La trasformazione digitale e tecnologica in atto sta spingendo governi e organizzazioni a nuove forme di processi e a innovazioni senza precedenti nel campo della Difesa: una tendenza che si manifesta in tutta la sua evidenza nell’ambito del confronto tra i giganti Cina e USA.
Quello che potremmo chiamare un mindset change è riassunto molto chiaramente nelle parole dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, Capo Maggiore della Difesa ne “L’impatto delle Emerging & Disruptive Technologies (EDTs) sulla Difesa”: “L’innovazione tecnologica – dice Dragone – caratterizzata da una crescita esponenziale, procede così rapidamente da non dare l’opportunità di comprenderne il reale cambiamento, tanto meno le conseguenze correlate. Tale velocità è la principale sfida che dovrà essere affrontata, accettandone le grandi opportunità offerte e traguardando quello che sarà il futuro scenario di riferimento attraverso una concreta trasformazione culturale e cognitiva”.
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Il ruolo della minaccia cinese agli USA
Pechino ha dimostrato in più occasioni di voler sfidare Washington sul piano militare e su quello tecnologico: ecco perché secondo Michael Brown, capo dell’Unità per l’innovazione del Dipartimento della Difesa USA, gli Stati Uniti devono puntare alla superiorità facendo collaborare i produttori di software americani, leader a livello mondiale, con i produttori di armi.
Generalmente, i maggiori produttori di armi americane non hanno programmatori di alto livello e se, da una parte, i conflitti geopolitici attuali fanno apparire il settore della difesa più etico dal punto di vista dei tecnici, dall’altra le guerre stanno cambiando e sia le grandi aziende tecnologiche che le startup più piccole si vedono a sfruttare i 140 miliardi di dollari annui di finanziamenti per gli approvvigionamenti del Dipartimento della Difesa, oltre a quelli degli alleati americani, più piccoli ma cumulativamente importanti.
Da Amazon a Microsoft, i giganti della tecnologia internazionale si candidano per i contratti del Pentagono e le startup americane che si occupano di aerospazio e difesa ottengono sempre più finanziamenti dedicati. Un esempio è quello dell’agenzia di analisi dei dati quotata in borsa Palantir, che lavora con esercito e aziende di intelligence e che ha registrato un evidente aumento di fatturato relativo al secondo trimestre del 26% rispetto all’anno precedente.
La guerra in Ucraina e la nuova divisione Google
Prima del conflitto in Vietnam, il Dipartimento della Difesa ha supportato le scienze applicate della Silicon Valley, dai radar ai semiconduttori. Lockheed costruiva missili a Sunnyvale, una metropoli tra Mountain View, oggi sede di Google e della sua società madre Alphabet, e Cupertino, sede di Apple.
Con la guerra in Vietnam e i dissapori che dilagavano negli ambienti universitari di Stanford e tra i fondatori di startup dell’epoca, si è diffusa la tendenza a vietare le analisi categorizzate e il reclutamento dell’esercito nel suo campus di Palo Alto. Nel 2018, Google non ha partecipato ad una gara d’appalto per il cloud computing del Pentagono a causa di una nutrita protesta dei suoi dipendenti e i suggerimenti per le iniziative di AI escludono in maniera esplicita il lavoro legato alle armi.
Oggi sembra che la distanza tra tecnologia e difesa americane si stia accorciando. Un motivo risiede nella crescente minaccia geopolitica, che con lo scoppio della guerra russo-ucraina si è rafforzata e ha spinto le nazioni ad aumentare i propri bilanci di difesa, raggiungendo nel 2021 oltre i 2 miliardi di dollari.
Già le grandi aziende tecnologiche forniscono di cloud storage, database, assistenza app e altro ancora le forze armate e le forze dell’ordine: basti pensare a Microsoft, che tramite un contratto da 22 miliardi di dollari con l’Esercito americano ha prodotto un auricolare a realtà aumentata HoloLens per simulare battaglie da utilizzare in addestramento. La stessa Alphabet pochi mesi fa ha lanciato la Google Public Sector, una nuova unità in grado di competere per i contratti delle reti di battaglia del Dipartimento della Difesa.
Big tech e il cloud di combattimento del Pentagono
Adesso siamo al punto che probabilmente Alphabet, Amazon, Microsoft e Oracle si divideranno il contratto quinquennale da 9 miliardi di dollari per gestire la Joint Warfighting Cloud Capability (Jwcc) del Pentagono e Thomas Kurian, capo del cloud di Google, ha dichiarato che l’azienda si sta riavvicinando al Pentagono, a differenza di quanto fatto in passato, per evitare di entrare nel programma Jwcc solo in back-office.
In questa iniziativa possono essere coinvolte anche aziende più piccole, che hanno ottenuto contratti per sviluppare difese anti-drone da un miliardo di dollari in dieci anni, come nel caso di Anduril, oppure per la promozione di 100 milioni di dollari di droni da parte dell’esercito americano, come è successo a Skydio.
La stessa Palantir, che abbiamo menzionato precedentemente, ha sviluppato la visione di JADC2, un concetto generale che prevede il comando e il controllo dei sistemi e la presa di decisioni coerenti tra le forze congiunte di tutto il mondo in tempo reale, e non è possibile farlo senza un sistema operativo che funzioni ovunque.
Restano comunque dubbi sull’entrata della tecnologia all’interno del campo bellico. L’iniziativa Jwcc è stata ripresa dopo che un modello precedente, noto come jedi, è stato cancellato a causa di cause legali da parte di Amazon, che aveva perso l’appalto a favore di Microsoft. Il progetto HoloLens di Microsoft ha subito ritardi e critiche sugli sprechi, Palantir ha registrato un’altra perdita nell’ultimo trimestre, con un crollo delle azioni di oltre il 10% e oltre a Anduril e Skydio, tra le startup non ce ne sono altre che hanno accesso a contratti importanti.
Alla fine del 2020 gli USA hanno superato la Cina non con un hardware di qualità superiore, ma con una serie di software intelligenti basati su software come Jadc2.