Esiste un tema di fondo per la Scuola italiana, che è stato affrontato dal Cantiere Scuola di FPA, e che invece viene spesso eluso dal dibattito: la governance della scuola.
Chi decide cosa nel mondo della scuola? E di conseguenza, quale è il ruolo del MIUR rispetto a Uffici Scolastici, Dirigenti, consigli di classe e singoli insegnanti?
Il punto di vista di chi scrive è che il MIUR debba definire la cornice generale ed enunciare i principi a cui attenersi (analogamente al ruolo della “costituzione”), mentre dovrebbe lasciare le decisioni operative agli altri attori: quelli vicini ai territori e legati a contesti specifici (che determinano la possibilità di rendere fattibili e efficaci le scelte operative). La rapida evoluzione della società nel suo complesso, le modifiche strutturali e comportamentali indotte dalle tecnologie (e non solo da esse) richiedono una scuola continuamente reattiva e flessibile, che abbia linee guida generali, ma che poi sviluppi la capacità (in maniera controllata) di decisioni autonome a livello di singolo istituto e a livello di singolo insegnante. L’attuale struttura gerarchica delle decisioni non sembra essere in grado di corrispondere sempre alle nuove sfide e alle nuove esigenze.
Il ruolo del MIUR nella governance della scuola
“Miur ha presentato il decalogo per l’uso consapevole a scuola degli smartphone”
“… il cambiamento va governato e gestito, è quindi inutile proibire l’uso dello smartphone a scuola, ma ogni scuola dovrà predisporre …”
“….. Quello che prevede, attraverso il metodo del BYOD (Bring Your One Device, in italiano “porta il tuo device digitale da casa) di ampliare e aggiornare le capacità di connettività e la dotazione di “attrezzi digitali per l’apprendimento” di molte classi della scuola italiana.”
Questo è un esempio perfetto del ruolo che il MIUR non dovrebbe svolgere. La responsabilità della gestione della didattica non dovrebbe essere del ministero, ma di ciascun istituto scolastico (diretto dal suo dirigente), e da ciascun insegnante. Invitare gli allievi ad usare il loro “device” (telefono o tablet che sia) non può essere né proibito né ammesso in linea generale. Di caso in caso (situazione per situazione) l’insegnante (in accordo con le politiche del suo istituto) deve poter decidere se autorizzare l’uso di apparecchi tecnologici ed in che modo.
Smartphone a Scuola per una nuova cittadinanza digitale: ecco perché
L’iniziativa del MIUR, pertanto, rischia di essere pericolosa (intesa come un “liberi tutti” da parte degli allievi), oppure inutile (nel senso che già molti insegnanti hanno fatto usare, e stanno facendo usare, telefoni o tablet). Oltretutto si rischia di generare confusione tra “uso personale” ed “uso didattico” delle tecnologie.
Prendiamo l’esempio dei libri: non è stato mai proibito portare libri a scuola, ma alcune decisioni vanno prese dagli insegnanti: (i) quali libri si possono portare a scuola? (ii) quando e come usare i libri in classe? Inoltre, l’uso ludico dei libri a scuola è in genere non ammesso. Evidentemente l’uso del telefono in classe presenta forti analogie con l’uso del libro: va bene un uso didattico, sotto controllo dell’insegnante; non è ammissibile l’uso ludico e personale.
Quindi probabilmente, invece di una nuova direttiva del MIUR, sarebbe stato sufficiente fare appello alle normali regole e alla normale prassi didattica.
Cos’è il Curriculum di educazione civica digitale e perché serve alle scuole e all’Italia
“Dall’altra parte, però, applicare i canoni tradizionali dell’educazione civica non è sufficiente: la rivoluzione all’intersezione tra esplosione di dati, informazione e comunicazione, connettività e tecnologie richiede nuove conoscenze ma soprattutto nuove consapevolezze.
Per educazione civica digitale intendiamo quindi una nuova dimensione della cittadinanza. Una integrazione, necessaria quanto urgente, al curriculum di cittadinanza della scuola italiana.”
Questo è un esempio perfetto del ruolo che il MIUR non solo può svolgere ma deve svolgere. La scuola non solo serve alla trasmissione di conoscenza, sapere e abilità. Deve anche “educare” ad una cittadinanza consapevole e responsabile. La educazione alla cittadinanza digitale è oggi urgente e necessaria: il mondo digitale (dai siti, ai social media ai blog) è difficile, pieno di insidie e trappole per i giovani. Le famiglie in genere non sono in grado di fornire una educazione adeguata in questo ambito, dato che i genitori non hanno vissuto da ragazzi una esperienza simile.
Stimolare le scuole ad affrontare il problema e a farsi carico della educazione digitale degli allievi è una ottima iniziativa, che dovrebbe estendersi alle famiglie degli allievi (dato che l’attività digitale avviene soprattutto in orario extrascolastico).
Il (difficile) ruolo degli insegnanti
Il dubbio è che l’azione del MIUR non sia sufficiente; enunciare i principi va bene; ma poi? Purtroppo gli insegnanti (se non altro per motivi anagrafici) spesso non sono effettivi cittadini digitali, sufficientemente attivi da essere in grado di essere convincenti e persuasivi. Se i loro allievi li percepiscono come “assenti” dal mondo digitale (così come i giovani lo percepiscono), i messaggi degli insegnanti non sono adeguati, non arrivano e non sono efficaci.
E’ quindi auspicabile che il MIUR metta in campo una formazione (online) diffusa ed incisiva, in modo che gli insegnanti diventino effettivi cittadini digitali, e quindi possano assolvere al ruolo di educatori nei confronti dei loro allievi, Non è semplice, e non è facile, ma questo dovrebbe essere la funzione strategica del MIUR.
Concludendo, sarebbe opportuno che il MIUR si concentrasse sulle indicazioni di carattere generale ed alla formazione in profondità degli insegnanti. Le decisioni operative andrebbero delegate agli altri attori, a contatto con le singole realtà e con le situazioni specifiche.