Sembra una sorta di pendolo: in alcuni periodi si spendono somme straordinarie per dotare le scuole di strumenti tecnologici, aule immersive, collegamenti a schermi, molteplici e appesi alle pareti, connessioni un po’ traballanti… In altri momenti, invece tutto precipita in una sorta di damnatio della tecnologia, identificata come la rovina della scuola italiana.
Il dibattito ricorrente sulla tecnologia nella scuola
È una cosa che avviene da diversi anni a questa parte, una sorta di dibattito ricorrente, fra chi vorrebbe che le tecnologie fossero parte integrante della didattica e chi, invece, le vede come il nemico assoluto dell’intelligenza umana e soprattutto del modo attraverso il quale i ragazzi debbano imparare non si sa cosa di preciso.
A mio parere, sulla base dell’esperienza di tanti anni in un Liceo che ha sempre cercato di integrare questi strumenti nell’apprendimento disciplinare, bisognerebbe partire dal mondo attuale e dal ruolo della scuola nei confronti dell’inserimento delle giovani generazioni all’interno della società.
Il ruolo della scuola nell’inserimento dei ragazzi all’interno della società digitale
Provate a guardarvi attorno: lo smartphone, il cellulare come lo chiamiamo, utilizzando una terminologia antidiluviana, è parte integrante della nostra vita. Con il cellulare lavoriamo, studiamo, comunichiamo: difficile trovare un mestiere, una professione in cui il cellulare, lo smartphone, non sia strumento essenziale di quell’attività. Anche il corriere, che ci porta i pacchi a casa, utilizza usualmente il suo cellulare per mandare il messaggio all’azienda che il pacco è stato consegnato regolarmente, ma anche il postino usa lo stesso strumento e così l’idraulico, che prende le misure dentro casa, utilizza un cellulare.
Certo, ciascuno di noi può dire non lo voglio utilizzare, però in tantissimi mestieri e professioni il cellulare è strumento ordinario del lavoro, non è una scelta della modalità, è la normalità.
E tutto questo riguarda anche i servizi pubblici: c’è oggi un “digital divide”, reale, concretissimo, un nuovo analfabetismo, che riguarda una larga fascia della popolazione, soprattutto quella anziana, che non è in grado di esercitare la propria cittadinanza, proprio perché non è in grado di governare bene, in maniera consapevole, il proprio smartphone, strumento principale di connessione con gran parte dei servizi pubblici.
L’importanza di educare all’uso corretto del cellulare
Basterebbe soltanto pensare all’INPS o ai servizi postali, per capire quanto sia assolutamente importante sapere come funzionano questi strumenti, come debbano essere utilizzati e soprattutto come si possa e si debbano evitare le conseguenze negative che derivano dall’utilizzo di un qualunque strumento.
In questo caso, poi, lo strumento è polivalente, in grado di fare tante cose, di prolungare le opportunità di contatto, di indagine, di comunicazione: una tale molteplicità d’utilizzo pone, per ciascun ambito la necessità di comprendere, di conoscere per bene le conseguenze di un’azione piuttosto che un’altra diversa.
E la situazione riguarda anche le fasce d’età più piccole, che sono immerse all’interno di ambienti che pullulano di cellulari, di tablet, che vedono i loro genitori continuamente impegnati su schermi interattivi e che li imitano, come imiterebbero qualunque altro loro comportamento. Ci sono bambini che dialogano tranquillamente con gli assistenti vocali presenti dentro casa, che hanno confidenza con gli schermi che i genitori consegnano loro, senza stare troppo attenti agli effetti negativi che potrebbero avere, che parlano con i nonni lontani, utilizzando applicazioni di videoconferenza… e le descrizioni potrebbero continuare.
Integrazione della tecnologia nell’apprendimento: l’esperienza del Liceo di Ceccano
In un contesto simile la domanda che dobbiamo farci è: cosa deve fare la scuola? Demonizzare gli smartphone, sapendo benissimo che poi i ragazzi li useranno tranquillamente in famiglia e con i loro amici, o scegliere la strada, più difficile e rischiosa, quella dell’educazione all’utilizzo corretto di un cellulare, con tutte le sue potenzialità, molte delle quali consone alla vita della scuola?
Nella mia scuola, il Liceo Scientifico e Linguistico di Ceccano, dove sono stato animatore digitale fino al 2020, scegliemmo, fin dal 2014, la seconda possibilità, introducendo un vero e proprio regolamento per l’utilizzo degli smartphone nella didattica ordinaria, tanto che poi fummo chiamati a collaborare nella redazione del decalogo per l’uso dei dispositivi personali in classe, ricevemmo il premio nazionale per la didattica della scienza e presentammo la nostra esperienza in numerosi convegni nazionali nell’ambito del PNSD.
Le regole per l’utilizzo degli smartphone nella didattica ordinaria
Le regole, che introducemmo nella vita ordinaria della scuola, erano basate sul fatto che tutti gli allievi frequentanti, già nel 2014, possedevano un device in grado di connettersi ad internet e pensammo subito che questa potesse essere la chiave per l’innovazione didattica delle diverse discipline, come poi è regolarmente avvenuto.
La seconda idea strategica fu quella che proibire fosse la scelta peggiore. Bisognava invece insegnare ad utilizzare correttamente quegli strumenti, nella consapevolezza che la tecnologia fosse un sostegno indispensabile all’insegnamento e alla dinamica dell’apprendimento.
La presenza delle tecnologie digitali costituisce, da sempre, una sfida e un’opportunità per la didattica e per la cultura scolastica. Naturalmente, affiancammo alla decisione dell’utilizzo dei device personali un forte impegno di formazione nei confronti dei nostri insegnanti ma anche di quelli di tante altre scuole che vedevano nel Liceo di Ceccano un punto di riferimento per quanto riguarda l’inserimento delle tecnologie all’interno della didattica quotidiana.
Il valore dell’utilizzo ‘critico’ degli strumenti digitali in classe
Uno degli aspetti più interessanti di queste scelte fu quello di spingere gli studenti e gli insegnanti all’utilizzo “critico” degli strumenti, a conoscere dunque il modo in cui funzionavano le applicazioni, con le loro regole e soprattutto a percepirne i rischi. La regola principale stava in ogni caso nel fatto che era il docente a dover decidere sull’utilizzo dello smartphone in classe.
Non dunque il “diritto” all’utilizzo dello smartphone ma una vera e propria integrazione dello strumento all’interno della didattica quotidiana, allo stesso livello del gesso o delle penne o dei quaderni di diverse dimensioni.