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Scuola digitale, Miur: “Ecco lo stato dell’arte e le azioni 2018”

Piano Nazionale Scuola Digitale: il bilancio dei primi due anni e uno sguardo sul futuro. Tante le cose fatte, ma anche alcune aree da migliorare. Tra l’altro, si spingerà ancora su formazione, competenze, infrastrutture, semplificazione

Pubblicato il 21 Dic 2017

Tante le cose fatte, ma anche alcune aree da migliorare.

Facciamo un primo bilancio dei primi due anni del Piano Nazionale Scuola Digitale, partendo dall’assunto che non esiste innovazione semplice. Se è semplice, non si tratta di innovazione.

Innovare significa rompere barriere, modificare comportamenti, trasformare organizzazioni, investire in nuovi modi di lavorare e guardare al mondo e, in ultimo, generare comunità dove il cambiamento diventa irreversibile.

L’innovazione è un sistema complesso per definizione. E, sempre per definizione, non ha una fine. È una dinamica, o meglio un insieme di dinamismi. E soffre anche di un delicato equilibrio – ossia realizzare cambiamenti di lungo termine, che magari richiedono interventi profondi che hanno bisogno di tempo per dare i propri frutti, e allo stesso tempo dimostrare, anche per legittimarsi e motivare la fatica richiesta dal cambiamento, attraverso immediati risultati in termine di miglioramento ed efficienza.

Questo è lo spirito del Piano Nazionale Scuola Digitale.

LEGGI LA NUOVA VITA DEL PIANO SCUOLA DIGITALE 

Una politica “vivente”, che cresce organicamente al crescere delle energie di chi nella scuola, ogni giorno, innova organizzazione e didattica, rinnovando se stesso.

Dopo l’accelerazione dello scorso 26 luglio, e pronti ad un ulteriore rilancio insieme alla MInistra Fedeli il prossimo 18, 19 e 20 gennaio a Bologna in occasione del Secondo Compleanno del PNSD, tracciamo un primo bilancio dei primi due anni del Piano Nazionale Scuola Digitale.

I punti di forza: una visione chiara e moderna su spazi e ambienti innovativi, identità digitale, competenze digitali degli studenti e accompagnamento della comunità

LEGGI TUTTI GLI AGGIORNAMENTI E COMMENTI SULLO STATO DELLA SCUOLA DIGITALE

Spazi e ambienti innovativi

Portare al 100% una visione di successo con nuovi investimenti, puntando su periferie e piccoli centri

Mettere al centro nel Piano Nazionale Scuola Digitale l’idea di investire in ambienti di apprendimento accoglienti, flessibili e in grado di promuovere creatività, collaborazione e didattica attiva ha avuto un valore fondamentale.

I bandi per ambienti digitali, atelier per la creatività, biblioteche scolastiche innovative, laboratori territoriali e, appena lanciato a fine 2017, laboratori professionalizzanti in chiave digitale, hanno dato alle scuole strumenti e soprattutto risorse – per quasi 400 milioni di Euro – per realizzare questa visione. Sono state le azioni più apprezzate, e tra quelle che hanno avuto un impatto chiaro e riconoscibile.

Ognuna delle 5.500 scuole primarie e secondarie di primo grado deve avere spazi adeguati per la creatività in chiave digitale. Oltre 2.000 li stanno costruendo in queste settimane, grazie a queste azioni.

Ognuna delle 3.000 scuole secondarie di secondo grado deve poter rinnovare i propri laboratori caratterizzanti, senza distinzione di indirizzo. I laboratori sono il luogo in cui si allineano scuola e Impresa 4.0, scuola e industrie culturali e creative, scuola e rivoluzione digitale. Presto, tutte le 3.000 scuole secondarie ne avranno l’opportunità, attraverso il bando appena lanciato.

Ognuna delle 8.500 scuole, infine, deve poter sviluppare spazi comuni innovativi e avere tecnologia, preferibilmente portabile, per avere in ogni classe strumenti leggeri per collaborare. Oltre 6.200 hanno beneficiato di finanziamenti MIUR, ma tutte le altre sono al lavoro, spesso sostenute da finanziamenti aggiuntivi di Comuni e Regioni.

Con il PNSD abbiamo finalmente una visione chiara su cui investire – tecnologia leggera in ogni classe, creatività e laboratorialità diffusa negli spazi della scuola, che si aprono al il territorio – e su cui, già dall’inizio del 2018, deve continuare a investirsi per completare un insieme di azioni che ha raggiunto quasi ogni scuola e per non perdere lo slancio e la continuità progettuale finora sviluppata.

Sarà cruciale raggiungere quei territori e quelle tipologie di scuole in cui l’investimento ha potuto avere un impatto solo parziale. Serve dare importanza a periferie e plessi di provincia, come anche suggerito da ANCI, a scuole secondarie di primo grado e licei per fare in modo che l’investimento in ambienti innovativi diventi fattore di inclusione in ogni territorio e grado di scuola.

Identità digitale

Ecosistema digitale del docente e dello studente

Investire sull’identità digitale di ogni persona nella scuola sta rappresentato una delle aree di forza del Piano Nazionale Scuola Digitale. La Carta del Docente è, infatti, un esempio di successo di politica “digital by default”. Ha contribuito a creare un’identità digitale (SPID), stabile, ufficiale, a oltre 600.000 docenti, e a spendere e documentare efficacemente oltre 300 milioni di Euro di risorse pubbliche. Su questa base, e su una visione incentrata sull’identità digitale unica, stiamo appoggiando un’idea rinnovata di crescita professionale e ecosistema della formazione. Si tratta di un ecosistema che vale oltre 1.5 miliardi di Euro ogni tre anni tra fondi MIUR e investimenti in autonomia di scuole e docenti, e che quindi merita la giusta attenzione.
Nel 2018, ogni docente avrà un portfolio digitale per documentare la propria crescita professionale, in stretta sinergia con i dati della Carta del Docente e SOFIA, la piattaforma per gestire la domanda e offerta di formazione. Allo stesso tempo, il MIUR continuerà ad investire sulla creazione di un ecosistema digitale per la formazione, investendo sul miglioramento della piattaforma SOFIA attraverso l’esposizione di API, per favorire una integrazione definitiva con i principali provider di MOOC e di ambienti digitali e dare ai docenti il più grande ambiente digitale di gestione di opportunità formative mai realizzato.

Questo approccio deve essere esteso, con le stesse caratteristiche di strutturalità, a tutto il personale della scuola – Dirigenti e personale amministrativo.

L’ambizione è di arrivare poi, nel 2018, all’inclusione degli studenti in questa infrastruttura, anche in associazione ad altri strumenti che già li coinvolgono, quali la Carta dello Studente e il curriculum dello studente.

Gestire l’identità digitale dei minori è una sfida con cui molti ordinamenti, in tutto il il mondo, si sono finora confrontati: richiede delle soluzioni nuove, che però sono ormai inevitabili viste le tante attività che i minori svolgono online, fin dalla prima infanzia. Servono soluzioni che si facciano carico di proteggere la loro impronta digitale, la loro sfera di interazioni, senza per questo impedire che i nostri ragazzi abbiano uno spazio di azione online.

Se le premesse sono solide, allora ci saranno dei margini per generare un ecosistema di servizi per gli studenti a partire dalle loro esigenze e, anche in sinergia con le scuole, di opportunità di arricchimento della loro offerta formativa.

Competenze digitali

Quattro direttrici chiave per le competenze degli studenti: un curriculum chiaro, 150 milioni euro di investimenti e inserimento strutturale negli ordinamenti

Le competenze digitali saranno la priorità assoluta del 2018. Gli investimenti e le sperimentazioni lanciate nei primi due anni del Piano Nazionale Scuola Digitale hanno contribuito a un’esplosione positiva nella scuola.

Tra il 60 e il 70% delle scuole ha messo in campo percorsi didattici su pensiero computazionale, robotica educativa e cittadinanza digitale; oltre 1.6 milioni di studenti e 50.000 docenti sono impegnati in scuole primarie e secondarie di primo grado in almeno 10 ore di coding a studente, per un investimento complessivo sulle competenze di oltre 150 milioni di Euro.

A partire da gennaio 2018, tutto questo sarà portato a sistema per raggiungere il 100% delle scuole su 4 direttrici chiave: pensiero computazionale, educazione civica digitale (cittadinanza digitale), STEM e imprenditorialità. Si tratta di una scelta precisa, che unisce l’importanza di creare le basi definitive per una piena consapevolezza del cambiamento tecnologico (digital awareness) attraverso media, information e data literacy; lo sviluppo di competenze digitali centrali alla crescita degli studenti in produttori creativi di soluzioni digitali attraverso pensieri computazionale e STEM; la conversione di queste competenze in vera capacità di generare cambiamento attraverso l’educazione all’imprenditorialità.

Ognuna di queste quattro direttrici sarà sostenuta da tre passaggi chiave: risorse per la formazione docenti e per sviluppare percorsi di approfondimento; un curriculum di contenuti chiari per indirizzare le scuole, al netto delle risorse; un inserimento strutturale nelle indicazioni nazionali, a partire dal primo ciclo.

In particolare, a gennaio la Ministra Fedeli lancerà un curriculum di educazione civica digitale, costruito in partenariato con oltre 100 stakeholder in tutto il Paese, provenienti dal mondo dell’informazione, della ricerca, dell’innovazione digitale, dell’editoria e delle professioni creative, e un curriculum di imprenditorialità, costruito insieme a circa 40 partner tra imprese, rappresentanze di impresa, associazioni, mondo delle professioni e ecosistema digitale.

Contemporaneamente, 4.500 scuole avranno risorse per sviluppare percorsi di approfondimento sulle competenze digitali, e oltre 2.500 sull’imprenditorialità.

L’inserimento strutturale di queste quattro direttrici digitali negli ordinamenti scolastici avverrà parallelamente come integrazione alle indicazione nazionali.

Accompagnamento

Investimenti sempre più efficaci sulla comunità degli innovatori e su un ecosistema di stakeholder della scuola digitale

L’accompagnamento gioca un ruolo cruciale in ogni politica pubblica. A maggior ragione – e questa è stata la scommessa del PNSD dedicando una delle nove aree del Piano – per le politiche di innovazione come il Piano Nazionale Scuola Digitale. Non si può pensare che l’innovazione avvenga automaticamente, semplicemente proponendo degli obiettivi e fornendo delle risorse, e attendendo solo di ricevere delle note spesa.

La scelta di puntare sulla legittimazione di un “presidio” che potesse essere il punto focale dell’innovazione in ciascuna scuola è stata unanimemente considerata come una decisione chiave. Proprio per questa ragione, portare finalmente a compimento una prima parte degli investimenti a favore degli animatori digitali è stato fondamentale per riattivare e rinforzare la motivazione di una comunità di innovatori che sta già facendo tantissimo per il sistema educativo.

Oltre a questo, stiamo lavorando per creare densità all’interno della comunità degli innovatori della scuola. Anche se in fase beta, la piattaforma dedicata agli animatori digitali ha già quasi 6.000 iscritti su 8.500 animatori, con un tasso di partecipazione attiva in crescita ogni settimana, e arrivato già al 25% degli utenti. Si tratta di un strumento dalle potenzialità di connessione e contaminazione elevatissime che, una volta aperto a tutta la scuola, permetterà di consolidare l’idea del PNSD come movimento di innovazione, più che di politica pubblica.

È questa, infatti, la vera ragion d’essere del Piano. Una politica che investe su una comunità sempre più ampia di decine di migliaia di innovatori, per trascinare grazie a investimenti universali il resto della scuola. E che punta – e questa è la seconda area cruciale di accompagnamento su cui stiamo investendo – sul riavvicinare definitivamente la scuola al mondo dell’innovazione, e il mondo dell’innovazione alla scuola. Gli oltre 700 stakeholder coinvolti nelle azioni del Piano, e mobilitati lo scorso 26 luglio, non sono solo la testimonianza di attenzione verso una politica che ha cominciato a parlare con i suoi numeri. Sono la testimonianza che la scuola è di nuovo un investimento, e non più solo un costo.

Ecco ora le aree per cui è stato fatto tanto, ma su cui c’è bisogno di lavorare

Amministrazione digitale 

Semplificazione e servizi digitali aperti, per ridurre le spese delle scuole

La trasformazione digitale dell’amministrazione scolastica è un passaggio chiave: ancora più di altri settori, infatti, nella scuola la digitalizzazione di processi amministrativi e gestionali chiave può rappresentare una strategia di semplificazione essenziale per “liberare” il personale dalla burocrazia e concentrare l’attenzione su offerta formativa e didattica.

La strada intrapresa dal MIUR è, anche in questo caso, strutturale.

In primo luogo, è in corso un lavoro interno ai sistemi informativi del Ministero: da qui infatti passano una progressiva riduzione di richieste informative alle scuole e una semplificazione dell’esperienza utente.

I dati dell’Osservatorio Scuola Digitale hanno documentato un grado di digitalizzazione amministrativa avanzato a livello di singola scuola, con processi interamente digitalizzati o in gran parte digitalizzati in quasi tutte le aree misurate. Questo, però, non è necessariamente sinonimo di spesa efficiente.

Anche per questa ragione, continuare ad investire su un modello di trasformazione digitale incentrata su un giusto bilanciamento tra offerta centralizzata e apertura attraverso l’esposizione di servizi (via API) sarà, in sinergia con il lavoro del Team per la Trasformazione Digitale e di AGID, priorità per il 2018. Pagamenti online attraverso Pago in Rete, siti web delle scuole e formazione docenti attraverso la piattaforma SOFIA sono esempi già in corso di questo approccio.

Questo approccio dovrà riguardare tutto l’ecosistema digitale della scuola, come sancito anche dal Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione.

Ambienti digitali per la didattica, registri elettronici e contenuti digitali, per quanto non siano ancora arrivati a un grado di maturità e di capillarità adeguato, rimangono una traiettoria da percorrere nei prossimi mesi.

Formazione docenti

Maggiore qualità, più contenuti e i migliori formatori per rafforzare la formazione in servizio

La formazione docenti è stata indubbiamente un’area critica, in particolare durante il primo anno del PNSD. La scelta di organizzare le iniziative di formazione a partire principalmente dai poli territoriali, non è stata sufficiente a garantire una completa trasposizione degli obiettivi del Piano nella logica organizzativa e didattica di ogni scuola. Se circa il 50% delle scuole è stata in grado di  avere formazione di qualità, per l’altro 50% il gradimento per i corsi di formazione organizzati è stato decisamente inferiore.

La formazione docenti non si è scontrata solo con le incertezze dell’autonomia, ma anche con la difficoltà di affrontare divari di competenze estremamente ampi tra docenti.

La soluzione, infatti, è duplice e sarà presentata a gennaio 2018.

Da una parte, un investimento sostenuto nella formazione di formatori, per garantire un livello adeguato di qualità in ogni territorio. Dall’altra, un investimento nei contenuti della formazione, e nella capacità del sistema di generare continuamente qualità e validazione scientifica, attraverso 20 centri di competenza sui temi del Piano Nazionale Scuola Digitale.

Già a gennaio, per rispondere anche nel breve periodo a questa carenza, il gruppo di lavoro sulle metodologie didattiche innovative produrrà per ogni scuola un documento e schede di lavoro per mettere ogni docente nelle condizioni di sperimentare l’innovazione didattica.

Aree da rafforzare: accesso universale alla rete e contenuti digitali

Accesso

Fibra ad ogni scuola al 2020 e un voucher per accelerare e abbassare i costi di 20.000 edifici scolastici

Dare ad ogni scuola pieno accesso ad Internet e quindi alla società della conoscenza, a partire dalla fibra alla porta, è condizione essenziale per realizzare la visione del PNSD.

Si tratta, questa, di un’area di lavoro che non rientra nel raggio d’azione diretto del Ministero dell’Istruzione, ma per cui la collaborazione istituzionale e progettuale con il Ministero per lo Sviluppo Economico rappresenta un valore importante. Il lavoro che il MISE sta conducendo con Regioni e operatori non va sottostimato: l’Italia è territorio complesso per azioni di infrastrutturazione e il ritardo accumulato era estremamente grave, ma i bandi sono in corso, e porteranno, progressivamente fino al 2020, la fibra ad ogni edificio scolastico ancora non raggiunto.

Il dato è chiaro: tutte le scuole hanno una connessione ad Internet per la didattica (97%), ma una gran parte delle connessioni (48%) non è adeguata alle premesse di innovazione che stiamo costruendo, e lo sarà ancora meno al crescere dei “fabbisogni digitali” delle scuole.

Proprio per questo, attendere il completamento dei bandi del Piano Banda Ultra-Larga non è, ovviamente, sufficiente: il voucher di 80 milioni di euro annunciato, che sarà stanziato a inizio 2018, avrà una funzione fondamentale per abbassare i costi di connessione per quasi 20.000 edifici scolastici situati nelle aree grigie del Piano BUL.

Sarà fondamentale per tutto il 2018 continuare a lavorare in questa doppia direzione: da una parte avanzare con l’impegno di infrastrutturazione, l’unico a poterci garantire il futuro, e dall’altra il lavoro, localizzato e mirato, per abbassare i costi a migliorare l’offerta verso le scuole, in sinergia con Regioni e operatori.

I buoni esempi, anche di larga scala, esistono: le politiche strutturali di Emilia Romagna e Friuli, anche grazie al lavoro di Lepida e Insiel, rappresentano un benchmark di qualità su come connettere territori complessi allo stesso tempo abbattendo i costi per le scuole.

Contenuti digitali

Coinvolgere definitivamente i docenti attraverso formazione mirata e investire sulla comunità delle biblioteche scolastiche

Parlare di contenuti digitali, del patrimonio informativo pubblico, editoriale o generato dal largo pubblico, non è un vezzo tecno-entusiasta. Dai peripatetici alla cattedratico “aprite il libro a pagina 67°, è evidente che i modi in cui la conoscenza è portata al centro di un discorso hanno un profondo impatto sul metodo di insegnamento e, di conseguenza, di apprendimento. Parlare di contenuti, significa parlare di didattica.

L’area dei contenuti digitali ha sofferto di due debolezze strutturali del sistema educativo italiano, che riguardano sostanzialmente modalità di accesso semplici ed efficienti — sia alla rete, sia a cataloghi, archivi e pubblicazioni — e la scarsa confidenza dei docenti non solo con gli strumenti digitali, ma anche con i modi dell’innovazione didattica. Seppure in costante aumento, lo scarso utilizzo di contenuti e ambienti digitali da parte di molti docenti è una delle prove che il “lavoro culturale” del PNSD ha bisogno di uno scatto ulteriore. Allo stesso tempo, lo stesso “lavoro culturale” è in progressione e vedrà un ulteriore passo a gennaio 2018. L’effetto combinato dei documenti prodotti dai gruppi di lavoro sul Bring Your Own Device (BYOD) e sulle Metodologie Didattiche Innovative, uniti ad azioni formative mirate sugli stessi contenuti, avrà lo scopo di rilanciare il valore d’uso dei contenuti digitali al servizio dell’innovazione metodologica.

La scelta, poi, di puntare sulla comunità delle biblioteche scolastiche – un altro investimento che ha avuto molto successo – ha costituito un passo significativo per riportare al centro della comunità scolastica il fondamentale ruolo dei luoghi di documentazione, conservazione e produzione delle informazioni e dei documenti digitali e, soprattutto, di orientamento e capacità critica. La comunità delle 1.000 biblioteche scolastiche che saranno finanziate rappresenta un patrimonio di investimento e un capitale culturale su cui saranno costruite importanti azioni di accompagnamento importanti per colmare i divari e promuovere l’educazione all’informazione.

Il bilancio

Il punto generale: una scuola in movimento, una comunità su cui investire, e nuove promesse da mantenere

È indubbio, e sono le scuole le prime a testimoniarlo, che il Piano Scuola Digitale stia continuando ad investire davvero nella visione di scuola che ha promesso dal momento della sua pubblicazione.

È altrettanto indubbio che gli sforzi, le risorse e le azioni messe in campo, accompagnate da una narrativa politica convinta e mai leggera, non siano minimamente comparabili a quanto esisteva precedentemente al PNSD.

I numeri dicono che la stragrande maggioranza delle scuole si è attivata verso gli obiettivi del Piano, e che nel 60% dei casi i risultati cominciano ad essere significativi sotto diversi indicatori. Siamo quindi sicuramente oltre la metà del cammino.

I numeri raccontano di una scuola in grandissimo movimento, come testimoniato da una fascia sempre più ampia di docenti che, nonostante le difficoltà, si è ingaggiata con il Piano abbracciando le sue molteplici azioni.

Sono stati recuperati 10 anni negli ultimi 2 anni di lavoro, ma manca ancora uno scatto, e dovrà essere deciso. Diverse aree del PNSD non possono permettersi anche un solo rallentamento. L’innovazione non attende, e la società chiede a gran voce una scuola che stia al passo o, meglio ancora, che la aiuti ad interpretare il cambiamento.

Ecco perchè l’investimento più importante, del Piano come oggetto di mobilitazione – attraverso l’allargamento continuo della comunità di innovatori della scuola, e la creazione di un legame stabile con l’ecosistema innovazione del Paese  – è il valore intrinseco che garantisce continuità, ma su cui allo stesso tempo non è più concesso non investire.

È la logica dell’innovazione, di dinamismo da costruire invece che di status da raggiungere, ad essere in moto. E il motore della scuola è acceso.

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