Per dare un quadro esaustivo delle misure sulla digitalizzazione che sta realizzando il governo e degli ostacoli che ci troviamo a gestire, è utile ragionare per problemi.
Sebbene tutte le aree della trasformazione digitale siano importanti, urgenti e complesse, ce ne sono tre a cui vorrei dare massima attenzione. Mi riferisco in particolare alle connessioni, alla sicurezza e alle competenze.
Il futuro della Sanità passa dai dati: la strategia del Governo
Connettività, accelerare su 5G e FTTH
Il primo grande nodo da sciogliere è quello della connettività. È un problema che ereditiamo dai governi che ci hanno preceduto. Troppa generosità e attendismo rispetto ai ritardi che gli operatori privati cumulavano sulla tabella di marcia hanno portato alla situazione attuale. Qualcuno mi domanda: si poteva indugiare ancora? Sicuramente no. Se, fino a ieri, i rallentamenti sugli interventi di connessione potevano essere considerati un ostacolo gestibile, la situazione al momento non consente più alcun tentennamento. Le case non sono collegate in FTTH, la rete è ancora prevalentemente in rame, i contratti sono pochissimi, anche sul fronte FWA la situazione è complicata. Tutto questo impone correttivi rapidi, mirati e decisi. Ogni giorno perso sul fronte delle connessioni è un ostacolo in più che mettiamo davanti alla crescita delle nostre aziende, un odioso disincentivo all’innovazione e soprattutto un freno inaccettabile alla capacità del Paese di competere, ad armi pari, dentro e fuori l’Europa.
Preso atto della situazione, ho riaperto il dialogo con tutti gli operatori. Dopo aver verificato i reali livelli di copertura con connessioni fisse e mobili del territorio, stiamo ora lavorando per velocizzare la pubblicazione dei nuovi bandi al fine di recuperare i ritardi. È mia intenzione lavorare per impegnare il miliardo e mezzo circa di fondi risparmiati sulla Banda Ultra Larga per indire nuove gare e sperare nel recupero del tempo perduto in materia di 5G e FTTH (sempre in coordinamento con la Commissione Europea).
I bandi, da soli, non bastano
Ma siamo anche realisti: i bandi, da soli, non bastano. Per questo stiamo implementando altre misure per risolvere le criticità legate al fascicolo connettività. Cito le più importanti, come le semplificazioni e i limiti alle emissioni elettromagnetiche. Il tema delle semplificazioni (normative e amministrative) è tra quelli cui tengo maggiormente. Ho costituito un gruppo di lavoro formato da esperti che non devono avere timore di scardinare alcune “posizioni di rendita” accumulatesi nella PA e che determinano un potere eccessivamente discrezionale in taluni processi. Come si può pensare di trasformare un Paese con la tecnologia digitale disponendo di norme e procedimenti bizantini? Recentemente ho inoltre suggerito di rimettere mano al nostro Codice dell’Amministrazione Digitale, snellendo l’impianto e lasciando più margine alla normazione secondaria. Stiamo lavorando al Testo Unico per l’Innovazione.
Il nodo dei limiti elettromagnetici
Rispetto ai limiti elettromagnetici siamo perfettamente consapevoli di toccare un tema sensibile per la salute pubblica, rispetto al quale occorre muoversi con cautela – ma diciamolo chiaramente: anche senza preconcetti. Possibile che decine di studi scientifici e di analisi prodotte da enti terzi e neutrali, oltre alle scelte in materia di gran parte degli altri Paesi, siano tutte sbagliate?
Sicurezza: difendere la sovranità dei dati e degli asset strategici
Vengo al secondo problema: la sicurezza. Il tema è insidioso. Lo rende tale il fatto che attraversa praticamente la totalità degli interventi pubblici in campo digitale. Parlare di sicurezza significa affrontare la questione della transizione dei dati sul cloud; significa definire una volta per tutte, e in modo chiaro, come si vuole difendere la sovranità dei nostri dati e degli asset strategici nazionali; e poi, ovviamente, significa anche tutelare le infrastrutture critiche dalle sempre più frequenti intrusioni cyber.
Posto il principio per cui la sicurezza deve essere una priorità, la mia azione al riguardo si è incentrata in primis nel ridurre le nostre dipendenze rispetto ai Paesi terzi, in quanto la concorrenza sleale condotta da altri paesi avvantaggia ingiustamente le aziende straniere, a discapito delle nostre e a danno dei nostri cittadini.
Abbiamo dati eloquenti e preoccupanti. Attualmente l’Unione europea dipende da fornitori terzi per molte materie prime. Alcune tra queste, come il magnesio e le terre rare, ci vedono esposti alle importazioni dalla Cina fino al 93% del totale. Nella sola Germania, oltre la metà (il 59%) delle componenti utilizzate dalle tre aziende principali del settore telecomunicazioni (Deutsche Telekom, Vodafone e Telefónica) sono prodotte da aziende cinesi, nello specifico da Huawei e ZTE. Quale allora la chiave per uscire da queste dipendenze? Dobbiamo sviluppare una capacità produttiva europea che ci garantisca sicurezza, affidabilità, trasparenza e indipendenza. La legge sui semiconduttori messa in cantiere dall’Unione dovrebbe mobilitare oltre 43 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati per far fronte a eventuali future interruzioni della catena di approvvigionamento.
Mentre l’Unione decide, dobbiamo muoverci anche a livello nazionale – ed è esattamente quello che stiamo facendo.
Sovranità digitale: le mosse dell’Europa su dati e tecnologie strategiche
Cloud, valorizzare il capitale delle in-house
Nel caso del cloud, accantonata una volta per tutte la narrativa che ci è stata ripetuta per mesi dal governo precedente, secondo la quale eravamo costretti per necessità a rivolgerci agli operatori di Paesi terzi in condizione di fornire la tecnologia necessaria, abbiamo virato verso un modello federato. Con il Polo Strategico Nazionale, lanciato ufficialmente lo scorso dicembre, abbiamo l’infrastruttura su cui far transitare progressivamente e nel rispetto delle esigenze delle amministrazioni, i dati. Nel frattempo, la mia scelta è stata quella di valorizzare le migliori in-house pubbliche nazionali e regionali, le PMI e le eccellenze della ricerca. Abbiamo a disposizione un capitale prezioso: usiamolo.
Il nodo delle competenze digitali
Infine, a proposito di capitale, il terzo problema riguarda proprio le persone. Continuo sulla linea del pragmatismo: possiamo pensare di gestire la trasformazione digitale in modo efficiente senza pensare ai cittadini che sono coinvolti? È una mia priorità dotare la popolazione di competenze digitali, sia di base sia avanzate. Lo stiamo facendo, passo dopo passo, attraverso tre programmi su scala nazionale. Il percorso è insidioso per diversi motivi e stiamo mitigando le criticità per velocizzare il processo formativo. È necessario inoltre sostenere la formazione della forza lavoro impiegata nelle strutture pubbliche e in quelle private. A tal riguardo il mondo delle professioni cambia velocemente e per tenere il passo occorre aggiornare le competenze dei nostri lavoratori, ma anche comunicare in maniera semplice e immediata i servizi digitali, perché tutti possano davvero beneficiare delle nuove opportunità che la PA offre. Questa priorità è ben chiara al governo e ai colleghi coinvolti, il Ministro Paolo Zangrillo e il Ministro Marina Elvira Calderone.
Occorre infine ragionare sulla capacità del Paese di attrarre competenze e talenti. La rassegna di problemi e di misure che ho appena fatto non esaurisce il campo di intervento di questo governo. Eppure, io credo che gestendo in modo convinto queste tre criticità – connessioni, sicurezza, competenze – avremo garantito a noi stessi, al Paese, ai suoi lavoratori, i più giovani soprattutto, un’Italia più digitale, snella e competitiva. Ogni sforzo che impieghiamo oggi in questa direzione ci avvicina a questo traguardo.