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Università: didattica aperta e open data ai tempi del Coronavirus

I progressi legati alla diffusione di open data relativi alla didattica a oggi sono molto inferiori rispetto alle potenzialità. Questi dati, insieme alle nuove metodologie di elearning adottate a causa del Coronavirus, possono costituire realmente la base di partenza per un cambiamento informato della didattica. Ecco come

Pubblicato il 08 Apr 2020

Rossella Ceglie

Data Manager Università degli Studi di Bari Aldo Moro, Staff Data Engineering

big data and education

Le Università italiane, sospendendo ogni forma di attività in presenza già da diversi giorni prima del DPCM del 4 marzo 2020, sono state fra le prime istituzioni del nostro paese interessate dalle misure di contenimento del contagio del coronavirus.

Sebbene la mission primaria delle università sia l’insegnamento, l’organizzazione dell’intera offerta formativa in modalità di didattica a distanza non è stata semplice. Le ragioni non sono soltanto di carattere organizzativo o tecnico: spesso nelle difficoltà maggiori rientra la naturale resistenza a cambiare il modo di insegnare e, in misura certamente variabile, il timore di incontrollata esposizione dell’attività didattica, che si trasforma da fruibile esclusivamente dagli studenti frequentanti a vero e proprio aperto palcoscenico dell’operato del docente.

Didattica e open data, la spinta dettata dall’emergenza

Non si può, tuttavia, non riconoscere che la spinta emergenziale del DPCM abbia, in poche settimane, ottenuto una sorprendente mobilitazione di massa, grazie alla quale praticamente la totalità dei corsi universitari può essere adesso frequentata completamente online, con esami di profitto e sedute di laurea digitali. Tutto in forma aperta.

Per gli operatori del settore, questo successo porta ad auspicare che l’apertura verso strumenti innovativi, e il riconoscimento che gli sforzi della loro comprensione siano ripagati da benefici ben maggiori e duraturi, preannunci uno sfruttamento intelligente di molte informazioni e dati legati in maniera specifica alla didattica. I progressi riscontrabili dalla diffusione di open data relativi alla didattica ad oggi sono, difatti, molto inferiori rispetto alle potenzialità.

Nella maggior parte dei casi i dati aperti pubblicati sui portali di ateneo riguardano perlopiù informazioni statistiche istituzionali: il numero di iscritti e immatricolati, i corsi, i dipartimenti, i numeri sul personale.

Pochi i dati aperti specifici sulla didattica: i portali open data universitari, ad oggi, non rispondono alle domande più significative degli utenti tipici del sistema universitario, studenti e potenziali studenti: come posso confrontare i risultati di esami dei medesimi corsi tenuti in atenei diversi? Quanto tempo impiega in media uno studente per completare un percorso formativo nei diversi atenei?  Quanto tempo occorre in media per sostenere con successo un esame? Quali sono le attività didattiche con problematiche comuni tra gli atenei? Quali sono le differenze in termini di successo degli studenti fra gli atenei italiani e quelli stranieri? Quali sono le caratteristiche degli studenti a rischio abbandono? Perché iscriversi in un ateneo piuttosto che in un altro?

Open data e didattica a distanza, analogie e vantaggi

La questione degli open data presenta notevoli analogie nei rischi e nei benefici con la didattica a distanza. La messa a disposizione di dati totalmente aperti presenta il pericolo di rivelare problematiche specifiche di taluni atenei, e innescare meccanismi di maggiore competizione e valutazione. Verosimilmente, tutti questi dati sono già parte dei Data Warehouse interni e dei sistemi di analisi dei singoli atenei, ma non sono certamente disponibili in forma aperta. Il problema maggiore è capire chi possa vedere questi dati e quanto gli studenti stessi debbano sapere sui dati raccolti e analizzati.  Non si possono ignorare, infatti, le straordinarie potenzialità della disponibilità di tali dati per azioni strategiche volte a migliorare il servizio offerto alla nazione.

L’analisi di queste informazioni, laddove fossero aperte e rese disponibili da tutti gli atenei, potrebbe portare miglioramenti su due linee principali:

  • un più efficace e motivato orientamento in ingresso degli studenti
  • suggerimenti e riscontri oggettivi sulla didattica e sui contenuti, con potenziali miglioramenti delle statistiche sulle performance dei corsi stessi.

Questi dati, unitamente alle nuove metodologie didattiche che si stanno sperimentando nei tempi del Coronavirus, possono costituire realmente la base di partenza per un cambiamento informato nella didattica, supportando efficacemente i processi di innovazione dei curricula, valutando la risposta degli studenti e degli stakeholders, e fornendo un potente strumento di allocazione strategica delle risorse. Una didattica nuova, aperta, digitale, online e con riscontro immediato.

Il progetto i-Apr di Uniba

Gli studenti dell’Università di Bari, coinvolti nel progetto i-Apr di open data Uniba, hanno chiarito fin da subito la primaria necessità di poter consultare, elaborare e riutilizzare, fra gli altri, i dati relativi  al numero di studenti esaminati a distanza dopo il DPCM, ai risultati medi degli appelli di esame, gli esami più facilmente superati e i cosiddetti esami killer, i voti medi conseguiti dalle varie coorti, oltre che informazioni necessarie ad effettuare la scelta al momento dell’immatricolazione, quali il raffronto fra gli atenei sui livelli di contribuzione media, la distribuzione all’interno dei Dipartimenti di fondi per gli Erasmus e il numero di studenti outgoing e incoming.

Alle famiglie interessa poco conoscere il numero di immatricolati o di docenti dei vari Atenei: il riscontro maggiore per questa categoria di stakeholders è poter capire se l’investimento effettuato per intraprendere e portare avanti gli studi sia ripagato dal successo e dalle performance universitarie del proprio figlio, da una didattica adeguata e rispondente alle esigenze del singolo studente, dai tempi di conseguimento del titolo e dalle possibilità effettive di entrare velocemente nel mercato del lavoro.  Gli open data specifici su questi temi, costituendo uno strumento al servizio della didattica per un contributo al miglioramento dell’insegnamento e allo sviluppo creativo di nuove metodologie pratiche, aiuterebbero, dunque, anche a confrontare la qualità accademica universitaria degli atenei e il potenziale valore di una laurea, rapportato ai costi e ai tempi necessari. è tempo quindi di open data in questa direzione.

Il Coronavirus può costituire il pretesto migliore e urgente per un cambiamento e gli open data possono sostenere un ulteriore salto di qualità del mondo accademico verso smart Universities fatte da smart students consapevoli e motivati dalla piena conoscenza e partecipazione alle istituzioni a loro destinate.

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