Il contagio da Covid 19 ha acceso i riflettori del mondo sull’intreccio sempre più stretto tra medicina, informatica, robotica e telecomunicazioni e la conseguente rilevanza trasversale della Cybersecurity.
Alla luce di questa rinnovata attenzione e della delicatezza della questione, la scorsa settimana il Copasir (come preannunciato nelle settimane scorse dagli Onorevoli Raffaele Volpi, Adolfo Urso e Enrico Borghi durante le loro lezioni agli allievi del Master Intelligence e Sicurezza che ho l’onore di dirigere) ha espresso parere positivo in merito alla riorganizzazione ed al potenziamento del DIS nell’area Cybersecurity e Telecomunicazioni. Il Copasir ha inoltre invitato il Governo a rafforzare le misure per contrastare le campagne di influenza e disinformazione nonché per la salvaguardia dei principali asset nazionali nel comparto bancario e assicurativo.
Facciamo allora di seguito una panoramica sugli effetti nel breve periodo, positivi e negativi, della accelerazione esponenziale nell’utilizzo delle reti e tecnologie digitali in tutto il pianeta prodotta dalla pandemia innescata dal focolaio di Wuhan tra l’ottobre ed il novembre 2019.
Prima, mi preme però ricordare un dato essenziale che non mi stanco mai di ripetere ai miei allievi. Quando si analizza l’impatto dei processi di digitalizzazione è sbagliato generalizzare. Innanzitutto, esistono grandi diversità nazionali in termini di reti di telecomunicazione, di innovazione tecnologica e di ricerca scientifica, ma contano molto anche le differenze tra gli Stati (nazioni democratiche versus/regimi illiberali), le tradizioni culturali e religiose (secolarizzazione versus stati teocratici), lo sviluppo economico (paesi ricchi versus least development countries). Per quanto attiene, infine, alla politica interna, gli effetti della rivoluzione digitale cambiano in relazione ai livelli di diseguaglianza tra cittadini dello stesso paese; disuguaglianze da mettere in relazione alle profonde differenze nei sistemi di istruzione, sanitari e di welfare (approccio universalistico versus assistenza caritatevole e/o marginale, ecc.).
I vantaggi della crescita digitale
Nel breve periodo i vantaggi nella crescita dell’utilizzo di reti e tecnologie digitali sono evidenti e di grande portata. Nella terribile emergenza mondiale che stiamo vivendo, moltissime attività stanno proseguendo da remoto. Le nuove tecnologie fanno funzionare le scuole e le università e il telelavoro da casa riduce notevolmente il rischio di contagio, evita la disoccupazione per milioni e milioni di lavoratori e impedisce la paralisi totale delle attività economiche. Rispetto alle epidemie del passato anche chi é costretto a lavorare può avvalersi utilmente di supporti digitali. Il personale medico e paramedico, i farmacisti, le forze di polizia ed il personale addetto ai servizi essenziali (non ultimi gli addetti ai negozi alimentari) hanno la possibilità di comunicare con tempestività e precisione con i propri smartphone e personal computer. Taluni possono anche utilizzare dispositivi innovativi quali la stampa 3D e la ”augmented reality”.
Le piattaforme video rendono, inoltre, possibili contatti da remoto tra cittadini e medici di famiglia. In molti casi esse offrono l’opportunità di utilizzare strumenti avanzati di telemedicina (o eHealth che dir si voglia) sia per numerose tipologie diagnostiche sia come supporto e consulenza per interventi chirurgici. Da non trascurare, infine, la dimensione degli scambi personali e familiari quali le lunghe videochiamate tra nonni e nipoti che si avvalgono di una varietà di piattaforme digitali. Un ultimo fattore positivo si riferisce a una materia complessa che sarà approfondita nei prossimi paragrafi. La possibilità di tracciare tramite i contatti telefonici pregressi i soggetti risultati positivi al Covid 19 consente di informare le persone con le quali sono entrati in contatto e assumere le misure precauzionali conseguenti. Il processo di tracciamento per via telefonica può identificare anche un cluster più ampio ingrandendo la catena di contatti per prevenire ulteriori contagi. Tuttavia, questa utilissima opportunità – come ha anche ricordato il Garante della privacy Antonello Soro deve seguire regole molto precise.
È infatti molto alto il rischio di scivolare nell’area grigia delle intrusioni digitali indebite e/o di facilitare “furti” di dati sanitari. Reati di cui il cittadino può benissimo non accorgersi perché le sue informazioni sanitarie vengono semplicemente copiate.
Gli effetti negativi
Esiste ovviamente l’altra faccia della medaglia (la dimensione che Isaac Ben Israel equipara al “the dark side of the moon”). Le minacce e le patologie digitali sono seguite con particolare apprensione dai governi e parlamenti dei paesi democratici. Esse sono attentamente monitorate dalle agenzie governative preposte alla tutela della sicurezza nazionale, alle libertà civili e alla privacy, alla sanità pubblica e alla pubblica sicurezza. Per gli organismi governativi di intelligence le società digitali in cui siamo immersi impongono profonde riforme organizzative. Da un lato la compartimentazione tra Humint e Sigint richiede nuove forme di integrazione, dall’altro l’ambiente in cui si opera è profondamente diverso. I confini tra estero e interno, pubblico e privato appaiono decisamente più sfumati. Per quanto attiene la comunicazione pubblica con l’irrompere del Covid 19 le campagne di influenza e disinformazione sono aumentate in modo impressionante.
Inquinamento della rete e fake news sull’Italia
Nelle ultime settimane si assiste ad un tasso di inquinamento della Rete che senza precedenti nella storia di Internet. Una enorme nube tossica che – nonostante le solenni promesse alla Casa Bianca – i big tech occidentali non riescono a mitigare. Oltre ai notissimi bot (attribuiti a robot russi, ai cinesi e ai loro proxi) due episodi di disinformazione meritano di essere evidenziati perché chiamano in causa ingiustamente il nostro paese. Il primo fake – pubblicato per la prima volta sull’account Twitter del notissimo quotidiano cinese Global Times – insinua la possibilità che l’Italia sia il primo focolaio della pandemia. Il Global Times cerca di far intendere che il Coronavirus potrebbe essere stato esportato dall’Italia alla provincia dell’Hubei, epicentro dell’epidemia in Cina. La seconda notizia é espressione di una propaganda forse più sofisticata. I medici cinesi – invitati dalla loro ambasciata a Roma e dal nostro Ministro degli Esteri – a visitare ed aiutare i presidi sanitari italiani – al loro rientro a Pechino – hanno dichiarato che Italia ha compiuto gli stessi errori della Cina. È fuori discussione che nelle primissime fasi in Italia come negli altri paesi europei, le forze politiche (e non pochi esperti) siano rimaste spiazzate dalla virulenza e velocità dei contagi. Come è noto una situazione particolarmente difficile si è ad esempio determinata nelle RSA. Tuttavia, mettere tutti gli Stati sullo stesso piano è inaccettabile. Non è tollerabile “subire ramanzine” da chi ha creato un terribile disastro mondiale per aver agito con tanto ritardo.
A chi vorrebbe sgridarci ricordiamo senza spirito polemico che in Cina un intreccio di miopia politica, inazione e censura ha consentito al virus di diffondersi in tutto il mondo.
Altre patologie della società digitale che speculano sulla pandemia
La disinformatia non è peraltro l’unico fenomeno negativo che dobbiamo contrastare sul fronte digitale. In queste tragiche settimane cresce lo spionaggio industriale e vi è un consistente aumento di attività criminali: furti negli account di e-banking, usura, truffe e operazioni di riciclaggio soprattutto tramite il mercato delle crypto-valute. Sciacalli di ogni genere e grandi centrali internazionali della criminalità organizzata vogliono sfruttare al massimo la pandemia. In questa cornice è aumentato in modo esponenziale l’ eCommerce di ogni genere di falsi rimedi contro coronavirus e il mercato di farmaci fake e di prodotti sanitari inefficaci (mascherine, ecc.) .
Il 27 marzo un report di Europol/C3 ha messo chiaramente in evidenza l’aumento dei reati digitali e la crescita di attività criminali collegate alla pandemia.
Merita segnalazione, infine, un ultimo aspetto negativo nella sfera cosiddetta onlife. Con la pandemia, la sindrome della “digital dependance“ che colpisce abitualmente gli adolescenti si sta estendendo agli anziani affetti da ludopatie compulsive. Chiusi tra le mura domestiche sono costretti a utilizzare – tramite cellulari, app e internet provider – le numerose piattaforme di scommesse e giochi di azzardo online i cui data center e gestori hanno sede in molteplici paradisi offshore sparsi in tutti i continenti.
Il coraggio e il sacrificio del dottor Li Wenliang
La tragica morte del dottor Li Wenliang e la sua fredda riabilitazione postuma del 19 marzo scorso é la riprova di quanto tempo sia stato perso e quanti punti oscuri abbiano condizionato il processo decisionale. Per consentire a tutti i lettori di farsi una loro idea è utile riportare integralmente in nota la lunga dichiarazione postuma con cui il 20 marzo 2020 vengono revocati al dott. Li Wenliang i provvedimenti di polizia[1]
In sostanza dal 17 novembre 2019 (secondo alcune fonti addirittura dal 23 ottobre) i primi casi di contagio sono stati tenuti nascosti sino al 23 gennaio 2020 quando, dopo due mesi di silenzio, Pechino ha dato l’allarme e le severe misure di contenimento sono finalmente iniziate. Proprio quel giorno un collega del dottor Li Wenliang dell’ospedale di Wuhan ha dichiarato in TV:
“People are getting phone messages from the authorities, with advice about precautions and what to do if you have symptoms. Screening is difficult because of the one-week incubation period – people may be travelling without realising they have the virus. That means the actual figure of people infected is probably higher”.
Come ha recentemente ricordato un sinologo e docente di grande esperienza, Francesco Sisci – celebre la sua intervista a Papa Francesco alla TV di Stato cinese – mettere in luce i ritardi e i lati oscuri del Covid 19 fa bene, aiuta un dialogo sincero con la Cina. Ben vengano le donazioni e le forniture dalla Cina. E anche la cooperazione italo-cinese deve continuare, ma occorre un salto di qualità evitando i colpi bassi della propaganda facile e soprattutto elevando il livello politico e culturale del confronto serrato e costruttivo facendo meno di intermediari compiacenti.
Per una nuova fase della cooperazione tra Italia, Europa e Cina
La Cina attraversa una crisi difficile, certamente la peggiore dal 1979. Nonostante il totalitarismo digitale a cui abbiamo accennato, è interesse di tutto il mondo dare supporto al popolo cinese e assumere un atteggiamento costruttivo verso la Cina, player fondamentale per la ripresa dell’economia globale. Certo, data la grande esperienza italiana nel contrasto alle mafie, una cooperazione più intensa potrebbe essere ampliata a questo settore anche per aiutare maggiormente le autorità nella lotta alla corruzione e nel contrasto alle triadi. Cooperare non significa non esplicitare alcune preoccupazioni come ad esempio in merito alla sorveglianza digitale di massa: il Social Credit System è distante dalle nostre abitudini di cittadini adulti. I meccanismi di punizione e premi esistono anche dalle nostre parti, ma solo per educare i bambini.
Ma c’è un problema più serio che tocca le relazioni interstatali. Come ho accennato in altra sede la legislazione cinese impone alle aziende di telecomunicazione precisi obblighi di comunicazione dei dati e delle informazioni di cui sono in possesso al Ministero dell’Interno. L’auspicio è che questi obblighi di legge siano presto rimossi perché ostacolano – con danno reciproco – la crescita di una trasparente cooperazione bilaterale in ambito telco e digitale.
Pandemia e tracciabilità digitale dei cittadini
A proposito di sorveglianza digitale di massa, nello scorso decennio i cittadini americani ed europei hanno criticato aspramente le intercettazioni a strascico effettuate dalla NSA. Le tecnologie digitali integrate con il supporto della AI (cellulari, videocamere e droni) favoriscono il controllo capillare e costante della vita dei cittadini. Come accennato in precedenza questo rischio si ripropone in tutto il mondo nell’attuale fase di emergenza. Come e entro quali limiti procedere al tracciamento digitale delle persone positive per combattere l’epidemia? Israele e Estonia offrono ai decisori politici ed alla comunità scientifica due casi da esaminare con cura. È interessante osservare ad esempio come i vertici della magistratura abbiano imposto al governo israeliano vincoli giuridici molto precisi in materia di tracciamento telefonico dei cittadini positivi al Covid-19. Anche in Estonia si cercano soluzioni per conciliare, per quanto possibile, il primario diritto alla salute con il rispetto delle libertà civili. Non è ancora ben chiaro cosa succederà in Italia. In questi giorni il Ministro Paola Pisano ha costituito una commissione composta da ben 75 esperti (pletorica?). Nel momento in cui proliferano a dismisura gli sviluppatori di App. l’auspicio è che prima di decidere si tengano in debito conto i successi e i fallimenti delle esperienze straniere.
Le preoccupazioni del Copasir
Abbiamo accennato all’inizio al ruolo particolarmente attivo del Copasir nel biennio 2019-2020. Ci limitiamo qui a ricordare le preoccupazioni espresse all’unanimità dal Copasir sul ruolo delle aziende cinesi (fornitori dei grandi operatori telefonici e pertanto ampiamente coinvolte nella fase di sperimentazione del 5G). Parliamo, per capirci, dei fornitori di TIM, Open Fiber, Iliad, Wind3 (già cinese perché controllata da Hutchinson al 100%). Per i non addetti ai lavori, le preoccupazioni del Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti appaiono temi da ricercatori e specialisti. La pandemia viceversa mette tutti i cittadini di fronte ai rischi evocati dal Copasir.
A nessun paziente (sia egli cittadino cinese, americano, inglese, russo, tedesco, italiano) fa piacere sapere che le sue analisi mediche, la sua cartella clinica, le sue malattie e tutta la sua storia sanitaria possano essere esposte in una pubblica piazza, fisica o digitale che sia. O, peggio, sapere che i suoi dati sanitari stanno facendo il giro del mondo alla ricerca del miglior compratore. Essi costituiscono, infatti, una merce preziosa per profilare le persone. Interessano a tutte le società di marketing e sono particolarmente ben pagati dalle compagnie assicurative perché consentono di aumentare i margini di profitto delle loro polizze sulla base del microtargeting personalizzato.
Con la Cina occorre avviare un confronto anche su questi temi. Per la profonda diversità delle culture politiche i valori della dignità della singola persona da un lato e quelli della sua reputazione sociale dall’altro sono stati vissuti sino ad oggi come valori contrapposti. Forse é giunto il momento di cercare forme di convergenza: la dignità dell’individuo e la sua reputazione sociale non sono necessariamente in antitesi.
Tutti i fattori che favoriscono la pandemia
Di fronte alla crescita esponenziale dei morti, la gara tra superpotenze per stabilire chi é il più bravo a contrastare la malattia e/o chi arriva primo a trovare il vaccino è espressione aberrante di narcisismo politico. Non ha niente a che fare con la conquista dello spazio o alla gara per chi atterra per primo sulla luna. La posta in gioco è molto più importante: la vita o la morte di milioni di persone e non solo per il Covid-19 (pensiamo all’Africa). Serve un atteggiamento opposto: l’avvio di un vero spirito di collaborazione internazionale in materia sanitaria. Certo, l’intreccio crescente tra medicina, informatica e telecomunicazioni solleva temi delicati circa la sicurezza dei dati sanitari ed il rispetto della privacy dei cittadini. E come abbiamo già visto su questo ci sono sensibilità profondamente diverse. Con ogni probabilità saremo destinati a convivere ancora a lungo con il dualismo tra mondo libero e regimi illiberali, ma questo non deve impedire la possibilità di combattere insieme per il diritto alla salute a partire dalla pandemia provocata dal Covid-19.
Sistema Sanitario Nazionale e sicurezza digitale in Italia
Per quanto riguarda l’Italia, il futuro digitale si presenta incerto non tanto per l’assenza di regole, ma di strumenti a disposizione delle autorità pubbliche e del bene comune. TIM é in mani straniere e si può muovere nel mondo a 360 gradi con grande agilità. Nel contesto attuale sorge spontanea una domanda. Supponiamo che TIM per mettere a regime il 5G decida di avvalersi di componenti, di servizi e di fornitori cinesi (o di altri paesi estranei ai nostri sistemi di alleanze). In questo scenario quali sono i rischi a cui potrebbero andare incontro i dati sanitari di decine di milioni di italiani?
Non so se tra i poteri del presidente del nuovo Comitato di Sorveglianza di TIM, il celebre magistrato antimafia Giuseppe Pignatone, ci sia anche la possibilità di controllare con esperti di propria fiducia la sicurezza delle reti e dei dati per impedire che senza il loro consenso si determini la fuga e la commercializzazione dei dati sanitari in altri paesi. Ho parlato di TIM per la sua storia, ma ovviamente il discorso è analogo per tutti gli altri operatori. Il tema è di assoluta importanza per l’emergenza in corso e per i suoi risvolti costituzionali. La conversione in legge del Decreto Cura Italia è l’occasione che il Parlamento ha per rimediare alla confusone attuale. Non possiamo permetterci di mettere a rischio i nostri dati sanitari come dobbiamo salvaguardare il nostro patrimonio scientifico e industriale nella prospettiva dell’internet of things. Se le forze politiche non definiscono una norma chiara e penetrante sul “Golden Power” inteso nella sua accezione più ampia sono guai. La ripresa economica passa dal 5G e dalla broadband e senza una legislazione capace di difendere gli interessi nazionali e l’orizzonte europeo l’Italia questa volta rischia davvero grosso.
Diritti e società digitali
Chiusa questa breve parentesi sul nostro paese dobbiamo allargare lo sguardo e chiederci se nelle società digitali ha ancora senso la storica contrapposizione tra diritti della persona e diritti sociali nel corso del XX secolo. La necessità di combattere con ogni mezzo la pandemia sta forse creando spazio per una ricomposizione. Certo in queste settimane – come sottolinea un recente rapporto dell’ISPI – crescono i fenomeni di balcanizzazione del web. Tuttavia, il diritto alla salute è simultaneamente diritto dei singoli e diritto dei popoli. Di fronte alla pandemia la polarizzazione politica e giuridica tra diritti sociali e diritti individuali si scioglie come neve al sole. Per questo la Global Health potrebbe diventare la nuova dimensione di dialogo tra sistemi politici diversi. Per citare le parole di Papa Francesco: “quando combattiamo l’epidemia siamo tutti sulla stessa barca”.
Davide ha superato Golia
Nella situazione che abbiamo appena descritto, molti giornalisti hanno parlato di “modelli”, e hanno sbagliato. In televisione abbiamo sentito parlare di modello cinese, di modello italiano, di modello coreano, di modello lombardo e via discorrendo. La moda di evocare modelli non ci porta da nessuna parte perché produce solo stereotipi.
Più promettente è invece scavare in profondità, alla ricerca di singoli casi e comunque di dati seriamente comparabili. In questa prospettiva può essere utile mettere a fuoco come si sono mossi nella grande Cina e nel piccolo Singapore nei tre giorni intercorsi tra il 31 dicembre 2019 e il 2 gennaio 2020. Martedì 31 dicembre 2019 la Cina ha inviato alla Organizzazione Mondiale della Sanità la prima comunicazione ufficiale sulla situazione di Wuhan. Il testo appare piuttosto rassicurante: il virus non si trasmette da persona a persona e non ci sono particolari rischi per il personale sanitario. Solo due giorni dopo giovedì 2 gennaio 2020 il governo di Singapore intraprende una strada del tutto opposta. Il Ministero della Sanità impone a tutti i cittadini restrizioni molto severe ed efficaci. Come si spiega una differenza cosi macroscopica? Possiamo immaginare che qualche voce preoccupata sia filtrata a Singapore dall’ospedale di Wuhan. Possiamo ipotizzare che la SARS del 2003 abbia suggerito di agire con la massima prudenza. Oppure nell’ecosistema tecnologico di Singapore tra i più avanzati al mondo le tecnologie digitali abbiano permesso di delineare la possibilità di scenari negativi. È un mistero e la curiosità è tanta. A Singapore l’informazione è libera e dalla stampa locale si possono cogliere spunti interessanti. La reazione diametralmente diversa tra Cina e Singapore merita un’indagine ad hoc. Quale migliore occasione per il giornalismo investigativo. Perché Singapore ha agito con rapidità? Come e perché David ha superato Golia?
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- China on Thursday released the report of an investigation conducted by the National Supervisory Commission into issues concerning doctor Li Wenliang. Li, an ophthalmologist at the Central Hospital of Wuhan and a member of the Communist Party of China (CPC), was infected with the novel coronavirus at work and died on Feb. 7, 2020. He was 34. The investigation team was formed on the same day Li died.According to the report, in December 2019 several hospitals in Wuhan, capital of Hubei Province, received a certain number of patients with pneumonia of unknown cause. On Dec. 30, the Wuhan Municipal Health Commission issued internal documents ordering efforts to treat patients with pneumonia of unknown cause. On the same day, soon after receiving information forwarded to him by a colleague, Li posted in one of his WeChat chat groups text messages including “seven SARS cases were confirmed at Huanan fruits and seafood market”, a photo and a video clip. He later sent more messages to the chat group: “According to the latest information, it is confirmed to be coronavirus infection. The type of the virus is being determined.” “… Please alert your families to take precautions.” The messages, along with other similar information, led to public attention and discussions. On Jan. 3, 2020, a local police station of the Wuhan Public Security Bureau summoned Li for a talk in line with the spirit of Wuhan’s arrangements on preventing and controlling the epidemic of pneumonia of unknown cause. During the talk, Li said it was wrong to send the SARS-related messages in a WeChat group. A letter of police reprimand was issued to Li. On Jan. 10, Li developed a fever. He was hospitalized on Jan. 12 at the ophthalmology ward of the Central Hospital of Wuhan before being transferred to the No. 3 ward zone of the hospital’s respiratory and critical care department two days later. Li was transferred to the intensive care unit of the respiratory and critical care department on Jan. 23 and died on b. 7. Li’s attending doctors said the treatment for him was procedure-based and timely and the medical workers did their best. Wuhan Municipal Human Resources and Social Security Bureau has identified Li as a case of occupational injuries, for whom a workplace death subsidy and a funeral subsidy have been paid in accordance with regulations. Li’s family has also received payment from a donated insurance scheme. The investigators have suggested that local supervisory authorities look into the issuance of the reprimand letter to Li, which was inappropriate and failed to respect relevant law enforcement procedures, and urge police to revoke the letter and hold those responsible accountable and release the results in a timely manner. The investigative team went to Wuhan on Feb. 8 to conduct a thorough probe. After the investigation, the basic facts have become clear, said an official in charge of the investigation. The official said Li was not intended to disturb the public order by posting the messages in the WeChat group. It should be noted that related departments and experts had yet to make a definitive diagnosis for the cases of pneumonia of unknown cause and had not accurately understood the epidemic at that time. Under such circumstances, Li forwarded the messages without verification. Part of the contents did not fully correspond with the reality, the official said. The Central Hospital of Wuhan did not give Li any punishment. His license as a practicing doctor was not revoked, the official said. For those who were found in the investigation to have been slow in their response to the epidemic, loose in their prevention and control measures and have failed to perform their duties, further investigations will be launched to hold them accountable, the official said. Li forwarded and posted the related information in order to remind his classmates and colleagues to take precautions. The information he posted has been widely circulated, which has, in effect, helped draw a high degree of attention to the epidemic and facilitated the prevention and control, said the official. Li was one of the health workers honored by the National Health Commission and other related authorities on March 4 for fighting COVID-19, which is an acknowledgment and commendation for his work, said the official. The official added that some hostile forces, aiming to attack the CPC and the Chinese government, have given Li labels including an anti-establishment “champion” — which is completely untrue. Li, a Party member, was not an “anti-establishment figure,” the official said. Those hostile forces with ulterior motives, who tried to stir up trouble, delude people and instigate public emotions, are doomed to fail, the official added. http://www.china.org.cn/china/2020-03/20/content_75836863.htm ↑