l'analisi

Antitrust Big tech, è cambiato tutto persino negli Usa: i nuovi scenari

La volontà di rafforzare la strumentazione legislativa sta prendendo sempre più piede, anche in modo trasversale tra i due grandi partiti americani. E i temi assomigliano sempre di più a quelli che sono oggetto di contenzioso in Europa. Il trend è segnato, comunque vada a finire nei tribunali

Pubblicato il 13 Lug 2021

Mario Dal Co

Economista e manager, già direttore dell’Agenzia per l’innovazione

big tech

E’ in corso un avvicinamento della regolazione anti-monopolistica che opera sui due lati dell’Atlantico: la tradizionale impostazione americana imperniata sull’interesse del consumatore sta lasciando spazio a considerazioni sull’abuso di posizione dominante anche nei confronti dei clienti e dei competitori, con un significativo avvicinamento alle posizioni europee. L’ultima mossa del presidente Joe Biden, con ordini esecutivi di carattere privacy e antitrust (vedi di seguito nell’articolo) sono un ultimo tassello in questo quadro.

Tutto questo, per lo meno, è ciò che accade a livello legislativo.

A livello giudiziario, dove la common law mantiene una sua propria resistenza al repentino cambiamento legislativo e al contempo una propria intrinseca maggiore flessibilità rispetto all’assetto civilistico europeo, le cose, come vedremo, si discostano anche in modo significativo dal dibattito politico-legislativo.

Effetto Bruxelles sulle big tech

Come ha osservato Anu Bradford nel bel saggio The Brussels Effect, “La regolazione europea della privacy e quella contro l’incitamento all’odio e alla violenza, hanno esercitato un effetto enorme sulle giurisdizioni extraeuropee, e dimostrano l’impatto largo di quello che ho chiamato l’effetto Bruxelles…L’Unione è divenuta un regolatore globale non solo in ragione della dimensione del suo mercato interno, ma anche perché ha costruito l’assetto istituzionale che ha trasformato la dimensione del suo mercato in una influenza regolatoria efficace”[1].

Big Tech, ecco il nuovo antitrust negli USA: le conseguenze e i prossimi passi

L’effetto Bruxelles si spiega con il fatto che, se si vuole vendere in un mercato colossale come quello europeo, anche i produttori che non soggiacciono alle regole europee debbono adottarle se vogliono esportare nell’Unione, e spesso questo significa estender a  tutta la produzione o a larga parte di essa gli standard europei. Ma l’influenza regolatoria dipende anche dal fatto che l’Unione ha, nell’assetto istituzionale che si è data, poteri sufficientemente efficaci da scoraggiare il free riding, ossia l’attitudine a evadere o ignorare le regole.

Anche sull’antitrust sta accadendo qualcosa del genere: mentre le oscillazioni delle amministrazioni americane inducono la giurisprudenza e i tribunali a mantenere la barra ferma sui principi per evitare di rendere instabile anche il sistema giudiziario, alla fine il lento procedere regolatorio dell’Europa finisce per costituire un punto di riferimento ineludibile e capace di confrontarsi con i nuovi temi posti dalle tecnologie digitali.

Se questo è vero, assisteremo ad una convergenza dei provvedimenti antimonopolistici che investiranno Big Tech, sui due lati dell’Atlantico, con effetti che potrebbero essere di notevole rilievo al fine di riaprire spazi competitivi nelle “riserve di caccia” di Amazon, Apple, Facebook e Google. Sempre che i giudici americani e la Corte Suprema accolgano nella prassi giurisprudenziale i nuovi principi che il legislatore vorrà stabilire. Se questa convergenza  dovesse essere confermata anche nei tribunali americani, si prospettano tempi più difficili per Big Tech.

Le raccomandazioni dell’indagine del Congresso su Big Tech

E’ sotto l’Amministrazione Trump che inizia l’attività del Comitato Giudiziario della Camera dei Rappresentanti “per esaminare il carattere dominante della conduzione degli affari da parte di Amazon, Apple, Facebook e Google”. Dopo 16 mesi di indagini la relazione citata è giunta, a dicembre 2020, ad alcune raccomandazioni, che sono foriere di olte dell iniziative legislative e giudiziarie che stanno prendendo corpo sotto l’Amministrazione Biden: “Per dirlo nel modo più semplice, le aziende che un tempo erano start up non conformiste, emarginate, che sfidavano lo status quo sono diventate qualcosa di simile ai monopoli che avevamo incontrato l’ultima volta nell’era dei baroni del petrolio e dei tycoon delle ferrovie. Anche se  queste aziende hanno portato evidenti benefici alla società, il dominio di Amazon, Apple, Facebook e Google è maturato con un costo. Queste aziende tipicamente governano il marketplace ma anche competono al suo interno – una posizione che consente loro di scrivere un tipo di regole per gli altri mentre loro giocano con altre regole, o di seguire proprie forme di quasi regolazione  di cui non devono rispondere a nessuno se non a sé stesse”[2]

Ricordiamo le raccomandazioni del Comitato che echeggiano in modo evidente le preoccupazioni espresse dalla Commissione europea:

Ripristinare la competizione nel mercato digitale

  • Separazione e proibizione a certe piattaforme dominanti di operare in mercati adiacenti;
  • Proibizione alle piattaforme dominanti di dare a se stesse la prefernza;
  • Garanzia di interoperabilità e portabilità in odo che le piattaforme dominanti rendano i propri servizi comoatibili e sostituibili con quelli della concorrenza;
  • Proibizione presuntiva contro future acquisizioni e fusioni da parte delle piattaforme dominanti;
  • Garanzie minime per gli editori di informazioni per salvaguardare la libera stampa;
  • Proibizione di abusi di posisione dominante nei contratti tra le piattaforme e gli utenti che da esse dipendono.

Rafforzamento delle leggi antimonopolistiche

  • Ribadire il ruolo della normativa antimonopolistica per garantire una democrazia vibrante e sana;
  • Rafforzare la 7 sezione del Clayton Act per quanto attiene alla protezione dei nuovi competitori e le leggi sulle fusioni verticali;
  • Rafforzare lo Sherman Act con la proibizione della posizione dominante e dello sfruttamento della posizione monopolistica, con prezzi predatori, rifiuto di accesso a infrastrutture essenziali, diniego a trattare e autopreferenza su progetto e prodotto;

Rivitalizzare la sanzione antimonopolistica.

  • Ripristinare una supervisione robusta del Congresso sulle leggi antimonopolistiche e sulla loro attuazione e sanzione;
  • Restituire alle agenzie federali la lor forza, con sanzioni civilistiche e altre sanzioni per violazione della concorrenza, richiedendo alla Commissione Federale del Commercio (FTC) di raccogliere dati sistematici sulle concentrazioni, migliorando la trasparenza e responsabilità delle agenzie.

Come si vede, si tratta di un  invito ad avvicinare il quadro di riferimento di tutta l’attività antimonopolistica agli standard europei, che non si limitano a proteggere il consumatore, ma insistono sulla necessità di proteggere dall’incumbent le aziende che intendono competere sul suo stesso campo.

Lo scontro giudiziario

La partita era cominciata  poco prima di Natale scorso, quando la FTC e 48 Stati americani avevano aperto contro Facebook un contenzioso per pratiche contrarie alla competizione: “Per quasi un decennio Facebook ha usato il suo potere dominante e di monopolio per distruggere i rivali più piccoli ed eliminare la competizione, ponendo il costo di tutto ciò a carico degli utilizzatori finali” aveva detto il Procuratore generale di New York Letitia James aprendo le attività investigative. “Oggi ci stiamo muovendo per conto di milioni di consumatori e di molte piccole imprese che sono state danneggiate dal comportamento illegale di Facebook.”[3]

Sia la FTC sia i Procuratori degli Stati hanno concentrato la loro attenzione sulle acquisizioni di Whatsapp e di Instagram, acquisizioni volute da Zuckerberg esplicitamente per eliminare concorrenti ritenuti pericolosi.

“Le azioni di questi giorni intendono ripristinare le regole competitive in questa industria così importante e fornire le basi perché i futuri competitori possano crescere e innovare senza la minaccia di essere distrutti da Facebook” commentava Ian Conner, direttore dell’ufficio competizione della FTC.

La strategia di attacco a Facebook presa dai Procuratori seguiva la falsariga tracciata dal Rapporto della Commissione della Camera, citato all’inizio di questa nota.

Ma la risposta del giudice non ha dato ragione a Letitia James. A fine giugno la causa è stata risolta con una doppia motivazione: una formale, che evidenziava come i ricorsi dei Procuratori fossero giunti troppo tardi, e una sostanziale, ossia che la FTC non aveva stabilito che Facebook fosse davvero un monopolio.

Ma non per questo si è esaurito il movimento di accerchiamento di Big Tech da parte degli Stati e della FTC.

La stessa Letitia James  guida ora una nuova azione giudiziaria dei Procuratori di 36 Stati e di un Distretto contro Google, per azioni anticompetitive nell’app store Google Play. L’accusa è di rendere difficoltosa per gli sviluppatori di app in ambiente Android, la distribuzione delle loro app attravsrso store diversi da Google play. E su Google paly, come si sa, essi sono soggetti a regole che portano benefici solo a Google. Inoltre, Google è accusata di aver siglato un accordo con Verizon e Samsung per precaricare le app Google e per non aprire propri app store in competizione con Google. Infine, Google viene accusata di scoraggiare  presso gli utenti il caricamento di altri app store, con messaggi di segnalazione di rischi di malware e suggerimenti che confondono gli utenti che intendono caricare altri app store[4].

Può essere che nei tribunali anche questa azione legale finisca come la precedente contro Facebook, mentre siamo in attesa di sapere come finirà la causa di Epic contro Apple.

L’ordine esecutivo Biden di luglio 2021

L’ordine esecutivo, firmato da Biden la settimana scorsa il 9 luglio, è indirizzata alla FTC – come invito e incentivo – per mobilitarla nella definizione di regole più stringenti per le grandi piattaforme in materia di sorveglianza e raccolta dei dati degli utenti.

Non solo, il Presidente chiede anche regole che “impediscano metodi iniqui di competizione” che minacciano le piccole e medie aziende. La mossa di Biden potrebbe aprire il terzo round in cui  il Congresso potrebbe approntare nuovi strumenti legislativi a cui le agenzie sarebbero tenute.

Biden ha posto a capo della FTC Lina Kahn, che ha manifestato, in un suo dibattuto articolo nella Yale Law Review, posizioni fortemente critiche sulla dimensione stessa di Big Tech, al di là delle considerazioni relative ai loro comportamenti oligopolistici o monopolistici[5].

Osservava la Kahn che “Amazon registrava perdite costanti per i primi sette di attività, cumulando debiti per oltre 2 miliardi di dollari” e segnalava “che l’azienda registrava fino a quell’anno (2017) un profitto che al massimo era dell’1% delle vendite”[6]. Questa tesi che Amazon abbia praticato per lungo tempo una strategia che scontava perdite in bilancio, pur di acquisire quote di mercato, ha sollevato molte critiche negli Stati Uniti, dove, sappiamo, è  il benessere del consumatore che conta maggiormente nella giurisprudenza antitrust.

In conclusione

Anche perché, non solo nel digitale, questo caratteristico andamento di perdite anche molto consistenti iniziali e di conquista di posizioni di egemonia nel mercato, è peculiare di quasi tutte le esperienze di rivoluzioni di prodotto fortemente innovative. Anche la FIAT fallì agli inizi della propria storia, sopraffatta dai costi che doveva sostenere per creare un mercato nuovo, che non aveva infrastrutture, non aveva standard per i prodotti e servizi di cui necessitava l’innovazione “automobile”, come la benzina e la manutenzione;  non esistevano neppure regole di circolazione per quelle auto che stavano riscuotendo così strepitoso successo.

Comunque vada il secondo round, quello contro Google apertosi nei tribunali americani, è certo che non finiranno presto le preoccupazioni degli uffici legali delle Big Tech: la volontà di rafforzare la strumentazione legislativa sta prendendo sempre più piede, anche in modo trasversale tra i due grandi partiti americani. E i temi assomigliano sempre di più a quelli che sono oggetto di contenzioso in Europa.

[1]) Anu Bradford, The Brussels Effect, How The Europea Union Rules tye Word, Oxford University Press, 2020. Le citazioni sono prese dalla prima e dalla seconda parte del saggio.

[2]) Investigation of Competition in Digital Markets, Majority Staff Report and Reccomendations, Subcommittre on Antitrust, Commercial and Administrative Law of the Committee on the judiciary,  US House of Representatives, 2020 p 6.

[3] ) Shannon Bond, Bobby Allyn, 48 AGs, FTC Sue Facebook, Alleging Illegal Power Grabs To “neutralize” Rivals, npr, December 9, 2020.

[4]) Sara Morrison, Google is facing yet another major antotrust lawsuit. Dozens of attorneys general filed a suit accusing Google Play of anticompetitive practices, Vox,  July 7, 2021.

[5]) Lina Kahn, Amazon’s Antitrust Paradox, Yale Law Review, January 2017

[6]) Introduction, ivi.

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