l’analisi

Smartphone vietati a scuola fino ai 14 anni: i controsensi della decisione italiana



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Il Ministro Valditara ha annunciato una circolare che vieta l’uso degli smartphone a scuola fino alla secondaria di primo grado. Tuttavia, i dati sugli effetti delle tecnologie digitali sull’apprendimento sembrano contraddire questa misura, evidenziando i benefici di un uso didattico appropriato. Analizziamo il contesto e le implicazioni

Pubblicato il 5 ago 2024

Paolo Ferri

Professore Ordinario di Tecnologie della formazione, Università degli Studi Milano-Bicocca



scuola

Il recente annuncio del Ministro Valditara di vietare l’uso degli smartphone a scuola fino alla fine della scuola secondaria di primo grado ha sollevato numerosi interrogativi e perplessità.

La decisione, giustificata da preoccupazioni sugli effetti negativi degli smartphone sull’apprendimento e sullo sviluppo cognitivo, si scontra con le evidenze di studi internazionali. Questi studi, infatti, spesso sottolineano i benefici di un uso didattico appropriato delle tecnologie digitali. Esploriamo allora in dettaglio sia le motivazioni del ministro sia i risultati dei report internazionali citati, per comprendere se il divieto sia realmente fondato e quali siano le possibili implicazioni per il sistema educativo italiano

L’annuncio del mininstro Valditara

È dell’11 luglio l’annuncio del Ministro Valditara di aver firmato una circolare, che proibisce l’uso degli smartphone a scuola “anche per uso didattico” fino alla fine delle scuole secondarie di primo grado, cioè fino ai 14 anni. “Ho firmato – afferma il ministro – una circolare che vieta dal prossimo anno scolastico l’utilizzo del cellulare a qualsiasi scopo, anche didattico, perché io non credo che si faccia buona didattica con un cellulare fino alle scuole medie”.  

Via il cellulare da scuola fino alla secondaria di secondo grado: è una misura efficace?

L’affermazione suscita molte perplessità. Il ministro intende quindi che dopo le scuole secondarie di primo grado gli smartphone sia dunque un ottimo strumento didattico?  Io che sono “anti-proibizionista” sul tema dello smartphone a scuola non lo penso.  Ma il problema è più complesso e preoccupante e lo dimostra una analisi accurata del testo della circolare.

Il testo della circolare

Il testo che proibisce gli smartphone a scuola dal settembre dell’anno scolastico 2024/2025, recita infatti, nel modo seguente: “Importanti studi internazionali hanno rilevato la diretta correlazione fra l’uso del cellulare in classe, anche a scopo educativo e didattico, e il livello degli apprendimenti degli alunni”. Il ministro prosegue citando due autorevoli report internazionali il Global Education Monitoring  Report del 2023. Technology in education: A tool on Whose Terms?  e il Report PISA 2022 Results Learning during – and from – Disruption.  Secondo il ministro i due studi affermano con certezza che l’uso dello smartphone anche a fini didattici  “incide – si legge nella circolare – negativamente sul naturale sviluppo cognitivo determinando, tra l’altro, perdita di concentrazione e di memoria, diminuzione delle capacità dialettica, di spirito critico e di adattabilità” non bastasse, secondo Valditara, l’uso dello smartphone sarebbe anche  responsabile della crescita del fenomeno del ritiro sociale – Hikikomori – tra gli adolescenti.

Ma è davvero così? I due report europei riportano davvero dati tanto preoccupati relativamente all’uso delle tecnologie e al loro impatto sugli apprendimenti? Per comprendere quanto le citazioni di Valditara risultino errate e poco coerenti con i Report da lui stesso citati è necessario analizzare meglio i due lavori.

Il digitale fa bene alla matematica e alle scienze

Analizziamo, in primo luogo, il Report dell’UNESCO (UNESCO 2023). Che non si tratti un report ostile all’uso delle tecnologie in classe lo sì può subito constatare dal fatto che i ricercatori affermano: “Le revisioni sistematiche e complete degli ultimi due decenni sugli effetti dell’uso della tecnologia nell’apprendimento trovano generalmente effetti positivi medi e/o moderati sui risultati dell’apprendimento rispetto all’insegnamento tradizionale (Cheung e Slavin, 2013; Lewin et al., 2019; Topping et al., 2022 (UNESCO, p. 72))”. Inoltre, tre “meta-analisi” recenti, che hanno esaminato un totale di 272 studi a vari livelli educativi e in diversi paesi, hanno riscontrato un impatto positivo di media entità sugli apprendimenti (Chauhan, 2017; Hillmary et al., 2020; Kärchner et al., 2022. (UNESCO, 2023, p. 72-73). In particolare, lo studio di Hillmayr (Hillmary, et Al., 2020) afferma esattamente il contrario di quanto sostenuto da Valditara, nella sua circolare. Analizzando, infatti, un centinaio di articoli dedicati all’apprendimento “aumentato” dalla tecnologia in matematica e nelle scienze si evidenzia come tutti gli studi, più di 92, che hanno confrontato i risultati di apprendimento, in queste discipline delle studentesse e degli studenti con quelli di un gruppo di controllo che non ha utilizzato tecnologie digitali, rilevano un miglioramento complessivo nelle performance.

Più in dettaglio, si precisa che i risultati sono anche correlati al livello di preparazione e di familiarità degli insegnanti con la didattica digitale e viene fatto notare come l’utilizzo di metodologie e tool per la matematica e le scienza dinamici, come Intelligent Tutoring System, simulazioni digitali o di software specifici per come.- come Cabri o GeoGebra – è stato significativamente più vantaggioso, rispetto agli strumenti analogici ma anche rispetto ai test on-line e agli approfondimenti di natura ipermediale, che offrono solo un piccolo vantaggio. (Hillmary et al., pp. 17-22.)

Il digitale può far bene all’apprendimento: alcune condizioni

Probabilmente Valditara o i suoi consulenti si sono limitati a leggere la Prefazione del Report.  Nella Prefazione, infatti, gli esperti OCSE segnalano come sia necessario, quando si analizza il sempre più stretto rapporto tra le tecnologie e l’educazione, che vengano rispettate alcune cautele, condivise anche da noi.

  • In primo luogo, deve essere sempre molto chiaro ai policy maker, così come ai dirigenti e agli insegnati ma anche ai cittadini, che la tecnologia rappresenta un potente strumento nelle mani docenti e allievi ma non può essere mai considerata come un sostituto della scuola e tanto meno degli insegnati. Il marketing dell’innovazione tecnologica, soprattutto dei grandi gruppi privati, spesso, non si muove in questa direzione, quando enfatizza i brillanti risultati educativi dei suoi prodotti siano essi hardware o software.
  • In secondo luogo, l’accesso agli schermi ed alla connettività deve essere garantito a tutti, a prescindere dal censo e dall’etnia.  Ad esempioe durante il periodo della pandemia i dati UNESCO testimoniano come solo il 40% delle allieve e degli alunni, a livello globale, possedeva una connessione al Web. Per questo, tra l’altro, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza mette al centro la “digitalizzazione”. La prima missione del PNRR è dedicata proprio a questo e il digitale viene, giustamente, considerato un “abilitatore trasversale ad ampio spettro” di tutte le riforme sociali ed economiche inserite nel Piano (Ferri, 2022).
  • In terzo luogo, è necessario che l’educazione venga considerata un bene comune globale, un bene pubblico e garantito a tutti (Hesse. Ostrom, 2007). Per questo è necessario che il ruolo degli interessi commerciali e privati nell’istruzione, in continua e tumultuosa crescita, siano adeguatamente contenuti e normati, per evitare che le tecnologie, paradossalmente si trasformino – cosa non infrequente – in un moltiplicatore di disuguaglianze invece che uno strumento universalistico di accesso all’istruzione.

Sempre su questa linea l’UNESCO, “raccomanda”, in primo luogo, a tutti gli stati membri che l’interesse degli allievi e degli studenti, ma anche del personale della scuola e dei dirigenti, debba sistematicamente prevalere su qualsiasi altra considerazione, in particolare quelle commerciali o sugli interessi delle aziende private, soprattutto dei colossi dell’ICT.

In secondo luogo, “raccomanda” che la tecnologia debba essere vista come un mezzo per moltiplicare le occasioni di apprendimento e mai, kantianamente, come un fine.

Per rendere queste “raccomandazioni” una realtà l’UNESCO chiede, sempre nella Prefazione al documento, agli Stati membri di garantire lo sviluppo equo e sicuro delle tecnologie educative. Si tratta cioè di stabilire adeguati quadri normativi e fissare standard in termini di privacy, accesso ai dati, non discriminazione e tempo di utilizzo degli schermi che siano, appunto, sicuri e condivisi da tutti gli stakeholders. soprattutto, per i più piccoli. Inoltre, si suggerisce agli stati membri di lanciare grandi programmi pubblici e di cooperazione internazionale, per supportare l’accesso alla connettività e alle risorse educative aperte (OER, Open Educational Resource), oltre che per formare gli insegnanti su tema delle tecnologie didattiche. Non c’è traccia, però, della proibizione dell’uso dello smartphone a scuola (UNESCO, 2023, p. VIII),

Come il digitale può aiutare l’apprendimento

In tutti i paesi del mondo e quindi anche in Italia si sta cercando di investire di più e meglio nella formazione del personale delle scuola sulle tecnologie per l’apprendimento (come prevedere anche il DM 66 del 2023) e in tecnologie appropriate, non le più recenti o costose, ma quelle che possano effettivamente costituire supporto allo studio e alla riflessione. In questo modo, e cioè investendo in formazione, si riusciranno anche a minimizzare i rischi correlati all’utilizzo del digitale nell’educazione (sicurezza dei dati, privacy, accesso universalistico, lotta contro l’hate speech e il bullismo ecc.).

L’Unione europea è stata molto lungimirante, da questo punto di vista, dal momento che dal 2007 le “competenze digitali” fanno parte delle otto competenze chiave che tutti i cittadini e le cittadine europee debbono acquisire. Acquisire competenze digitali avanzate, infatti, è il miglio antidoto contro un uso povero o “inavvertito” del digitale[1]. Più recentemente il progetto Repower Eu, – in Italia noto come Piano di Ripresa e Resilienza – ha messo la digitalizzazione in testa alle priorità delle riforme da intraprendere, la missione uno del PNRR, è, appunto, denominata “Digitalizzazione” e prevede investimenti per ben 49 miliardi di euro nel potenziamento delle infrastrutture digitali e della connettività per tutti: cittadini, istituzioni, imprese[2].

Le posizioni caute espresse nel Report Unesco sono del tutto condivisibili, ma, ribadiamo, non vi è traccia di una raccomandazione o di una indicazione agli stati e ai policy makers di proibire l’uso dello smartphone a scuola soprattutto per uso didattico. Nelle 547 pagine del Report viene condotta, invece, un’attenta analisi dei benefici e delle criticità che l’uso delle tecnologie a scuola può comportare a nazionale e globale.

Delle criticità abbiamo detto più sopra, tra i benefici citiamo, tra gli altri i seguenti, che sono analizzati dettagliatamente nel documento:

  • Il digitale aumentata in modo significativo l’accesso alle risorse didattiche e di apprendimento formativo, grazie ad esempi all’accesso a corpora testuali open source come Project Gutenberg o Smashwords.
  • I dispositivi di apprendimento mobile possono integrare l’istruzione in alcuni contesti. Ad esempio, gli smartphone possono essere uno strumento appropriato per connettere i bambini e i giovani svantaggiati alle opportunità di apprendimento a distanza.
  • Le “tecnologie assistive” rimuovono molte barriere dell’apprendimento per gli studenti diversamente abili o socialmente svantaggiati.
  • La tecnologia supporta la continuità dell’apprendimento e la resilienza dei sistemi educativi in caso di emergenze, come nel caso della pandemia da COVID 19.
  • Le risorse educative aperte (open educational resources, OER) facilitano la creazione di contenuti in modo accessibile, efficiente e più inclusivo. Molte istituzioni accademiche stanno indirizzando i propri ricercatori e docenti a praticare questa forma di pubblicazione.
  • Gli strumenti collaborativi (come il Wiki) possono migliorare la diversità e la qualità della creazione dei contenuti. Lo dimostra il caso eclatante di Wikipedia, l’enciclopedia universale, gratuita, disponibile nella maggior parte delle lingue del pianeta.
  • La digitalizzazione semplifica i canali di distribuzione dei contenuti, soprattutto per i residenti in aree svantaggiate del mondo.
  • Le biblioteche digitali e i repository di contenuti educativi aiutano gli studenti a scoprire una enorme quantità di contenti educational.
  • Le piattaforme di gestione dell’apprendimento (LMS) sono una parte fondamentale dell’ambiente di apprendimento contemporaneo. Tutte le scuole dovrebbero adottarne una per generare un “terzo spazio” dell’apprendimento digitale, oltre all’aula in presenza e alla casa.
  • I Mooc (Massive On-line Open Courses) rimuovono la maggior parte delle barriere associate al tempo, alla posizione e ai costi nell’istruzione universitaria. Inoltre, i MOOC promettono di aumentare le opportunità di apprendimento formale, informale e lungo tutto l’arco della vita (Batini, 2014, Crui 2017).
  • Le simulazioni di scenari del mondo reale all’interno di giochi digitali o di simulazioni 2D. e 3D permettono ad allievi e studenti di interpretare ruoli professionali, di apprendere “attraverso il fare”, di praticare comportamenti prosociali e di sperimentarsi nei processi decisionali (UNESCO, pp. 77-78).
  • Le lavagne interattive possono coinvolgere gli studenti per supportare l’apprendimento. Permettono, infatti, di “aprire” l’aula al contributo di formatori e docenti esterni, ma anche all’interazione tra allievi e studenti di nazione differenti. Ad esempio, questo in Europa, già avviene nei progetti Etwinnig.

Potremmo proseguire a lungo citando sempre “alla lettera” il testo del documento dell’UNESCO. Documento che è stato impropriamente utilizzato da Valditara, come pezza d’appoggio, per sostenere la proibizione delle Smartphone nella scuola italiana, fino alla scuola superiore di primo grado.

Proprio lo smartphone che è citato, invece, nel Report UNESCO tra gli strumenti digitali che possono migliorare l’educazione soprattutto per i piccoli (K12) e nei contesti più svantaggiati e remoti.

Solo a pagina 82-83 del testo del Report riusciamo a comprendere dove il nostro Ministro, o i suoi consulenti, abbiano tratto spunto per la loro, antistorica oltre che sbagliata, battaglia contro gli smartphone.

Digitale e apprendimento: la ricerca del giusto mezzo

A pagina 82-83 del Report UNESCO troviamo, infatti, il paragrafo che, probabilmente, ha motivato il divieto di Valditara. Vi si legge, infatti, “L’uso di smartphone e computer può disturbare l’attività di apprendimento in aula e a casa. Una meta-analisi delle ricerche sulla relazione tra l’uso del telefono mobile da parte degli studenti e i risultati educativi, che copre studenti dall’istruzione pre-primaria all’istruzione superiore in 14 paesi, ha riscontrato un piccolo effetto negativo, che era maggiore a livello universitario.”. Un piccolo effetto negativo nelle classi di età superiore a 14 anni. Immediatamente dopo il report segnala lo stesso problema per altri dispositivi digitali. Il Report UNESCO, infatti, prosegue nel modo seguente: “Effetti negativi sono stati riportati anche negli studenti dall’uso di personal computer per attività non didattiche durante le lezioni, come la navigazione in Internet, e le chiacchiere con i compagni che sono vicini allo schermo (Hall et al., 2020)”.  Sulla base di questo testo se fossimo capziosi, proporremmo a Valditara di proibire anche i notebook in classe, Ma proviamo a comprendere il senso delle parole del Report.

È del tutto evidente che oltre agli effetti positivi le tecnologie digitali a scuola “presentano anche una serie di criticità e sfide. Quella che si segnala nel Report è, una constatazione banale, e di buon senso: un uso eccessivi degli scherni digitali, non è consigliato. È vero: gli studenti e le studentesse possono “distrarsi” sugli schermi se li hanno a disposizione in classe, ma questo non modifica il fatto che gli ambienti per l’apprendimento del XXI, debbano come è previsto anche dal PNRR, integrare strumenti come notebook, tablet e anche smartphone, ovviamente risignificati in senso didattico. Non stiamo, infatti, discutendo della fruizione passiva e passivizzante dello smartphone per accedere ai social network, ma dell’uso degli smartphone come strumenti di produzione di contenti (audio, video, immagini ecc.) oppure come strumenti di “inchiesta” e documentazione.  Sul tema del carattere “distraente” degli schermi il Report UNESCO si limita a segnalare questa criticità, come un problema da tenere in considerazione e da non sotto-valutare.

I dati del report PISA 2022

Riprendendo i dati del report PISA 2022[3]PISA 2022 – Results Learning During and From Disruption – anch’esso citato – anche in questo caso maldestramente da Valditara – i ricercatori dell’Unesco constatano:” studi che utilizzano dati di valutazioni internazionali su larga scala, come il PISA, indicano anche un’associazione negativa tra l’uso eccessivo delle TIC e le prestazioni degli studenti (Gorjón e Osés, 2022)”. Appunto! Un uso eccessivo non “nessun uso”.

Tecnologia e gli apprendimenti in matematica secondo il Report OCSE-PISA

Ma vediamo quali sono le considerazioni sviluppate direttamente nel Report OCSE-PISA sulla tecnologia e gli apprendimenti in matematica. “Ulteriori analisi – affermano i ricercatori OCSE – che esaminano il tipo di tecnologie digitali utilizzate dagli studenti a scuola mostrano che gli studenti che utilizzano più frequentemente gli smartphone a scuola hanno riferito di essere più propensi a distrarsi durante l’uso di dispositivi digitali nelle lezioni di matematica (Tabella II. B1.5.44). Affidarsi ai telefoni cellulari degli studenti a scuola aumenta il rischio che gli studenti usino i loro telefoni in classe per attività non educative o si distraggano con le notifiche. Al contrario, l’uso di software educativi a scuola ha un’associazione molto meno negativa con la concentrazione degli studenti (Tabella II. B1.5.42). Si suggerisce cioè che è l’”uso proprio” delle risorse digitali con intenti didattici che fa la differenza negli apprendimenti a scuola, anche se non elimina completamente le distrazioni.” (PISA, 2022, p. 186-187). Perché quindi Valditara vuole quindi proibire gli smartphone? Per chiarire ulteriormente la nostra argomentazione analizziamo un grafico interessante sempre presentato nel Report Pisa 2022. Riporta le performance degli studenti in matematica in relazione all’uso di strumento digitali.

Il grafico non è di semplicissima lettura, ma proviamo descrivere i fenomeni che rappresenta. Sull’asse delle ascisse è rappresentato l’uso di tecnologia a scuola a fini didattici (linea blu) e per lo svago (linea arancione) sull’asse delle ordinate vengo presentati i punteggi PISA in matematica. Come si evidenzia, in modo chiaro, osservando l’andamento della linea azzurra, le performance in matematica di chi non usa dispositivi digitali si attestano al di sotto dei 460 punti. Chi invece ne fa un uso medio o anche intenso un ora e e fino a 7 ore al giorno a scuola ha risultati superiori a 460 punti (quelli ottenuti da chi non ne fa uso) con una concentrazione dei punteggi più alti tra studenti e studentesse che usano la tecnologia, a scuola, tra una e cinque ore con punteggio vicino a 480 punti. I risultati calano sotto i 460 punti solo per un uso a scuola superiore alle 7 ore.

Diverso è il ragionamento sull’uso casalingo o per lo svago degli schermi digitali, qui chi usa le tecnologie sia per l’intrattenimento e il tempo libero sia per lo studio a scuola ottiene i punteggi migliori ma solo quanto il primo tipo di uso si limita a due ore, poi i punteggi scendono rapidamente.

Ora, i dati sono inconfutabili: la tecnologia, anche lo smartphone usato a scuola anche per cinque ore migliora gli apprendimenti, non li peggiora, con buona pace del Ministro.

Anzi come si evince dal grafico qui sotto le performance in matematica peggiorano a scuola se gli studenti non hanno i dispositivi con sé perché di sentono ansiosi e insicuri.

Non servono altre parole credo.

Conclusioni

Ministro Valditara, di che cosa stiamo parlando? Dai dati Ocse Pisa non pare affatto che si debbano proibire gli schermi digitali a scuola e soprattutto non vanno proibiti per l’uso didattico. Quello che forse sarebbe necessario fare è invitare le famiglie e gli insegnati a educare i giovani a non essere così attaccati allo smartphone per l’intrattenimento e lo svago, molto spesso si tratta di un uso povero e passivo degli schermi, come le infinite sessioni narcisistico-masochiste sul social del momento. Meditate policy maker mediate!

Bibliografia

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Chauhan, S. (2017). A meta-analysis of the impact of technology on learning effectiveness of elementary students.

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Ferri, P, (2021), Come cambierà la scuola col PNRR: le misure per colmare le lacune e allinearci all’Ue, Agenda Digitale, Maggio 2021, reperibile al sito https://www.agendadigitale.eu/scuola-digitale/come-cambiera-la-scuola-col-pnrr-le-misure-per-colmare-le-lacune-e-allinearci-allue/.

Gorjón, L. and Osés, A. (2022). The negative impact of information and communication technologies overuse on student performance: Evidence from OECD countries. Journal of Educational Computing Research, 61(4). https://doi.org/10.1177/07356331221133408

Hess, Ch, Ostrom, E., (editors), 2006, Understanding Knowledge as a Commons From Theory to Practice, MIT press Cambridge Mass tr. It. La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica, Milano, Bruno Mondadori, a cura di Paolo Ferri.

Hillmayr, D., Ziernwald, L., Reinhold, F., Hofer, S. I. and Reiss, K. M. (2020). The potential of digital tools to enhance

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Kärchner, H., Trautner, M., Willeke, S. and Schwinger, M. (2022). How handheld use is connected to learning-related factors and academic achievement: Meta-analysis and research synthesis. Computers & Education Open, 3, 100116.

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Lewin, C., Smith, A., Morris, S. and Craig, E. (2019). Using digital technology to improve learning: Guidance report. Education, Endowment Foundation. https://d2tic4wvo1iusb.cloudfront.net/production/eef-guidance-reports/digital/EEF.

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Sancassani, S., 2023. La ricerca del giusto mezzo. Strategie di equilibro tra aula e digitale, a cura di Susanna Sancassani. Milano-Torino: Pearson Italia.

Topping, K. J., Douglas, W., Robertson, D. and Ferguson, N. (2022). Effectiveness of online and blended learning from

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UNESCO, (2023), Technology in education: a tool on whose terms? Global education monitoring report 2023, https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000385723.


[1] Ecco in dettaglio: competenza alfabetica funzionale; competenza multilinguistica; competenza matematica e competenza di base in scienze e tecnologie; competenza digitale; competenza personale, sociale e capacità di imparare ad imparare; competenza sociale e civica in materia di cittadinanza; competenza imprenditoriale; competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali.

[2] La missione 1 si occupa di sostiene la digitalizzazione del paese, di modernizzare la pubblica amministrazione e creare nuove infrastrutture di comunicazione che permettano di sostenere le imprese ed il sistema sociale e produttiva. La missione 1 in particolare la Missione 1 ha il compito di creare infrastrutture a banda larga ed ultra-larga che possano sostenere la competitività delle filiere industriali, della pubblica amministrazione e più in generale di favorire l’accesso al Web e alle sue applicazioni per tutti i cittadini oltre che agevolare l’internazionalizzazione e la competitività del paese (PNRR, pp, 87-117).

[3] Il report OCDE PISA (Programme for International Student Assessment) 2022 è una valutazione triennale internazionale che misura le competenze degli studenti di 15 anni in lettura, matematica e scienze. PISA è organizzato dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) e coinvolge studenti di vari paesi membri e non membri dell’OCSE.

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