L’app Immuni”, scelta dal governo italiano, è caratterizzata dai medesimi grandi problemi manifestati da altre app in altri luoghi del mondo.
Sappiamo che basandosi sulla tecnologia bluetooth permette di registrare la vicinanza tra due smartphone entro un metro e di ripercorrere a ritroso tutti gli incontri di una determinata persona risultata positiva al Covid-19, così da poter rintracciare e isolare i soggetti potenzialmente contagiati.
Ma tutto questo funzionerà solo se superiamo alcuni problemi.
I problemi delle app simili a Immuni
Di quali problemi stiamo parlando? Sia chiaro, in questo non ci riferiamo a problemi di privacy, ma di mancanza di efficacia del sistema. Sono fondamentalmente due le caratteristiche che altrove hanno reso deludenti i sistemi di tracing: mancata diffusione e mancato utilizzo.
A Singapore, ad esempio, il mese scorso è stata lanciata una app di tracing che utilizza la medesima tecnologia di Immuni. Purtroppo, però, una simile applicazione per essere efficace, come afferma uno studio della Oxford University citato anche nel white paper del eHealth Network, doveva essere scaricata da almeno il 60% della popolazione mentre, nella realtà dei fatti, solo un sesto ha effettuato il download.
Risultato? il primo ministro di Singapore, Lee Hsien Loong, in un discorso alla nazione ha dovuto prendere atto di come tutt’ora il governo non sia stato in grado di tracciare compiutamente e di comprendere le modalità del contagio, circostanza questa riconducibile non tanto al mal funzionamento dei sistemi di tracing, quanto alla mancata diffusione degli stessi.
Del resto, era evidente fin da subito che un simile sistema per funzionare necessitava di una importante diffusione, motivo per cui molte nazioni hanno ritenuto preferibile passare da un approccio con adesione volontaria, ad un approccio che prevede invece l’obbligo di utilizzare la app, individuando un unico sistema da adottare per tutta la nazione in forza di imposizione di legge. L’approccio italiano in tal senso è di fatto un ibrido tra le due estremità: è stata difatti si scelta una sola app, ma sarà scaricabile in modo volontario.
Tutto starà nel capire in quanti la scaricheranno ed in quanti la useranno in modo corretto.
Già, perché questi programmi per funzionare richiedono l’utilizzo di un device e, di conseguenza, basta lasciare il device a casa per poter tranquillamente eludere il sistema.
Non solo, è possibile anche creare dei falsi positivi. Nel caso di persona con più telefoni mobili, di fatto c’è il rischio che, agli occhi di chi analizza il dato, risulti la presenza costante di un assembramento.
Non è del resto la prima volta che qualcuno riesce ad eludere il sistema di Google. Ricorderete tutti la storia di quell’artista che, pochi mesi fa (anche se sembra passata una vita) riuscì a ingannare Google Map utilizzando 99 vecchi smartphone, deviando il traffico veicolare di una città e liberando dalle vetture intere aree metropolitane. La stessa cosa potrebbe accadere con le app di tracing.
Braccialetti elettronici e sistemi di domotica per il controllo
Ed ancora, come comportarsi con quella parte di popolazione non proprio avvezza all’utilizzo di smartphone? A tal riguardo, il citato paper di eHealth Network suggerisce che le categorie digitalmente escluse vengano munite di soluzioni complementari basate sulla posizione (leggi: braccialetti elettronici obbligatori). Dispositivi indossabili che non necessitano di uno smartphone per funzionare e che, dice il paper: “sarebbero immediatamente utilizzabili, senza la necessità di una configurazione dell’app o di un pesante servizio clienti”. Insomma, perché spiegare ad un anziano come installare una app quando possiamo obbligarlo ad indossare un braccialetto?
Ma non ci si ferma qui, il documento in esame, giunge sino a proporre soluzioni di controllo incluse nei sistemi di domotica.
Pensate si tratti di follia? Di un futuro lontano? Beh, non è assolutamente così.
Del resto, questi sistemi indossabili risultano capaci di superare le due criticità sopra elencate e che hanno reso poco efficaci le app di tracing come quella adottata dal nostro Governo.
Pensiamoci: un sistema obbligatorio, sigillato addosso ad ogni persona, di sicuro non può essere lasciato a casa e non genera alcun tipo di falso positivo.
Non è un caso quindi se già negli Stati Uniti, un Giudice ha obbligato alcune persone ad indossare un braccialetto non dissimile da quello usato dai carcerati, al fine di imporre il rispetto del lockdown.
Certo, in questo caso americano si è trattato di una decisione ad hoc ma, altrove, il braccialetto è ormai una prassi. E’ ad esempio il caso di Hong Kong dove per assicurare che le persone in quarantena domestica obbligatoria non si allontanino dai confini dei loro appartamenti, il Governo ha adottato braccialetti elettronici al fine di avvisare le autorità nel caso di tentata violazione della quarantena obbligatoria.
In particolare, è previsto che per tutti i voli, le persone sbarcate vengano munite di braccialetti elettronici al fine di garantire il rispetto di un periodo di 14 giorni di quarantena obbligatoria.
Situazione del tutto simile in Nuova Zelanda ed in altre parti del mondo.
Insomma, osservando la situazione mondiale, non si può non prendere in considerazione la possibilità che una app come Immuni risulti del tutto insoddisfacente. E, lo ribadiamo ancora, stiamo parlando di incapacità di raggiungere il risultato sperato, senza nemmeno approfondire (per ora) l’effettiva adeguatezza sotto il punto di vista del trattamento dati.
Forse dalla taskforce governativa ci si aspettava per lo meno che si evitasse di fare scelte già poco performanti in altre parti del mondo.
Forse è ancora possibile rimediare, ma è chiaro che, restando così le cose, il rischio di addivenire a scenari distopici, come quelli sopra illustrati, è molto concreto.
L’importanza di valutare le proprie scelte
Per questo sono ormai settimane che si cerca di sensibilizzare le persone sull’importanza di valutare le proprie scelte. Accettare oggi, con troppa disinvoltura, la sottrazione di diritti fondamentali (come quello alla riservatezza) potrebbe portare domani alla perdita di ulteriori libertà. Oggi parliamo di app, domani di braccialetti e tra un mese, magari, di chip sottopelle. Tutto per combattere una guerra che, in ogni caso, difficilmente vinceremo senza una adeguata cura. Le soluzioni tecniche, del resto, non sono davvero delle soluzioni. Per questo, pur ritenendo necessario abbandonare i dogmi, non posso non pensare che stiamo collezionando una serie di decisioni ibride, sbagliate. Sarà forse la paura di non accontentare tutti, ma il risultato è che “Immuni” rischia seriamente di fallire e questo ancora prima di essere scaricata.