Una delle frasi che più risuonava intervistando gli insegnanti in questi ultimi mesi è: “facevo lezione, non tanto per i contenuti, ma per essere un riferimento”. Molti insegnanti infatti, hanno affrontato e stanno affrontando in questi mesi una sfida legata più agli aspetti “sociali” che a quelli “didattici”. Ma come si può essere un riferimento per gli studenti più fragili e continuare ad “erogare” didattica?
L’uso di una metodologia “flipped” che tiene conto della rete di apprendimento potrebbe portare a conciliare i due aspetti, come dimostrato da una sperimentazione avvenuta durante i primi mesi di lockdown a marzo-aprile 2020 nel contesto del progetto TEEN, con l’app StreetMath.
Connettivismo
Quando si parla di rete di apprendimento, ci si riferisce alla teoria del connettivismo (Siemens, 2006; Downes 2010), secondo la quale l’apprendimento è un processo che avviene all’interno di un ambiente non ben definito di elementi mutevoli che molto spesso non sono sotto il controllo dell’individuo (Siemens, 2006). Questa descrizione risulta essere ancora più evidente e attuale nel momento storico legato alla pandemia da COVID-19 e alle relative norme sanitarie per il suo contenimento. Senza alcun dubbio alcuni degli elementi di questo ambiente mutevole non sono sotto il controllo né delle istituzioni né tanto meno degli studenti e degli insegnanti.
Ma facciamo un passo indietro, per il connettivismo l’apprendimento è il processo di formazione di una rete che avviene connettendo nodi. I nodi di questa rete sono gli oggetti e i soggetti dell’apprendimento e i link che li connettono sono i canali attraverso i quali essi comunicano (Sancassani et al. 2019). Nella prospettiva connettivista i nodi e i link sono gli elementi dell’apprendimento, e ogni studente (uno dei nodi) acquisisce conoscenza e competenze quando sarà in grado costruire il proprio percorso in questa rete.
In questa nuova prospettiva, la domanda legittima riguarda il ruolo dell’insegnante: educare – condurre fuori – gli studenti dalla rete sempre più complessa, caotica e mutevole. Il ruolo rimane inalterato ma si complica.
Questo scenario, che per certi versi può sembrare nuovo, è del tutto in linea con la visione Vygotskiana dell’apprendimento socio-culturale. Infatti, se da una parte è vero che lo studente impara “costruendo” la propria rete, cioè è il soggetto di questa azione sull’ambiente, dall’altra è vero che la rete inter-agisce con lui e su di lui: i nodi sono mutevoli e alcuni sono soggetti che possono co-creare con lui nuova conoscenza.
A ogni modo rimane fermo il principio per cui è necessario che lo studente sia attivo sulla rete affinché possa esserci un atto di apprendimento. La diffusione della tecnologia, di internet e delle risorse digitali ha ampliato la rete rendendola ancora più ricca, complessa e caotica. Nonostante ciò, alcune metodologie didattiche hanno proprio l’obiettivo di promuovere un apprendimento attivo. Un esempio su tutte è la “Flipped Classroom” (o classe invertita/capovolta), fortemente promossa anche Italia. In breve, essa prevede di erogare i momenti “trasmissivi” fuori dalla classe, e di sfruttare i momenti in classe per stimolare i lavori di gruppo, la discussione e le attività laboratoriali.
Tuttavia, nell’emergenza scolastica dovuta alla chiusura delle scuole e al confinamento domiciliare alcuni di questi principi sono stati messi in secondo piano tornando – digital divide permettendo – a una didattica più frontale e meno formativa. I motivi di questa tendenza risiedono nella dimensione socio-pedagogica della scuola, cioè “essere un punto di riferimento sociale e culturale dove gli studenti possono sentirsi protetti e crescere confrontandosi tra pari e con noi”, per citare le parole di una insegnante. È chiaro, quindi, che la priorità degli insegnanti non era il “contenuto” ma la presenza, continuando a essere un riferimento.
Tuttavia, è possibile conciliare entrambe le dimensioni, come è stato fatto durante una sperimentazione a distanza del progetto TEEN.
Il progetto TEEN
Il progetto TEEN – Teenagers Experience Empowerment by Numbers), finanziato dal Politecnico di Milano attraverso il Polisocial Award 2017, ha affrontato sia il fenomeno dei giovani migranti (MSNA) verso l’Europa sia lo sviluppo di StreetMath, cioè un’app per l’apprendimento della matematica. Il progetto vuole promuovere l’apprendimento della matematica di base come un diritto fondante per migliorare il livello di autonomia dei ragazzi. L’idea è quindi che la matematica possa essere centrale per l’integrazione sociale e per gli studenti più svantaggiati come hanno mostrano Chronaki in Grecia e Boaler negli USA. Ma a differenza di queste esperienze, il progetto TEEN si propone di agire “out-of-class”, cioè fuori da scuola e senza la mediazione diretta di un insegnante di matematica. Questa scelta, dettata maggiormente da una esigenza fattuale, ha richiesto di progettare un’app accessibile, attrattiva e inclusiva.
StreetMath: una breve descrizione
StreetMath è la web app sviluppata all’interno del progetto TEEN, disponibile per tutti i dispositivi, è stata progettata per sviluppare conoscenze e competenze logico-matematiche attraverso brevi attività. Le attività proposte affrontano situazioni familiari per i giovani migranti in quanto connesse alla loro identità e alle loro esperienze. Queste situazioni, chiamati scenari realistici, sono le unità principali di questo progetto di didattico informale.
StreetMath contiene due tipi di unità: le “Sfide” nella home page dell’app e i richiami di matematica raggiungibili dal tasto “Matematica”.
Le unità sono composte da attività (domande a risposta chiusa o aperta) supportate da immagini che ne aiutano la comprensione del testo e forniscono informazioni utili alla risposta. Le sfide si basano sugli scenari realistici, per esempio, lo scenario “Autobus” si basa sull’esperienza di raggiungere un posto di lavoro per un colloquio di lavoro, così che il problema alla base è la pianificazione del viaggio con i mezzi pubblici. Mentre le unità di “Matematica” usano situazioni di vita quotidiana per ripassare i concetti base.
In accordo con la visione Paulo Freire (1968), ogni scenario, costruito in sinergia con gli stessi ragazzi delle comunità partner del progetto, permette agli studenti di riconoscere la matematica come accessibile ed utile, motivando lo studente ad affrontare il problema proposto.
Inoltre, StreetMath ha un sistema di feedback che supporta lo studente nella sua esperienza di apprendimento. Queste caratteristiche sono centrali per agevolare il processo di empowerment che fanno sentire lo studente un soggetto attivo all’interno dell’ambiente di apprendimento.
DaD con StreetMath
Durante l’ultima fase di sperimentazione di StreetMath è stato possibile collaborare all’interno di un progetto di formazione professionale, che si è scontrato con le difficoltà legate al lockdown Covid-19. Come per la scuola, si è scelto di proporre un percorso a distanza che potesse dare continuità al progetto di formazione dando sostegno sociale ai discenti (molti in situazioni di elevata fragilità) con il pretesto di fare matematica insieme. Per farlo abbiamo strutturato un percorso “virtual-flipped”: agli studenti (circa 10) veniva chiesto di fare alcune attività durante la settimana e di usare il gruppo whatsapp per domande/dubbi e per le comunicazioni, infine una volta a settimana gli studenti erano invitati a partecipare ad una call (1 ora) per approfondire e discutere insieme quello che avevano fatto. L’attività si è svolta non con poche difficoltà, ma grazie al lavoro degli educatori e dei ricercatori è stato possibile sia essere “vicini” agli studenti sia “erogare” contenuti matematici con questa modalità.
Didattica digitale integrata
Come questa esperienza può essere utile per il momento attuale che stiamo vivendo? L’insegnante si trova a combattere con il dualismo della sua professionalità: da un lato una forte pressione per la responsabilità “sociale”, anche se in certi ordini scolastici non sarebbe espressamente richiesto, dall’altra i doveri dei “contenuti” che – comprensibilmente – vengono tralasciati a discapito dei primi.
Ma possibile adempiere a entrambi i doveri sfruttando la rete di apprendimento a disposizione in ogni contesto usando una metodologia “virtual-flipped”. È sufficiente individuare, all’interno della già complessa e caotica rete, una risorsa educativa, come può esserlo StreetMath per la matematica di base, e uno canale di discussione, come lo è stato il gruppo whatsapp per TEEN, facendo attivare gli studenti e formando una rete in cui gli studenti possono supportarsi a vicenda, co-creare conoscenza e competenze grazie alla mediazione e supervisione dell’insegnante. Infatti, per usare le parole di Paolo Freire (1968): “Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo, gli uomini si educano insieme, con la mediazione del mondo”.