L’intelligence è oggi quasi di moda perché si sta registrando un’evidente evoluzione culturale: da luogo oscuro oggi essa viene considerata uno strumento fondamentale per contrastare il terrore e la criminalità. In tale quadro, le tecnologie applicate all’intelligence e utilizzate dalla stessa rappresentano un’area centrale, sebbene non esclusiva. Infatti non solo affidarsi principalmente agli strumenti cyber porta a catastrofi come quella dell’11 settembre, ma sopratutto occorre comprendere che, maggiormente si sviluppano le tecnologie, sempre più diventa insostituibile il fattore umano. È un ambito estremamente delicato in cui occorre ricercare un indispensabile equilibrio tra libertà e sicurezza nell’era della sorveglianza globale che di fatto rende inesistente la privacy. Si evidenzia quindi la necessità di creare luoghi dove sviluppare capacità per comprendere la tecnologia, poiché sono in atto dei fenomeni di ibridazione reciproca tra uomo e macchina. Così come il dominio della tecnologia non può essere orientato e gestito da poche persone e sopratutto prevalentemente da gruppi privati poiché rappresenterebbe un indebolimento della democrazia. Tra pochi anni, i dispositivi virtuali saranno quattro volte superiori rispetto alla popolazione mondiale, mentre il cyber spazio, come dimostra il caso dell’ISIS, produce terra e Stati in un continente invisibile concreto come gli altri. C’è bisogno quindi non solo di esperti di cyber security ma sopratutto di data scientist che siano in grado di coniugare saperi scientifici e conoscenze umanistiche per interpretare tempestivamente ed efficacemente le informazioni, che assumono sempre di più le dimensioni di Big Data.
Appunto per questo potrebbe essere utile creare nuovi corsi di studio come quello sull’Intelligence. E quando in particolare affrontiamo il tema della cyber intelligence dobbiamo tenere conto che si incrociano due temi indissolubilmente collegati: l’Intelligence e le tecnologie, che sembrano descrivere quanto altri mai lo spirito del nostro tempo. Inoltre, l’intelligence è fondamentale per selezionare le informazioni davvero rilevanti, così come internet determina gran parte dell’economia dei paesi avanzati. In Italia, com’è noto, convive un doppio ritardo culturale, che incide pesantemente anche sull’economia e che riguarda appunto da un lato l’intelligence, per anni appunto non compresa o demonizzata, e dall’altro l’utilizzo delle nuove tecnologie, dove una batteria composita di conservatori ne rallenta l’utilizzo dichiarando “guerra ai nostri figli”. In un contesto del genere, l’educazione alla sicurezza, anche sotto il profilo informatico andrebbe oggi inserita come materia scolastica. Infatti, la sicurezza del cyberspazio nazionale è la precondizione della prosperità economica e rappresenta pertanto una priorità. Ma il tema è di portata epocale tanto che la sicurezza informatica è al centro degli incontri tra le maggiori potenze del pianeta, com’è avvenuto nel corso dell’ultima riunione ufficiale tra USA e Cina e nel corso dell’ultimo G7 delle Finanze. C’è bisogno di investimenti in cyber security e in cyber intelligence. Chi in questa direzione si era molto impegnato è stato il generale Luigi Ramponi, scomparso qualche giorno fa.
Va dunque attuata al meglio la Direttiva europea NIS (Network and Information Security) che si prefigge, entro metà del 2018, cioè tra appena un anno, il raggiungimento di un elevato livello di sicurezza dei sistemi cibernetici dei Paesi dell’UE. E va apprezzato il Decreto Gentiloni che conferma e rafforza il ruolo dell’intelligence nazionale in questo settore. C’è bisogno quindi di una pluralità di strumenti: organizzazione, corsi di laurea, nuove professioni, piani educativi, risorse economiche, collaborazione tra pubblico e privato, ricerche specifiche ma sopratutto diffondere la cultura dell’intelligence in Italia.
In tale contesto, le università possono rivestire un ruolo importante. Appunto per questo abbiamo promosso all’Università della Calabria il sito internet del Centro di Documentazione Scientifica sull’Intelligence. L’obiettivo è quello di farlo diventare un punto di riferimento per la comunità scientifica e culturale, in modo da introdurre l’intelligence come materia di studio nelle università italiane. Infatti, c’è la necessità di sviluppare gli “intelligence studies” anche in Italia e per fare questo intendiamo, appunto attraverso il sito, valorizzare le attività di promozione culturale dell’intelligence svolte in questi dieci anni nel nostro ateneo quindi definire le prospettive future delle nostre ricerche. Infatti, saranno presenti sul sito i programmi formativi delle varie edizioni, le tesi discusse dagli studenti e le biografie dei docenti, oltre ai testi e ai video delle lezioni, i testi pubblicati nella collana del centro studi e altri materiali. Sono previste inoltre la realizzazione della rivista digitale “Questioni di Intelligence” oltre a profili Facebook e Twitter collegati con il Centro Studi.