La relazione

Caro energia, in gioco la sicurezza nazionale: l’allarme del Copasir

Transizione energetica e caro energia sono al centro della Relazione sulla sicurezza energetica nell’attuale fase di transizione ecologica” del Copasir. Rischi, criticità e fragilità che destano allarme

Pubblicato il 20 Gen 2022

Marco Santarelli

Chairman of the Research Committee IC2 Lab - Intelligence and Complexity Adjunct Professor Security by Design Expert in Network Analysis and Intelligence Chair Critical Infrastructures Conference

Photo by Appolinary Kalashnikova on Unsplash

La “Relazione sulla sicurezza energetica nell’attuale fase di transizione ecologica” del Copasir pone l’accento sulla necessità di portare avanti la lotta al cambiamento climatico e contro il caro energia.

Anche in questo caso, fondamentale sarà riuscire a sfruttare al meglio le risorse del PNRR ma anche – come sottolineato dal Presidente del Copasir Adolfo Urso e dalla vicepresidente e relatrice dell’indagine Federica Dieni – la realizzazione di un “piano nazionale di sicurezza nazionale con la più ampia condivisione, in modo che possa restare valido ed indirizzare le scelte strategiche che il Paese dovrà compiere in questo settore nel lungo periodo”.

Copasir: focus sulla sicurezza energetica

Il documento, che scaturisce da un’analisi conoscitiva avviata lo scorso settembre 2021, nel ribadire la centralità del tema energetico in questo particolare momento storico, non solo da un punto di vista tecnico, ma anche politico, geopolitico, di cronaca e istituzionale, si sofferma anche sull’opportunità rappresentata dal processo di transizione energetica per favorire la crescita economica e sul caro energia, in particolare del gas, che dagli ultimi mesi si sta imponendo con forza e si prevede caratterizzerà tutto il 2022.

In questo quadro già scricchiolante, è messa a dura prova anche la sicurezza energetica, che secondo l’AIE, Agenzia Internazionale dell’Energia, corrisponde alla “disponibilità ininterrotta di fonti energetiche affidabili ad un prezzo accessibile”, e che, innanzitutto, è sicurezza dell’approvvigionamento. Da qui anche il concetto di efficientamento energetico, che equivale al “migliore utilizzo delle risorse disponibili con una migliore resilienza del sistema, sia come sviluppo delle fonti rinnovabili e miglioramento dei sistemi di accumulo, nel quadro di un sistema climaticamente neutro al 2050”.

Il rischio di blackout energetico

Il rischio imminente, causato proprio dell’aumento vertiginoso dei prezzi di energia elettrica e gas, che potrebbe mettere in crisi l’Europa, è il blackout energetico. L’interconnessione del sistema di approvvigionamento europeo potrebbe provocare, in caso di spegnimento di una singola centrale, ad esempio per mancanza di carburante, una reazione a catena che colpirebbe tutti i Paesi membri. Basti pensare che la chiusura di due reattori di EDF, la società francese che gestisce un parco elettronucleare di 56 reattori a fissione nucleare di uranio, il 10% della capacità nucleare francese, assieme alla previsione del forte calo delle temperature, ha inciso fortemente sull’aumento dei prezzi europei dell’elettricità.

I fattori di criticità

Come ricorda la relazione del Copasir in premessa, nel 1999, delle tre fasi, produzione, trasmissione e distribuzione, se la trasmissione è rimasta di titolarità dello stato, produzione e distribuzione sono state liberalizzate, con la conseguenza che si è passati dai circa 600 impianti di produzione esistenti dalla fine degli anni 90 ai quasi 800.000 di oggi, con una maggiore dispersione delle fonti di produzione.

Quindi, fragilità del sistema, carenza di investimenti programmatici destinati al settore, problemi legati al processo di transizione ecologica, rincari dei prezzi dell’energia elettrica e del gas, possibile mancanza di provvigioni.

L’Italia sembra essere meno esposta rispetto ad altri paesi come Germania o i Paesi del Nord Europa, dato che possiede un livello di scorte più solido, ma potrebbe subire gli effetti di eventuali blackout su altri Paesi, che influenzerebbero gli scambi commerciali sul territorio europeo.

I 70 miliardi di euro che sono stati destinati dal PNRR, Piano nazionale di ripresa e resilienza, alla “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, serviranno al passaggio a un sistema basato sulle fonti rinnovabili, con il vantaggio di salvaguardare l’ambiente, ridurre i costi per gli utenti e slegarsi man mano dalla fornitura di gas di Paesi di Est Europa e Nord Africa.

Gas naturale e idroelettrico

Un punto su cui il Copasir si sofferma nella relazione riguarda la possibilità di poter estrarre gas naturale, per una percentuale maggiore, da giacimenti italiani, essendo una risorsa “irrinunciabile”, nel frattempo che il processo di transizione ecologica venga completato.

Ad oggi l’Italia è dipendente dalla Russia per la fornitura di gas naturale, parliamo del 42% dell’approvvigionamento estero del nostro Paese, seguita da Algeria (14%), Qatar (11%), Norvegia (9%), Libia (8%) e Olanda (2%). L’estrazione da giacimenti sul territorio nazionale consentirebbe, riducendo i costi di trasporto, oneri di sistema e tasse, una diminuzione, quindi, degli acquisti dall’estero, oltre a mantenere costante il volume dei consumi. Allo stesso tempo, la quota nazionale raddoppierebbe da poco più di quattro a nove miliardi di metri cubi annui. “L’impatto sui prezzi sarebbe al ribasso, perché la nuova offerta di origine nazionale permetterebbe di ridurre le tensioni di mercato. E l’effetto per l’ambiente sarebbe positivo, perché si ridurrebbero le emissioni di CO2 prodotte nei tragitti di migliaia di chilometri dalla materia prima importata”. In tal senso la Croazia si è già portata avanti, autorizzando nuove esplorazioni in Mare Adriatico nelle aree in cui lo sfruttamento è condiviso con l’Italia.

Per quanto riguarda l’idroelettrico, il Copasir lo definisce un ambito di “notevole vantaggio competitivo” per l’Italia, ma critica il disegno di legge Concorrenza, che ha aperto le gare di concessioni a operatori esteri “in un regime di non reciprocità poiché gli altri Paesi europei applicano un regime protezionistico in questo ambito”.

In più, come afferma il Copasir, “l’attuale disciplina legislativa italiana nel settore dell’idroelettrico mette a rischio il controllo di asset strategici per la sicurezza del sistema energetico e per l’autonomia energetica nazionale, consentendo la partecipazione alle nuove gare di società estere […] con un conseguente indebolimento della posizione competitiva del sistema industriale italiano”. La filiera legata all’idroelettrico, è, infatti, locale, nel caso, invece, delle rinnovabili eolico e solare, la supply chain è dominata dalla Cina, la prima produttrice di pannelli e turbine, oltre al controllo degli approvvigionamenti dei materiali di base.

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