E’ opinione diffusa che la portata innovativa delle Blockchain consista nel permettere la registrazione di transazioni senza l’intervento di intermediari. Non è esattamente cosi: le transazioni vengono ammesse alla registrazione grazie al consenso maggioritario di intermediari (i “nodi”), che – a differenza di quanto avviene nei sistemi di pubblicità tradizionali – non appartengono a organizzazioni statali né sono destinatari di una delega statale. Lo stesso consenso diffuso è alla base degli spostamenti di ricchezza espressa in Bitcoin oggetto delle stesse transazioni, che quindi avvengono senza intermediazione bancaria.
Parliamo quindi di un sistema che realizza non tanto la disintermediazione, quanto la decentralizzazione degli intermediari; di un sistema di circolazione del denaro che, non essendo gestito tramite le banche e non essendo sottoposto a vigilanza degli Stati, è definito “incensurabile”.
Le Blockchain sono – a parere di molti – caratterizzate da maggiore libertà e democraticità rispetto ai sistemi tradizionali, proprio in quanto sottratte al giudizio di ammissibilità (e ai possibili veti) di controllori forti che rispondono a valutazioni e obiettivi di natura politica, quali sono gli Stati e le banche. Questa tesi si scontra, però, con l’incapacità delle Blockchain di affrontare e risolvere questioni di massima importanza.
Registrare il fatto che una transazione sia avvenuta non basta: i contratti hanno contenuto articolato, prevedono pattuizioni accessorie al negozio principale, comportano sempre il rischio della patologia che consiste nel mancato rispetto dell’accordo. Di questa complessità le Blockchain non danno evidenza né prova: senza la vigilanza di intermediari chiamati a prevenire la patologia, e a risponderne se si verifica, lo squilibrio dei rapporti di forza e le asimmetrie informative tra le parti non solo si manifestano ma, rispetto a quanto avviene nei sistemi tradizionali, si aggravano. Paradossalmente gli smart contracts, anziché essere – come si pretende – self executing, non garantiscono l’affermazione dei diritti che ne scaturiscono.
A qualunque transazione si collega la necessità della responsabilità, ma per accertarla e farla valere sono necessari due presupposti che il sistema Blockchain non permette di soddisfare: la documentazione di tutti gli elementi del contratto necessari alla sua interpretazione; e, soprattutto, l’identificazione della legge applicabile e di quale sia lo Stato ai cui organi spetti la giurisdizione.
Contratti da cui scaturiscono diritti che non si riesce a far valere; conflitti la cui soluzione non si sa a chi affidare: non solo i giuristi, ma anche e soprattutto le imprese manifestano il dubbio che fare a meno degli intermediari centralizzati sia davvero una buona idea. Per non parlare dei consumatori che, benché possano essere affascinati dall’idea di ricorrere ad un sistema decentralizzato, sono i “contraenti deboli” per definizione, vittime perfette delle asimmetrie informative e della debolezza rispetto ai “forti”.
C’è poi una questione di ordine pubblico che dovrebbe stare a cuore di qualsiasi operatore economico: un sistema di circolazione della ricchezza che si vanta di essere “incensurabile” come può evitare di essere strumento per lo spostamento di denaro di provenienza illecita? Il riciclaggio è un fenomeno capace di inquinare tutte le economie, alterando le normali dinamiche degli investimenti, della produzione e della concorrenza. Le organizzazioni criminali possono utilizzare il Bitcoin non solo per “lavare” denaro ricavato da attività vietate, ma anche per finanziare se stesse, come è avvenuto – anche di recente – con richieste di riscatti da pagare in quella valuta.
In questi giorni ricorre il venticinquesimo anniversario dell’uccisione di Giovanni Falcone: insieme a Paolo Borsellino insegnò al mondo che per combattere le mafie occorre follow the money. Eliminando l’intermediazione centralizzata dei flussi di denaro affidata al sistema bancario, quell’insegnamento non potrà essere seguito.
Non si tratta di ostacolare le Blockchain, né di farle diventare la replica immateriale dei sistemi tradizionali: si tratta di liberarle da un miraggio che è figlio di un pregiudizio ideologico. I mercati non si regolano spontaneamente eliminando le patologie e le devianze: semplicemente, senza attività di intermediazione che siano accompagnate da funzione di controllo e assunzione di responsabilità, le patologie e le devianze rimangono senza rimedio. E un sistema che si pretende sia il più democratico e giusto diventa l’habitat ideale per chi intenda applicare la legge del più forte.