Il comma 25 dell’articolo 1 del disegno di legge numero 2435-A – riforma della Giustizia “Cartabia” – prevede che l’imputato assolto o l’indagato verso cui sia stato emesso decreto di archiviazione abbiano il diritto alla deindicizzazione sui motori di ricerca. Il diritto all’oblio.
Un ulteriore elemento di novità, nella riforma, rispetto all’impostazione precedente, basata sull’ideologia del “fine processo e fine gogna mai”.
Il testo del disegno di legge
Il testo blindato con la fiducia dal Governo Draghi recepisce un’esigenza normativa di ultima generazione, ossia l’attuazione del diritto all’oblio della persona coinvolta in un processo penale nel caso in cui non si arrivi ad una condanna.
Il comma 25 dell’articolo 1 del disegno di legge numero 2435-A prevede “Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, i decreti legislativi recanti modifiche alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, in materia di comunicazione della sentenza sono adottati nel rispetto del seguente principio e criterio direttivo: prevedere che il decreto di archiviazione e la sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione costituiscano titolo per l’emissione di un provvedimento di deindicizzazione che, nel rispetto della normativa dell’Unione europea in materia di dati personali, garantisca in modo effettivo il diritto all’oblio degli indagati o imputati”.
Il testo è stato modificato su proposta del deputato di Azione, Enrico Costa, con il parere favorevole del Governo e del relatore, Franco Vazio: nella versione originale, infatti, il diritto all’oblio non era previsto per l’indagato nei cui confronti fosse stato emesso decreto di archiviazione.
Cosa cambierà nel diritto all’oblio con la riforma Cartabia
Un provvedimento sostanzialmente assolutorio non era automaticamente idoneo a richiedere la deindicizzazione della notizia dai motori di ricerca e, tantomeno, la rimozione della notizia stessa dai siti web in cui fosse stata pubblicata in precedenza.
L’istanza di oblio tramite deindicizzazione poteva essere richiesta sia ai motori di ricerca che alle testate che avevano pubblicato la notizia, ma vi era un vuoto di tutela – o, almeno, un’alea legata alla tutela giudiziaria – nel caso di inerzia delle parti verso cui l’istanza era rivolta.
In concreto sarà necessario comprendere come verrà redatto il testo nel decreto legislativo: nella legge delega si parla, infatti, di diritto all’ottenimento di un titolo per l’emissione di un provvedimento di deindicizzazione.
Questo titolo potrebbe essere inserito direttamente nel decreto di archiviazione o nella sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione; non è chiaro la difesa dovrà fare una richiesta ad hoc o se il giudice potrà provvedere d’ufficio.
E’ evidente che la richiesta di un titolo specifico e diverso dal provvedimento che determina la nascita del diritto alla deindicizzazione sarà più onerosa per il cittadino e che, quindi, si dovrebbe preferire una scelta più “sintetica”, consentendo al giudice di provvedere officiosamente ed in via diretta.
In ogni caso la locuzione “titolo per ottenere un provvedimento di deindicizzazione” lascia intendere chiaramente l’intenzione di far ottenere un presupposto giurisdizionale per mettere in esecuzione forzata la deindicizzazione, non un provvedimento necessariamente esecutivo di per sé.
Conclusioni: fine del “fine gogna mai”
Tra le novità di questa riforma della giustizia, il diritto all’oblio per l’assoluzione non sembra essere certamente la più rilevante; eppure, non è così.
Una lettura più approfondita del contesto normativo porta, infatti, a vedere una progressiva affermazione dei diritti legati alla diffusione e notizie relative allo status giudiziario di ogni persona.
Tutti gli addetti ai lavori ricordano il recente – quanto sofferto – recepimento della direttiva UE 16/343 sulla presunzione di innocenza nell’ambito dei media.
Tematica non secondaria, poi, è quella legata alla pubblicazione di immagini di persone indagate o processate in manette e dei relativi provvedimenti dell’Autorità Garante per il trattamento dei dati personali.
Ora, è del tutto evidente come testate giornalistiche come il Fatto Quotidiano, la cui cifra stilistica è appiattita sullo scandalismo giustizialista, non vedano con favore tutto questo assetto normativo a favore di chi viene assolto o indagato.
E’ poi un dato di fatto come le stesse Procure della Repubblica perdano, grazie al diritto all’oblio per le assoluzioni, un fortissimo elemento di pressione, specie tenendo conto della tendenza al digitale anche da parte dei media “classici”.
Un’altra previsione normativa del 2021, peraltro, prevede il rimborso delle spese legali sostenute da chi abbia ottenuto una sentenza di assoluzione nel merito, con il limite di 10.000 euro.
Non è certo una somma che possa incidere sui grandi processi mediatici che vedono protagonisti politici e imprenditori, ma è un altro tassello importante per il cittadino comune.
Oggi, quindi, il diritto all’oblio previsto nella legge delega di riforma del processo penale del disegno di legge delega Cartabia costituisce, certamente, un altro importante tassello nella cultura garantista di un paese come l’Italia, ancora legato a modelli processuali polizieschi.