Atre anni da quando, nel 2020, la Commissione Europea ha chiesto ai vari governi di intervenire con misure di tutela delle reti 5G dai fornitori cinesi, considerati pericolosi e “ad alto rischio”, arriva la proposta di bandire la potenza tecnologica Huawei dal 5G. Si parla ormai da tempo delle insidie nascoste dietro all’azienda cinese, che potrebbe essere anche spia del regime comunista cinese, e delle precauzioni da attuare, ma i governi ancora non rispondono del tutto alle raccomandazioni europee.
Bando Huawei dal 5G, paesi Ue in ordine sparso
I Five Eyes, USA e alleati, hanno già bandito i dispositivi Huawei, mentre l’Europa ha voluto tenere un approccio più soft per evitare di privarsi delle componenti made in China. Al richiamo del Vecchio Continente i Paesi si sono mossi in maniera diversa gli uni dagli altri: se, ad esempio, Svezia, Danimarca, Estonia, Lettonia e Lituania hanno escluso Huawei dall’infrastruttura nazionale 5G, secondo quanto riportato da Financial Times e mai confermato o smentito, l’Italia ancora no, ma ha agito sul rafforzamento del Golden Power e sulla riduzione delle componenti cinesi, puntando maggiormente su Ericsson e Nokia nel caso di Tim, mentre Fastweb, Vodafone e Wind restano legate ancora a Huawei e Zte. Due terzi dei Paesi non hanno ancora risposto, tra cui la Germania, e la proposta di bandire il colosso cinese potrebbe accelerare la sua esclusione, previo via libera dei vari governi.
La gestione della strategia del “de-risking”
Thierry Breton, commissario UE per il mercato interno e i servizi, ha ribadito “l’urgenza di agire per non creare gravi vulnerabilità” alla “sicurezza collettiva”. Sui tavoli europei anche la gestione della strategia del “de-risking”, ossia riduzione del rischio di dipendenza dalla Cina, scongiurando il “de-coupling”, una separazione dalla Cina. Lo stesso Breton ha espresso preoccupazione per la lentezza dei tempi con cui le raccomandazioni già diffuse nel 2020 sono state e sono ancora oggi recepite dai vari Stati. Secondo Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, l’Unione “deve diventare più audace nell’uso degli attuali strumenti di difesa commerciale per affrontare i problemi di sicurezza e le distorsioni economiche. Quindi dobbiamo essere più assertivi nell’usarli quando ne abbiamo bisogno” e Bruxelles sta lavorando in tal senso per prodotti e servizi di settori critici che possono essere usati in maniera duale, sia in campo civile che militare.
Ursula von der Leyen ha aggiunto anche che è necessario “garantire che il capitale delle società Ue, la loro competenza, la loro conoscenza non siano utilizzate per migliorare le capacità militari e di intelligence di coloro che sono anche i nostri rivali sistemici. Per cui va verificato dove ci sono lacune nella nostra ‘cassetta degli attrezzi’ che consentono la fuoriuscita di tecnologie emergenti e sensibili attraverso investimenti in altri paesi”.
La posizione Ue
L’Europa, come detto, sta cercando di gestire la questione in maniera più graduale rispetto agli USA e la strada è quella del “de-risking” rispetto al “de-coupling”. Il responsabile dei rapporti esteri UE Josep Borrell parla di “approccio multiforme nei confronti della Cina: cooperazione, concorrenza e rivalità continueranno a essere al centro della politica della Ue nei confronti della Cina, anche se la ponderazione tra questi diversi elementi può variare a seconda del comportamento della stessa Cina. Ed è ovvio che negli ultimi anni l’aspetto della rivalità è diventato più importante”. Borrell, inoltre, ha anche sottolineato che l’Unione Europea non ha intenzione di bloccare le potenze emergenti, ma di far sì che la loro crescita e il loro rafforzamento non danneggi o minacci gli interessi europei o non influisca negativamente sull’ordine internazionale.
Nuovi sospetti sulla Cina
Se in Europa al centro delle preoccupazioni nei confronti della Cina c’è la questione 5G, oltreoceano sono spuntate delle indiscrezioni su un nuovo centro di spionaggio cinese a Cuba. Secondo quanto riportato da una fonte anonima del Wall Street Journal, sarebbe stato raggiunto un accordo tra Pechino e L’Avana per la realizzazione di un centro di spionaggio elettronico sull’isola. La struttura sarebbe collocata a 400 chilometri in linea d’aria dalla Florida e servirebbe all’Intelligence cinese per intercettare comunicazioni elettroniche nella parte sud-orientale degli USA, zona caratterizzata da diverse basi militari americane, e per controllare il traffico navale. La Cina, in cambio, supporterebbe il governo cubano con somme ingenti di denaro per risanare la crisi economica in atto. Pare che l’amministrazione Biden sia già in allerta dato che le informazioni rese pubbliche sull’autorevole testata giornalistica sembrano convincenti e, tra l’altro, non è ancora chiaro se gli USA possano mandare a monte l’impresa, nel caso in cui non si trattasse di semplici indiscrezioni.
Nel frattempo, è arrivata la smentita del Pentagono, tramite il suo portavoce, generale di brigata Patrick Ryder, che ha ribadito di monitorare costantemente i rapporti tra Cina e Cuba.
Conclusioni
Siamo in una fase di fragili equilibri tra USA e Cina, a seguito anche del caso del pallone aerostatico cinese scoperto sui cieli americani qualche mese fa, ma da qualche tempo si sta comunque tentando di riattivare una linea di comunicazione tra i due Paesi. Staremo a vedere.