Alla luce del decreto approvato venerdì sulle tecnologie cyber russe, penso che parlare di digitalizzazione della PA significhi inevitabilmente parlare anche di sicurezza cibernetica.
Abbiamo sempre dimostrato grande disponibilità in termini di contributi di idee su provvedimenti proposti dal governo in materia di cyber Security e di competenze del Copasir, anche quando la sinistra ha cercato di depotenziare il ruolo di quest’ultimo, tentando quindi di depotenziare il controllo del Parlamento su temi strategici di sicurezza nazionale.
In questo senso, abbiamo recentemente aggiornato e attualizzato le nostre richieste pretendendo una completa ricognizione della presenza di software russi nei servizi pubblici nazionali e nelle infrastrutture strategiche, dato il contesto geopolitico.
Quali altri passi necessari?
Servono infrastrutture digitali a prova di potenza straniera
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Fdi ribadisce, alla luce delle drammatiche vicende belliche in corso e del rischio di incremento di attacchi cibernetici, la necessità di realizzare infrastrutture di reti ultraveloci con caratteristiche tecniche e di sicurezza delle stesse. Certo, il governo ha perso tempo e occasioni circa la digitalizzazione del paese. Si pensi al bando Isole Minori che è andato deserto per le penali troppo pesanti o al Piano Italia 1 Giga che non solo presenta le stesse condizioni gravose, ma in più genera confusione sul territorio un po’ per la ristrettezza dei tempi e un po’ per la pessima mappatura delle aree interessante che rischia di generare sovrapposizioni. Complesso parlare di 5G, BUL o cyber security in queste condizioni.
Troppi rischi flop del piano del Governo
Nell’ambito del Piano Italia 1 giga, l’articolo 5 del capitolato tecnico ci dice che la rete dovrà essere sviluppata esclusivamente mediante uso di frequenze licenziate. Allo stato attuale, solo un numero esiguo di operatori dispone di spettro frequenziale sufficiente per sviluppare soluzioni wireless adeguate per l’implementazione del Piano. Solo in tal modo si riuscirebbe a garantire una più ampia partecipazione alla gara degli operatori interessati, favorendo la messa a disposizione di un numero più vasto e diversificato di tecnologie. Su questo abbiamo chiesto che gli operatori possano utilizzare tutte quelle frequenze anche non soggette all’assegnazione di diritti d’uso. Su questi temi stiamo già predisponendo emendamenti mirati.
La sola componente relativa ai mezzi necessari all’esecuzione delle opere ammonterebbe ad oltre il 10% del valore dei bandi. Poi ci sono crescenti costi delle materie prime: solo i costi di produzione dei cavi in fibra ottica sono aumentati del 30% rispetto al 2021. Sui costi di produzione di tutti i cavi in generale e dei cavi per comunicazioni sta incidendo, infatti, in maniera significativa l’incremento mensile annuo del prezzo del vetro (+ 20% a dicembre), delle materie plastiche (+75%, con picchi superiori al 90% per alcuni materiali) e dei costi energetici. Il decreto in esame non risolve concretamente questo problema. Risulta perciò difficile garantire le logiche di neutralità tecnologica del Piano e dello sviluppo delle nuove reti.
Piano Italia 5G: fra poco ci saranno le gare con i fondi del PNRR. Gli operatori sono in difficoltà economica, hanno già chiesto di rateizzare il pagamento delle frequenze 5G e sono in difficoltà a causa del ginepraio di norme e paletti che rallentano la posa della nuova rete. C’è il rischio che i bandi vadano deserti, per quanto sopra descritto. Qual è il piano B per la copertura 5g delle aree rurali del PNRR? Nessuno lo sa.
Piano Italia a 1 Giga: Tim e Open Fiber saranno in lizza per i fondi del PNRR nelle aree grigie. Con ogni probabilità si spartiranno il grosso dei bandi. Dopodiché, penseranno invece al merger delle rispettive reti. Nessun provvedimento del governo considera il fatto che l’Antitrust Ue si occuperà della vicenda e che le gare del PNRR potrebbero essere annullate o quanto meno potranno subire delle forti modifiche postume. Attendiamo lumi anche su questo.