Un gruppo di hacker attivisti in Bielorussia, riuniti sotto la sigla Belarus Cyber Partisans, sta cercando di sfruttare ogni possibile falla del sistema informatico del governo autoritario del paese per rovesciare il regime di Lukashenko.
Non è la prima volta che gli hacker attivisti, come attivisti informatici, riescono a violare i sistemi di un governo. Già durante la primavera araba del 2011, Anonymous ha avuto un ruolo decisivo per incentivare la rivolta di massa dei movimenti di protesta grazie ad una serie di attacchi mirati che hanno fatto crollare i siti web del governo in Tunisia ed Egitto.
In Turchia, un gruppo di hacker di ispirazione marxista, denominato RedHack, ha violato i database della polizia, delle aziende e del governo con azioni organizzate tra il 2012 e il 2014.
Nel 2016, un gruppo di hacker ucraini, denominato Cyber Alliance, si è mobilitato per contrastare l’aggressione russa in Ucraina, attaccando i server del Ministero della Difesa russo e violando le e-mail di presunti militanti e propagandisti russi.
Gli attacchi dei Belarus Cyber Partisans
Sulla falsariga di tali esempi, negli scorsi mesi un gruppo di attivisti bielorussi ha compromesso la sicurezza della rete di computer ministeriali del regime, accedendo ad alcuni dei database più sensibili degli apparati statali.
Gli hacker anti regime bielorusso retto dal leader Lukashenko, sono entrati in possesso di un’enorme raccolta di dati che rivelano il funzionamento interno dei database più segreti della polizia e del governo, da cui sembra emergere la schedatura di quasi 39.000 persone identificate come partecipanti alle proteste organizzate dopo le ultime elezioni presidenziali.
Il materiale trafugato
Il materiale trafugato comprende l’archivio delle conversazioni telefoniche registrate di nascosto, che sembra includere tra 1 milione e 2 milioni di minuti di audio.
Negli ultimi mesi, Belarus Cyber Partisans ha rivendicato la responsabilità di una serie di attacchi informatici, con l’intento di accedere anche ai piani di sicurezza interna, intercettando migliaia di ore di registrazioni, al punto da costringere gli apparati governativi del regime all’utilizzo di documentazioni cartacee per evitare la perdita di dati sensibili, prendendo atto della propria vulnerabilità.
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Come nascono i Cyber Partisans
Gli hacker si sono riuniti spontaneamente nel settembre 2020, dopo le contestate elezioni presidenziali.
Originariamente, le loro azioni iniziali erano limitate, ridotte e simboliche, per poi raggiungere una progressiva intensità e frequenza organizzativa, quando sono stati hackerati siti web di notizie statali e video che mostrano scene di brutalità addebitate alle forze di polizia.
A partire da settembre 2020, infatti, gli attivisti hanno iniziato ad attaccare i siti del governo come atto di protesta a seguito delle contestate elezioni del paese, in cui la vittoria di Alexander Lukashenko è stata considerata fraudolenta, pubblicando la lista degli agenti di polizia che hanno preso parte alle operazioni antisommossa contro le persone accusate di aver torturato e picchiato centinaia di cittadini in una brutale repressione.
Progressivamente è aumentata l’incidenza delle azioni di hackeraggio dei Cyber Partisans grazie ad una serie di azioni che, secondo i promotori del gruppo, mirano a proteggere la sovranità e l’indipendenza della Bielorussia, come finalità politica che necessita la rimozione di Lukashenko dal potere.
I Cyber Partisans affermano di avere l’accesso alle telecamere di sorveglianza nelle carceri e nei centri di detenzione, oggetto di attenta elaborazione funzionale a selezionare e diffondere “informazioni rilevanti” per la collettività.
Quali dati hanno in mano i Cyber Partisans
Gli hacker sembrano essere in possesso di filmati dei droni delle repressioni del governo sulle proteste dello scorso anno e delle informazioni dei database di sorveglianza dei telefoni cellulari del Ministero degli Interni.
I dati rilasciati dal gruppo nelle ultime settimane includono elenchi di presunti informatori della polizia, informazioni personali su alti funzionari e spie del governo e registrazioni segrete catturate dal sistema di intercettazione del governo.
Inoltre, risulterebbero disponibili anche statistiche sul tasso di mortalità di migliaia di persone decedute a causa del Covid-19 con percentuali maggiori rispetto a quelle dichiarate ufficialmente dal governo.
I Cyber Partisans hanno intenzione di rendere pubbliche le informazioni raccolte, mettendo a disposizione anche un canale Telegram come strumento di messaggistica crittografata al riparo da rischi di censura per fornire informazioni di interesse sociale al popolo bielorusso e sensibilizzare l’opinione pubblica anche dei Paesi occidentali, affinché le organizzazioni internazionali decidano di introdurre sanzioni più severe nei confronti del regime.
A tal fine, il gruppo ha affermato di avere accesso a 16.000 file segreti, incluse molte informazioni relative a Lukashenko, alla sua famiglia e alla ristretta cerchia di collaboratori.
Non si tratta di un singolo caso isolato: il gruppo di hacker, nato spontaneamente come reazione di protesta al governo, intende prendere di mira i “punti sensibili” delle strutture istituzionali mediante la pianificazione di ulteriori attacchi finalizzati a “gettare nel caos” il sistema.
Il sostegno di Bypol
Il gruppo, composto da poco più di 10 esperti di IT e sicurezza informatica che lavorano nel settore tecnologico del paese, nessuno dei quali è “hacker professionisti”, riceve peraltro il supporto di un altro gruppo operativo denominato BYPOL, costituito da ex funzionari di Lukashenko che lavorano per rovesciare il regime.
BYPOL fornisce informazioni su come infiltrarsi nelle organizzazioni governative e sulla struttura dei database dell’amministrazione, ricevendo in cambio dal Bielorus Cyber Partisans “dritte” per indagare sui crimini del regime.
L’intento è di paralizzare il sistema di sicurezza del regime, con attacchi diretti alle infrastrutture critiche del Paese, fornendo al contempo protezione ai manifestanti.
La mission del Cyber Partisans
La mission del Cyber Partisans, che giustifica qualsivoglia risvolto illegale delle operazioni svolte in nome dei valori democratici di cui si ritiene portatore, è di “fermare la violenza e la repressione del regime terroristico in Bielorussia e riportare il paese ai principi democratici e allo stato di diritto”, prendendo atto dell’esistenza di un diffuso sistema di oppressione politica in grado di provocare sistemiche violazioni dei diritti fondamentali dei cittadini.
L’intervento dell’Hacking civico, manifestato nel ruolo operativo dei nuovi “cyber-partigiani” della resistenza al servizio della democrazia, che già nel breve termine sta minando la fiducia della popolazione verso la propaganda nazionale filo-governativa come primo segnale di cedimento del regime, potrebbe avere ulteriori rilevanti ripercussioni anche nello “scacchiere” politico globale, per intensificare gli sforzi delle organizzazioni internazionali nell’adozione di misure sanzionatorie e repressive nei confronti di Lukashenko, grazie alla disponibilità di documenti ufficiali, captati dagli hacker, che potrebbero risultare decisivi come mezzi di prova indispensabili per accertare la gravità di condotte punibili anche come crimini internazionali imputabili al leader Lukashenko e ai suoi sodali funzionari che gestiscono l’attuale regime.