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Tecnologie in classe inutili se docenti e alunni sono demotivati: che fare

Gli studi dimostrano che la tecnologia migliora l’apprendimento solo se se viene in aiuto a strategie di insegnamento efficaci

Pubblicato il 06 Ott 2017

Francesco Avvisati

analista dell’istruzione

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Gli strumenti digitali, e Internet, sono ormai parte del mondo in cui i bambini crescono e apprendono. Ma i piani per incoraggiarne l’uso a fini educativi, sia a livello di singole scuole, sia di interi sistemi di istruzione nazionali, devono necessariamente distinguere tra usi produttivi, che presentano un interesse per l’apprendimento e la crescita, e possibili usi negativi degli stessi strumenti. Come possiamo usare le scienze dell’apprendimento per fare un uso intelligente della tecnologia, nelle classi di domani? Dobbiamo rivedere i programmi, per fare spazio a nuove competenze “tecnologiche”?

Gli studi che hanno valutato rigorosamente l’implementazione dei piani passati per dotare scuole di computer, lavagne interattive e connessioni Internet mostrano che tali piani spesso risultano in un maggiore uso delle nuove tecnologie, ma che gli effetti positivi sugli apprendimenti sono molto più rari (i riferimenti a due recenti rassegne della letteratura scientifica appaiono in fondo a quest’articolo). E i dati internazionali raccolti nell’ambito dell’indagine OCSE/PISA e le valutazioni sperimentali di programmi specifici concludono, in genere, che i rari effetti positivi sono limitati a competenze più direttamente legate all’uso dei computer, quali la capacità di navigare un ipertesto per trovare un’informazione; mentre la crescita di competenze più generali, quali capacità di lettura critica o la capacità di formulare un problema matematicamente, sono praticamente inesistenti.

Per comprendere questa (quasi) assenza di risultati, occorre ricordare ciò che forse è ovvio, ma che spesso viene dimenticato al momento di elaborare i piani digitali per le scuole: in ogni situazione – digitale o analogica, online o offline – le condizioni che permettono l’apprendimento sono le stesse. Il valore aggiunto delle tecnologie può quindi manifestarsi solo se tali strumenti sono usati per creare le condizioni necessarie all’apprendimento, e non dipende solo dalla loro presenza o dal loro uso effettivo.

La tecnologia migliora gli apprendimenti se viene in aiuto a strategie di insegnamento efficaci. 

Semplificando molto, si possono individuare tre elementi che caratterizzano gli usi di maggior successo educativo delle tecnologie: essi permettono di aumentare il tempo dedicato all’apprendimento e all’esercizio; permettono agli studenti di assumere il controllo sulla situazione di apprendimento (per esempio, adattando il ritmo di introduzione delle nuove nozioni alla situazione di ciascuno); e sostengono l’apprendimento collaborativo. In altre parole, la scienza di come impariamo è la stessa in un mondo infuso di tecnologia come in un mondo non-tecnologico. L’apprendimento continuerà a richiedere tempo, ed è accelerato quando risponde a un bisogno personale o quando avviene in una situazione sociale.

Alcune pratiche digitali messe in atto dagli insegnanti più innovativi, anche in Italia, corrispondono a questo breve identikit. Gli insegnanti che “invertono” la classe, per esempio, liberano il tempo-classe per l’esercizio, il lavoro di gruppo, e l’accompagnamento individuale, richiedendo agli studenti di guardare, o ascoltare, le lezioni magistrali a casa. Così facendo, aumentano il tempo di studio e personalizzano l’insegnamento. Nelle classi invertite, paradossalmente, c’è spesso molta poca tecnologia: gli strumenti digitali sono usati fuori dalla classe, e permettono di liberare il tempo scolastico per usarlo più utilmente. La tecnologia può anche aiutare a superare barriere spaziali – per esempio, per permettere a tutti gli studenti di sperimentare concetti scientifici in un laboratorio (virtuale) o per dare a tutti gli studenti accesso a esercitatori madrelingua, nello studio delle lingue straniere.

I dati OCSE/PISA tuttavia mostrano che l’uso dei computer nelle scuole è spesso ancora poco diffuso; e i paesi con i migliori risultati educativi non necessariamente sono tra i maggiori utilizzatori di tecnologie didattiche. Nel 2015, solo il 55% degli studenti quindicenni in Estonia, il 52% degli student in Korea e il 48% degli student in Giappone – tutti paesi dotati di eccellenti infrastrutture digitali, e che brillano nelle classifiche dell’istruzione – utilizzavano un computer a scuola. E in molti paesi, l’uso di computer è diminuito, invece di aumentare, tra il 2012 e il 2015..

L’introduzione di tecnologie non sempre coincide con un modo nuovo di fare lezione. 

D’altra parte i dati OCSE/PISA 2015 mostrano che gli usi più frequenti delle tecnologie nelle classi di oggi emulano (e a volte, sostituiscono), attività che si potrebbero benissimo svolgere in assenza di tecnologie. Le attività per le quali gli studenti quindicenni italiani fanno un uso regolare (almeno una volta a settimana) di strumenti digitali a scuola – comunicare in chat (47% degli studenti nel 2015- erano solo l’11% nel 2012) e navigare in Internet (46%) – corrispondono a bisogni che potrebbero essere soddisfatti anche senza tecnologia. Mentre nel 2015 solo il 20% degli studenti (16% nel 2012) ha dichiarato fare regolarmente simulazioni sui computer a scuola, un’attività che difficilmente può essere svolta senza computer.

I dati OCSE/PISA mostrano d’altra parte che l’uso degli strumenti digitali dipende anche dai programmi (quali sono le competenze valorizzate?) e dalla disposizione personale e dalle conoscenze didattiche degli insegnanti. Ad esempio, gli insegnanti di matematica usano maggiormente il computer quando sono chiamati a lavorare su problemi con dati reali, piuttosto che su problemi astratti. Mentre gli inseganti più inclini e preparati per le strategie didattiche che fanno dell’allievo il soggetto attivo dell’insegnamento – quali il lavoro di gruppo, l’apprendimento basato sui problemi, o i progetti educativi – tendono a usare i computer maggiormente, rispetto ad insegnanti che alternano lezioni frontali e interrogazioni o verifiche. Questi ultimi, quando usano il computer o la lavagna internattiva, continueranno, d’altra parte, a insegnare come hanno sempre fatto.

Per fare in modo che le tecnologie al servizio della didattica esercitino appieno il loro potenziale nelle classi del futuro, bisogna qundi tener conto delle motivazioni e delle capacità degli studenti, che non vanno sopravvalutate, ma anche dei paletti entro cui si muovono gli insegnanti, tra i programmi ufficiali e le loro preferenze e capacità. Occorre, forse, liberarci di alcuni “dogmi” e creare spazi per sperimentare didattiche e ambienti di apprendimento innovativi. Se la lavagna interattiva viene usata solo per proiettare una lezione frontale, e i computer (o gli smartphone) per cercare risposte a domande fattuali, non saremo di grande aiuto agli studenti. Anche la tecnologia più avanzata non potrà rimediare alla mancanza di motivazione di studenti e insegnanti; ma, posta nelle mani di insegnanti competenti, che la usano in risposta a un bisogno educativo, potrà amplificarne la capacità di far crescere i ragazzi.

Per approfondire:

Bulman, G., & Fairlie, R. (2016). Technology and Education. In E. A. Hanushek, S. Machin, & L. Woessmann (Eds.), Handbook of the Economics of Education (Volume 5) (pp. 239-280). Elsevier. http://dx.doi.org/10.1016/B978-0-444-63459-7.00005-1

Escueta, M., Quan, V., Nickow, A., & Oreopoulos, P. (2017). Education Technology: An Evidence-Based Review. In Working Paper Series. National Bureau of Economic Research, Cambridge, MA. http://dx.doi.org/10.3386/w23744

OECD. (2015). Students, Computers and Learning: Making the Connection. OECD Publishing, Paris. http://dx.doi.org/10.1787/9789264239555-en  (sintesi in italiano: http://www.istruzione.it/allegati/2016/MIUR_2015-Studenti-computer-e-apprendimento.pdf)

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