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Fake news, perché ora minacciano la sicurezza nazionale

Il Covid-19 spinge il flusso di disinformazione in Italia e nei Paesi più colpiti dal virus. Soffiando sul fuoco del disagio sociale ed economico. E facilitando la destabilizzazione degli equilibri, guidata da interessi politici ed economici. Lo scenario e le contromisure messe in campo dall’Italia

Pubblicato il 06 Apr 2020

Marco Santarelli

Chairman of the Research Committee IC2 Lab - Intelligence and Complexity Adjunct Professor Security by Design Expert in Network Analysis and Intelligence Chair Critical Infrastructures Conference

fake-news

Dietro alle fake news ci sono, molto spesso, intenti diffamatori atti a danneggiare un intero Paese. Che hanno alle loro spalle “avvoltoi” pronti a penetrare le infrastrutture digitali per destabilizzare i modelli nazionali di sviluppo e sicurezza. Soprattutto in un tempo di emergenza sanitaria come questo: non è un caso che la presidenza del Consiglio abbia appena lanciato una task force contro le fake news.

Fake news, pallottole contro la security

Il problema è emerso con la massima chiarezza il 30 marzo scorso il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) ha annunciato un’indagine sulle innumerevoli fake news sul Covid-19. Da questo momento la situazione si è complicata. La maggior parte dei media ha spostato l’attenzione verso chi diffonde notizie false sull’Italia, su chi dall’estero tenta di infangare il nostro Paese e su chi dall’interno, per strategie e semplici manovre politiche, tenta di distorcere le informazioni in tutti i modi, diffondendo panico e allarmismi.

Abbiamo visto che queste notizie partono da più ambiti e “spesso sono le stesse testate giornalistiche – non tutte per fortuna – che, nell’ansia di pubblicare una notizia, non prendono le dovute precauzioni”, si legge. Al di là di tutto, non è la prima volta che una notizia viene trasformata abilmente in una vera e propria distorsione della realtà. Basti pensare al film “Prospettive di un delitto” di Pete Travis del 2008, in cui in ogni scena tutti vedono lo stesso attentato in maniera differente e ognuno lo racconta dal proprio punto di vista.

Ma quello che è sfuggito a tanti è che al di là della prospettiva poi sono sempre numeri e fatti a farla da padrone. I fatti vengono sottoposti a indagini scrupolose e, nel tempo, al di là di come viene raccontato, quel fatto sarà la verità. In tal senso l’indagine avviata dal Copasir, per direttiva del Presidente Raffaele Volpi e per mano di Enrico Borghi, parlamentare del Pd e membro del Copasir, non è solo, come hanno pensato in molti superficialmente, su chi diffonde soltanto notizie false paralizzando l’opzione pubblica sul concetto di “infodemia” ma, molto più importante, su chi sfrutta come opportunità il momento buio attuale della storia dell’umanità.

Questo aspetto, che gioca sulla fragilità delle persone, richiama la nostra intelligence e quella internazionale. Il Copasir, in maniera perentoria e legittima, vuole capire chi sta dietro a questa deplorevole azione.

Come funziona un attacco “asimmetrico”

Molti non si rendono conto che con questi atteggiamenti si genera la classica “rottura asimmetrica”. Ovvero si colpisce un mattone per far cadere la casa pian piano.

Infatti, dietro alle fake news ci sono, molto spesso, intenti diffamatori e che hanno alle loro spalle avvoltoi, anche stranieri, pronti ad entrare nei nostri asset strategici con la conseguente messa in discussione dei nostri modelli di sviluppo, di sicurezza e, ancora più, degli asset ICT, definiti dal Golden Power e Perimetro Cibernetico, per poi attaccare in tutti i modi.

Le fake news o le notizie distorte sono la base e la porta dell’analisi che ha richiesto il Copasir per sapere se in questo momento di distrazione sulle fake news, pesanti già di per sé, si sono potuti intrufolare “business man”, “mafie”, “politici senza scrupoli” (per far dell’Italia la Grecia della situazione), “hacker” o sistemisti che hanno come scopo quello di capire i flussi e le modalità di risposta alla crisi del nostro paese, per iniziare a preparare l’attacco in un secondo momento che sia un’offerta commerciale o attacco cyber.

Pare ci sia un filo conduttore tra questi atteggiamenti diffamatori e tre preoccupazioni vere della nostra Nazione. La prima preoccupazione è proprio sul 5G e sugli asset ICT che si interfacciano con i servizi primari.

Il Copasir, che tempo fa ha presentato un documento a cui crede fermamente e che suonava di avvertimento proprio per evitare che l’italia si trasformi a terra conquista tramite il fenomeno “5G” che va contenuto e controllato, vuole capire come Huawei, appunto sotto la lente di quel documento, ha presentato pochi giorni fa un fatturato di 123 miliardi di dollari (+19,1% e l’utile netto che si attesta a 9 miliardi) e il 2020 sarà l’anno della verità con la “roadmap 5G confermata”. Un’azienda così ostile a collaborare con il nostro Paese e sorda a tanti accorgimenti che aumenta il suo fatturato in maniera esponenziale. Soprattutto in questo momento.

Protezione dell’interesse strategico nazionale

Ma come detto, non è solo questo. I servizi vanno anche protetti e non solo delle telecomunicazioni ma anche dell’energia. Ciò ha trovato dimostrazione anche dalle parole di Enrico Borghi, che parla esplicitamente di interesse a proteggere “i poteri dello Stato in materia di protezione dell’interesse strategico nazionale sia in profondità che in allargamento”. Dice infatti sempre Borghi: “Si pensi ad esempio al comparto dell’energia, oscillato tra l’esaltazione del libero mercato che rischia di aprire la strada alla nostra colonizzazione economica e la dinamica autarchica e localistica inserita ad esempio nel decreto semplificazioni che toglie allo Stato ogni competenza in una materia strategica e delicatissima come l’energia idroelettrica”.

Andrea Martella, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’Informazione e all’Editoria, unisce questi temi e dichiara necessaria una task force che si confronterà con le principali piattaforme social per verificare quali azioni si stiano intraprendendo per contrastare disinformazione e circolazione di false notizie e specifica che  “dovrà essere rafforzato il ruolo della Polizia Postale per consentirle di individuare tempestivamente le cosiddette “fonti tossiche” e di interrompere la catena della loro diffusione nei social”. Un controllo che passa dalle piattaforme web e reticolari ad aspetti sociali.

Sulla stessa linea le attuali direttive degli USA che con un documento specifico, disponibile su federalregister.gov/d/2020-06892, allargano l’emergenza su avvisaglie di attacchi di ogni genere legate a false notizie. Fonti, quindi tossiche, come le ha chiamate lo stesso Sottosegretario, che uccidono e annebbiano la verità e indeboliscono il potere dello Stato e ambiti di Difesa organizzata.

In questo contesto, si evidenza una seconda preoccupazione, già emersa qualche giorno fa, che riguarda i business man, anche e soprattutto esteri, legati alla mafia, e la mafia stessa che va contenuta e combattuta in ogni direzione. La mafia ha già capito che la pandemia rischia seriamente di aprirle 3 piste: la prima che la porta  in posizione di primo piano sui prestiti ad usura, la seconda che favorisce il nero, la terza che consolida il mercato, orientandolo verso servizi criminali già consolidati, quali rifiuti, servizi e sicurezza sul lavoro.

Le minacce dietro le fake news

Questa avvisaglia arriva a noi e si unisce alla terza preoccupazione del Copasir su quello che già da tempo sappiamo attraverso l’Interpol. Il suo segretario generale, Jürgen Stock, infatti, ci avverte che su questa situazione di sbando e fake news generalizzate si alzano le truffe per soldi facili, prestiti e guadagni altrettanto veloci e sviluppi di criminalità attraverso contraffazione di prodotti su igiene personale.

Insomma, è chiaro che una “semplice” fake news può rivelarsi una vera e propria minaccia per un’intera nazione, e, benché non ci sia un’evidenza di collegamenti, come fa intendere sempre Borghi, tra gli attacchi economici al sistema Paese e la diffusione di fake news bisogna alzare l’asticella dell’attenzione.

L’effetto della disinformazione e della diffamazione ha l’obiettivo di destabilizzare i Paesi colpiti, indebolendo la tenuta dei Governi, già alle prese con l‘emergenza Coronavirus.

Questo bisogno di allargare il campo ci indica la via. Ora più che mai bisogna innalzare l’attenzione al concetto di protezione globale, che deve prevedere il passaggio dalla basica individuazione di quegli artefici di fake news fino, come detto, ai lungimiranti soggetti (Stati esteri o cittadini interni) che tendono, nella confusione generale, ad impossessarsi delle potenzialità espresse dal nostro paese.

Obiettivo la difesa globale

Questo atteggiamento diventa una risposta del Copasir e della nostra Intelligence al concetto di difesa globale e sociale, in cui le minacce da monitorare non sono più solo quelle fisiche, ma quelle ibride. Ovvero dove nasce la consapevolezza di “una nuova epoca socio-tecnologica che emerge mano a mano che le tecnologie si fondono tra di loro e gli esseri umani con queste, due processi che avvengono in simultanea. Il potere in crescita esponenziale della tecnologia dell’informazione (IT) spinge a ritmo accelerato altri campi della scienza, consentendo loro di oltrepassare i rispettivi limiti in termini di portata e di velocità” (Ayesha Khanna e Parag Khanna, L’età ibrida -Il potere della tecnologia nella competizione globale, 2013 Codice edizioni, Torino p. 12-15). Questa velocità ci porta, dice sempre Khanna, “ad un utilizzo della tecnologia all’unico scopo di dominare la natura […] passando alla trasformazione di noi stessi in una struttura pronta ad essere plasmata dalle tecnologie, integrandole dentro di noi fisicamente. Non solo usiamo la tecnologia: la assorbiamo”.

In questo assorbimento si innestano le falsità, l’ignoranza e l’invisibilità del nemico, giocando sulla deresponsabilizzazione delle proprie azioni.

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