la riflessione

Accordo Ue-Cina: ecco le vere opportunità per l’Europa

L’accordo sugli investimenti tra Europa e Cina, concluso in extremis da Angela Merkel, definisce in un unico framework legale gli aspetti principali che disciplinano le intese tra le parti. Ma non saranno i servizi digitali l’ambito di sviluppo più promettente per la Ue: le opportunità sono in altri settori. Ecco quali

Pubblicato il 19 Gen 2021

Giuliano Noci

Politecnico di Milano

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L’accordo di principio sugli investimenti tra Europa e Cina che, come da previsione, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha chiuso in “zona Cesarini” dopo ben sette anni di negoziati (e trentacinque sessioni di lavoro), presenta prospettive di sviluppo importanti per il Vecchio Continente. Non tanto, però, in ambiti che si potrebbero dare per scontati – come i servizi digitali – quanto in settori in cui l’Europa è decisamente all’avanguardia: le tecnologie legate alla sostenibilità ambientale e all’energia pulita, passando anche dalla Sanità.

Facciamo il punto sulle opportunità e le incognite dell’intesa, che non è certo una sorpresa per chi si occupa di questi temi visti gli enormi interessi tedeschi per il mercato cinese: unico Paese tra quelli del G7 ad avere una bilancia commerciale positiva nei confronti dell’ex Impero di Centro quando gli interscambi commerciali tra il Vecchio Continente e la Cina ammontano a circa 600 miliardi di euro, determinando un deficit per l’Europa di circa 160 miliardi.

Un unico framework legale per gli investimenti Ue-Cina

L’accordo – che dovrà essere approvato dal Parlamento Europeo nel corso dell’anno (esito per nulla scontato) – definisce in un unico framework legale gli aspetti principali che disciplinano gli investimenti tra le due parti; ha in questo senso il pregio di andare a sostituire i ben ventisei accordi bilaterali attualmente vigenti tra i Paesi del Vecchio Continente e la Cina. Una situazione, questa, che aveva enormemente facilitato sia sul fronte commerciale che degli investimenti il Dragone in virtù del suo enorme potere negoziale nei confronti di qualsiasi economia europea.

Il testo dell’accordo non è ancora stato pubblicato; dalle dichiarazioni ufficiali si desume tuttavia che qualifica un più agevole accesso al mercato cinese da parte delle imprese europee ma anche una maggiore attenzione agli standard ambientali (la Cina ha accettato di attuare l’accordo di

Parigi sui cambiamenti climatici) e di lavoro (seppur con non pochi caveat da parte cinese).

In particolare, sul fronte dell’accesso al mercato, la Cina ha assunto impegni precisi circa un più agevole accesso al mercato locale delle imprese europee operanti in ambito manifatturiero, che rappresenta più della metà degli investimenti comunitari totali nel colosso asiatico (28% è appannaggio dell’automotive e il 22% dei settori di produzione dei materiali di base).

Ancora più interessante è l’apertura che sembra essere stata concessa al mondo dei servizi, con particolare riferimento a quelli finanziari (dove gli USA hanno già capitalizzato una presenza rilevante), l’assistenza sanitaria privata, il trasporto aereo e il cloud/servizi digitali.

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Servizi digitali

Ed è proprio sui servizi digitali che intendo concentrare la mia attenzione anche in virtù della rilevanza che questi giocano per l’ex Impero di Centro. Occorre a questo riguardo osservare, in primo luogo, come sul terreno del digitale si confrontino due giganti: l’Europa dal punto di vista regolatorio – quasi nulla in termini di unicorni e big tech – e la Cina ormai di gran lunga il più grande mercato Internet al mondo. Il Dragone, infatti, non eccelle solo per l’arcinota tecnologia – ed eterna promessa per l’Europa – del 5G: con i suoi giganti Huawei e ZTE; rappresenta ormai il leader assoluto sul fronte di numerose applicazioni Internet – in primis, e-commerce e m-commerce – e dell’intelligenza artificiale.

Commercio elettronico

Per quanto riguarda il commercio elettronico, la Cina rappresenta il benchmark sia dal punto di vista dei volumi in gioco (cfr. Figura 1) che della qualità/creatività delle iniziative. L’e-commerce cinese non è solo Alibaba ma è anche Pinduoduo – che ha ormai quasi il 15% del mercato – ed ha affermato – soprattutto in periodo pandemico – una nuova prospettiva di realizzazione delle transazioni commerciali su Internet: quella del social commerce, dove l’aspetto dell’intrattenimento si fonde con quello più squisitamente commerciale. Quasi un inedito per l’esperienza occidentale su Internet e che richiederà sforzi di adattamento non piccoli alle imprese del largo consumo, del beauty e del lusso occidentali, che vogliono sviluppare e/o consolidare la loro presenza nel mercato di gran lunga più rilevante al mondo.

Intelligenza artificiale

Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, il livello di sviluppo cinese non è tanto dovuto alla capacità di innovazione delle sue imprese quanto piuttosto all’enorme possibilità di implementare tali algoritmi su amplissima scala (cfr. Figura 2); è, in altre parole, diretta conseguenza della quasi infinita possibilità di execution e della peculiare struttura urbanistica cinese: caratterizzata da megalopoli, che hanno fatto da volano per la generazione di servizi fortemente basati su tecnologie di intelligenza artificiale: si pensi alla sharing economy e alla smart mobility, giusto per fare due esempi, non dimenticando l’enorme spinta propulsiva generata da Covid per quanto riguarda la gestione di tutti gli aspetti di tracciamento.

Le vere opportunità per l’Europa

Stante il quadro delineato, non è dunque il fronte digitale a rappresentare in chiave prospettica l’ambito di sviluppo più promettente per l’Europa (e ovviamente per l’Italia), che, come già evidenziato, si è negli ultimi anni fatta notare – a partire dal GDPR – per la regolamentazione più avanzata sul fronte Internet ma è ampiamente in ritardo sul fronte della capitalizzazione delle opportunità offerte dalla trasformazione digitale. Per gli stessi motivi, non sarà agevole per le imprese cinesi affermare in Europa il successo che hanno conseguito in Asia e in subordine in Africa: il grande rilievo attribuito alla privacy – tema quasi inesistente per i cinesi, educati a colpi di valori confuciani in cui l’individuo si identifica per la sua appartenenza alla società – il quadro estremamente frammentato dal punto di vista delle politiche digitali degli Stati europei e l’esiguità in termini relativi della popolazione europea confrontata con quella asiatica (700 milioni a fronte dei 4 miliardi) rendono difficili e probabilmente anche poco interessanti – in quanto non scalabili – significativi investimenti cinesi nel Vecchio Continente, che potrebbe assumere su questo fronte i connotati quasi di un mercato di risulta.

L’accordo siglato il 30 dicembre potrebbe invece aprire opportunità ben più significative per altri ambiti in cui il Vecchio Continente è avanguardia assoluta: intendo far riferimento alle tecnologie legate alla sostenibilità ambientale, l’energia pulita, l’industria aerospaziale e, in parte, la sanità – dove però i fenomeni di scale e le barriere culturali appaiono essere ostacoli molto rilevanti.

Tutte da valutare invece le ripercussioni dell’accordo per le imprese europee sul fronte nord-americano: il Presidente eletto non ha infatti esitato a manifestare il suo dissenso per il tempismo europeo – ma soprattutto tedesco – e questo potrebbe lasciare degli strascichi sul fronte delle relative relazioni diplomatiche e commerciali. Grande è la confusione sotto il cielo; la situazione, quindi, è eccellente (Confucio). Lo dobbiamo sperare, soprattutto in un momento complesso quale quello che stiamo vivendo.

Figura 1 – La crescita del fatturato e-commerce a confronto

Figura 2 – I numeri impressionanti del Dragone sul fronte digitale

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