Dopo la notifica covid

Immuni, obblighi del lavoratore e dell’azienda

Il lavoratore che riceve l’alert da Immuni, su un contatto a rischio coronavirus, dovrà avvisare subito la funzione risorse umane oltre che la competente ASL, in attesa del tampone. Così da permettere all’azienda di limitare il contagio. Attività che questa dovrà svolgere con la massima attenzione alla privacy

Pubblicato il 08 Giu 2020

Vincenzo Colarocco

Responsabile del Dipartimento Data Protection, Compliance e Cyber Security, Studio Previti Associazione Professionale

immuni app

L’uso di Immuni è rilevante anche e soprattutto nel luogo di lavoro e con ricadute importanti sulle attività dell’azienda.

Immuni e obblighi verso l’azienda e dell’azienda

Pur non essendovi un previsione ad hoc nel protocollo del 24 aprile 2020, il Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro a mio avviso nell’ipotesi in cui una persona riceva l’alert dovrà – per evitare sanzioni disciplinari e potenzialmente anche ricadute penali – evitare recarsi sul posto di lavoro (isolamento o quarantena precauzionale) e avvisare la funzione risorse umane oltre che la competente ASL. In questo modo sarà possibile procedere alla ricostruzione dei “contatti stretti”, anche quelli avvenuti all’interno dell’azienda, al fine di esser pronti nell’ipotesi in cui il tampone confermi la positività al covid-19.

C’è una ricaduta immediata anche sull’azienda, quindi, che peraltro deve svolgere quest’attività la massima attenzione alla riservatezza della persona che ha ricevuto l’alert affinché il servizio di contact tracing non crei “appestati manzoniani”.

Poca chiarezza normativa

Di fondo, la situazione è complicata dal fatto che ad oggi la normativa ed i protocolli vigenti non disciplinano puntualmente cosa accade nell’ipotesi in cui attraverso l’app Immuni si venga a conoscenza di esser stato in contatto con un positivo. Peraltro, l’app Immuni non rileva le circostanze in cui è avvenuto il contatto, sì da poter esser poco probabile il contagio. Si pensi ad esempio al caso in cui il dispositivo del soggetto positivo venga a contatto con quello di altre persone che indossano dispositivi di protezione o che tra le stesse vi era un pannello di plexiglass: il rischio di esposizione al contagio è praticamente nullo.

Anche il Garante della Privacy nel provvedimento del 1 giugno col via libera a Immuni ha rilevato che la “valutazione della distanza fra dispositivi è intrinsecamente suscettibile di errori in quanto l’intensità del segnale bluetooth dipende da fattori diversi come l’orientamento reciproco di due dispositivi o la presenza di ostacoli fra essi (compresa la presenza di corpi umani), potendo così rilevare “falsi positivi” e “falsi negativi”. Il Garante ha richiesto tra l’altro maggiore trasparenza sull’algoritmo che calcola il rischio”.

“Peraltro, la mancata conoscenza del contesto in cui è avvenuto il contatto stretto con un caso accertato Covid-19 (dato certamente rilevante, invece, ai fini epidemiologici, anche in ragione dell’eventuale utilizzo di sistemi di protezione) è suscettibile di creare potenzialmente numerosi “falsi positivi”.

Dunque la ricezione dell’alert da parte di Immuni non significa automaticamente che l’utente è stato sicuramente contagiato; anzi.

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