Il fenomeno finanziario delle criptovalute è in crescente evoluzione. L’ecosistema delle valute virtuali e i soggetti che prestano servizi in tale settore hanno conquistato un ruolo di primaria importanza all’interno della società globale.
In particolare, il bitcoin – più famoso tra le predette valute – è stato specificatamente concepito come sistema di pagamento basato sulla crittografia indipendente da qualsiasi ente terzo “fidato” che ne garantisca l’integrità e il funzionamento, in alternativa a quello tradizionale rappresentato dal sistema bancario.
Invero il bitcoin, nato come strumento di pagamento alternativo alle valute aventi corso legale, si è presto trasformato in prodotto d’investimento prevalentemente speculativo, data la sua estrema volatilità.
Indice degli argomenti
La natura delle valute virtuali
Le attività commerciali o società che lo accettano, lo utilizzano il più delle volte o per trasferire denaro ad altri utenti del mondo virtuale o lo conservano all’interno del proprio wallet a fini speculativi.
Da precisare che seppur chiamate criptovalute le valute virtuali non possono essere equiparate alla moneta in senso proprio: difatti l’art. 1, comma 2, lett. qq) d.lgs. 231/2007 ( in seguito alle modifiche apportate con il d.lgs. 125/2019) definisce la valuta virtuale come “La rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente.
Distinzione da altre forme di moneta
Altrettanto le criptovalute non possono essere equiparate alla “moneta elettronica”, come anche precisato da recente giurisprudenza (ci si riferisce alla sentenza n. 5116 del 5 aprile 2023 della Seconda sezione penale del tribunale di Milano e della sua riforma in Corte d’Appello di Milano (n. 1879 del 13 giugno 2024), in materia di abusiva emissione di moneta elettronica); difatti le sentenze citate nel testimoniare l’interesse della Magistratura per le “cripto-attività”, mediante l’analisi della Corte di Appello arrivano a chiarire la distinzione ontologica che intercorre tra la valuta virtuale e la moneta elettronica, escludendo nel caso di specie la configurabilità dei reati di abusiva emissione di moneta elettronica e di abusiva attività finanziaria.
La tecnologia blockchain
In merito al funzionamento delle criptovalute, la tecnologia software utilizzata dalla maggior parte di esse è la blockchain, un registro distribuito che memorizza le transazioni in modo immutabile e pubblico. Va rilevato che la blockchain non si limita all’uso nel settore delle cripto-attività, ma può supportare diverse applicazioni aggiuntive grazie alle sue caratteristiche di sicurezza e trasparenza: difatti una volta completata, ogni transazione registrata in blockchain diventa sostanzialmente irrevocabile e il registro è consultabile da tutti gli utenti della rete.
Rischi e uso illecito delle criptovalute
Di contro le caratteristiche intrinseche delle criptovalute e del cyberspazio dove esse “circolano” le rendono particolarmente appetibili per essere utilizzate per commettere reati di qualsiasi tipologia. Il luogo virtuale delle attività illecite sembra essere principalmente il Dark Web, dove criptovalute come Bitcoin, e, soprattutto, Monero e Z-Cash, che garantiscono anonimato, sono un mezzo privilegiato di pagamento per la compravendita di prodotti illegali all’interno di vetrine on line chiamate marketplace o darkmarket.
Difatti le criptovalute, per le caratteristiche naturali di decentralizzazione e pseudoanonimità, vengono percepite come un ottimo strumento per condurre attività di riciclaggio. Per quanto le transazioni sono riscontrabili pubblicamente sulla blockchain, che contiene lo storico dei movimenti, le principali problematiche risiedono nel capire chi si cela dietro al wallet.
Le sfide per le autorità
Conseguentemente il diffondersi dell’utilizzo delle criptovalute tra gli utenti sta portando sempre di più all’attenzione delle Autorità Giudiziarie la necessità di condurre indagini efficaci che permettano di poter utilizzare nei procedimenti penali prove significative per supportare le tesi proposte dai Pubblici Ministeri.
Ancor più complesso – soprattutto sul piano pratico – si è rivelato il tema relativo alla possibilità di disporre un sequestro preventivo a seguito di reati e, in particolare, la successiva confisca di valute virtuali per l’acquisizione delle stesse al patrimonio dello Stato. In merito al sequestro preventivo, naturalmente ci si dovrà riferire all’ 321 c.p.p. – che come noto – attribuisce al giudice il potere di adottare, nelle more del procedimento penale, un decreto di sequestro con il quale apporre un vincolo di indisponibilità su una determinata res, a fini cautelari.
Procedure di sequestro
In merito al sequestro di un wallet, in mancanza di un’autorità centrale che possa fornire informazioni attendibili o garantire la conservazione di quanto si vuole sequestrare, le modalità operative da seguire in sede di sequestro sono affidate alle prassi operative adottate dalla polizia giudiziaria, in via di consolidamento. Le tipologie di sequestro cui può essere sottoposto un wallet sono il sequestro conservativo (artt. 316 e ss. c.p.p), finalizzato a garantire il pagamento delle pene pecuniarie, delle spese di giustizia e di eventuali risarcimenti danni; il sequestro preventivo (artt. 321 e ss. c.p.p), per impedire che “la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati”; e il sequestro probatorio (artt. 253 e ss. c.p.p.), finalizzato all’acquisizione del corpo del reato o di cose ad esso pertinenti. Qualunque sia la tipologia di sequestro da eseguire, non cambiano gli accorgimenti da adottare al fine di garantirne l’efficacia: non basta, infatti, sottoporre a sequestro il dispositivo su cui è conservato il wallet o effettuarne una copia forense poiché l’indagato potrebbe, al termine dell’attività di polizia giudiziaria, avere nuovamente accesso al contenuto del citato portafoglio elettronico detenendo celata la copia della sua seed phrase e movimentare le criptovalute contenute nello stesso.
Al riguardo la polizia giudiziaria utilizza diverse prassi operative, alcune delle quali prevedono la presenza di un consulente informatico opportunamente nominato, e la creazione di un apposito paper wallet su cui trasferire le criptovalute da sottoporre a sequestro, altre la creazione di paper wallet con sistemi più sofisticati (es. utilizzo per blockchain ethereum del multi signature on chain), in ogni caso rimane fondamentale il coinvolgimento degli exchange, cioè le piattaforme di scambio nelle quali è possibile comprare e vendere le criptovalute.
In ogni caso le predette procedure operative, in via di affinamento, si scontrano con una realtà particolarmente complessa che vede i criminali operare spesso da paesi non collaborativi o in reti estremamente complesse da individuare o attraverso l’utilizzo di sistemi in grado di confondere i tracciamenti dei flussi di denaro (strumenti di mixing).
Analisi e statistiche sui crimini informatici
Al fine di dare un breve quadro delle ultime tendenze del crimine informatico è possibile fare riferimento al documento di analisi della tecnologia blockchain della società americana “Chainalysis” che ha pubblicato il “2024 Cripto Crime Report” .
L’analisi evidenzia il coinvolgimento delle criptovalute in sempre più ampi contesti criminali riferibili ai mercati illeciti del Dark Web, al ransomware (innesto di virus informatici che limitano/escludono l’utilizzo dei dati per una successiva richiesta di estorcere denaro) che risulta in continuo aumento, al riciclaggio di denaro, alla manipolazione del mercato, al furto di dati e di fondi, alle truffe, al finanziamento del terrorismo attraverso una complessa rete finanziaria di intermediari e le campagne di donazione/crowdfunding, alla diffusione di materiale pedopornografico con un totale delle transazioni illecite che nel 2023 si è attestato a oltre 24 miliardi di dollari.
In Italia il citato report ha identificato transazioni illeciti per un valore di 450 milioni, dato in decrescita rispetto al 2022.
Anche i dati provenienti dalla relazione annuale dell’Agenzia della Cybersicurezza nazionale evidenzia come l’Italia sia sempre più nel mirino dei cyber criminali.
Nel 2023 sono aumentati gli attacchi informatici del 29 % in più rispetto all’anno precedente con i soggetti colpiti che sono passati da 1150 ea 3302 e sono aumentati in maniera significativa gli eventi cyber che hanno riguardato le istituzioni pubbliche del paese (+163 %).
Reazione delle forze di polizia
In un mondo sempre più interconnesso dove le distanze vengono annullate, le organizzazioni criminali sfruttano la potenzialità della tecnologia per trovare nuovi spazi digitali come fossero territori di conquista nei quali operare e utilizzano hacker per effettuare operazioni finanziarie particolarmente complesse.
Per affrontare queste delicate sfide operative, le Forze di polizia continuano a incrementare le proprie capacità nello specifico settore attraverso una continua formazione specialistica, il miglioramento delle strutture informatiche, l’affinamento delle procedure operative di cui abbiamo già fatto cenno, e il rafforzamento della cooperazione internazionale.
La sfida è sicuramente complessa e si focalizza sulla capacità di riuscire a “deanonimizzare” i soggetti criminali operanti nel web, ma sono già significativi i risultati operativi tra i quali si evidenzia quello ottenuto dalla Sezione Criptovalute del Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria nel giugno 2024 che, a seguito di attività illecita in merito a reati di abusivismo finanziario e riciclaggio, per un soggetto che si definiva “un bancomat 24 ore” in grado di cambiare elevati importi di denaro contante in criptovalute, ha permesso il sequestro di bitcoin, trasferiti su portafogli dedicati, attraverso l’uso di tecniche e software sviluppati direttamente dal Reparto Specializzato dell’Arma, che consentono la creazione dei wallet garantendo una elevata sicurezza.
Regolamentazione e sfide future
Concludendo la presente analisi va rilevato che attesa la diffusione delle criptovalute, i diversi Regolatori si stanno attrezzando per definire e regolare il fenomeno. Nella UE possiamo evidenziare la recentissima entrata in vigore del Reg U.E. 2023/1114 UE) 2023/1114 sui mercati delle cripto-attività, noto come MiCAR (Markets in Crypto-Assets Regulation) e nel panorama nazionale il Decreto Legislativo n. 129 del 5 settembre 2024, di adeguamento alla predetta normativa. L’UE ha proposto anche norme antiriciclaggio più severe per le transazioni in criptovalute, tra cui l’obbligo per i fornitori di servizi di criptovaluta di registrarsi e di condurre una due diligence sui clienti. Difatti la vigente disciplina relativa agli obblighi antiriciclaggio ha subito una importante modifica a seguito della emanazione del d. lgs. 4 ottobre 2019, n. 125 in ossequio al dovere di recepimento dell’Italia della Direttiva (UE) 2018/843, c.d. V Direttiva antiriciclaggio. Tuttavia malgrado le aspirazioni normative, la natura a-territoriale dei “crypto-assets” rappresenta una sfida unica per i regolatori, posto che questi non sono limitati dai confini geografici e operano su una rete globale decentralizzata, rendendo difficile l’applicazione delle normative tradizionali basate su confini nazionali e ancor più complesse le operazioni di polizia giudiziaria.
Nonostante questa importante cornice giuridica, rimangono da migliorare importanti aspetti operativi, in particolare la creazione di un Fondo Unico di Giustizia dedicato al settore e una migliore collaborazione degli exchange di criptovalute, che potrebbero fornire ulteriori strumenti fondamentali per le indagini nello specifico settore.