sicurezza informatica

Governance della cybersecurity: la sfida strategica per l’Italia 2025



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La governance della cybersecurity richiede un cambio di paradigma in Italia. Dal ROSI alla comunicazione trasparente, dalla protezione delle PMI alla compliance proattiva: strategie integrate per affrontare un mondo di minacce informatiche sempre più sofisticate

Pubblicato il 27 mar 2025

Adriano Bertolino

Esperto in Privacy e Cybersecurity



Governance della cybersecurity dati personali whistleblowing

Il Rapporto Clusit 2025 rappresenta un contributo fondamentale per comprendere l’attuale panorama delle minacce informatiche globali e i profondi impatti strategici per l’Italia e l’Europa. La ricerca rivela che l’Italia, nonostante rappresenti solo l’1,8% del PIL mondiale, risulta essere vittima del 10% degli attacchi informatici globali. Tale sproporzione segnala una vulnerabilità strutturale che va ben oltre gli aspetti tecnici, investendo direttamente la governance aziendale, le politiche economiche nazionali e le strategie di sicurezza informatica europee.

Minacce ibride e ruolo trasformativo dell’IA generativa nella governance della cybersecurity

La cybersecurity sta vivendo una trasformazione radicale sotto la pressione di minacce ibride sempre più sofisticate. L’introduzione e la diffusione dell’intelligenza artificiale generativa rappresentano un cambio di paradigma fondamentale nel panorama della cyber criminalità. Modelli avanzati, come GPT-4, vengono utilizzati per generare documenti estremamente realistici che ingannano anche utenti esperti, quali professionisti del settore legale, permettendo così agli attaccanti di accedere a informazioni critiche e sensibili. Questo scenario richiede necessariamente la rivisitazione delle tradizionali strategie di difesa, suggerendo l’adozione di tecnologie avanzate come il content disarmament, già efficacemente implementate in ambiti come quello finanziario.

Il contesto geopolitico contemporaneo, ulteriormente destabilizzato dal conflitto in Ucraina iniziato nel 2022, ha innescato una serie di dinamiche che hanno profondamente alterato il panorama globale della cybersecurity.

L’uso strategico delle minacce cibernetiche come mezzo per influenzare equilibri geopolitici e perseguire obiettivi politici e militari ha portato alla definizione di una “guerra cibernetica diffusa”, fenomeno che non si limita più a singoli incidenti isolati, bensì si caratterizza per la sua sistematicità e capillarità. Tale scenario ha significative ripercussioni per l’Italia e l’Europa, imponendo un’immediata e approfondita rivalutazione delle strategie di sicurezza digitale e delle politiche di difesa informatica. Ne consegue che la cybersecurity non può più essere concepita esclusivamente in termini aziendali o tecnologici, ma deve diventare un elemento cardine nella definizione delle politiche nazionali e internazionali, con investimenti mirati, sinergie istituzionali e una visione integrata e proattiva delle minacce digitali.

Dimensione economica della cybersecurity: ROI, ROSI e l’importanza della reputazione aziendale

Un tema centrale del recente Rapporto Clusit 2025 riguarda il trattamento economico della cybersecurity, intesa non più come un semplice costo operativo, ma come un investimento strategico capace di generare significativi ritorni misurabili attraverso l’indicatore del Return on Security Investment (ROSI). Tale approccio riflette un cambiamento di prospettiva fondamentale per la gestione aziendale, integrando la sicurezza informatica nelle logiche di investimento strategico e di valore aziendale. La cybersecurity diventa così un pilastro essenziale per preservare e rafforzare il capitale reputazionale delle aziende, che oggi rappresenta uno degli asset immateriali più critici e fragili.

Casi emblematici, come quello di una multinazionale farmaceutica che ha perso un contratto strategico del valore di 90 milioni di euro a causa di un incidente informatico apparentemente marginale, offrono una concreta dimostrazione della vulnerabilità intrinseca delle aziende moderne di fronte ai rischi cyber. Questo esempio evidenzia come il danno reputazionale derivante da incidenti informatici possa superare, talvolta di gran lunga, i costi immediati derivanti da sanzioni normative, ripristino dei sistemi o interventi tecnici. Ne consegue la necessità di una governance aziendale attenta e lungimirante che sappia integrare efficacemente la sicurezza informatica nella propria strategia globale, trasformandola da semplice voce di spesa in autentica leva competitiva. È quindi indispensabile che i vertici aziendali comprendano pienamente il valore strategico della cybersecurity, adottando approcci metodologici rigorosi che permettano di quantificare in modo concreto e dettagliato il ROSI, così da ottimizzare gli investimenti e massimizzare la resilienza aziendale di fronte alle minacce digitali.

Ad esempio, quindi, l’introduzione di strumenti strategici avanzati di comunicazione e trasparenza, come i Digital Trust Report trimestrali, volti a costruire e consolidare una relazione di fiducia con gli stakeholder aziendali. Questo strumento consente di comunicare efficacemente le politiche, le procedure e i risultati ottenuti in materia di cybersecurity, minimizzando così i potenziali danni reputazionali derivanti da incidenti informatici. Tale trasparenza non solo aiuta a gestire proattivamente le aspettative degli investitori, clienti e partner commerciali, ma può rappresentare anche un vantaggio competitivo nel mercato attuale, sempre più sensibile ai temi della sicurezza digitale.

Un approccio rigoroso e strutturato al calcolo del Return on Security Investment (ROSI) permette inoltre alle aziende di quantificare e dimostrare chiaramente il valore economico tangibile degli investimenti effettuati in sicurezza informatica. I casi pratici analizzati mostrano, ad esempio, come numerose aziende manifatturiere abbiano ottenuto ritorni fino al 167% rispetto agli investimenti sostenuti, fornendo così una solida base economica a sostegno della cybersecurity come leva strategica fondamentale. Questa metodologia consente non solo una migliore allocazione delle risorse, ma anche la giustificazione e la valorizzazione degli investimenti in cybersecurity agli occhi dei vertici aziendali, facilitando la diffusione di una cultura della sicurezza informatica profondamente radicata a livello organizzativo.

Governance della cybersecurity nei settori strategici e PMI

La cybersecurity richiede strategie specifiche in base ai diversi settori economici coinvolti. Nel settore finanziario, ad esempio, l’adozione anticipata del regolamento europeo DORA ha migliorato significativamente la resilienza operativa, riducendo concretamente l’esposizione ai rischi informatici. Al contrario, il settore sanitario risulta particolarmente vulnerabile, principalmente per la rapida digitalizzazione, attraverso l’adozione dalle strutture e dai pazienti di sistemi e dispositivi IoMT, che non è stata accompagnata da adeguati investimenti in sicurezza. La criticità dei dati gestiti in ambito sanitario rende questo settore un obiettivo privilegiato per attacchi mirati, spesso di natura ransomware, con conseguenze potenzialmente devastanti.

Inoltre, un’attenzione particolare deve essere riservata al ruolo delle PMI italiane, che rappresentano l’anello debole delle catene di fornitura. Infatti, queste aziende spesso diventano il vettore attraverso cui vengono realizzati attacchi più ampi, a causa della loro difficoltà di accedere a soluzioni di protezione adeguate in ragione del limitato budget a disposizione per la cybersecurity. Un esempio è il noto caso della società americana Target, compromessa tramite un piccolo fornitore di servizi. È pertanto urgente che vengano predisposti incentivi specifici e programmi di formazione dedicati per supportare le PMI nella costruzione di una efficace postura di cybersecurity.

Governance strategica della cybersecurity in italia: criticità e soluzioni

La situazione italiana rivela implicazioni profonde che meritano una riflessione strategica accurata e approfondita. Nonostante le indubbie eccellenze tecnologiche presenti sul territorio nazionale e l’elevato livello di competenza tecnica in numerosi settori, l’Italia continua a soffrire di una significativa vulnerabilità agli attacchi informatici. Questo paradosso mette in luce una grave lacuna nella governance strategica, caratterizzata da una frammentazione decisionale e dalla mancanza di una visione unitaria e lungimirante della cybersecurity.

Questa discrepanza tra capacità tecnologiche avanzate e debolezza nella governance rischia seriamente di indebolire la sicurezza digitale nazionale e, di conseguenza, compromettere gravemente la competitività economica dell’intero Paese nel contesto globale. Inoltre, tale vulnerabilità può tradursi in una perdita progressiva di fiducia da parte di investitori, partner commerciali internazionali e cittadini, con effetti negativi a lungo termine su innovazione e sviluppo.

Per affrontare in maniera efficace questa sfida, è necessario implementare urgentemente una politica coordinata e integrata di cybersecurity, che sia efficace e veda coinvolti in modo strutturato e sinergico istituzioni pubbliche, aziende private, università e centri di ricerca. Questa rete integrata dovrebbe essere sostenuta da investimenti mirati, da iniziative formative specifiche, e dalla promozione attiva di una cultura diffusa della sicurezza digitale che permei tutti gli strati della società e dell’economia nazionale. Solo adottando questa prospettiva olistica e strategica sarà possibile per l’Italia non solo difendersi efficacemente dalle minacce digitali, ma trasformare la cybersecurity in un vero e proprio elemento distintivo di forza e competitività internazionale.

Compliance e prevenzione proattiva: un cambio di prospettiva

La compliance normativa europea e nazionale (GDPR, NIS2, DORA) rappresenta una frontiera sempre più avanzata e complessa nel contesto italiano ed europeo, richiedendo una trasformazione culturale e operativa profonda nel modo in cui le organizzazioni concepiscono e gestiscono la sicurezza informatica. Non più relegata al ruolo di mero adempimento burocratico, la compliance deve diventare una risorsa strategica centrale nelle politiche aziendali, istituzionali e governative. Per l’Italia, paese spesso caratterizzato da un approccio reattivo e frammentato rispetto alle sfide digitali, questo passaggio assume una valenza strategica decisiva.

Occorre infatti che le imprese e le istituzioni italiane adottino con urgenza un modello proattivo, orientato alla prevenzione e alla mitigazione anticipata del rischio. In questo contesto, strumenti avanzati come simulazioni realistiche di incidenti basate su framework riconosciuti a livello internazionale (MITRE ATT&CK), misurazioni puntuali delle performance di sicurezza tramite metriche sofisticate come il Mean Time To Repair (MTTR), e l’implementazione di soluzioni automatizzate come i sistemi SOAR (Security Orchestration, Automation and Response), diventano indispensabili. Questi strumenti consentono non solo di ottimizzare significativamente la capacità di risposta e recupero in caso di incidente, ma anche di costruire una robusta cultura aziendale della cybersecurity, indispensabile per rispondere in modo efficace alle rigorose richieste della compliance normativa e per consolidare la reputazione e la competitività delle imprese italiane ed europee nel panorama globale attuale.

Verso una cultura integrata e proattiva della governance della cybersecurity

In conclusione, il Rapporto Clusit 2025 ci pone davanti a una realtà non più procrastinabile: la cybersecurity richiede un cambiamento culturale profondo, che non può limitarsi a interventi isolati o a meri adeguamenti tecnologici. La sicurezza informatica deve diventare parte integrante della mentalità aziendale e istituzionale, permeando strategie e decisioni ad ogni livello organizzativo. È fondamentale, dunque, che i leader aziendali italiani assumano un ruolo proattivo e consapevole in questo processo trasformativo, dimostrando una leadership autentica e orientata alla prevenzione. In questo senso, la cybersecurity non rappresenta più soltanto una risposta a minacce emergenti, ma diviene uno degli assi strategici fondamentali sui quali costruire la competitività futura del Paese. Solo con una cultura solida, radicata e condivisa di responsabilità digitale, sarà possibile per l’Italia affrontare con successo le sfide del prossimo decennio e convertire un evidente rischio in una concreta opportunità di crescita.


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