competenze digitali

Un “comunicatore scolastico” per ogni istituto: cosi le scuole fanno leva sulla media education

È sulla qualità della scuola e del sistema d’istruzione che un Paese costruisce il proprio futuro. Oggi, e per tanti motivi, a questa qualità contribuisce anche la comunicazione e la diffusione della media education. Vediamo perché è importante e le competenze che servono

Pubblicato il 24 Nov 2020

istruzione

Alla luce della crescente attenzione mediatica verso la Scuola e l’Istruzione, in gran parte legata all0emergenza covid e alla conseguente decisione di riprendere in molti casi la didattica a distanza alle superiori e alle ultime due classi delle medie, crediamo siano maturi i tempi per prevedere, in ogni Istituto, la figura del “Comunicatore scolastico” o “Referente per la comunicazione”, come già accade per gli Atenei o gli Uffici Scolastici Regionali. Una figura che non si occupi solo di gestione della comunicazione interna o esterna di un istituto, ma che sappia anche pianificare e progettare interventi educativi e formativi (rivolti a studenti, docenti e famiglie) sui temi della “media education”.

La scuola al centro delle news

Fateci caso: non esiste giorno dove questa o quella notizia legata al mondo dell’istruzione non figuri sulle prime pagine dei nostri quotidiani o non invada tv o media on-line.

La “S” di scuola è ormai stabilmente ai primi posti della classifica delle news di maggiore interesse per il pubblico. E la pandemia da Covid-19 ha amplificato l’attenzione verso questo argomento, con focus specifici sul tema della sicurezza e del rientro in aula, sul dibattito circa l’efficacia della didattica a distanza, sulle opportunità offerte dall’e-learning anche in ambito universitario, sui corsi e gli esami online, sull’uso delle tecnologie, sulla formazione, sulla maturità 2020, sui concorsi, sul precariato, e via dicendo.

Ma perché tanto interesse mediatico attorno al mondo dell’istruzione? Innanzitutto è una questione di numeri. La popolazione scolastica in Italia conta 8.300.000 studenti e circa un milione di lavoratori del settore (dirigenti, docenti e altro personale scolastico). Il mondo dell’istruzione, in effetti, tocca da vicino ogni singola famiglia. Parlare di istruzione, quindi, interessa tutti. È sulla qualità della scuola e del sistema d’istruzione, poi, che un Paese costruisce il proprio futuro. Ma se da un lato c’è sempre più attenzione da parte dei media e dell’opinione pubblica verso tutti gli aspetti che riguardano questo settore, dall’altro lato lo stesso mondo dell’istruzione sembra trovarsi impreparato ad affrontare e gestire tutto questo interesse nei suoi confronti. Come regolarsi davanti a un flusso di notizie che invade ogni giorno stampa, tv, web e social?

Perché la scuola deve imparare a comunicare

La risposta (anche per chi lavora nel mondo dell’istruzione) può essere quella di imparare a comunicare in maniera efficace e di diffondere e strutturare la cultura della media education nelle nostre scuole. Gli studenti, ma anche docenti ed educatori, devono poter acquisire le giuste competenze per comprendere i nuovi scenari della comunicazione digitale, saper districarsi nel vasto universo dei social, saper individuare una notizia vera da una “fake news”, pubblicare testo, foto e video senza cadere nella violazione della privacy o del diritto di autore, contribuire a contrastare fenomeni come il cyber bullismo o l’uso del linguaggio d’odio (hate speech) diffondendo, al contrario, una “comunicazione gentile”.

Le scuole, dal canto loro, devono possedere la giusta organizzazione, le tecniche e le competenze per confrontarsi in maniera efficace con gli studenti, i docenti, le famiglie e i vari stakeholder, attraverso l’aiuto di professionisti che siano in grado di raccontare quello che accade ogni giorno sia all’interno che all’esterno delle aule, degli istituti, degli atenei, degli uffici centrali e territoriali del Miur. D’altronde, se oggi si considera la scuola come “Scuola di Comunità” e punto di riferimento per la crescita educativa e formativa di ogni singolo territorio, non si può pensare all’assunzione di un ruolo così importante senza possedere capacità di leadership e di comunicazione interna ed esterna che siano professionali e, dunque, efficaci.

Le competenze che servono

Ma la domanda che dovremmo porci è: in che modo le scuole possono acquisire questo tipo di competenze? Il contratto della scuola (CCNL 2016-2018 firmato il 19 aprile 2018) ha cercato di dare qualche risposta prevedendo, all’art. 59 l’istituzione di “nuovi profili per le attività di comunicazione e informazione”.

L’obiettivo è quello di migliorare le attività di informazione e di comunicazione svolte dalle pubbliche amministrazioni. In che modo?

  • Gestendo e coordinando i processi di comunicazione e informazione esterna e interna;
  • le procedure interne per la comunicazione istituzionale; la gestione dei siti internet;
  • la promozione e cura dei collegamenti con gli organi di informazione;
  • la gestione degli eventi.

Nel testo si spiega che la nuova “area professionale” potrà essere oggetto di ulteriore approfondimento nell’ambito dei lavori della “Commissione paritetica sui sistemi di classificazione professionale” (art. 44 CCNL 2016-2018). Ci sarà da lavorare, dunque, ma la strada verso la strutturazione di queste nuove figure professionali in ambito scolastico è aperta.

La figura del “Comunicatore scolastico

Una figura che può essere interna (docenti individuati e dotati di apposite competenze tecniche: giornalisti, comunicatori, ecc.) o esterna, attraverso la costituzione di accordi o protocolli tra scuola e associazioni professionali (Ordine dei Giornalisti, Assostampa, Associazioni di settore, ecc.). Se vogliamo tracciare un parallelo tra il settore dell’innovazione-digitale e quello della comunicazione, la nuova figura del “Referente della comunicazione” potrebbe realizzare in termini di “Educazione ai media” ciò che il docente “Animatore digitale” sta portando avanti sul tema del digitale nelle scuole.

La “media education”, tra l’altro, è contemplata nell’azione 14 del PNSD (Piano Nazionale Scuola Digitale). Inoltre, si collega anche allo studio dell’Educazione civica (e quindi all’Educazione alla cittadinanza digitale). La nuova legge, approvata l’estate 2019 dal Parlamento, prevede proprio l’istituzione dell’insegnamento trasversale dell’Educazione civica nel primo e nel secondo ciclo di istruzione. Sono state previste 33 ore annue e il voto in pagella a partire dall’anno scolastico 2020-2021. Parlando di comunicazione digitale nelle scuole, dunque, non si può prescindere dallo strutturare percorsi di “educazione ai media” in termini educativi e formativi che non siano professionali ed eticamente efficaci.

Le azioni da portare avanti nelle scuole dovrebbero riguardare, quindi, una serie di passaggi fondamentali:

  • Organizzare attività formative per studenti, docenti e famiglie con l’ausilio di professionisti della comunicazione digitale;
  • Contribuire a creare una cultura della comunicazione eticamente efficace;
  • Creare consapevolezza circa l’uso corretto del web e dei social media;
  • Contrastare il linguaggio d’odio e guidare verso la pratica della comunicazione gentile.

Ma alle scuole serve un Comunicatore anche per ragionare in termini di “brand”. L’autonomia scolastica, infatti, rende i nostri istituti flessibili e dinamici: in termini di offerta formativa, ma anche in riferimento all’organizzazione e alla gestione dei processi.

Le scuole possono creare partnership, accordi di cooperazione e di rete, fare progettazione nazionale ed europea. Oggi non è più un azzardo parlare di “brand scolastico” e anche di un piano di marketing collegato alla crescita e allo sviluppo dei singoli istituti. In questo percorso, una corretta strategia di comunicazione può giocare un ruolo decisivo.

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