appunti di didattica

Una scuola sospesa e una rete che unisce: cosa rimane, cosa fare, come continuare

In questo periodo di vita sospesa, di nuovi obblighi, di una scuola che non c’è e una scuola che si sta re-inventando anche attraverso il digitale, quale valenza ha una scuola a casa e distante? La rete, certo, unisce, a patto che non unisca per recuperare solo compiti

Pubblicato il 31 Mar 2020

Giancarlo Gola

Docente di tecnologie della conoscenza presso l’Università degli Studi di Bologna e Metodologia della Ricerca Educativa presso la Libera Università degli Studi di Bolzano, Department of Education and Learning University of Applied Sciences and Arts of Southern Switzerland (SUPSI)

scuola

In questa fase di emergenza legata al coronavirus, c’è stata un’accelerazione anche a livello internazionale nell’implementazione dei sistemi connettivi digitali a supporto dell’educazione, dai livelli scolastici ai livelli accademici. Ci si è trovati travolti da eventi inaspettati, costretti a modificazioni di abitudini e interazioni sociali.

Il sistema universitario era già preparato al digitale, rispetto ad altri contesti educativi come la scuola, era ed è in vantaggio (dai primi esperimenti di l’e-learning degli anni ’90 al distance learning di oggi e all’AI di domani). Era preparato almeno in parte, a trasferire il sapere anche in aule virtuali, ad utilizzare strumenti di didattica digitale.

Ci preoccupa, però, la scuola come comunità di insegnanti e alunni, di bambini e adolescenti.

Gli stati d’animo legati all’apprendimento a distanza

A livello nazionale ed internazionale, ricercatori, docenti, tecnici da anni lavorano per trasferire in digitale la conoscenza, numerose e diversificate sono le ricerche su benefici ed efficacia delle tecnologie per l’apprendimento e l’insegnamento, così come numerose sono le piattaforme tecnologiche, i player digitali, sparsi nel mondo e in piena evoluzione che modificano i setting didattici, oltre l’aula, oltre uno spazio definito, con contenuti e strumenti sempre più evoluti e con possibilità di misurarsi con un apprendere ed insegnare fuori dall’ordinario.

I miei studenti universitari appartengono alla generazione dei “nativi digitali”, coloro che possiamo considerare quasi esperti a muoversi nelle tecnologie, molto meno ad utilizzarle per gli scopi per cui sono nate e si diffondono. Già da tempo attrezzati all’ausilio del digitale, ad una continua interazione sociale mediata dal digitale sia per motivi personali che di studio, questi studenti, tuttavia, si sono ritrovati catapultati dall’aula collegiale e a volte mista ad una aula isolata, costretti in una stanza, mediata unicamente da uno schermo, soprattutto si sono ritrovati soli.

Un breve e recente sondaggio realizzato con alcuni miei studenti di una grande università italiana, che non ha certo pretese di valore scientifico, di statistiche o rappresentatività sociale, consente qualche riflessione. Non era importante raccogliere un giudizio sulla lezione o sulla tecnologia, o dati di tipo quali-quantitativo per successivi monitoraggi di efficacia e qualità della didattica universitaria, in questa fase era essenziale afferrare gli stati d’animo di persone costrette ad un isolamento forzato, ad una situazione emergenziale, a possibili e futuri scenari sociali completamente disattesi, come il social distancing, che ancora non ci immaginiamo cosa provocherà.

A lezione: distanti e insieme

Si riportano alcuni estratti:

La lezione di oggi è stata molto bella…nonostante la distanza siamo riusciti a collaborare bene e anche la partecipazione è stata attiva.

In un momento come quello attuale poter lavorare insieme anche a distanza è una meravigliosa opportunità che compensa l’aspetto negativo di maggiore difficoltà a concentrarsi.

È stata una bella esperienza. Ho apprezzato la volontà di tutti, prof e studenti, di voler ritrovarsi in un luogo non fisico per proseguire l’attività intrapresa. È anche un modo per non interrompere bruscamente la propria quotidianità nonostante la situazione attuale.

Vedersi e lavorare a distanza è stata un’esperienza nuova per me. Ci sono tempi di conversazione, di ascolto, di intervento differenti a cui abituarsi ed adattarsi, sono molto incuriosita da questi strumenti tecnologici, sia per lavorare/seguire le lezioni, sia per riuscire a vedere e parlare con altre persone in questo momento complesso.

Lo svolgimento della lezione non è stato molto diverso dal solito lavoro in aula, se non per qualche piccolo problema legato alla bassa qualità della mia rete. È stato bello poter interagire con i miei colleghi nonostante la distanza. Il meccanismo delle lezioni online si sta rivelando, a mio avviso, molto efficace e contribuisce a rendere un po’ più “normale” questo periodo surreale.

Sentirsi a distanza indubbiamente ha creato qualche ostacolo, ma si tratta di ostacoli, a mio parere, non difficilmente superabili: capire come utilizzare il programma con cui ci si collega, alternarsi per parlare e commentare a turno… Come tutte le cose nuove richiede un tempo per abituarcisi, ma è anche un modo alternativo per rimanere in contatto, soprattutto in un momento come questo dove ci troviamo isolati.

Personalmente, mi trovo molto bene con la piattaforma perché dà la possibilità di portare avanti tutti i corsi anche in questo periodo molto particolare uno strumento molto efficace, che permette di interagire e confrontarsi, facendoci sentire più vicini e a nostro agio.

Nonostante fossi un po’ scettica su questa modalità di lavoro penso che sia andato molto bene: io e il mio gruppo siamo riuscite a collaborare, a confrontaci e a discutere “a distanza”, con ottimi risultati indipendentemente dai problemi tecnici dovuti in alcuni momenti alla scarsa connessione.

L’idea di svolgere l’attività on-line è stata molto interessante. All’inizio ho trovato difficile comprendere il funzionamento dell’applicazione però una volta compresi i meccanismi è stato bello e divertente ritrovarmi con le mie compagne di corso a discutere dell’attività. Ho apprezzato l’impegno di tutti nello svolgimento del corso in perfetta tranquillità.

È stato molto utile e molto produttivo per il nostro gruppo. Personalmente faccio fatica a relazionarmi in questa situazione perché non mi sento molto a mio agio. Però devo dire che abbiamo collaborato molto e le idee non sono mancate. Penso sia la soluzione migliore, anche per mantenere il rapporto di gruppo.

Mi sono trovata bene, ma non è risultato ovviamente facile per certi aspetti e mi sono anche sentita a disagio a non partecipare a pieno stando a stretto contatto con i colleghi.

Inizialmente mette un po’ in soggezione dialogare con uno schermo, ma dopo qualche minuto mi sono abituata e penso sia la soluzione migliore in sostituzione agli incontri in presenza, in quanto è la modalità che più si avvicina all’esperienza dal vivo.

È stato molto utile ed efficace per un lavoro di gruppo, perché ci ha permesso di confrontarci faccia a faccia sulle questioni; ci ha dato la possibilità di poter intervenire e spiegarci meglio tra di noi, per comprendere le idee di ognuno.

Inizialmente imbarazzata, ma in seguito mi ha molto entusiasmato vedere e sentire le mie compagne di gruppo.

La scuola nella nuvola

È una scuola “sospesa” nella nuvola.

Le brevi considerazioni estrapolate dall’aula virtuale le possiamo ricavare da chiunque in questo tempo, studenti e lavoratori, che si stanno avvicinando sempre più a studio e lavoro a distanza, costretti loro malgrado, a far perno sulla tecnologia. Immaginiamo che gli stati d’animo assomiglino agli studenti universitari di cui sopra, disorientamento, curiosità, scetticismo.

E la scuola? E le/i bambine/i, le/gli alunne/i più giovani?

Ci preoccupa la scuola. Non come istituzione che sta reagendo in forma encomiabile a tutti i livelli, nemmeno per le lezioni perse, per competenze non acquisite, per un calendario scolastico difficile da pianificare e riorganizzare. No. La scuola già da tempo sta facendo i conti con il digitale e scoprendo, forse un po’ a macchia di leopardo, nuove scenografie didattiche.

Ci preoccupa la scuola come comunità di insegnanti e alunni, di bambini e adolescenti.

Anche la scuola si trova a fare i conti con un evento inatteso, costretta a trovare con urgenza risposte per sé come sistema, per i protagonisti che vivono a scuola e per le famiglie. La minoranza pensa che allestire alcuni contenuti on-line e qualche compito a distanza sia sufficiente, altri la maggioranza, insegnanti spesso non tecnologici si stanno attrezzando, si informano, stanno imparando velocemente, interagiscono insieme in una logica di mutuo-aiuto, si interfacciano con le diverse agenzie ministeriali, scolastiche, private, a volte assorbendo dai propri giovani figli proprio quelle abilità digitali che fino a qualche giorno fa quasi reprimevano, ricercando nuove possibilità per colmare un tempo sospeso.

Homeschooling, distance education, distance learning

In questo periodo di vita sospesa, di nuovi obblighi, di una scuola che non c’è e una scuola che si sta re-inventando anche attraverso il digitale, quale valenza ha una scuola a casa e distante?

Le evidenze scientifiche nell’ambito educativo riferiscono che modelli di insegnamento basati sull’homeschooling, non sembrano avere effetti di rilievo e benefici sull’apprendimento, anzi il valore di efficacia ha un indice ES attorno a 0.16. Sul lato del lavoro a casa assegnato agli studenti homework, le ricerche indicano qualche superiore livello di efficacia, ma siamo comunque intorno ad un indice ES pari a 0.29.

Gli esiti sulle ricerche relative al distance learning sono controversi, da un lato numerose ricerche avvalorano l’efficacia dell’apprendimento mediato e a distanza, dall’altra il valore della distance education è tra i più bassi con un indice ES pari a 0.13 in termini di effetto potenziale sull’apprendimento (dati secondo la prospettiva evidence based education, cfr. Hattie 2009). Con tutte le cautele del caso a leggere e assumere questi valori senza le dovute analisi, potrebbe preoccupare ora che scuola e università sono costrette ad una didattica digitale a distanza.

Conclusioni

Cosa ci rimane, cosa possiamo fare, come continuare. Daniela Lucangeli in una recente intervista realizzata il 18 marzo 2020, ci ricorda che sta accadendo una rivoluzione culturale dei contesti educativi: sono le Università e le Scuole che entrano nelle case, dagli alunni, maestre e professori rompono un silenzio e intervengono con un “sono con te oggi”. In questo la tecnologia digitale assume la sua valenza principe, uno strumento di mediazione dell’io-io, un passaggio ove la stessa è di aiuto e non di sostituzione, in cui il rapporto da recuperare, proprio in questo tempo sospeso, è nella relazione studente-insegnante, studente-studente.

La riscoperta che le tecnologie digitali possono essere davvero utili e preziose (si vedano diversi e numerosi contributi, come i recenti di Midoro, Boccia Artieri, Vitali, Di Donato). Lo sono per comunicare, per tentare un avvicinamento, per ritornare ad una speciale normalità che ci appare frastornata. Lo sono per ritrovare una umanità impaurita, ove le parole e le immagini mediate dal digitale, sono un nuovo linguaggio sociale in mancanza dei corpi, un linguaggio che a differenza di prima, acquista un nuovo valore, una nuova dimensione. L’umanità interagente di questo tempo sospeso lo è anche attraverso il digitale. La necessità di parole e immagini, di sguardi e di volti e non tanto di compiti assegnati e di strumenti tecnologici da utilizzare, sono e forse dovrebbero essere l’incipit per un nuovo umanesimo digitale degli ambienti educativi (v. anche Bogliolo), in primis la scuola. Gli alunni hanno necessità di parlarsi, di vedersi, di ascoltare, di abbracciare anche solo virtualmente i propri compagni, poi verranno attività e consegne, strumenti, piattaforme, app etc.

In un tempo di chiusure, di isolamento, di distanze, di confini, il digitale è una rete che unisce, a patto che non unisca per recuperare solo compiti.

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Bibliografia

Hattie, J. (2009). Visible Learning: a synthesis of over 800 meta-analysis relating to achievement. London- New York, NY: Routledge.

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