti per il brainstorming come Padlet, Miro, Linoit, Tricider, Mentimeter, app utilissime anche nella successiva fase di riflessione e revisione del lavoro, in piccoli gruppi o in plenaria, a cui si possono affiancare app per generare rubriche come Quickrubric o Rubistar.
L’organizzazione del lavoro si giova di Teams o Classi su piattaforma Google, di repository come Wakelet, mentre le presentazioni, secondo il tipo di prodotto preparato, utilizzeranno Canva, Picktochart, Storyboardthat, etc.
Ma è proprio nella costruzione dei gruppi di lavoro che il digitale aiuta a superare le mura della classe. Non è un caso che, da sempre, i progetti eTwinning si basino su questa metodologia per la creazione di reti di apprendimento collaborativo internazionali, che coniugano conoscenze disciplinari e non, competenze linguistiche, digitali, trasversali e relazionali-emotive.
Le scuole possono riutilizzare reti nate per altri progetti per riallacciare rapporti di peer tutoring e peer teaching che aiutino la crescita reciproca di gruppi di alunni di realtà locali diverse, veicolando anche elementi di cultura e principi di cittadinanza da confrontare e comparare.
Insomma, il Project Based Learning non come appendice della didattica curricolare, ma come sua declinazione, per una crescita olistica degli alunni e delle alunne, attraverso percorsi ricchi di senso e di opportunità.