Interazioni private, crittografia, sicurezza dei dati, pagamenti online. Le parole d’ordine della nuova era di Facebook – a quanto dichiarato in un famoso post dal fondatore Mark Zuckerberg nei giorni scorsi – fanno capire quanto il vento sia cambiato. Non solo per Facebook ma in generale per il valore della privacy (e del controllo sui nostri dati) su internet.
Già, perché fa certo specie se il social network che per primo e più di tutti ha cavalcato il nostro (volontario) annientamento della privacy ci ripensa e, nella sua nova vita, sarà il paladino della sicurezza e della riservatezza dei nostri dati.
L’ideatore di Facebook è dovuto per forza di cose correre ai ripari in seguito agli scandali che hanno travolto la sua creatura ammaccandone non poco la reputazione e, da abile stratega e fine analista qual è, ha capito che siamo entrati in una nuova fase di internet – proprio adesso che si festeggiano i 30 anni del web. E si è attrezzato per sfruttarne la spunta e dare alle persone ciò che vogliono: più sicurezza/privacy. Zuck sembra quindi volere monetizzare ora questa nuova esigenza, all’interno di una piattaforma integrata (Facebook-Instagram-Whatsapp), che può abilitare diversi servizi, anche e-commerce. Proprio per questo si prepara forse a lanciare anche una sua criptovaluta.
Per capirci qualcosa di più vediamo come siamo arrivati a questa svolta.
Tutti i campanelli d’allarme che hanno portato alla svolta
“Credo che il futuro della comunicazione si muoverà sempre di più su servizi criptati e privati con cui le persone possono essere più fiduciose che quello che si dicono resti sicuro e che i loro messaggi e contenuti non resteranno in circolazione per sempre”. Queste sono le parole di Mark Zuckerberg all’alba di una (forse) nuova (ed ennesima) era del suo social network e, a cascata, di tutte le piattaforme ad esso collegate: Whatsapp, Messenger, Instagram.
Nulla di cui stupirci troppo, in fondo una delle leggi del mercato è il suo continuo mutamento e in questo Zuckerberg sa bene come muoversi. La capacità di adattarsi è stata e con tutta probabilità continuerà ad essere uno degli elementi chiave per poter non solo rimanere a galla ma cercare di risalire le correnti di un mercato recentemente fin troppo burrascoso.
Nell’ultimo anno infatti, Facebook è stato coinvolto nello scandalo “Cambridge Analytica”, dal quale è uscito non senza graffi. Anzi, la reputazione del social network e del suo fondatore ha subito una vera e propria inversione di tendenza, tra l’altro in un periodo in cui i dati non erano per nulla ottimisti: per la prima volta dopo tanti anni infatti il 2018 si è chiuso con un notevole calo di utenti attivi su Facebook, calo in parte coperto dal trend di crescita di altre società del gruppo (Instagram in primis).
Forse allora non era del tutto vera la storia metropolitana per cui “i millennials escono da Facebook perché ci sono i loro genitori”, e quei dati non erano che un campanello d’allarme (anche molto rumoroso) del fatto che una generazione stava cambiando, diventando più sensibile a temi per troppo tempo ignorati come la privacy. Facebook d’altronde era riuscito ad avere una rapida diffusione proprio per il motivo opposto, cavalcando se vogliamo un annientamento del concetto di privacy, dando la possibilità a chiunque di rendere gratuito e pubblicamente fruibile ogni aspetto della propria vita, che sia esso un post, una foto, un documento, un video, uno stato d’animo o peggio, un suicidio.
Facebook, dagli scandali al nuovo corso
Proprio questa moda che per oltre 10 anni ha coinvolto giovani e meno giovani di ogni età sembra ora aver invertito la propria direzione ed essere diventata l’unico vero problema dell’impero Zuckerberg, che da abile stratega e uomo politico (chissà…) ci ha messo un anno esatto a correre ai ripari e pivotare su altri modelli di business. Infatti, era esattamente un anno fa (marzo 2018) che Facebook veniva inondato dal più grande scandalo mai accaduto fin dall’inizio dei suoi giorni, l’accusa di violazione e uso non autorizzato di dati sensibili di quasi 100 milioni di persone.
Per finalità politiche? Commerciali? Entrambe?
Non è ancora ben chiaro, ma non importa perché ciò che è chiaro è che Facebook stia trattando proprio in queste settimane la sanzione miliardaria dell’Authority USA FTC e, come è ovvio che sia, a seguito della condanna dovrà esserci per forza di cose una revisione, se non sostituzione, del proprio business model basato sui dati.
Altrimenti il danno globale rischierebbe di diventare ben superiore alla cifra concordata. Ciò emerge chiaramente dal più recente ed importantissimo discorso di Zuckerberg in cui annuncia un nuovo capitolo per Facebook, una piattaforma in grado di “evolversi nell’offrire servizi che la gente vuole davvero, anche nelle conversazioni private”. Leggendo il discorso emergono chiare le parole chiave su cui si fonderà il nuovo Facebook:
- Interazioni private
- Crittografia
- Sicurezza dei dati
- Interoperabilità tra (le sue) piattaforme
- Pagamenti online sicuri e rapidi
Come cambierà il concetto di “rete”
E ci tiene talmente tanto a far capire al mercato che lo sta anticipando che continua a sottolineare che “una piattaforma di comunicazione basata sulla privacy sarà molto più importante di quanto non siano le piattaforme aperte attualmente. La privacy offre alla gente la libertà di essere sé stessi e di connettersi in modo naturale, che è il motivo per cui vengono sviluppati i social network”.
Chiaro quindi che Zuckerberg con grande furbizia stia prendendo di petto il suo nemico più grande e abbia deciso di sfidare il suo demone passando dall’essere il social network più accusato di violazione di privacy al mondo al diventare il primo social paladino proprio di quella privacy, nel segno della crittografia, della libertà individuale e di chissà che altro.
Un’inversione di tendenza non solo di Facebook e compagnia, ma del concetto più ampio di social network, un po’ come a dire “Ciao sono Mark, io ho inventato i social network e ora che non vi piacciono più perché avete scoperto il valore dei vostri dati, allora io mi reinvento social network che tutelino i dati”.
Si passerà quindi con tutta probabilità dalla tendenza di far rete a creare una rete propria, criptata, selezionata. D’altro canto, non ci si può stupire. Zuckerberg è un imprenditore e sa ben comprendere le esigenze del mercato. In seguito a tutti gli scandali che hanno coinvolto Facebook lo scorso anno e alla tempesta mediatica che ha messo in allarme gli utenti (tutto d’un tratto bramosi di riservatezza sui social e consci del valore dei dati che stavano regalando), il mercato ora ha imparato questa nuova parola, “privacy”, e chiede sicurezza e tutela. Bene, allora è sicurezza e tutela della privacy che Zuck offrirà.
Non dimentichiamoci che oltre ad essere un imprenditore Mark è anche un attento analista e di certo in un mare di numeri negativi nel 2008 non gli sarà sfuggito quel 63% che indica la percentuale di utenti che condividono post, articoli, foto e video attraverso messaggi privati, ben superiore al 55% di coloro che li condividono pubblicamente. Chiaro quindi come ci sia uno sbocco interessantissimo del mercato, derivante sicuramente dagli scandali e dall’interesse dei mass media sulla questione privacy, oltre che dalle normative sempre più restringenti e attente dei vari paesi in questo settore.
Da qui si spiega l’esplosione delle Instagram Stories negli ultimi anni, la crescita spaventosa del cugino cinese “WeChat” e tanti altri eventi di quest’ultimo periodo. Ecco che allora da questo punto di vista la mossa di Facebook non è certo disperata né stupida, anzi è fin troppo intelligente.
Monetizzare la richiesta di sicurezza
Manca solo la ciliegina sulla torta che trapela però da una semplicissima e quasi impercettibile frase di Zuckerberg all’interno sempre dello stesso discorso preso in esame: “People are more cautious of having a permanent record of what they’ve shared, and we all expect to be able to do things like payments privately and securely”. Ecco, se compariamo quest’ultima frase al recente interesse di Facebook per la tecnologia blockchain e all’acquisizione di aziende del settore, è chiaro arrivare alla conclusione più ovvia: Facebook è stato condannato per aver guadagnato per troppo tempo sui nostri dati, la gente ha capito finalmente il significato ed il valore dei propri dati ed ha bisogno di una piattaforma che continui a dare gli stessi servizi ma proteggendo quel valore, allora l’unica soluzione possibile è offrire una piattaforma simile e monetizzare proprio quella nuova sicurezza.
Prepariamoci dunque ad assistere non solo al lancio di un nuovo concetto di social network, ma al lancio di una criptovaluta di Facebook, che come stimano gli stessi analisti interni potrebbe apportare oltre 3 miliardi di dollari di utile in più.
Nessuno ci pagava per usare i nostri dati, magari Facebook ha in mente di iniziare a riconoscerci una parte di quei guadagni in base al valore di ogni nostro dato che verrà usato per pubblicità o altri servizi. Ciò che è allarmante, è che in un caso o nell’altro forse non potremo scegliere, forse continueremo ad utilizzarlo comunque e sicuramente pagheremo noi per farlo.
Ma non euro, tranquilli, socialcoin.