Le metodologie che coinvolgono gli alunni, per essere efficaci, devono agevolare lo sviluppo di competenze trasversali, oltre che favorire la padronanza di conoscenze disciplinari.
Il Project Base Learning, secondo i principi del costruttivismo di Dewey e Kilpatrick, rende gli studenti protagonisti fin dall’inizio del processo di apprendimento, perché sono essi stessi a gettare le basi del percorso, organizzando, con la guida dell’insegnante, il lavoro.
Cos’è il Project Based Learning
Questa importante metodologia, che dovrebbe guidare gli insegnanti nella ridefinizione del curricolo quotidiano per renderlo più rispondente alle esigenze degli alunni, purtroppo è spesso riservata dalle scuole ad attività extracurricolari.
Il PBL organizza il lavoro non sulla base di uno schema orario fisso, come avviene solitamente a scuola, ma “per progetti”, concentrandosi sugli obiettivi più che sui contenuti, per soddisfare i bisogni dell’utenza. Nell’immagine sottostante vediamo una sintesi degli aspetti chiave del PBL, che si rivelano molto interessanti anche per il mondo dell’educazione, oltre che per quello del lavoro.
Il PBL a scuola: l’alunno al centro dell’apprendimento
Il PBL porta a ripensare alcune consuetudini della lezione tradizionale, per porre al centro del processo di apprendimento l’alunno:
- Il tempo della didattica non dovrebbe essere scandito dall’orario delle lezioni, ma dovrebbe essere commisurato alla scadenza stabilita per la consegna del progetto; l’utilizzo, da parte degli alunni, di Diagrammi di Gantt li aiuterebbe a comprendere meglio cosa sia loro richiesto, come ed entro quanto tempo.
- Il lavoro viene svolto a gruppi, non individualmente, perché la collaborazione stimola e moltiplica le idee, favorisce le relazioni e la costruzione della classe come comunità. Il Cooperative Learning è il metodo più efficace per raggiungere questo obiettivo.
- La necessità di valutare processi e prodotti potrebbe fare in modo che gli alunni formulino essi stessi rubriche e check-lists, ovviamente sotto la guida dell’insegnante, per comprendere fin dall’inizio dell’attività quali siano i criteri di qualità da seguire per un lavoro rigoroso, accurato ed efficace.
- Questo tipo di metodologia prepara gli alunni anche all’ingresso nel mondo di molti lavori che potrebbero dover svolgere da adulti.
Le fasi del PBL: dalla soluzione del problema alla presentazione finale
Il PBL è composto da fasi che, per buona parte, sono simili a quelle che abbiamo già analizzato per il Challenge Based Learning, a parte la classifica finale che il CBL prevede e il PBL non contempla:
- Soluzione del problema: l’individuazione, magari attraverso un brainstorming o un circle time (di cui parleremo nel prossimo articolo), di una situazione problematica che stimoli domande aperte, che diano lo spunto per avviare la ricerca di soluzioni originali, non univoche e innovative. Perché sia veramente efficace, la situazione problematica deve essere significativa per gli alunni che saranno impegnati nella ricerca, perché legata alla loro realtà personale o di gruppo, a quella della loro comunità o del loro territorio e deve fare riferimento al curricolo didattico di riferimento. Insegnare agli alunni a formulare domande aperte, attività più difficile che rispondere alle domande, è importantissimo e aiuta a sviluppare il pensiero critico e il pensiero divergente.
- Indagine: Sulla base della domanda a cui rispondere gli alunni ricercano fonti, informazioni, risorse di tipo diverso, che possono essere utili a formulare una possibile soluzione. La capacità di lavorare in gruppo è fondamentale in questa fase, per far sì che gli sforzi dei singoli contribuiscano al successo dei gruppi.
- Ruolo degli alunni: ogni alunno conta, nel gruppo, e la sua voce deve essere ascoltata perché il punto di vista di tutti, messo a confronto con quello altrui, aiuta a riflettere, a interagire, a essere flessibili e accoglienti, anche ad affrontare le conflittualità e a imparare a gestirle.
- Riflessione: padroneggiare gli argomenti di studio non vuol dire essere in grado di ripeterli a memoria, contrariamente a quanto pensano molti alunni che studiano in questo modo. Vuol dire essere in grado di spiegarlo ai compagni, perché solo chi ha fatto suo un argomento, ponendosi delle domande, è in grado di spiegarlo e di rispondere ai quesiti dei compagni.
- Pensiero critico: i gruppi presentano ai compagni la loro idea di soluzione alla situazione problematica, e forniscono un feedback agli altri gruppi, per implementare, riformulare, ridefinire e integrare le proposte. La valutazione /autovalutazione si riferirà sia ai prodotti che ai processi.
- Presentazione: gli alunni devono essere in grado di presentazione, prima alla classe, poi a un pubblico più vasto, del lavoro. Per la rotazione dei ruoli e con il sostegno del gruppo, pian piano anche gli alunni più reticenti a presentare, acquisiranno sicurezza e si impegneranno in questa attività. La socializzazione dei lavori aumenta la loro significatività e porta gli alunni a essere più accurati e attenti nell’esecuzione del lavoro.
Anche per questa metodologia, se praticata sistematicamente e non in maniera episodica, il ruolo dell’insegnante come coordinatore, mediatore, facilitatore, viene di volta in volta “alleggerito” in favore di una sempre più consistente assunzione di responsabilità da parte degli alunni.
L’uso degli strumenti digitali nel PBL
La possibilità di sfruttare gli strumenti digitali consente di far lavorare i gruppi anche online, dilatando i tempi della scuola e annullando le distanze. La ricerca sul web, che può essere strutturata come nel caso di una Webquest, nella quale le risorse sono selezionate dall’insegnante o libera, può dar vita alla creazione di repository di classe categorizzate, che possono essere utili per progetti successivi. Gli strumenti digitali aiutano nella presentazione delle soluzioni, ma anche nella documentazione delle fasi di lavoro, nell’organizzazione dei tempi e nella suddivisione dei compiti. Anche la ricerca di soluzioni già sviluppate da altri, per situazioni problematiche simili, da adattare alla propria realtà, aiuta a sviluppare il pensiero divergente generativo.
Conclusioni
Il PBL chiede un ripensamento dell’organizzazione della “lezione” tradizionale, dei ruoli di alunni e docenti, delle competenze da sviluppare, senza perdere di vista la progettazione curricolare, che verrà ampliata e potenziata da questa metodologia, anche in un’ottica multidisciplinare, se la progettazione riuscisse a essere, come dovrebbe, veramente collegiale.