Con il rientro a scuola, si ripropone il tema dell’utilizzo degli smartphone durante le lezioni, insieme a quello, più complessivo, del loro utilizzo da parte di bambini e adolescenti. Una recente indagine di Studenti.it ha accertato che lo smartphone viene trattenuto all’entrata e restituito all’uscita solo nel 26% delle scuole, ciò nonostante un divieto esplicito in tal senso contenuto in diverse circolari del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Cellulare in classe, i divieti
L’ultima, datata 19.12.2022 (Indicazioni sull’utilizzo dei telefoni cellulari e analoghi dispositivi elettronici in classe), riprende quella n. 30 del 15 marzo 2007 nella quale si legge come “il divieto di utilizzo del cellulare durante le ore di lezione risponda ad una generale norma di correttezza che, peraltro, trova una sua codificazione formale nei doveri indicati nello Statuto delle studentesse e degli studenti(..); l’uso del cellulare e di altri dispositivi elettronici rappresenta un elemento di distrazione sia per chi lo usa che per i compagni, oltre che una grave mancanza di rispetto per il docente configurando, pertanto, un’infrazione disciplinare sanzionabile attraverso provvedimenti orientati non solo a prevenire e scoraggiare tali comportamenti ma anche, secondo una logica educativa propria dell’istituzione scolastica, a stimolare nello studente la consapevolezza del disvalore dei medesimi”. Perciò il divieto è formalmente vigente dal lontano 2007.
La nuova circolare riafferma la possibilità dell’utilizzo dei dispositivi in classe “quali strumenti compensativi di cui alla normativa vigente, nonché, in conformità al Regolamento d’istituto, con il consenso del docente, per finalità inclusive, didattiche e formative, anche nel quadro del Piano Nazionale Scuola Digitale e degli obiettivi della c.d. “cittadinanza digitale”.
Con la circolare del dicembre 2022 si raccomanda ai destinatari l’integrazione, ove necessario, “dei Regolamenti delle rispettive istituzioni scolastiche e dei Patti di corresponsabilità educativa, volti a contrastare utilizzi impropri o non consentiti dei dispositivi suindicati”. Inoltre, essa dà conto dell’indagine conoscitiva della 7ª Commissione Permanente del Senato “sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento”, della XVIII Legislatura, la cui relazione, approvata il 9 giugno 2021, contiene le seguenti, allarmanti, conclusioni: “Ci sono i danni fisici: miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscolo- scheletrici, diabete. E ci sono i danni psicologici: dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia. Ma a preoccupare di più è la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza: la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica… Sono gli effetti che l’uso, che nella maggior parte dei casi non può che degenerare in abuso, di smartphone e videogiochi produce sui più giovani”, proponendo di “scoraggiare l’uso di smartphone e videogiochi per minori di quattordici anni; rendere cogente il divieto di iscrizione ai social per i minori di tredici anni; prevedere l’obbligo dell’installazione di applicazioni per il controllo parentale e l’inibizione all’accesso a siti per adulti sui cellulari dei minori; favorire la riconoscibilità di chi frequenta il web; vietare l’accesso degli smartphone nelle classi; educare gli studenti ai rischi connessi all’abuso di dispositivi digitali e alla navigazione sul web; interpretare con equilibrio e spirito critico la tendenza epocale a sopravvalutare i benefici del digitale applicato all’insegnamento; incoraggiare, nelle scuole, la lettura su carta, la scrittura a mano e l’esercizio della memoria”.
Smartphone sviluppo psico-fisico
Il problema è dunque avvertito in tutta la sua gravità, e non solo per il nocumento che l’utilizzo degli smartphone può arrecare all’attività scolastica. Gli effetti negativi descritti si ripercuotono infatti sullo sviluppo psico-fisico della totalità dei soggetti in età adolescenziale e, in misura ancora maggiore, su quelli in età infantile. Manfred Spitzer, neuropsichiatra tedesco, direttore del Centro per le Neuroscienze e l’Apprendimento dell’Università di Ulm, da anni si occupa di sviluppo cerebrale e di rapporto di questo con l’utilizzo dei media digitali ed è stato uno dei protagonisti delle audizioni nella Commissione. Scrive Spitzer in “Emergenza smartphone” che i bambini hanno bisogno di contatti con i loro pari, con adulti comprensivi e affettuosi e con la natura, non di avere a che fare con l’information technology, né nel loro tempo libero né durante il tempo che passano a scuola.
È dimostrato che un uso acritico dell’information technology ne danneggia lo sviluppo fisico, emotivo, mentale e sociale. Le capacità critiche e riflessive devono essere sviluppate perché se ne possa fare uso, e negli anni della scuola dell’infanzia queste capacità sono ben lungi dall’essere pienamente formate. Il contatto precoce dei bambini piccoli con i media digitali non provoca lo sviluppo delle capacità critiche, ma semmai dipendenza, unitamente al rafforzamento di inclinazioni negative (come quella al soddisfacimento rapido dei bisogni). Se si vogliono prevenire i fenomeni di dipendenza nei bambini, la riduzione dell’utilizzo dei media digitali dev’essere allora il provvedimento più importante da prendere. Quanto alla promozione di un loro uso critico, si tratta di una strategia che ha senso solo a partite dall’adolescenza, la cui efficacia non è stata peraltro ancora dimostrata con dati empirici.
Smartphone a scuola alcune iniziative in Italia
A Piacenza una scuola ha adottato “Yondr”, un sistema che consiste semplicemente in una piccola sacca che l’insegnante sigilla ermeticamente, con dentro il telefonino, dall’inizio alla fine delle lezioni, quando il meccanismo anti taccheggio viene sbloccato.
A Milano, Stefano Boati e Anna Garavini sono gli ideatori e i fondatori, con altri genitori e insegnanti dell’IC Olmi e dell’IC Rinnovata Pizzigoni, di “Aspettando lo smartphone”, presentato sul sito come un percorso per lo sviluppo di una maggiore consapevolezza digitale rivolto a genitori e docenti della scuola primaria e secondaria di primo grado.
I punti principali del Patto tra genitori prevedono:
- non deve essere usato a tavola e a letto;
- va utilizzato rispettando le norme legislative o contrattuali sull’età d’accesso alle varie piattaforme e le regole concordate all’interno della famiglia d’appartenenza;
- va utilizzato in modalità trasparente fino a 14 anni.
“Aspettando lo smartphone” è entrata a far parte anche del progetto per il “Patto educativo digitale della città di Milano”, iniziativa promossa dal Comune di Milano e dall’Università di Milano-Bicocca. Gli altri partner, oltre al già citato “Aspettando lo smartphone”, l’Osservatorio per il contrasto al bullismo e cyberbullismo, l’Ufficio Scuole Aperte, l’Ufficio Scolastico Territoriale di Milano, il Garante dei diritti per l’infanzia e l’adolescenza, il CORECOM Lombardia e altri ancora.
Il patto di comunità per il benessere digitale viene descritto come “un patto di corresponsabilità per l’educazione digitale che parta dalle famiglie ma si apra alla cooperazione con altri soggetti coinvolti nell’educazione dei giovani”. Si lavora al patto, con lo scopo di allargarlo a scuola, istituzioni e chiunque si occupi dei temi legati al benessere e sicurezza digitale, perseguendo allo stesso tempo un altro obiettivo altrettanto importante: sensibilizzare e fare rete tra genitori.
L’iter per arrivare alla fase finale (c.d. diffusiva) di stesura e presentazione del Documento di raccomandazioni prevede 3 altre fasi: la prima (esplorativa), con focus group e interviste in 5 scuole; la seconda (partecipativa), con eventi pubblici e discussione su www.partecipami.it/pattoeducativodigitale ; la terza (consultativa), con questionario allargato a famiglie, bambini/e e insegnanti. Marco Gui, docente del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano-Bicocca e direttore del centro di ricerca “Benessere Digitale”, ha spiegato in questi termini il progetto: “Molto spesso i genitori si sentono impreparati, per mancanza di nozioni tecniche ma anche perché forti pressioni sociali e commerciali rendono difficile fare scelte adeguate, in un contesto in cui a volte tutto sembra inevitabile. Sono già molte le iniziative su questi temi, ma una riflessione veramente collettiva non è stata ancora fatta».
Un’iniziativa innovativa: il “patentino” digitale
In Friuli-Venezia Giulia, riguardo alla tematica del rapporto tra nuove tecnologie e bambini/adolescenti, si è scelto un approccio diverso. Nel gennaio di quest’anno è stato avviato un progetto sperimentale che coinvolge studenti, insegnanti e genitori.
Dopo un ciclo di lezioni (come funziona Internet; cosa permette ai dispositivi di collegarsi al mondo immediatamente; cosa si prova quando si entra in rete e in contatto col mondo; per quanto tempo è consigliabile stare sul web; diritti e responsabilità) per i discenti sono previsti esami e test per verificare l’avvenuta – o meno – acquisizione delle competenze necessarie.
Infine, per chi è “promosso”, la consegna del patentino per lo smartphone. 1.500 studenti delle scuole medie del Friuli-Venezia Giulia lo hanno già in tasca, e nel 2024 sarà la stessa cosa per tutti gli studenti di prima media della regione che seguiranno il percorso descritto. Una raccomandazione però è stata fatta dall’Associazione Media Educazione Comunità (Mec): consegnare il dispositivo intelligente solo in prima media. Il coordinatore dell’associazione Giacomo Trevisan rileva che lo smartphone entra prima nelle vite dei ragazzi, attraverso l’uso che ne fanno genitori o amici e che spesso concedono loro.
L’obiettivo è intervenire nel momento esatto in cui questo passaggio alla tecnologia avviene, secondo le ricerche, in maniera più massiccia, e cioè in prima media. Affermano i pedagogisti che non metteremmo mai un’automobile in mano a un undicenne, ma lo lasciamo incontrare il mondo nella sua stanza, senza filtri e senza controlli. «Ecco l’idea della patente, qualcosa di simbolico che rappresenti concretamente la necessità di una competenza certificata per il passaggio a cui tanto aspirano i ragazzi». Regalare uno smartphone non è una decisione da prendere a cuor leggero, come spesso accade. Per questa ragione, anche i genitori devono seguire un percorso di formazione: incontri di discussione e confronto in cui anche a loro viene spiegato che cosa significa, quel passaggio cruciale, e perché è così importante che ne siano protagonisti.
I ragazzi studiano invece lo smartphone nelle ore di Educazione civica, in base alle indicazioni ministeriali sulla cosiddetta Cittadinanza digitale. Gli insegnanti, infine, frequentano un corso formativo di 10 ore.
Il rapporto dell’UNESCO
Di recente l’UNESCO ha diffuso il “Rapporto di monitoraggio globale dell’istruzione”. (Global Education Monitoring Report 2023 Technology in education: a tool on whose terms?) Nell’introduzione, il direttore generale Audrey Azoulay evidenzia l’utilità degli strumenti per la didattica a distanza manifestatasi durante il periodo peggiore della pandemia; d’altro canto, ne mette in luce anche i limiti, che riassume in tre idee sbagliate divenute popolari. La prima consiste nella promessa di un apprendimento personalizzato, che porta però “a dimenticare la fondamentale dimensione sociale e umana che sta al cuore dell’educazione e che nessuno schermo potrà mai sostituire l’umanità di un insegnante”.
Come sottolineato nel rapporto “Futures of Education” dell’UNESCO del 2021, il rapporto tra insegnanti e tecnologia deve essere di complementarità, mai di sostituibilità. La seconda idea è che la tecnologia permetta un accesso più facile all’istruzione: questo vale solo per alcuni territori e per alcune fasce sociali, giacché i divari digitali contribuiscono ad aumentare le disuguaglianze educative. Durante la pandemia, quasi un terzo degli alunni non ha avuto un accesso effettivo all’apprendimento a distanza, il che non sorprende dal momento che solo il 40% delle scuole primarie in tutto il mondo dispone attualmente di accesso a Internet. La terza convinzione errata, un vero e proprio paradosso, è che, nonostante il desiderio di fare dell’istruzione un bene comune globale, il ruolo degli interessi commerciali e privati nell’istruzione continua a crescere, con tutte le ambiguità che ciò comporta: ad oggi, solo un paese su sette garantisce legalmente la riservatezza dei dati educativi. Il rapporto formula due raccomandazioni per evitare tali distorsioni: l’interesse degli alunni deve prevalere su qualsiasi altra considerazione, in particolare su quelle commerciali; la tecnologia va vista come un mezzo, mai come un fine.
Per rendere queste raccomandazioni realtà, l’UNESCO invita gli Stati membri a garantire lo sviluppo giusto, equo e sicuro delle tecnologie educative. Ciò significa stabilire quadri normativi adeguati e stabilire standard in termini di privacy, accesso ai dati, non discriminazione e tempo trascorso davanti allo schermo. Secondo il Rapporto, l’uso intensivo della tecnologia “ha un impatto negativo sul rendimento degli studenti e aumenta i disturbi”
L’uso di dispositivi da parte degli studenti oltre una soglia moderata può avere un impatto negativo sul rendimento scolastico. Esso interrompe l’attività di apprendimento in classe e a casa. Una meta-analisi di una ricerca sulla relazione tra l’uso del telefono cellulare da parte degli studenti e i risultati scolastici, che riguardava studenti dall’istruzione preprimaria a quella superiore in 14 paesi, ha rilevato un piccolo effetto negativo, che era maggiore a livello universitario. Il calo è legato principalmente all’aumento della distrazione e del tempo dedicato ad attività non accademiche durante le ore di apprendimento. Le notifiche in arrivo o la semplice vicinanza di un dispositivo mobile possono rappresentare una distrazione, con il risultato che gli studenti distolgono l’attenzione dal compito da svolgere. L’uso degli smartphone nelle classi porta gli studenti a impegnarsi in attività non legate alla scuola, che influiscono sul ricordo e sulla comprensione. Inoltre, possono essere necessari fino a 20 minuti agli studenti per concentrarsi nuovamente su ciò che stavano imparando dopo aver intrapreso un’attività non accademica. Effetti negativi derivano anche dall’uso dei personal computer per attività non accademiche durante le lezioni, come la navigazione in Internet, e nei loro coetanei che sono in vista dello schermo.
Anche gli studi che utilizzano dati provenienti da valutazioni internazionali su larga scala, come il PISA (Programme for International Student Assessment, programma dell’OCSE per la valutazione internazionale degli studenti), indicano un’associazione negativa tra l’uso eccessivo delle TIC e il rendimento degli studenti.
La vulnerabilità dell’istruzione di fronte all’eccesso di tecnologia
L’uso della tecnologia comporta periodi prolungati di tempo trascorsi a maneggiare dispositivi davanti a schermi. L’istruzione è particolarmente vulnerabile a detti eccessi, il che aggrava i rischi per la salute e il benessere generale; i governi stanno iniziando solo ora a considerare come rispondere a questi rischi. L’esposizione agli schermi influisce in misura notevolissima sul benessere dei bambini. La quantità di tempo che essi trascorrono davanti agli schermi è una preoccupazione crescente per genitori e operatori sanitari e dell’istruzione.
Negli Stati Uniti, il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie ha stimato in 6 ore il tempo trascorso davanti allo schermo per i bambini dagli 8 ai 10 anni, 9 ore per i ragazzi dagli 11 ai 14 anni (di cui 5 mentre guardavano la televisione) e 7,5 ore per i ragazzi di età compresa tra 15 e 18 anni. Un sondaggio sul tempo trascorso davanti allo schermo prima e dopo la pandemia condotto su 2.500 genitori con figli di età compresa tra i 3 e gli 8 anni in Australia, Cina, Italia, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti ha rilevato che l’esposizione dei bambini allo schermo è aumentata di 50 minuti al giorno. In 19 paesi europei, nel 2020 i ragazzi di età compresa tra 9 e 16 anni hanno trascorso in media online 2 ore e 47 minuti, da un minimo di 2 ore e 14 minuti in Svizzera a un massimo di 3 ore e 39 minuti in Norvegia.
Rispetto ai dati raccolti nel 2010, questo tempo è raddoppiato in paesi come Francia, Italia e Spagna. I ragazzi di età compresa tra 15 e 16 anni trascorrono quasi 2 ore e 30 minuti al giorno online, rispetto a quasi 2 ore per quelli di età compresa tra 9 e 11 anni e 3 ore e 12 minuti per quelli tra 12 e 14 anni. In Francia, nel 2022, i bambini sotto i 2 anni hanno trascorso 3 ore e 11 minuti al giorno davanti agli schermi. Studi più recenti relativi al tempo trascorso davanti allo schermo tendono a segnalare impatti negativi in vari ambiti.
Una revisione di 89 studi su questo argomento in vari paesi e regioni suggerisce che tutte le fasce d’età hanno registrato aumenti del tempo trascorso davanti allo schermo, ma i bambini della scuola primaria hanno avuto l’aumento giornaliero maggiore (di 1 ora e 23 minuti), seguiti dagli adulti (58 minuti), adolescenti (55 minuti) e bambini sotto i 5 anni (35 minuti). Gli aumenti hanno influenzato negativamente la dieta (ad esempio l’autoregolamentazione alimentare), il sonno, la salute mentale e la salute degli occhi.
L’ambiente digitale aumenta l’esposizione a rischi chiave
Un rapporto basato sui risultati di 12 revisioni sistematiche ha rilevato un’associazione tra più tempo trascorso davanti allo schermo e una dieta meno sana, un maggiore apporto energetico e indicatori più pronunciati di obesità. Più di 2 ore al giorno trascorse davanti allo schermo sono associate a sintomi più depressivi, risultati scolastici inferiori, perdita di sonno e forma fisica. L’analisi di un ampio campione di giovani di età compresa tra 2 e 17 anni negli Stati Uniti ha mostrato che un tempo maggiore davanti allo schermo era associato a un minore benessere: meno curiosità, autocontrollo e stabilità emotiva; maggiore ansia; sintomi depressivi.
Alcune di queste associazioni erano più ampie per gli adolescenti che per i bambini piccoli. Un uso più elevato dei media era associato a una corticale inferiore per spessore e profondità dei solchi. Queste due caratteristiche sono legate allo sviluppo del linguaggio, alle capacità di lettura e alle abilità sociali, come la complessa codifica della memoria, l’empatia e la comprensione dell’espressione facciale ed emotiva. Uno studio sperimentale su due gruppi di studenti della sesta elementare di una scuola della California ha svelato che coloro che erano andati in gita in un campo naturalistico e non erano autorizzati a utilizzare alcun tipo di dispositivo digitale avevano risultati sostanzialmente migliori nell’interpretare le emozioni umane rispetto a coloro che hanno continuato a trascorrere del tempo sui dispositivi digitali.
Quindi, anche se la tecnologia ha grandi potenzialità per migliorare i processi di insegnamento e apprendimento esistenti, le prove di successo sono limitate; questo è particolarmente vero per la ricerca su larga scala che sancisce come la tecnologia possa facilitare cambiamenti positivi in modo duraturo e in contesti diversi. Attribuire risultati di apprendimento specifici e conclusivi all’hardware o al software è impegnativo. L’impatto positivo dipende spesso da un forte allineamento pedagogico e dal contributo degli insegnanti. Le prove sull’uso e sull’efficacia della tecnologia mostrano che oltre a influenzare i risultati di apprendimento individuali, può sia facilitare che interrompere i processi di insegnamento e apprendimento. Dato l’enorme numero di prodotti e piattaforme tecnologici disponibili, i governi devono basare le loro decisioni su prove affidabili che considerino gli effetti a lungo termine degli interventi, considerando attentamente tutti gli elementi pedagogici coinvolti.
La progettazione e l’attuazione degli interventi legati alle tecnologie educative devono essere adattati ai contesti locali. Gli interventi tecnologici di successo si basano su elementi consolidati di lunga data quali una forte integrazione pedagogica da parte degli insegnanti, tempo didattico aggiuntivo e una solida facilitazione. L’impatto positivo dipende spesso da un forte allineamento pedagogico e dal contributo degli insegnanti
Per quanto concerne in modo specifico la sicurezza, l’ambiente digitale aumenta l’esposizione a rischi chiave: violazioni di carattere informatico e della privacy attraverso l’uso improprio dei dati; implicazioni sulla salute mentale e fisica per il tempo prolungato davanti allo schermo e il cyberbullismo; contenuti dannosi, con un potenziale impatto a lungo termine su comportamenti di dipendenza, violenza e sfruttamento sessuale. Consentire agli studenti di rimanere al sicuro, essere responsabili online e fare scelte intelligenti sono quindi importanti priorità politiche. I sistemi educativi devono rafforzare le misure preventive e rispondere a molte sfide, dalle password alle autorizzazioni, consentendo ai membri della comunità educativa di comprenderne le implicazioni. della loro presenza online e della loro impronta digitale.
Le norme in vigore in giro per il mondo sulla tecnologia nell’istruzione
Le politiche di molti paesi sulla tecnologia nell’istruzione stanno rispondendo con meccanismi di sensibilizzazione, segnalazione e interventi sul rischio digitale, solitamente a livello scolastico. Una revisione sistematica e una meta-analisi degli interventi in paesi selezionati, per lo più ad alto reddito, hanno stimato che un programma di media complessità ha una probabilità di ridurre il rischio di cyberbullismo del 73 %. L’accesso alla tecnologia digitale e a internet significa che i bambini possono accedere a contenuti dannosi, dunque si rendono necessarie e urgenti iniziative scolastiche e di altro tipo.
Il governo del Galles ha consigliato alle scuole come prepararsi e rispondere ai contenuti virali online dannosi e alle “bufale”. Le linee guida includono il dialogo con gli studenti su segnalazione e blocco dei contenuti, nonché raccomandazioni che mirano a ridurre al minimo il rischio per gli studenti di visualizzare contenuti offensivi. L’Australia ha integrato privacy e sicurezza nei programmi didattici dalla scuola materna al decimo anno in otto materie. La Nuova Zelanda ha imposto l’inclusione del pensiero critico nel programma per le classi dalla 1^ alla 13^ per aiutare gli studenti a capire che lavorare con i dati comporta la responsabilità di garantire sicurezza e privacy.
Vediamo le norme in vigore in giro per il mondo tese a limitare il tempo trascorso davanti agli schermi dei diversi dispositivi, che poi sono oramai soprattutto gli smartphone. A tal riguardo, le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sull’attività fisica, i comportamenti sedentari e il sonno raccomandano meno di un’ora di tempo trascorso davanti allo schermo per i bambini di età compresa tra 1 e 5 anni (OMS, 2019).
In Cina vige un limite del 30% del tempo complessivo di insegnamento trascorso con dispositivi digitali come strumenti didattici, e di 20 minuti al giorno dedicati ai compiti elettronici. Le linee guida suggeriscono inoltre che gli studenti dovrebbero riposare gli occhi per 10 minuti dopo 30-40 minuti di tempo trascorso davanti allo schermo a scopo didattico. Il governo ha imposto rigide limitazioni anche al gioco online: massimo tre ore settimanali. Nel Minnesota (USA) dal 2022 i bambini delle scuole materne non possono utilizzare gli schermi da soli senza il coinvolgimento degli insegnanti.
Esistono linee guida o limiti di tempo raccomandati per lo schermo, il più delle volte sotto la competenza delle autorità sanitarie, ma spetta ai genitori seguirli. In Australia, le apposite Linee guida raccomandano nessun tempo davanti allo schermo per i bambini di età inferiore a 2 anni; non più di un’ora al giorno per i bambini dai 2 ai 5 anni; non più di due ore per i ragazzi dai 5 ai 17 anni (esclusi i compiti scolastici). Ma solo dal 17% al 23% dei bambini in età prescolare e dal 15% dei bambini dai 5 ai 12 anni hanno soddisfatto queste linee guida. Alcuni paesi si affidano alle raccomandazioni, non rigide. In Canada, dove le linee guida evidenziano quattro principi: minimizzare, mitigare, uso consapevole e modellare un uso sano degli schermi; nel Regno Unito, dove il Royal College of Pediatrics and Child Health ha pubblicato linee guida per aiutare i genitori a gestire il tempo trascorso davanti allo schermo dai bambini attraverso il dialogo.
Diversi paesi stanno vietando i telefoni o altre tecnologie nelle scuole. Le preoccupazioni sulla privacy, la sicurezza e il benessere dei dati sono alla base anche dei dibattiti sull’uso di alcune tecnologie nelle scuole, soprattutto da parte degli studenti in giovane età. L’uso degli smartphone nelle scuole è controverso. Studi condotti in Belgio, Spagna e Regno Unito mostrano che vietare i telefoni cellulari nelle scuole migliora il rendimento scolastico, soprattutto per gli studenti con bassi risultati. A livello globale, quasi un paese su quattro ha introdotto tali divieti nelle leggi o nelle politiche. In particolare, il 13% dei paesi dispone di leggi e il 14% di politiche che vietano i telefoni cellulari.In Francia il 93% dei bambini dai 12 ai 17 anni possiede un cellulare (dati del 2016 e del 2017), e due terzi degli studenti delle scuole secondarie frequenta già i social network. Dal 2018, nel Paese d’Oltralpe è in vigore la legge che regolamenta l’uso di device tecnologici a scuola, vietato agli alunni e agli studenti dai 6 ai 15 anni, ovvero dell’école primaire e del collège (la nostra scuola primaria e secondaria di primo grado). D’altronde, la metà delle scuole francesi vietava già l’uso del cellulare con propri regolamenti, mentre il codice dell’Educazione del 2010 aveva introdotto il divieto di telefonare durante le lezioni. La legge, che ha ricevuto un forte sostegno da parte dei genitori e di molti insegnanti, consente l’uso dei dispositivi per fini educativi e pedagogici, stabiliti dagli insegnanti. Nel 2017 il Bangladesh ha imposto il divieto all’uso dei telefoni cellulari da parte di studenti e insegnanti delle scuole e delle università in classe. In Tagikistan l’uso di l’uso dei cellulari da parte degli studenti è vietato nelle scuole primarie, professionali e secondarie. In Uzbekistan la legge impone di spegnere tutti i dispositivi quando si entra nelle scuole.
Nel Nuovo Galles del Sud (Australia) vige una restrizione sui dispositivi mobili nelle scuole primarie pubbliche nel 2018, mentre i telefoni cellulari sono vietati a tutti gli studenti delle scuole pubbliche in Tasmania e Victoria. Divieti totali o parziali sono stati imposti in Lettonia, Messico, Portogallo, Spagna, Svizzera e Stati Uniti, nonché in Ontario (Canada) e Scozia. In Burkina Faso è vietato l’uso di telefoni cellulari e accessori nelle scuole secondarie, pena la confisca, con dispositivi restituiti alla fine dell’anno scolastico. In caso di recidiva lo studente sarà escluso temporaneamente o permanentemente.
Bandire la tecnologia dalle scuole può essere legittimo se l’integrazione tecnologica non migliora l’apprendimento o se peggiora il benessere degli studenti. Tuttavia, lavorare con la tecnologia nelle scuole, e i rischi che ne derivano, potrebbe richiedere qualcosa di più di un semplice divieto. In primo luogo, le politiche dovrebbero essere chiare su ciò che è e ciò che non è consentito nelle scuole. Gli studenti non possono essere puniti se non c’è chiarezza o trasparenza sui comportamenti richiesti. Le decisioni in queste aree necessitano di prove concrete. In secondo luogo, dovrebbe esserci chiarezza sul ruolo che queste nuove tecnologie svolgono nell’apprendimento e sul loro utilizzo responsabile da parte e all’interno delle scuole. In terzo luogo, gli studenti devono apprendere i rischi e le opportunità che derivano dalla tecnologia, sviluppare capacità critiche e capire come convivere con e senza tecnologia. Sebbene in determinate condizioni l’uso della tecnologia nell’istruzione possa aumentare le opportunità di apprendimento dei bambini, può anche mettere a rischio la loro integrità fisica e mentale, la privacy e la dignità. Le questioni relative alla proprietà intellettuale, alla privacy dei dati e alla sicurezza online sono sfide cruciali che i paesi devono affrontare.
Conclusioni
Come abbiamo visto, l’utilizzo degli smartphone nelle scuole e durante le lezioni, e, più in generale, fuori dal tempo scolastico, porta con sé grandi opportunità per l’apprendimento, per lo sviluppo della personalità dei bambini/adolescenti, per la vita sociale. Tuttavia, i rischi legati al loro uso eccessivo e non consapevole, sia per la capacità di imparare che per l’insorgere di patologie fisiche e psicologiche, appaiono troppo gravi per poter essere sottovalutati.
Lo affermano l’OMS, l’UNESCO, psichiatri e psicologi da ogni parte del globo terrestre, basandosi su studi ed esperimenti che non lasciano dubbi. Sta ai decisori ai vari livelli prendere atto della situazione e adottare misure adeguate, in grado cioè di limitare i pericoli senza rinunciare ai vantaggi della tecnologia.
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