Passata questa fase di emergenza, durante la quale il digitale è entrato nelle scuole sotto forma di Didattica a Distanza (DaD), nel più lungo periodo, la speranza è che la scuola riconosca l’esigenza di una nuova organizzazione e che i docenti sentano il bisogno di praticare un nuovo modo di fare scuola.
Proviamo a immaginare come potrebbe essere la scuola dopo il covid, partendo dai limiti e dalle opportunità della DaD.
La didattica a distanza
Con DaD (acronimo mai incontrato in 50 anni di ricerca nel settore delle tecnologie didattiche) si intende una modalità di fare scuola cercando di riprodurre a distanza, tramite piattaforme in rete, quello che di solito si fa in presenza in un’aula scolastica. Quindi, nella DaD, a casa propria, davanti a un computer con una telecamera, dopo aver convocato i propri studenti per una certa ora, il docente fa lezione, assegna compiti e interroga.
Analizziamo le caratteristiche essenziali di questo modo di procedere, supponendo che ci siano tutte le condizioni necessarie (assunzione arbitraria per vari motivi, tra cui il digital divide, la carenza di competenza digitale di studenti e anche di diversi insegnanti, ecc.).
Nella DaD l’enfasi è sullo spazio, la distanza, ma finora nell’elearning l’enfasi era sul tempo, comunicazione asincrona. La sincronicità era riservata ai ragazzi costretti a casa (homebound). La DaD è una modalità nuova, non studiata. Perché? Perché è un fare cose vecchie con tecnologie nuove, come attaccare i cavalli a un’automobile per usarla come carrozza o come chiedere a un libraio di ordinarti un libro su Amazon.
Nella scuola tradizionale è previsto lo studio in modalità asincrona, sono i compiti a casa da fare con i libri di testo. La modalità sincrona è riservata alla presenza a scuola, con lezioni e interrogazioni.
Con la DaD invece si fa tutto a casa, lezioni, compiti e interrogazioni. Il docente deve adeguarsi a questa nuova modalità.
Quanto tempo dedicare allo studio in modalità DaD
Se è attento alle esigenze dei suoi studenti, si porrà il problema di quanto tempo, in un giorno, a casa, un ragazzo può dedicare allo studio, usando libri e computer. Questo tempo dipende dall’età del ragazzo. Ad esempio, quante ore al giorno può dedicare all’apprendimento scolastico un ragazzo del terzo liceo classico? Diciamo dalle 5 alle 6 ore, i bambini piccoli molto meno. Per il momento non occupiamoci di che cosa si fa in questo tempo, né di come può essere suddiviso tra le varie materie.
Facciamo invece due conti. Le settimane di un anno scolastico sono 34, il programma ministeriale prevede 26 ore di lezione alla settimana, quasi 5 ore al giorno per 5 giorni. Ci siamo, i conti tornano! Non è così, perché quelle contate sono ore di lezione in presenza, rimangono fuori quelle di studio a casa. Considerando che un’ora di lezione richiederebbe almeno un’ora di studio, lo studente dovrebbe studiare almeno 10 ore al giorno per 5 giorni la settimana: 25 ore in presenza, 25 a casa. Impossibile per chiunque. Ma era così anche prima della DaD! E infatti prima il ragazzo trovava il modo di arrangiarsi, per sopravvivere. Nella DaD però il nostro docente è costretto a progettare un corso tenendo presenti i vincoli di tempo del ragazzo. Non può pretendere che passi dieci ore davanti al computer e sui libri. Se è realista, deve rispettare il vincolo delle 5 ore di studio del ragazzo. Ma andiamo avanti.
Il programma di italiano prevede 136 ore l’anno (circa 27 giorni di studio se lo studente studiasse solo italiano, 5 ore al giorno). Analizzando il programma ministeriale e considerando uno studente particolarmente bravo, per completare il programma ci vorrebbe almeno il doppio del tempo a disposizione. Il nostro docente deve ridurre drasticamente il programma. Notate, l’uso del digitale forza a ripensare i contenuti. Si diceva da tempo, ma ora diventa una necessità concreta.
Come organizzare la DaD
A questo punto il docente ha fissato i tempi, ha definito gli argomenti, ora deve affrontare il problema di come organizzare la DaD. La nostra scuola prevede che i corsi delle singole materie siano svolti in parallelo. Così, in una giornata, nelle cinque ore dedicate all’apprendimento, il nostro studente si troverebbe a saltare da una materia all’altra: Kant, Prostaferesi, Antigone, Mazzini, Maxwell. Nella DaD, sarebbe più ragionevole che seguisse un corso per volta nell’arco di diverse settimane, come avviene già nell’organizzazione scolastica di alcuni paesi europei e anche in alcune scuole pilota italiane. In questo caso, il corso di italiano durerebbe 56 settimane e il docente dovrebbe progettare che cosa far fare allo studente nelle 5 ore dei giorni disponibili. Per lo studente, fare scuola significherebbe seguire un certo numero di corsi che si susseguono uno all’altro nell’arco di un anno. Questo implica una riorganizzazione del lavoro scolastico, che può essere fatta benissimo dai dirigenti insieme con la comunità dei propri insegnanti.
Il nostro docente allora deve progettare il proprio corso DaD, che impegna lo studente per 5 ore al giorno per 56 settimane. In pratica deve progettare le attività dello studente per quel periodo. Quali sono le attività possibili? Sono molte, qui per semplicità citerò i tipi di attività più ricorrenti: acquisizione, collaborazione, produzione, pratica, ricerca, discussione e valutazione.
Il docente deve scegliere quali sono le attività che richiedono la comunicazione sincrona o asincrona, tenendo presente che nella DaD non bisogna tenere conto solo dello spazio (distanza), ma anche del tempo, cioè della ripartizione temporale delle attività che possono essere sincrone o asincrone (figura 1).
Figura 1 diagramma spazio/tempo delle attività di apprendimento a distanza
La tentazione del nostro docente, abituato alla didattica tradizionale, potrebbe essere riprodurre in sincrono lezione (parziale assimilazione) ed eventuali discussioni e valutazioni, mentre in asincrono lo studio (assimilazione). Ma si troverebbe in difficoltà su come suddividere le 5 ore dello studente tra queste due attività. Non può parlare per un’ora o due e chiedere allo studente di studiare sui libri per tre ore. O meglio, lo può fare, ma la qualità del suo corso sarebbe infima, tenendo conto del fatto che in una lezione il tempo massimo di attenzione non supera una ventina di minuti, mentre ci sarebbero tante altre opportunità offerte dalla rete: collaborazione, produzione, pratica, ricerca e discussione. Nella progettazione il docente dovrà tenere conto delle nuove possibilità offerte dalla rete, immaginando una didattica diversa, più ricca.
Dovrebbe porsi domande del tipo: come faccio a fare collaborare gli studenti tra di loro? Come posso organizzarli per farli collaborare in rete? Che cosa posso fare produrre dai gruppi di studenti? E dal singolo studente? Che pratica far fare? Che ricerche posso richiedere? Come posso stimolare la discussione? Come posso valutare il lavoro fatto? Come posso capire che cosa lo studente sa e quali sono le sue lacune? Nella Dad tutto questo va fatto a distanza comprendendo bene che cosa fare in comunicazione sincrona e asincrona. La figura 2 riporta una possibile suddivisione delle attività a distanza, sincrone e asincrone.
Figura 2 attività sincrone e asincrone
Il docente dovrà stabilire come suddividere le 5 ore dello studente tra attività sincrone e asincrone. Se dovessi scegliere demanderei gran parte delle fasi di presentazione dei contenuti alla comunicazione asincrona, riservando la comunicazione sincrona alla discussione, magari in gruppi allargati, alla valutazione del lavoro dei gruppi e a una valutazione formativa individuale. Baserei le lezioni principalmente su risorse educative in rete, opportunamente scelte e assemblate. In tal modo la comunicazione sincrona dovrebbe durare al massimo un’oretta che potrebbe anche non essere sequenziale.
Un docente attento già fa molte delle cose dette, ma ne dovrebbe imparare altre. La DaD è un’occasione per prendere coscienza dei problemi che ha di fronte e della strada che deve percorrere se vuole essere capace di vivere in una scuola in cui il digitale fa parte integrante della infrastruttura scolastica.
Come organizzare la nuova scuola dopo il covid
Ovviamente, passata questa emergenza del COVID19, si tornerà nelle aule, in presenza, attraversando una fase in cui è richiesto il distanziamento sociale. In un’aula non potranno esserci più di una dozzina di studenti ben distanziati, non potranno esserci intervalli collettivi, si dovranno stabilire modalità di uscita per recarsi alla toilette. Bisognerà realizzare le connessioni con banda ultra larga di tutte le scuole. Bisognerà capire come superare il digital divide, comprendendo che non si tratta solo di prevedere che tutti abbiano un qualsivoglia dispositivo personale e una connessione a Internet. Bisognerà stabilire quanto tempo passare a scuola, probabilmente non più di tre ore al giorno, suddividendo i ragazzi in più turni. Insomma, una serie di cose su cui deve riflettere lo staff dei consulenti.
Nel più lungo periodo, la speranza è che, dopo Covid-19, la scuola riconosca l’esigenza di una nuova organizzazione, di cui quella basata su corsi sequenziali è solo un esempio, e che i docenti sentano il bisogno di praticare un nuovo modo di fare scuola. Nel progettare il loro corso, si troveranno di fronte un quadro più complicato di quello della Dad, come per esempio quello di figura 3, in cui alle attività a distanza si aggiungono quelle in presenza.
Figura 3 diagramma spazio/tempo delle attività di apprendimento a distanza e in presenza
Covid-19, dunque, ha fatto emergere esigenze latenti. Il digitale obbliga a ripensare contenuti, spazi e tempi di apprendimento. Obbliga a riconsiderare ruoli e relazioni tra tutti gli attori coinvolti. Mette in luce che una comunità non consiste nel passare qualche ora in spazi comuni, ma nell’essere coinvolti, con il cuore ed il cervello, in un’impresa condivisa, usando un repertorio comune di conoscenze e di pratiche.
Bisognava aspettare COVID19 per comprendere queste cose? Le tecnologie erano già là, ma a molti apparivano un di più, se non un disturbo.
Oggi, dopo COVID19, molti hanno sperimentato che la rivoluzione digitale pretende modifiche radicali. Certo non sono le tecnologie che guidano il cambiamento, ma la nostra risposta alle tecnologie. Così, è il modo in cui ci rapporteremo al digitale dopo questa pandemia che potrà o acuire una situazione di arretratezza o consentirci di reinventare la scuola, le istituzioni, e, in ultima analisi, noi stessi.