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Scuola digitale e PNRR, gli indirizzi 2024 con i fondi per formazione e orientamento STEM



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Con forte ritardo sono stati sbloccati i fondi per l’orientamento sulle materie STEM e per la formazione degli insegnanti alla didattica aumentata digitalmente: vediamo cosa sarà possibile fare nell’anno appena iniziato

Pubblicato il 9 gen 2024

Paolo Maria Ferri

Università degli Studi Milano Bicocca



scuola (2)

Finalmente sono stati sbloccati i fondi per l’orientamento delle studentesse e degli studenti alle STEM e per la formazione degli insegnanti alla didattica “aumentata” digitalmente.

Nonostante i forti ritardi, dovuti principalmente alla caduta del Governo Draghi, e ai tempi di stesura delle “istruzioni operative” che sono stati davvero eccessivi da parte del Ministero dell’Istruzione e del Merito, ci troviamo di fronte ad una grandissima opportunità per la riqualificazione e la motivazione del personale docente della scuola italiana. Un’opportunità davvero irripetibile perché mette in campo, in un anno e mezzo più di 1,2 miliardi euro e li impegna su tematiche come le tecnologie per l’apprendimento, le materie STEM e l’abbattimento del divario di genere, che sono strategiche non solo per il sistema formativo italiano, ma per tutto il “sistema Paese”.

Per questo per il 2024 ci auguriamo che i fondi stanziati per la formazione degli insegnanti sulla “transizione digitale” e per l’orientamento delle studentesse e degli studenti alle discipline STEM vengano spesi in maniera efficacie e soprattutto all’interno di progetti ben articolati e di qualità elevata.

Le “istruzioni operative” non lasciano margini di investimento per il monitoraggio di queste variabili e questo rappresenta un problema rilevante per la buona risuscita dei progetti. Tuttavia, confidiamo nella proverbiale ed italica “capacità di adattamento” e di “arrangiarsi” degli insegnanti e dei dirigenti italiani, che nonostante siano i meno pagati d’Europa, spesso sanno trovare risorse e motivazioni che sono un vanto per la nostra scuola. Buon anno e buona formazione a tutti gli insegnati e i dirigenti italiani.

Il percorso dal PNRR ai fondi

Lentamente si va completando il pacchetto di misure del PNRR che, nelle originarie intenzioni di Mario Draghi e del Ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi (era il 2021), dovevano servire a innovare radicalmente il sistema scolastico e formativo italiano.

Come abbiamo già avuto modo di notare su Agenda Digitale, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha provveduto a diramare e inviare alle scuole con grande ritardo (più di un anno) le “istruzioni operative” per sbloccare i fondi 450 Milioni (66/2023) e 750 Milioni (D.M. 65/2023) che permettono di avviare la formazione degli insegnati della scuola italiana sulla “didattica digitalmente integrata” (DM 65) e sulle competenze linguistiche, così come l’”orientamento formativo” sulle discipline STEM (DM 65) per le studentesse e gli studenti.

Lentamente, dicevamo, perché ora tutte le scuole italiane dovranno progettare ed attivare 20.000 corsi di formazione più all’incirca altrettanti percorsi di orientamento per le studentesse e gli studenti in lasso di tempo davvero breve: solo un anno e mezzo. Tutte le azioni formative e di orientamento, infatti, devono essere progettate e avviate subito e concluse con relativa certificazione di completamento e rendicontazione entro tra il maggio e il settembre del 2025.

È davvero poco il tempo a disposizione dei dirigenti e degli insegnati per costruire i pacchetti formativi e calendarizzarli. I progetti di formazione degli insegnanti e di orientamento per gli studenti dovranno essere predisposti entro il febbraio del 2024 sia per il DM 66 (29 febbraio) che per il DM 65 (8 febbraio 2024), all’interno della piattaforma “Scuola Futura” che gestisce i progetti scolastici del PNRR. Anche il Ministero si è accorto che i tempi di progettazione della sono davvero stretti, tanto che i funzionari del Ministero dell’Istruzione e del Merito hanno prorogato la presentazione dei progetti per il DM 65 dall’ iniziale, ed impossibile, 15 dicembre 2023, fino ad un più realistico 8 febbraio del 2024. Un solo mese per allocare i 450 milioni per l’orientamento degli studenti sulle STEM e per potenziare le competenze linguistiche dei docenti era davvero un tempo troppo risicato. Proviamo ad analizzare più in dettaglio i provvedimenti.

La formazione alla “transizione digitale” dei docenti della scuola italiana (DM 66)

Le istruzioni operative del Decreto Ministeriale 66 definiscono in maniera chiara e completa i temi su cui dovrà essere progettata ed erogata la formazione. Essa potrà riguardare:

  • L’utilizzo metodologicamente e tecnologicamente corretto degli ambienti di apprendimento innovativi, e degli strumenti tecnologici acquisti attraverso il Piano “Scuola 4.0” del PNRR.
  • Il potenziamento dell’acquisizione di competenze digitali nel curricolo scolastico.
  • Le metodologie didattiche innovative abilitare dalle tecnologie digitali.
  • L’Insegnamento interdisciplinare di scienze, tecnologia, ingegneria, matematica. Basato sulle Linee guida per le discipline STEM DM 65.
  • La Sicurezza in internet e la prevenzione del cyberbullismo.
  • L’utilizzo etico e responsabile dell’intelligenza artificiale nella didattica.
  • Le tecnologie per l’inclusione dei portatori di Bisogni educativi speciali.
  • L’educazione alla cittadinanza digitale e all’uso consapevole degli schermi da parte delle studentesse e degli studenti.
  • L’innovazione e trasformazione digitale e didattica nelle scuole.
  • La digitalizzazione dell’amministrazione scolastica e le competenze digitali per il personale ATA nella gestione organizzativa, documentale, contabile, finanziaria.

Metodologie digitalmente aumentate

Tra i temi della formazione molta attenzione è dedicata nelle “istruzioni operative” a suggerire le metodologie innovative “digitalmente aumentate” che possono favorire, come specificato dal PNNR, una didattica laboratoriale ed attiva. Nelle “istruzioni” vengono menzionate il: Problem Based Learing, l’Inquiry Based Learning, il Digital Storytelling, o la Gamification. Allo stesso modo vengono valorizzate per attività che privilegiano il “fare” scientifico come il Making, e il Tinkering che permettono di “costruire” esperimenti scoprendo le potenzialità delle tecnologie: dalle stampanti 3D al coding, all’Intelligenza artificiale, all’utilizzo delle realtà aumentata e virtuale.

Interessante anche il fatto che le “istruzioni operativi” specifichino come questo tipo di attività vadano promosse fin dalla scuola dell’infanzia e questo nella logica, molto corretta, di prevenire piuttosto che curare i danni della “povertà educativa” digitale.

La formazione del personale scolastico alla transizione digitale deve essere realizzata in coerenza con il quadro di riferimento europeo sulle competenze digitali di cittadinanza, DigComp 2.2, e, per i docenti, anche con il quadro di riferimento europeo per gli educatori, DigCompEdu. La formazione dovrà essere erogata, secondo le “istruzioni operative” in forma prevalentemente on-line: webinar, sincroni o in forma ibrida ne caso si attivino forme come “comunità di pratiche”, tutorati e i “laboratori di formazione sul campo” con la presenza di esperti esterni. Il DM 66 prevedere che ai formatori vengano riconosciuti 180 euro lordi ora e 47 euro ai tutor comprensivi di costi indiretti. I corsi possono essere svolti anche da docenti interni, ed è prevista l’attuazione di appositi bandi o convenzioni con enti di ricerca pubblica come le Università e il CNR. Si tratta di retribuzione corrette e sicuramente superiori ai 70 euro lordi previsti sin qui in altri progetti formazione come quelli attivati dai Future Lab, sempre promossi da PNRR.

I punti critici

Nel complesso le istruzioni operative del DM 66 sono ben costruite e rappresentano uno strumento utile e ponderato per i dirigenti e i gli insegnati che con loro collaboreranno a redigere i progetti.

Le criticità come accennavamo più sopra sono legate ad altri fattori. In primo luogo, il breve lasso di tempo in cui questi fondi dovranno essere spesi, nel caso del DM 66 le attività debbono essere conclude entro il completamento entro il 30 settembre 2025. In secondo luogo, il fatto che, i Dirigenti sono “liberi” di cercare sul “mercato” i formatori, senza avere strumenti per la certificazione della qualità della formazione erogata, non sono, infatti, ammessi, infatti, finanziamenti per il monitoraggio e la valutazione della formazione. Ed infine, un’altra problematici rilevante è, a nostro avviso, quella del numero esiguo di formatori realmente “competenti” in tema di tecnologie didattiche presenti nel nostro paese. In Italia, anche a livello universitario, non sono state mai promosse politiche “attive” e reclutamenti mirati di personale per creare centri di competenza “diffusi” per lo studio degli effetti dei nuovi media nei processi di apprendimento e la didattica. Inoltre, i Centri e i Laboratori esistenti sono pochi in rapporto al numero dei docenti da formare e non hanno come specifica finalità la formazione dei docenti.

Da questo punto di vista l’Italia e molto in ritardo rispetto ad altri paesi europei che prevedono sia Dipartimenti universitari “dedicati” alla New Media Education sia veri e propri Centri di ricerca e sviluppo che hanno lo scopo specifico di formare i docenti della scuola sulle tecnologie per la didattica e le loro applicazioni concrete. È vero che nelle scuole esistono docenti capaci e preparati – come gli Animatori digitali e il team dell’Innovazione – che possono supplire alla carenza di formatori ed esperti esterni ma resta una domanda di fondo. Le scuole e i dirigenti scolastici saranno in grado di attivare 20.000 corsi di formazione di qualità nel ristretto arco di tempo che i ritardi del Ministero lasciano alle scuole.

Le aziende che forniscono tecnologia, alcuni produttori di registri elettronici, così come gli editori si stanno attrezzando con cataloghi di formazione, spesso legati a device tecnologici (Smart board, tecnologie per la disabilità, robot, stampanti 3D) o ad applicazioni specifiche (Google Workspace for Education, o i Software relativi ai Bisogni educativi speciali) che sono state acquistate dalle scuole nell’ambito del piano Scuola 4.0, ma chi garantirà la qualità e l’efficacia della formazione? Dalla risposta a questa domanda dipende il futuro della formazione alle tecnologie digitali dei docenti delle scuole italiane e la loro capacità di essere in grado di intercettare i nuovi stili di apprendimento dei “nativi digitali”.

L’ orientamento formativo sulle STEM

Le “istruzioni operative” del Decreto Legislativa 65 – Nuove competenze e Nuovi Linguaggi prevedono due tipi di percorsi formativi, in questo caso sempre in presenza, incentrati sull’orientamento alle discipline STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), digitali e di innovazione. La prima tipologia sono i “Percorsi di orientamento e formazione”, rivolti a studentesse e studenti di tutti i cicli scolastici per rafforzare le loro competenze STEM e digitali, anche tenendo in considerazione il superamento dei divari di genere in questo campo. Secondo le “istruzioni” questi percorsi debbono basarsi su metodi pedagogici attivi e laboratoriali come il learning by doing; il problem solving; e l’ “attivazione dell’intelligenza sintetica e creativa”.

Si tratta di organizzare attività pratiche e di laboratorio che prevedano l’apprendimento cooperativo e la promozione del pensiero critico. Questi percorsi dovranno avere una durata variabile tra 10 e 30 ore e possono essere integrati nella didattica curricolare o nelle attività co-curricolari da svolgersi al di fuori del tempo scuola. Inoltre, ed una sottolineatura molto importate, nelle “istruzioni operative” si enfatizza la necessità del superamento degli stereotipi e dei divari di genere, dal momento che le donne laureate in discipline STEM, secondo il rapporto Education at Glance 2023 dell’OCSE, sono ancora solo il 39% rispetto al 61% dei maschi.

Il secondo tipo, “Percorsi di tutoraggio”, mira a orientare direttamente gli studenti verso carriere universitarie e professionali legate alle STEM, valorizzando i loro talenti e le loro inclinazioni individuali. Questi percorsi includono il coinvolgimento delle famiglie e prevedono cicli di incontri tra un formatore mentor e piccoli gruppi di studentesse e studenti, con una durata tra 10 e 20 ore. Completano l’offerta di “orientamento formativo” rivolta agli studenti i “Percorsi di formazione per il potenziamento delle competenze linguistiche degli studenti”. Quest’azione del DM 65 prevede il coinvolgimento dell’intero gruppo classe, di più classi, o di classi aperte e comunque di gruppi di studenti non inferiori a 9 unità.

Dovranno essere organizzati, cioè, sperimentazioni di percorsi con metodologia CLIL[1] nell’ambito di discipline non linguistiche. Si tratta di percorsi finalizzati al conseguimento di una certificazione linguistica, anche in preparazione ai periodi di studio all’estero previsti nell’ambito del programma Erasmus. Anche questi percorsi dovranno essere sviluppati da docenti esperti o da esperti esterni. Così come, anche in questo caso, il problema non è il merito del contenuto delle “istruzioni” che a nostro avviso sono ben scritte e non è nemmeno la quota oraria attribuita ai formatori, in questo caso 110 euro lordi, comprensivi dei costi indiretti. Il problema, come nel caso del DM 66, sono i tempi di realizzazione. I progetti, infatti, dovranno essere attuati tra febbraio 2024 e conclusi, con relativa certificazione di completamento, entro il 15 maggio 2025.

Note


[1] CLIL (Content and Language Integrated Learning) è un approccio metodologico che integra l’apprendimento di una lingua straniera con l’insegnamento di contenuti disciplinari non linguistici. Questa metodologia permette agli studenti di apprendere una materia scolastica, come scienze o matematica, in una lingua straniera, migliorando così sia la conoscenza della materia che quella linguistica.

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