L’intelligence può essere un antidoto a questa età dei tradimenti: delle élite[1], dei chierici[2], della democrazia[3], dell’interesse nazionale[4], dell’informazione[5], delle immagini[6], dell’umanità[7].
Bisogna organizzarsi per affrontare l’incerto e l’inatteso[8], stabilendo correlazioni come l’intelligence aiuta a fare[9], adoperandosi per “imparare strategie, piuttosto che semplici procedure”[10], scoprendo cosa c’è tra il caso e il caos.
Il futuro non è alle porte ma è già arrivato e si manifesta attraverso l’intelligenza artificiale che ha già iniziato a condizionare le nostre vite, in attesa di farlo ancora di più[11].
Il libro “Manuale di intelligence e servizi segreti” di Alberto Pagani aiuta a inquadrare i fenomeni, confermando come l’intelligence sia un punto di confluenza di saperi diversi, collocandosi ai bordi del cambiamento, con la necessità di interessarsi del futuro e con l’ambizione di definire una sempre incerta scienza della previsione.
Intelligence delle cose, le relazioni pericolose tra noi e gli oggetti: le sfide per la sicurezza
Perché l’intelligence è un’invariante della geopolitica
L’ordine mondiale che si sta prefigurando è molto diverso da quello che finora abbiamo conosciuto. I rapporti di forza tra gli Stati stanno cambiando profondamente[12] in un contesto in cui tutti sono concorrenti per attirare risorse nei propri territori e conquistare mercati nelle altre nazioni, utilizzando l’intelligence economica e la guerra delle informazioni[13].
Inoltre, gli Stati devono competere per il potere con altri attori, rappresentati dalle multinazionali finanziarie[14] e dalle organizzazioni criminali[15].
I problemi sono sempre più globali ma le risposte rimangono inevitabilmente nazionali, mentre la ricchezza si smaterializza – siamo difronte a “nazioni senza ricchezza e ricchezze senza nazioni”[16] -; l’immigrazione è destinata ad aumentare dai paesi poveri ai paesi ricchi creando condizioni esplosive[17]; l’emergenza ambientale rappresenta una questione centrale[18] e la trasformazione più grande è rappresentata da quella del potere[19].
In tale prospettiva, il ruolo degli Stati potrebbe trovare proprio nell’intelligence uno strumento per affermare la propria funzione[20], perché rappresenta appunto il deep state e quindi, se dovessimo utilizzare una funzione matematica, potremmo definire l’intelligence una “invariante”[21].
Così come un’altra “invariante” è rappresentata dalla geografia che condiziona le visioni dei leader politici: di riflesso, si potrebbe considerare che la guerra fredda sia stata determinata non solo da condizioni politiche ma pure geografiche così come l’attuale contesa tra USA e Cina per il predominio del mondo.
Va evidenziato che l’esempio più riuscito della globalizzazione è appunto costituito dalla comunicazione. La globalizzazione, di fatto, ha messo in crisi gli Stati nazionali, che non sono in grado di controllare all’interno dei propri territori la ricchezza, le persone, le idee, i commerci, le tecnologie e dunque modifica la sostanza della democrazia[22].
Parimenti, la comunicazione sta mettendo in crisi la società, constatato che si è trasformata prevalentemente in disinformazione, rappresentando l’emergenza educativa e democratica di questo tempo[23].
Si è, allora, profilata una “geografia delle connessioni” dove tutto è collegato, sia fisicamente che virtualmente attraverso processi schiacciati sul presente e sulla comunicazione immateriale, determinando però risultati concreti: basti pensare ai dibattiti politici, e all’oscillazione delle opinioni pubbliche, legate all’immediatezza dei tweet.
Dagli albori della civiltà l’uomo si è organizzato incrociando autorità verticale e territorialità orizzontale, dando vita a città ed imperi, che molto più degli Stati, hanno determinato lo sviluppo della civiltà[24], in una condizione in cui prevarranno le strategie economiche sulla forza militare[25].
In questo disordine mondiale, in cui qualcuno ha intravisto una geopolitica del caos[26], dato che i conflitti e le vecchie fratture nel Medioriente e in Asia si sono ulteriormente accentuate.
Sembra mantenere, dunque, la sua validità l’intuizione di Sir Halford John Mackinde che in una relazione alla Royal Geographical Society di Londra del 1904 aveva messo in connessione l’effetto domino che un determinato avvenimento provoca nelle altre aree del pianeta, dimostrando che il mondo era interconnesso al di là delle distanze.
Questa teoria sostiene che “controlla il mondo chi governa l’Heartland”, cioè il cuore della terra e che potrebbe identificarsi in quell’area dell’Asia che comprende l’impero russo e che si estende all’Europa dell’Est e a paesi asiatici, come Iraq, Iran e Afghanistan. Secondo questa impostazione, chi ha una posizione geografica privilegiata conquista spazio strategico ed ha accesso alle risorse.
Intelligence: la definizione e le origini
“L’arma più importante di un agente segreto è il suo cervello”[27]: la storia dell’intelligence accompagna l’uomo dalle caverne agli algoritmi.
Non a caso, l’intelligence viene considerata la “dimensione mancante della storia” e scandisce le vicende dell’umanità fin dagli albori, come ricorda la Bibbia, il libro dei libri.
L’intelligence è oggi un genere letterario, diventato cinematografico, di grande successo. I primi testi potrebbero essere considerati “La spia” di James Fenimore Cooper del 1821, “La lettera rubata” di Edgar Allan Poe del 1844 e “L’agente segreto” di Joseph Conrad del 1907.
La letteratura sullo spionaggio è molto efficace, poiché a scriverla sono stati spesso agenti segreti, soprattutto inglesi, facendola decollare nell’immaginario collettivo come un fenomeno sociale e di costume culturale.
Ovviamente “il ruolo della spia segue il mutamento della società”[28] rappresentando un “archetipo del bene: i cattivi sono sempre gli altri”[29], mentre “il termine intelligence è più corretto di spionaggio (che infatti oggi è solo il 10% dell’attività dei Servizi) perché è più vasto e più esatto. Spiega realmente cos’è il lavoro di un Servizio, che non è la spia che riferisce al potere politico un’informazione riservata, ma la Struttura dello Stato che elabora, programma, analizza e spesso spiega al decisore politico cosa c’è davvero tra le pieghe dei risvolti più nascosti ed ambigui della politica estera“[30].
Pagani utilizza l’esempio del commercio della noce moscata per spiegare dinamiche economiche e rapporti di forza tra le nazioni.
Infatti, “nell’Europa tra il Quattrocento e il Seicento, l’età delle grandi scoperte geografiche, le spezie erano più preziose dell’oro, così preziose che le maggiori potenze marinare e commerciali si disputarono a lungo il controllo della loro produzione e del commercio, fino a combattere vere e proprie guerre.
Gli inglesi erano in prima fila in questa contesa per il controllo delle spezie fin dai tempi di Sir Francis Walshingam la guerra contro le altre potenze veniva combattuta sul piano commerciale, come dimostrano le lettere di corsa che Sir Francis Drake metteva a frutto contro i vascelli spagnoli.
Questo a conferma che l’intelligence è sempre proiettata a intercettare i segni dei tempi.
Non casualmente, fin dall’inizio Walsingham faceva ricorso a studenti delle università di Oxford e Cambridge[31] e a infiltrati e religiosi per contrastare la restaurazione cattolica, che era il pericolo più grave, e che attraverso la conoscenza di informazioni preventive poteva essere efficacemente combattuta, come dimostrò la scoperta della congiura delle polveri[32].
Dopo avere fatto riferimento alle tecniche dell’antichità, richiamando, tra l’altro, il ruolo degli agenti segreti romani detti “speculatores” che riferivano direttamente all’imperatore, Pagani descrive l’epopea della Serenissima, ricordando che “Venezia non abbandonò mai il Mediterraneo e il Medioevo”[33], ricordando che “la fama e lo splendore di Venezia veniva dal suo dominio sul mare, ma questo non era derivato dalla superiorità nautica”.
Altri fattori attribuivano alla Serenissima Repubblica di Venezia quella supremazia che fece la sua fortuna per cinque secoli: il principale era la raffinata capacità di raccogliere, interpretare ed utilizzare le informazioni di cui nessun altro disponeva. Intelligence, dunque.
L’intelligence e il Grande Gioco tra Occidente, Russia e Cina
Intelligence: la definizione e le origini
“L’arma più importante di un agente segreto è il suo cervello”[27]: la storia dell’intelligence accompagna l’uomo dalle caverne agli algoritmi.
Non a caso, l’intelligence viene considerata la “dimensione mancante della storia” e scandisce le vicende dell’umanità fin dagli albori, come ricorda la Bibbia, il libro dei libri.
L’intelligence è oggi un genere letterario, diventato cinematografico, di grande successo. I primi testi potrebbero essere considerati “La spia” di James Fenimore Cooper del 1821, “La lettera rubata” di Edgar Allan Poe del 1844 e “L’agente segreto” di Joseph Conrad del 1907.
La letteratura sullo spionaggio è molto efficace, poiché a scriverla sono stati spesso agenti segreti, soprattutto inglesi, facendola decollare nell’immaginario collettivo come un fenomeno sociale e di costume culturale.
Ovviamente “il ruolo della spia segue il mutamento della società”[28] rappresentando un “archetipo del bene: i cattivi sono sempre gli altri”[29], mentre “il termine intelligence è più corretto di spionaggio (che infatti oggi è solo il 10% dell’attività dei Servizi) perché è più vasto e più esatto. Spiega realmente cos’è il lavoro di un Servizio, che non è la spia che riferisce al potere politico un’informazione riservata, ma la Struttura dello Stato che elabora, programma, analizza e spesso spiega al decisore politico cosa c’è davvero tra le pieghe dei risvolti più nascosti ed ambigui della politica estera“[30].
Pagani utilizza l’esempio del commercio della noce moscata per spiegare dinamiche economiche e rapporti di forza tra le nazioni.
Infatti, “nell’Europa tra il Quattrocento e il Seicento, l’età delle grandi scoperte geografiche, le spezie erano più preziose dell’oro, così preziose che le maggiori potenze marinare e commerciali si disputarono a lungo il controllo della loro produzione e del commercio, fino a combattere vere e proprie guerre.
Gli inglesi erano in prima fila in questa contesa per il controllo delle spezie fin dai tempi di Sir Francis Walshingam la guerra contro le altre potenze veniva combattuta sul piano commerciale, come dimostrano le lettere di corsa che Sir Francis Drake metteva a frutto contro i vascelli spagnoli.
Questo a conferma che l’intelligence è sempre proiettata a intercettare i segni dei tempi.
Non casualmente, fin dall’inizio Walsingham faceva ricorso a studenti delle università di Oxford e Cambridge[31] e a infiltrati e religiosi per contrastare la restaurazione cattolica, che era il pericolo più grave, e che attraverso la conoscenza di informazioni preventive poteva essere efficacemente combattuta, come dimostrò la scoperta della congiura delle polveri[32].
Dopo avere fatto riferimento alle tecniche dell’antichità, richiamando, tra l’altro, il ruolo degli agenti segreti romani detti “speculatores” che riferivano direttamente all’imperatore, Pagani descrive l’epopea della Serenissima, ricordando che “Venezia non abbandonò mai il Mediterraneo e il Medioevo”[33], ricordando che “la fama e lo splendore di Venezia veniva dal suo dominio sul mare, ma questo non era derivato dalla superiorità nautica”.
Altri fattori attribuivano alla Serenissima Repubblica di Venezia quella supremazia che fece la sua fortuna per cinque secoli: il principale era la raffinata capacità di raccogliere, interpretare ed utilizzare le informazioni di cui nessun altro disponeva. Intelligence, dunque.
Siamo oggi di fronte alla riproposizione, in forme diverse, del Grande Gioco ottocentesco che vedeva contrapposti la Gran Bretagna e la Russia?[34]. Kim, il celebre protagonista del romanzo di Rudyard Kipling, sembra continuare a dirci “Ora andrò lontano su al Nord a giocare al Grande Gioco”[35].
Ci spiega Sergio Romano: “Chi darà un’occhiata alla carta geografica constaterà che i grandi attori hanno cambiato volto e nome, ma i territori contesi o discussi sono sempre gli stessi. In questa affascinante «mille e una notte» della diplomazia imperialista il lettore troverà l’antefatto di molti avvenimenti degli scorsi anni in Afghanistan e in Iran […]. Non è un segreto che in quei territori si trovi una delle prede più ambite del ventunesimo secolo: gli immensi giacimenti di petrolio e di gas naturale, al cui confronto quelli dell’Arabia Saudita e degli altri Stati del Golfo sembrano poco più che pozzanghere. Se poi a tanta ricchezza si aggiungono le miniere d’oro, argento, rame, zinco, piombo, minerali di ferro, carbone, i campi di cotone, si capisce subito perché i giovani governi dell’Asia centrale siano oggetto di una corte così assidua”[36].
Nel Grande Gioco si è inserita adesso la Cina con la strategia della nuova Via della Seta terrestre, potenziando le comunicazioni in questi territori per cui potremmo sostenere che “le Vie della Seta, sono il nuovo Grande Gioco”[37], riportando l’asse dello sviluppo del mondo nell’estremo Oriente che cinque secoli fa era l’area più avanzata del globo[38].
Infatti, da un lato la Cina cerca di creare un modello di supremazia alternativo a quello statunitense, alternando hard power (testate nucleari) e soft power (investimenti nelle infrastrutture di altri paesi), e dall’altro estende la sua influenza in aree ricche di idrocarburi trasportabili in modo sicuro[39].
Pertanto, Pechino replica la strategia americana del piano Marshall per creare rapporti solidi con i paesi interessati e farne dei mercati di sbocco per le proprie merci. Una visione intelligente che mette sul tappeto imponenti risorse finanziarie[40] e le impiega per realizzare una rete ferroviaria ad alta velocità che dalla Cina arrivi nel cuore dell’Europa, tenendo conto che il trasporto su rotaia aumenterà notevolmente nei prossimi anni poiché è meno costoso dell’aereo e più veloce della nave.
La Cina, di conseguenza, alimenta i consumi dell’Occidente con la costruzione di infrastrutture, mettendo in pratica una politica keynesiana, che privilegia in modo marcato gli investimenti sulle tecnologie e che è rivolta ad aumentare le importazioni e le esportazioni nei Paesi in via di sviluppo dell’Africa e dell’America Latina[41].
L’intelligence nell’era delle macchine intelligenti
Pagani tratta il tema dell’ibridazione di questo tempo, sospeso tra scienza e fantascienza, uomini e computer.
Già nel 1970 notava Norbert Wiener “La società può essere compresa soltanto attraverso lo studio dei messaggi e dei mezzi di comunicazione relativi ad essi […] Nello sviluppo futuro […] i messaggi fra l’uomo e le macchine, fra le macchine e l’uomo, e fra macchine e macchine sono destinati ad avere una parte sempre più importante”[42].
Le necessità legate alla guerra richiedono l’uso di tecnologie sempre più sofisticate e creano macchine intelligenti[43].
La cibernetica è stata essenziale poiché da un lato “aprì le porte a una nuova liberazione mentale”[44] creando “un nuovo vocabolario” per capire e descrivere il mondo[45] e dall’altro si preoccupava della sopravvivenza. Per questo secondo aspetto, c’è una potente similitudine con l’intelligence la cui finalità ultima, come spiega Francesco Sidoti, è quella di salvare vite umane[46].
E questo avviene mentre il cambiamento è il fattore cruciale dell’epoca contemporanea in quanto, come sostiene Isaac Asimov, “nessuna decisione sensata può essere più compiuta senza tenere conto non solo del mondo come è ora, ma di come sarà […]. Questo, a sua volta, significa che i nostri uomini di stato, i nostri imprenditori, i nostri uomini comuni, devono orientarsi verso un modo di pensare fantascientifico”.
Infatti, adesso il terreno di battaglia principale, attraverso media e social media, è rappresentato dal controllo, anche a fini commerciali, del nostro cervello[47], il quale è composto da circa cento miliardi di neuroni, che interagiscono tramite segnali e determinano comportamenti individuali che interagendo con gli altri negli stessi ambienti producono atteggiamenti culturali e comportamenti collettivi.
Da evidenziare che il Pentagono “ha stanziato 28 milioni di dollari per il solo 2011 per rifornire l’esercito, attraverso il programma chiamato Icews, di tecnologia capace di anticipare il corso di crisi che possono sfociare in conflitti. Così da elaborare risposte prima ancora che si verifichino”[48].
A questo si aggiunge il progetto di ricerca Open Source Indicators che si propone di “sviluppare metodi per l’analisi continua e automatica di dati disponibili al pubblico così da anticipare e/o scoprire sconvolgimenti sociali”[49].
Intelligence nel cyberspazio: la Rete come campo di battaglia
George Orwell si domandava: “In fin dei conti, come facciamo a sapere che due più due fa quattro? O che la forza di gravità esiste davvero? O che il passato è immutabile? Che cosa succede, se il passato e il mondo esterno esistono solo nella vostra mente e la vostra mente è sotto controllo?”[50].
La manipolazione costante delle informazioni rende le fake news un dettaglio insignificante rispetto a quello che realmente accade nell’universo mediatico, creando uno spaesamento e un disagio individuale che con l’avvento del digitale Joshua Meyrowitz aveva intuito[51].
La trasparenza apparente di ogni avvenimento finisce con il celarlo: “È il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità” dice Morpheus in Matrix[52]. La galassia di dati che aumentano sempre di più trasformerà radicalmente il nostro modo di vivere, in maniera imprevedibile e ancora ignota.
La Rete rende tutto più imprevedibile connettendo in modi sempre più accelerati l’intelligenza umana e quella delle macchine, integrando reale e virtuale grazie a tecnologie indossate o impiantate che influenzeranno i comportamenti a casa, nel lavoro, nel tempo libero e nell’intimità.
Insieme a ciò, la robotica, le neuroscienze e le nanotecnologie saranno sempre più centrali nella vita delle persone creando una modifica strutturale e senza ritorno nella società per come l’abbiamo finora conosciuta, aumentando la velocità dei cambiamenti e quindi la precarietà.
Tra pochissimi anni avremo miliardi di dispositivi digitali collegati in Rete, consolidando l’internet delle cose che rende “la vita più comoda e facile, più smart, ma crea problemi sociali e politici nuovi e significativi, perché la tecnologia elimina molti impieghi, distruggendo lavoro, contribuisce così ad accrescere le diseguaglianze tra le persone, ridefinisce i concetti di privacy e di sicurezza, perché genera nuovi rischi, nuovi tipi di criminalità, di armi e di guerra”[53].
L’impatto con l’internet delle cose richiederà un urgente aggiornamento delle modalità di intelligence, e la forza dei precedenti perderà significato e valore, poiché lo scenario è completamente nuovo: sarebbe come interpretare con le logiche degli uomini di Neanderthal le conseguenze della conquista della luna.
Bisogna prendere atto, allora, che la Rete è diventata un immenso campo di battaglia dove tutti gli utenti sono coinvolti, come peraltro sembrerebbe prevedere la strategia cinese di cyberwarfare, in cui guerra delle informazioni, guerra economica e guerra psicologica si intrecciano inevitabilmente[54].
La disinformazione è un aspetto decisivo dei conflitti, assumendo dimensioni pervasive dalla prima guerra mondiale, in quanto è stata poi sempre sperimentata in tempo di pace[55]. Potremmo sostenere che attualmente il sistema sociale è caratterizzato dalla disinformazione, prodotta sia dalle istituzioni pubbliche[56] che dalle imprese economiche[57].
L’ambito nel quale circolano le informazioni è determinante. Per proporre un esempio: la sensibilità ambientale è collegata con la contestazione giovanile degli anni Sessanta che fa esplodere la sfiducia verso la classe dirigente, che si esprime pure con il complottismo, alimentato in modo virale dalla Rete[58].
Osserva Pagani che “a differenza delle fake news legate alla propaganda politica ed economica per le operazioni concepite nell’ambiente militare, l’effetto ingannevole dovrebbe essere determinato più dalla costruzione suggestiva della narrazione che non dalla falsità dei temi trattati”[59].
Pertanto, va inquadrata l’attività di influenza soprattutto sulla formazione dell’opinione pubblica, e pertanto sugli esiti delle campagne elettorali, che tramite i social alcuni paesi, come Russia e Cina, rivolgerebbero verso l’Occidente.
Non manca nel volume di Pagani una riflessione sulla teoria dei giochi che “regge matematicamente il concetto di fiducia che sta alla base logica del sistema”[60].
L’intelligence nella storia: i Servizi segreti delle diverse Nazioni
Il quarto capitolo, più esteso, è dedicato ai Servizi segreti nei principali paesi.
Ovviamente si inizia con l’intelligence italiana che, come accade anche per tutti gli altri, si intreccia con la storia profonda del Paese, compresa l’età d’oro del Rinascimento.
La Riforma della legge sui Servizi che è stata realizzata nel 2007 ha rivisto dopo trent’anni la disciplina dell’attività dell’intelligence italiana e ha introdotto una serie di cambiamenti: dal nome delle agenzie (SISDE diventa AISI, SISMI diventa AISE e CESIS diventa DIS) alla centralizzazione del sistema (il Presidente del Consiglio a livello politico e il DIS a livello operativo), dall’introduzione delle garanzie funzionali per gli operatori alla definizione del limite al segreto di Stato, dalla creazione di una scuola di formazione unica alla diffusione della cultura della sicurezza nella società italiana[61].
L’intelligence britannica
Pagani passa a descrive il Servizio segreto britannico che è quello più antico dal punto di vista organizzativo e che ha svolto notevoli attività.
Oltre ad agenti che poi sono diventati grandi scrittori, sono stati reclutati dai Servizi britannici personalità come Sir Robert Baden Powell, fondatore del movimento dei boy scout, ed archeologi come Thomas Edward Lawrence, meglio noto come Lawrence d’Arabia, e Gertrude Margaret Lowthian Bell.
L’intelligence britannica fu decisiva nei due conflitti mondiali del Novecento. Nel primo caso, influenzò l’opinione pubblica statunitense per renderla favorevole all’entrata in guerra e spinse il Presidente degli Stati Uniti Thomas Woodrow Wilson a dichiarare la guerra.
Nella seconda guerra mondiale, furono determinanti le operazioni clandestine e i sabotaggi nell’Europa occupata dai nazisti, attraverso lo Special Operation Executive, emanato nel luglio del 1940 da Winston Churchill con un invito perentorio: «And now set Europe ablaze» che tradotto significa “E ora incendiate l’Europa”[62].
Una caratteristica sviluppata nel corso degli anni dall’intelligence britannica è quella di coinvolgere i propri concittadini sparsi per il mondo.
Scrive Pagani: “Fin dai tempi dell’impero coloniale e della supremazia britannica sui mari le esigenze conoscitive più disparate hanno spinto le grandi compagnie di navigazioni, e quelle assicurative, a costruire reti informative globali reclutando prevalentemente personale civile. Questo approccio caratterizza tuttora in modo specifico le tecniche dell’Intelligence service britannico, che imposta ancora le proprie azioni di penetrazione informativa avvalendosi spesso della disponibilità di molti connazionali che, sparsi in ogni parte del mondo per ragioni più varie, sono disposti ad impegnarsi, nell’interesse del proprio paese, sia in attività di tipo conoscitivo che operative”[63].
L’intelligence statunitense
Dopo quella britannica, viene descritta l’intelligence più estesa e complessa: quella statunitense. Nel 1964 i giornalisti americani David Wise e Thomas B. Ross avevano scritto il libro “Il Governo invisibile”, in cui accusavano la CIA di svolgere azioni sovversive all’estero[64]. Quattro anni dopo Edward Luttwak aveva dato alle stampe “Tecniche di un colpo di Stato”, evidenziando come, attraverso esperienze dell’intelligence americana, questa pratica fosse abbastanza esercitata[65].
Wise e Ross si chiedevano: “Che la parte operativa, per dirla in breve, abbia preso il sopravvento su quella informativa”?[66]. Grosso modo le critiche [alla CIA] si dividevano in tre grandi categorie: che la CIA facesse una politica estera tutta sua; che la sua attività sfuggisse al controllo del Presidente e del Congresso; che talvolta alterasse le informazioni raccolte per giustificare le “operazioni speciali”[67].
La contromisura proposta per queste osservazioni era il rafforzamento del controllo politico sull’Agenzia: “il popolo, il Presidente, il Congresso devono promuovere misure atte a controllare l’attività dei vari Servizi di informazione, a limitarne il potere e a renderli veramente responsabili di ciò che fanno, specialmente nel campo delle “operazioni speciali”[68]. “Le operazioni speciali” […] sollevano un problema: fino a che punto può una società libera, impegnata nel tentativo di restare tale, emulare una società chiusa senza diventare indistinguibile da quest’ultima?”[69].
Luttwak invece argomentava che i cambi di regime potessero avvenire all’interno degli apparati statali, con il controllo dell’informazione e la sostanziale indifferenza della popolazione.
Tutto era iniziato nel giugno del 1948 quando il Consiglio nazionale di Sicurezza aveva autorizzato l’Agenzia a compiere operazioni politiche e paramilitari segrete[70], all’interno delle quali si collocava la rete europea “Stay Behind”.
Secondo Pagani, “negli anni Cinquanta l’agenzia operò con la massima libertà e spregiudicatezza su tutto lo scenario globale per fronteggiare le attività dell’omologo russo KGB, [svolgendo] un gran numero di operazioni di regime change, poiché ritenute in grado di assicurare elevate probabilità di successo facendo ricorso a risorse tutto sommato limitate e, soprattutto, lasciando relativamente nell’ombra i mandanti”[71].
La CIA, infatti, era intervenuta, tra gli altri, in Iran, Guatemala, Congo, Indonesia, Cuba, Cile, mentre furono fallimentari i tentativi di sabotaggio messi in atto nei paesi del blocco sovietico[72].
Va ricordato il sistema Echelon creato inizialmente da USA e Regno Unito per intercettare con i satelliti comunicazioni pubbliche e private, inizialmente del blocco sovietico per orientarlo negli anni successivi verso finalità di spionaggio economico[73].
L’intelligence russa
Viene a questo punto esaminata l’altra grande potenza della guerra fredda. I Servizi segreti russi sono storicamente abilissimi nella disinformatia, la più economica forma di politica di influenza, e nella raccolta di informazioni da insospettabili quinte colonne.
É probabilmente grazie alle informazioni fornite dal fisico teorico tedesco Klaus Fuchs, il quale lavorava al progetto Manhattan a Los Alamos, che, dopo quattro anni dall’esplosione delle bombe di Hiroshima e Nagasaki, l’Unione Sovietica riuscì a realizzare la sua prima bomba atomica[74].
Un altro episodio è quello della rete spionistica creata da Leopold Trepper che raccoglieva informazioni per conto dell’unione Sovietica nei paesi occupati dai nazisti. Il controspionaggio tedesco aveva denominato questa rete “Rote Kapelle: “l’Orchestra Rossa”[75].
La più celebre azione di infiltrazione sovietica fu quella avvenuta in Gran Bretagna con i cosiddetti “ragni di Cambridge”, tra i quali Kim Philby, che arrivò ai vertici del Secret Intelligence Service[76].
Per quanto riguarda il nostro Paese, si registra il caso del paracadutista sportivo Giorgio Rinaldi, che era pure un’insospettabile spia sovietica e che, una volta scoperto, venne condannato a otto anni, insieme alla moglie Zara e ad Armando Girard, un improbabile avventuriero[77]. Nel dossier Mitrokhin sono riportate altre spie italiane[78].
L’intelligence israeliana
Il Mossad è probabilmente il Servizio segreto più efficiente del mondo, perché opera da sempre in condizioni di guerra quotidiana, per cui l’immediatezza e l’accuratezza dell’informazione è una questione di vita o di morte. E il tutto con la massima riservatezza poiché rimangono spesso senza nome le operazioni in cui è coinvolta.
Il Servizio israeliano non solo ha grandi capacità operative – come dimostrano l’arresto di Eichmann in Argentina nel 1960, le operazioni di ritorsione contro gli attentatori palestinesi delle olimpiadi di Monaco del 1972, il raid di Entebbe del 1976[79], la distruzione della centrale nucleare irachena di Osirak nel 1981[80] – ma ha evidenziato nel tempo grandi capacità predittive.
Sostengono Michael Bar-Zohar e Nissim Mishal, che “quando il Mossad ha messo in guardia l’Occidente, annunciando che la cosiddetta Primavera araba rischiava di trasformarsi in un Inverno arabo, quasi nessuno ha dato retta alle sue ammonizioni […]. L’Inverno arabo ha trasformato il Medio Oriente in una bomba a orologeria e in una grave minaccia per Israele e i suoi alleati Occidentali”[81].
Contro le minacce dei nemici, “il Mossad combatte una guerra delle ombre, sabotando centrali nucleari, eliminando scienziati, fornendo agli impianti apparecchiature difettose e materia prime scadenti per il tramite di società fittizie, organizzando la diserzione di alti ufficiali dell’esercito e rinomati esperti di energia atomica e infettando i sistemi informatici iraniani con virus di ultima generazione. In questo modo i Servizi segreti israeliani sono riusciti a ritardare di diversi anni la messa punto di una bomba nucleare iraniana, ed in questo senso si può dire che essi sono l’ultima risorsa prima del ricorso di Israele alla guerra aperta”[82].
L’intelligence cinese
Secondo me, sono due i libri che possono aiutarci a comprendere i Servizi cinesi: il primo è “L’arte della guerra” scritto da Sun-Tzu nel IV secolo a.C.[83] e il secondo è “Guerra senza limiti. L’arte della guerra asimmetrica”, scritto nel 1993 dai generali cinesi (allora colonnelli) Qiao Liang e Wang Xiangsui [84].
La sezione che riguarda la Cina viene appunto introdotta da una massima di Sun-Tzu: “La capacità di prevedere non è un dono degli dèi. Si ottiene tramite uomini che ci informano sulla situazione del nemico”, per conseguire il massimo risultato per un generale: vincere senza combattere.
Appunto per questo occorre diventare esperti e praticare “la divina manipolazione delle trame”, perchè la spia deve scoprire ciò che non si vede in quanto il vero obiettivo è individuare i reali piani del nemico.
La “guerra senza limiti” si combatte in uno scenario in cui tutto il mondo è diventato un immenso campo di battaglia con i nemici dell’ordine costituito che combattono senza regole e che hanno un potere di distruzione impressionante.
Ricorda Pagani che “per la Cina e per la sua classe dirigente è naturale e giusto servirsi dell’intelligence e di stratagemmi, fingere di essere «teneri» e «miti» per ingannare gli avversari. Poi, come l’acqua, bisogna adattarsi alle circostanze[85], colpire il nemico nei punti più deboli, dove minore è la sua capacità di resistenza e, al momento propizio, usare le forze stesse del nemico per distruggerlo”[86].
Fabio Mini, profondo conoscitore della cultura dell’impero del dragone, spiega “la Cina è forse il paese nel quale la sicurezza può ancora avvalersi di intelligentia e cultura. Non tanto perché gli agenti sono migliori dei superaccessoriati colleghi occidentali, ma perché la cultura diffusa tra la popolazione e nell’ambito della dirigenza politica è fondata su princìpi e pratiche intimamente funzionali all’intelligence nel senso più ampio, olistico. L’intelligence cinese è invasiva, pervasiva e oppressiva, ma è condotta con passione maniacale alla scoperta di ciò che sta dietro, sopra e sotto, con memoria millenaria, determinazione ostinata, culto delle istituzioni e «attenzione» alle persone più che alle cose […]. La sicurezza cinese non è ispirata alla libertà e comunque la libertà è un valore subordinato alla potenza, non parla di democrazia o di diritti umani e neppure di eguaglianza o fratellanza. Parla di calma pur sapendo che il rischio peggiore è la calma apparente”[87].
Come le informazioni riservate supportano la politica degli Stati
Strategia e informazioni vanno contestualizzate, comprese e interpretate in profondità: solo in questo modo assumono un significato per l’intelligence[88].
Un elemento essenziale è che le informazioni così elaborate costituiscono la base per assumere decisioni sia nel settore pubblico che in quello privato. Pertanto è decisivo il ruolo di chi deve utilizzarle, per cui vanno considerati i comportamenti delle classi dirigenti, che come tutte le persone non operano sempre in modo razionale.
In realtà, guerra e politica sono inscindibili, per cui i conflitti non vengono delegati solo ai generali. Ragionamento che vale per tutti gli ambiti: per esempio, l’applicazione delle politiche scolastiche non può essere affidata solo agli operatori della scuola, così come le attività dell’intelligence non possono essere riservate principalmente agli operatori delle forze di polizia e delle forze armate.
Ma per usare efficacemente le spie, i governanti devono essere dei conoscitori della natura umana, come dimostrano le esperienze di Annibale e Giulio Cesare, di Klemens von Metternich e Winston Churchill.
A questo punto, Pagani approfondisce il pensiero di Nicolò Machiavelli, uno degli italiani più conosciuti nel mondo. “Nascono così i concetti della Ragion di Stato, ovvero l’insieme degli obiettivi supremi – primo fra tutti la sicurezza nazionale – che uno Stato deve tutelare sopra ogni cosa, e di Segreto di Stato, che in quanto tale va difeso da organi di controllo nati specificatamente per assolvere a tale delicato incarico. La definizione del concetto di Segreto di Stato in particolare ci ricorda il ruolo di analista di intelligence che Machiavelli ebbe nel corso della sua carriera politica”[89].
Per il pensatore fiorentino, lo Stato è indispensabile per mantenere l’ordine e per farlo deve tenere conto della doppiezza dell’animo umano. É necessario però coinvolgere pienamente i cittadini nella difesa delle istituzioni, che non può essere delegata a inaffidabili milizie mercenarie[90], come dimostrava al tempo la crisi degli stati italiani[91]. E nei conflitti gli eserciti, per essere vincenti, dovevano conoscere l’organizzazione del nemico, utilizzando quelli che egli definiva “speculatori del cammino”.
Sono dunque decisive le capacità dell’analista di intelligence che “deve conoscere gli uomini e le loro passioni, deve provare interesse per la politica senza lasciare che le proprie passioni politiche minino l’oggettività della sua analisi e deve infine avere il coraggio di formulare giudizi precisi, anche se mai certi, che consentano ai decisori politici di prendere le decisioni migliori nell’interesse nazionale.
Facendo un salto di tre secoli, Pagani richiama il pensiero del generale prussiano Carl von Clausewitz per il quale “l’obiettivo in guerra era la distruzione della forza industriale-militare del nemico, ed il suo pensiero ha un’influenza profonda sul pensiero politico e militare del XIX e del XX secolo, e quindi sulla storia”[92].
Nella visione di Clausewitz la guerra è uno strumento della politica, lezione che venne fatta propria da Lenin[93].
Commenta Pagani: “Caratteri dei popoli, situazioni storiche, alleanze, disponibilità economiche, scopi politici: tutto questo spinge la guerra sempre lontano dalle sue conseguenze assolute e pone limiti costanti all’azione dei condottieri e dei governi. Dall’assoluto si passa alla condotta ragionevole della guerra, una ragionevolezza che comporta una serie di mediazioni. Tra queste Clausewitz rileva il ruolo dell’asimmetria delle forze, dell’incertezza, del maggior potere della difesa rispetto all’attacco, e soprattutto di quello che definisce l’attrito: l’inevitabile irrazionalità che si insinua nei movimenti di grandi masse di uomini e nella linea di comando, rendendo sovente vani i migliori piani militari. Tutto questo sembra rendere impossibile preparare un piano di guerra ispirandosi ai criteri della guerra assoluta. Il compito di sciogliere tutti questi nodi è affidato da Clausewitz alla politica”[94].
Le questioni di metodo presenti e future
Il metodo dell’intelligence pone questioni epistemologiche, ermeneutiche e gnoseologiche.
Com’è noto, l’epistemologia è l’analisi critica di una disciplina, l’ermeneutica la capacità di interpretare e la gnoseologia si occupa dell’oggetto e della validità della conoscenza.
Parliamo dunque di ricerca e di conseguenza dobbiamo partire dalle domande, considerando l’imprevisto e l’improbabile[95]. Questo percorso identifica potenti analogie e sovrapposizioni con l’intelligence, poiché l’intelligence è un’attività di ricerca e analogamente la ricerca è un’attività di intelligence.
Inoltre, nell’essere umano esistono limiti del ragionamento, dell’esperienza e dell’apprendimento. Questi limiti comportano l’incapacità di identificare elementi isolati e di prevedere il divenire della storia, a partire da premesse sbagliate, da pregiudizi culturali e mentali, dalla concentrazione sull’ordinario che trascura lo straordinario[96].
Infatti, la dimensione magica della vita è stata compressa dalle idee della rivoluzione scientifica e dell’illuminismo[97].
Nell’opinione di Pagani, “il mondo è dominato da ciò che è estremo, sconosciuto e molto improbabile, mentre noi continuiamo ad occuparci di aspetti secondari, a concentrarci su ciò che è conosciuto e ripetuto […]. Nonostante il progresso e la crescita della nostra conoscenza, il futuro sarà sempre meno prevedibile […]. Rispettiamo ciò che è accaduto, ma ignoriamo ciò che sarebbe potuto accadere. Siamo arroganti riguardo a ciò che pensiamo di sapere. Questa arroganza epistemica è tracotanza riguardo ai limiti della nostra conoscenza. La nostra conoscenza cresce, ma essendo minacciata da incrementi più cospicui di fiducia, aumenta anche la confusione, l’ignoranza e la presunzione. Costruiamo le nostre credenze intorno ai punti di riferimento che abbiamo in mente”[98].
In una fase di crescente imprevedibilità, l’intelligence deve fare un salto di qualità passando dal disegnare gli scenari probabili a definire scenari possibili, prevedendo eventi inaspettati e minacce nascoste, attraverso l’individuazione di segnali deboli e insoliti.
Risponde appunto a queste necessità il sistema Atypical Signal Analysis and Processing (ASAP) messo a punto dalla RAND Corporation che elabora dati isolati per individuare le nuove minacce.
Come ha rilevato Karl Popper, l’aumento della conoscenza alimenta l’incertezza dato che “per ogni problema esiste sempre un’infinità di soluzioni logicamente possibili”[99], per cui occorre procedere per congetture e confutazioni, evitando di replicare il già noto e facendo ricorso all’immaginazione e all’innovazione, che però devono essere attentamente verificate[100]. Tutto questo cementa il rapporto indispensabile tra intelligence e metodo scientifico[101].
Facendo ricorso a dati raccolti in via sperimentale, le leggi osservano i fenomeni che sono spiegati dalle teorie che vanno concretamente verificate attraverso prove, mentre le ipotesi prevedono interpretazioni, che devono considerare aspetti apparentemente minori e inaspettati.
I dati vanno contestualizzati in profondità dagli analisti di intelligence per ipotizzare possibili conseguenze e definire scenari da sottoporre alla valutazione del decisore.
L’analista, quindi, non deve avere pregiudizi né aspettative per evitare il fenomeno delle profezie che si autoavverano, un noto meccanismo della psicologia sociale, disciplina nella quale potrebbero essere ricompresi anche gli archetipi, cioè le immagini primordiali presenti nell’inconscio collettivo.
In effetti, l’operatore di intelligence dovrebbe essere un esploratore che va oltre, che sperimenta, che combatte i demoni, che ricerca la verità, che distingue la realtà dalle apparenze, che si muove nelle ombre dell’incertezza perchè nulla è come sembra. E come ribadisce Paolo Coelho “nulla succede per caso nella magia del mondo”.
Tutto questo dimostra come nel ciclo dell’intelligence il ruolo centrale sia rappresentato dal decisore politico[102], che prima individua il fabbisogno informativo e infine utilizza le informazioni ricevute. Ed è appunto in queste due fasi che si registrano i principali problemi per gli apparati di intelligence, perché da un lato ci si può occupare di questioni insignificanti e dall’altro le informazioni prodotte possono venire sottovalutate. Oltre a ciò, possono evidenziarsi distorsioni interne, dato che le indicazioni fornite dai decisori sono o troppo ampie o troppo ristrette.
Nel caso in cui le indicazioni del decisore siano eccessivamente limitate o poco definite, si potrebbe disporre di una massa di informazioni senza avere abbastanza analisti per esaminarle, oppure si potrebbero verificare una serie di discrasie: differenza tra obiettivi a breve e lungo termine, errori cognitivi degli analisti che assegnano più risalto alle informazioni di attualità, diffidenza verso le informazioni che provengono dall’intelligence per i pregiudizi dei decisori politici.
La conoscenza, in definitiva, è essere capaci di analizzare e sintetizzare la realtà, mentre oggi si incentiva la separazione e lo specialismo piuttosto che la libertà del pensiero.
Questo approccio consentirebbe di affrontare il tema cruciale di questo tempo: la complessità.
Appunto per questo sarebbe opportuno avere “una visione interdisciplinare degli studi che si occupano di sistemi complessi adattivi, teoria del caos, teoria dei sistemi, intelligenza artificiale, cibernetica, meteorologia, ecologia, fenomeni termodinamici lontani dallo stato di equilibrio. Spesso è indicata anche con i termini scienza della complessità, sfida della complessità oppure pensiero della complessità”[103].
Su questi temi Alberto Felice De Toni ha fornito un contributo significativo anche in chiave di intelligence[104].
Conclusioni
I gruppi jazz sono basati sull’unione tra caos e ordine: “Nel jazz bisogna saper riconoscere i problemi piuttosto che risolverli, ascoltare ed interagire […] piuttosto che isolarsi in sé stessi”[105].
Diventano allora fondamentali i modelli organizzativi che vedono al vertice le élite, perché ogni organizzazione funziona a seconda di chi la gestisce o la rappresenta[106].
L’imperatore Federico il grande pensava prima della battaglia: “Se i miei soldati cominciassero a pensare, nessuno rimarrebbe nelle mie fila”, mentre l’inventore della catena di montaggio Federico Taylor sosteneva: “Impiegati e operai non devono pensare, ci sono i dirigenti che sono pagati per farlo per loro”[107].
E Pagani conclude sostenendo che “l’improvvisazione umana comporta un diverso livello di complessità […]. Ciascuno deve interpretare ciò che suonano gli altri. […] I musicisti sono liberi di cercare qualcosa di nuovo, ma sono anche vigili rispetto alla loro responsabilità di esserci gli uni per gli altri. In tutta questa libertà, la musica è coerente, ma non rigida. È così che si manifesta l’improvvisazione. Rasentando la natura stessa della complessità”[108].
E probabilmente l’intelligence, che si può identificare nella convergenza di tanti saperi diversi, può rappresentare una chiave decisiva per comprendere la complessità e quindi aiutarci a interpretare il mondo.
________________________________________________________________________________
Bibliografia
- C. Lasch, “La ribellione delle élite. Il tradimento della democrazia”, Feltrinelli, Milano 2001. ↑
- J. Benda, “Il tradimento dei chierici”, Einaudi, Torino 1972. ↑
- N. Poulantzas, “Il declino della democrazia”, Mimesis, Sesto San Giovanni 2010. ↑
- A. Bottai Polimeno, “Alto tradimento. Privatizzazioni, Dc, euro: misteri e nuove verità sulla svendita dell’Italia”, Rubbettino, Soveria Mannelli 2019. ↑
- M. Caligiuri, “Introduzione alla società della disinformazione. Per una pedagogia della comunicazione”, Rubbettino, Soveria Mannelli 2018. ↑
- “La Trahison des images” è un dipinto di René Magritte realizzato nel 1928-29, attualmente esposto nel Los Angeles County Museum of Art. «Chi oserebbe pretendere che l’immagine di una pipa è una pipa? Chi potrebbe fumare la pipa del mio quadro? Nessuno. Quindi, non è una pipa». ↑
- Y.N. Harari, “21 lezioni per il XXI secolo”, Bompiani, Milano 2018. ↑
- E. Morin, “I sette saperi necessari all’educazione del futuro”, Cortina, Milano 2001. ↑
- Il termine “intelligence” deriva, secondo l’interpretazione di Tullio De Mauro, dal latino intelligere, cioè capire, e inter-legere che consiste nella capacità di trovare correlazione tra gli elementi. ↑
- A. Pagani, “Manuale di intelligence e servizi segreti”, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2019, p. 16 ↑
- D. Talia, “La società calcolabile e i Big Data”, Rubbettino, Soveria Mannelli 2018. ↑
- Negli ultimi anni si è verificata “una redistribuzione dei potenziali strategici e militari. L’Urss in crisi mollò alla CEE ed alla Nato la parte occidentale dell’impero dei Soviet, che era inquadrata nel Patto di Varsavia, per evitare i sovraccosti di un sistema economico irrazionale e corrottissimo”. Nel testo a p. 375. ↑
- G. Gagliano, G. Laiser, M. Caligiuri, “Intelligence economica e guerra delle informazioni. Le riflessioni teoriche francesi e le prospettive italiane”, Rubbettino, Soveria Mannelli 2016. ↑
- G. Galli, M. Caligiuri, “Come si comanda il mondo. Teorie, volti, intrecci”, cit. ↑
- M. Naím, “Illecito. Come trafficanti, falsari e contrabbandieri stanno controllando l’economia mondiale”, Mondadori, Milano 2006. “l’espansione dell’economia criminale, che è stimata ormai alla pari, come fatturato ed importanza, al business annuale mondiale degli idrocarburi”. Nel testo a p. 375. ↑
- F. Galgano, S. Cassese, G. Tremonti, T. Treu, “Nazioni senza ricchezza, ricchezze senza nazioni”, il Mulino, Bologna 1993. ↑
- P. Collier, “Exodus. I tabù dell’immigrazione”, Laterza, Roma‐Bari 2015. ↑
- N. Klein, “Una rivoluzione ci salverà. Perché il capitalismo non è sostenibile”, Rizzoli, Milano 2015↑
- M. Naím, “La fine del potere”, Mondadori, Milano 2013. ↑
- “L’intelligence è nel cuore dello Stato. Se i Servizi di informazione e sicurezza non funzionano tutto il sistema politico si ferma, anche in quei settori che, apparentemente, non hanno niente a che fare con l’intelligence o la politica estera”. Nel testo a p. 376. ↑
- “Le forze sono quelle che, in matematica, si definiscono “una invariante”, mentre tutte le variabili stanno nel paradigma politico e strategico che intende usarle, in un modo o nell’altro”. Nel testo alle pp. 376-377. ↑
- A. Baldassarre, “Globalizzazione contro democrazia”, Laterza, Roma-Bari 2002. ↑
- M. Caligiuri, “Introduzione alla società della disinformazione. Per una pedagogia della comunicazione”, cit. ↑
- Nel testo a p. 386 (note). ↑
- ”[…] a vincere saranno le strategie economiche anziché la dottrina militare”. P. Khanna, “Connectography. Le mappe del futuro ordine mondiale”, Fazi, Roma 2016, p. 8. ↑
- C. Jean, “Geopolitica del caos. Attualità e prospettive”, Angeli, Milano 2007. Successivamente anche I. Ramonet, “Geopolitica del caos. Verso una civiltà del caos?”, Asterios, Trieste 2016. ↑
- Nel testo a p. 37. ↑
- Nel testo a p. 42. ↑
- Nel testo a p. 43. ↑
- Nel testo a p. 50 (note) ↑
- L’individuazione degli agenti avveniva “in gran parte dietro consiglio di John Dee, il quale aveva studiato anche lui a Cambridge”, p. 85 (note). ↑
- A. Fraser, “La Congiura delle polveri”, Mondadori, Milano 1999. ↑
- Nel testo a p. 58. ↑
- “il secolo XXI dunque ripropone, seppure in modo diverso, il Grande Gioco ottocentesco, quel crocevia di interessi geopolitici e strategici che aprì la stagione dell’espansionismo energetico in Asia e la progressiva collisione tra gli interessi dei governi e delle nazioni. Ora la posta in gioco è la possibilità di accedere ai vasti giacimenti di idrocarburi di cui alcuni paesi della regione sono ricchi”. Nel testo a p. 392. ↑
- R. Kipling, “Kim”, Adelphi, Milano 2000. L’edizione originale in lingua inglese è del 1901. ↑
- S. Romano, Prefazione a P. Hopkirk, “Il Grande Gioco”, Adelphi, Milano 2004. ↑
- Nel testo, a p. 394. ↑
- “Le nostre generazioni sono testimoni di questo ritorno dell’Asia là dove l’avevano lasciata i nostri avi cinque secoli fa, quando Cindia era stata l’area più ricca e più avanzata del mondo”. F. Rampini, “L’età del Caos”, Mondadori, Milano 2015, p. 153. ↑
- “Le materia prime che alimentano la fabbrica del mondo e le merci che essa produce entrano ed escono dalla Cina soprattutto via mare, e passano per lo stretto di Malacca, che di fatto è sotto il controllo militare della US Navy”. Nel testo a p. 404. ↑
- “Secondo le stime di Pechino, gli investimenti per la nuova Via della Seta hanno già creato 180.000 posti di lavoro nei 65 paesi coinvolti, che rappresentano il 62 per cento della popolazione mondiale e oltre un terzo del Pil planetario. Questa nuova connessione ed interdipendenza cambia l’aspetto e la struttura socio-demografica delle zone di confine”. Nel testo a p. 397. ↑
- “Circa la metà delle esportazioni cinesi va in Asia, America Latina ed Africa e oltre il 60% delle sue importazioni proviene da quelle aree, ed il solo commercio bilaterale tra Cina e Africa ha conosciuto un aumento del 100% in cinque anni”. Nel testo a p. 399. ↑
- N. Wiener, “Introduzione alla cibernetica. L’uso umano degli esseri umani”, Bollati Boringhieri, Torino 1970, pp. 23-24. ↑
- “Due attività come il calcolo e la previsione, che prima erano dominio esclusivo degli esseri umani, passavano nell’ambito delle capacità delle macchine segnando l’inizio, con l’avvio dell’automazione, di quella che è stata definita la “seconda rivoluzione industriale”. La vera innovazione però era l’unità essenziale dei due problemi, centrata sui fenomeni della comunicazione e del controllo, comuni alle macchine e agli esseri viventi”. Nel testo a p. 105. ↑
- Nel testo a p. 105. ↑
- Nel testo a p. 105. ↑
- “[…] il fine ultimo dell’intelligence è risparmiare vite umane, e incontestabilmente molte volte questo risultato è stato conseguito”. F. Sidoti, “Morale e metodo nell’intelligence”, Cacucci, Bari 1998, p. 28. ↑
- J. Crary, “24/7. Il capitalismo all’assalto del sonno”, Einaudi, Torino 2015; J. Bakan, “Assalto all’infanzia. Come le Corporation stanno trasformando i nostri figli in consumatori sfrenati”, Feltrinelli, Milano 2012. ↑
- Nel testo a p. 127. ↑
- Nel testo a p. 127. ↑
- G. Orwell, “1984”, Mondadori, Milano 2016. ↑
- J. Meyrowitz, “Oltre il senso del luogo. Come i media elettronici influenzano il comportamento sociale”, Baskerville, Bologna 1995. ↑
- Orpheus è un personaggio di “The Matrix”, un film di fantascienza del 1999 scritto e diretto dalle fratelli Andy e Larry Wachowski. ↑
- Nel testo a p. 158. ↑
- «La Cyber-guerra non è limitata al personale militare. Tutto il personale con particolari conoscenze e competenze nel sistema informativo possono partecipare all’esecuzione di cyber-guerra. La Cyber-guerra può veramente essere chiamata guerra del popolo», in “Study on Space Cyber Warfare”. Riportato nel testo a p. 194. ↑
- “Per costruire una narrazione che potesse mobilitare le masse in una guerra totale come il Primo Conflitto Mondiale i governi decisero di impiegare in modo scientifico ed organizzato un apparato di bugie e deliberate distorsioni dei fatti, così da poter creare un forte impatto emotivo sull’opinione pubblica. Le “fake news” sulla “fabbrica di cadaveri”, secondo cui i tedeschi avrebbero prodotto sapone usando i corpi dei soldati francesi e inglesi, o quelle su presunte violenze perpetrate sempre dai tedeschi contro i bambini del Belgio occupato, colpirono così profondamente la fantasia popolare dei Paesi alleati da produrre stereotipi il cui impatto è durato ben oltre la fine della Prima guerra mondiale”. Nel testo a p. 196 (note). ↑
- R. Debray, “Lo Stato seduttore”, Editori Riuniti, Roma 2003. ↑
- G. Galli, M. Caligiuri, “Come si comanda il mondo. Teorie, volti, intrecci”, Rubbettino, Soveria Mannelli 2018. ↑
- M. Caligiuri, “Intelligence e complotti. L’eterna lotta per il potere nella società della disinformazione” (2017), in “Rivista di Politica”, n. 01/2017, pp. 27-33. ↑
- Nel testo a p. 200. ↑
- Nel testo a p. 225. ↑
- Il testo più completo sulla riforma del 2007 è senza dubbio C. Mosca, G. Scandone, S. Gambacurta, M. Valentini, “I servizi di informazione e il segreto di Stato”, Giuffrè, Milano 2008. ↑
- Nel testo a p. 258. ↑
- Nel testo alle pp. 256-7. ↑
- D. Wise, T.B. Ross, “The Invisible Government”, Random House, New York 1964; trad. it. “Il Governo invisibile”, Longanesi, Milano 1967. ↑
- E. Luttwak, “Tecnica del colpo di Stato”, cit. ↑
- D. Wise, T.B. Ross, “Il Governo invisibile”, cit., p. 523. ↑
- ID., pp. 524-525. ↑
- ID., p. 528. ↑
- IBIDEM. ↑
- Nel testo a p. 268. ↑
- Nel testo alle pp. 269-271. ↑
- Nel testo a p. 272. ↑
- P.R. Keefe, “Intercettare il mondo: Echelon e il controllo globale”, Einaudi, Torino 2006. ↑
- Nel testo a p. 286. ↑
- G. Perrault, “L’orchestra rossa”, Bompiani, Milano 1968. ↑
- D. Vecchioni, “Kim Philby. Il terzo uomo”, Greco & Greco, Milano 2013. ↑
- G. Rinaldi, Tainik. “Storie vissute nello spionaggio sovietico”, Landoni, Legnago 1976. Il termine “Tainik” in russo significa nascondiglio. Nel testo alle pp. 295-297. ↑
- V. Mitrokhin, Dossier KGB. “Rapporto Mitrokhin”. Tutti i documenti dello spionaggio in Italia, Sapere 2000, Roma 1999. Per una visione più ampia, vedi V. Mitrokhin, C. Andrew, “L’Archivio Mitrokhin. Una storia globale della guerra fredda”, Rizzoli, Milano 2005.↑
- “Importante e da menzionare anche l’Operazione Entebbe. Un gruppo di terroristi arabi e tedeschi aveva dirottato un volo Air France decollato da Tel Aviv per Parigi, con a bordo, tra gli altri, 105 passeggeri israeliani, costringendo il pilota ad atterrare all’aeroporto di Entebbe, in Uganda, coi soli passeggeri israeliani, dopo aver effettuato scali ad Atene, Casablanca e Khartoum. Protetti e finanziati dal dittatore ugandese, il generale Iddi Amin, i terroristi tenevano in ostaggio novantacinque civili […] Il recupero di quegli ostaggi in un paese ostile a migliaia di chilometri da Israele è stata il frutto di una riuscita ed esemplare integrazione di attività informativa di intelligence ed efficacia operativa delle forze speciali”. Nel testo a p. 304. ↑
- Un’altra storica operazione di intelligence e militare è quella che il 7 giugno 1981 ha portato al bombardamento ed alla distruzione della centrale nucleare irachena di Osirak, divenuta celebre come Operazione Opera107. Il reattore della centrale sarebbe divenuto pienamente operativo di lì a poco […]. L’operazione, che portò alla totale distruzione dell’impianto, non è mai stata ammessa ufficialmente, soprattutto per evitare ritorsioni da parte del mondo arabo ed evitare la risposta militare di Bahar al-Assad, che sarebbe stata inevitabile se l’attacco al reattore fosse stato rivendicato da Israele. Nel testo P. 304 e ss. Vedi A. Perlmutter, M.I. Handel, U. Bar-Joseph, “Two minutes over Baghdad”, Vallentine-Mitchell Publishers, Chicago 1982. ↑
- M. Bar-Zohar, N. Mishal, Mossad. “Le più grandi missioni del Servizio segreto israeliano”, Feltrinelli, Milano 2012, pp. 8-9. ↑
- Nel testo alle pp. 307-309. ↑
- Sun Tzu, “L’arte della guerra”, Mondadori, Milano 2003. ↑
- L. Qiao, X. Wang, “Guerra senza limiti. L’arte della guerra asimmetrica fra terrorismo e globalizzazione”, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia 2001. ↑
- “Così come l’acqua prende la forma del recipiente che la contiene, un uomo saggio deve adattarsi alle circostanze”. Cit. Confucio. Eloquente è poi anche l’altra citazione contenuta in un proverbio cinese: “La medesima acqua può sostenere o affondare una nave”. ↑
- Nel testo a p. 314. ↑
- F. Mini, “Quel che i cinesi sanno di noi (e noi di loro)”, in LIMES, “A cosa servono i Servizi”, n. 7/2014, pp. 130-131. ↑
- Nel testo a p. 332 ↑
- E. Corradini, “Da Sun Tzu a Machiavelli, viaggio alle radici del potere invisibile”, https://www.sicurezzanazionale.gov.it/sisr.nsf/storia-dintelligence/alle-origini-del-potere-invisibile.html . ↑
- “Le truppe mercenarie […] non sono affidabili né militarmente né politicamente. La crisi degli Stati della penisola in piena crisi dipende appunto dal ricorso a tali milizie, che fanno della guerra un mestiere. Lo Stato può essere militarmente forte solo se è capace di coinvolgere i cittadini sul piano politico come su quello militare. Deve dunque fondarsi sull’arruolamento dei cittadini o dei sudditi […] non vedeva il conflitto come a un cozzo d’armate, ma come una lotta fra uomini, più spirituale che materiale”. Nel testo a p. 357. ↑
- N. Machiavelli, “L’arte della guerra”, Rusconi, Milano 2016. L’edizione originale del 1521 è titolata “Dell’arte della guerra”. ↑
- Nel testo a p. 361. C. Von Clausewitz, “Della Guerra”, Mondadori, Milano 1997. L’edizione originale è stata pubblicata postuma in tedesco dal 1832 al 1837. ↑
- “L’intero leninismo può essere ridotto all’operazione di traduzione delle leggi della guerra in quelle della politica: è per questo che Lenin incitava i militanti del suo partito a studiare Clausewitz”. C. Milanese, “I principi della guerra rivoluzionaria”, Feltrinelli, Milano 1979, p. 25. ↑
- Nel testo a p. 363 (note). ↑
- N. N. Taleb, “Il cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita”, Il Saggiatore, Milano 2009. In questo testo il filosofo e matematico libanese, naturalizzato statunitense, formula la cosiddetta «teoria del cigno nero» che prende in considerazione il forte impatto di eventi rarissimi. l’espressione «cigno nero», che risale all’antichità romana, si basa sul presupposto, dimostratosi poi falso, che i cigni siano tutti bianchi. ↑
- “Spesso ciò che è normale è irrilevante”. Nel testo a p. 423. ↑
- M. Caligiuri, “Il futuro della democrazia dal “rimosso” e dall’ “irrazionale”?”, in P. Bertella, L. Guzzetti (a cura), “Su per Giorgio. Scritti in onore di Giorgio Galli per i suoi 80 anni”, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2008, pp. 89-95. ↑
- Nel testo a p. 423. ↑
- K. Popper, “Problemi, scopi e responsabilità della scienza”, in Scienza e Filosofia, Einaudi, Torino 1969, p. 152. ↑
- K. Popper, “Congetture e confutazioni. Lo sviluppo della conoscenza scientifica”, Il Mulino, Bologna 2009. ↑
- D. Antiseri, A. Soi, “Intelligence e metodo scientifico”, Rubbettino, Soveria Mannelli 2014. ↑
- M. Caligiuri, “L’insostenibile leggerezza delle élite democratiche”, in GNOSIS, n. 1/2017 pp. 165-173. Vedi anche M. Caligiuri, “La formazione delle Élite. Una pedagogia per la democrazia”, Rubbettino, Soveria Mannelli 2008. ↑
- Nel testo a p. 475. ↑
- A.F. De Toni, “Anticipare il futuro: un viaggio tra intelligence e complessità”, in M. Caligiuri, M. Valentini, “Materiali di intelligence. Dieci anni di studi 2007-2017”, Rubbettino, Soveria Mannelli 2018, in pp. 194- 215.Vedi Anche A.F. De Toni, G. De Zan, “Il dilemma della complessità”, Marsilio, Venezia 2015 e A.F. De Toni, R. Siagri, C. Battistella, “Anticipare il futuro. Corporate Foresight”, EGEA, Milano 2015. ↑
- Nel testo a p. 478. Quando si parla di unione tra ordine e caos si fa riferimento a “sistemi caordici”. ↑
- “I modelli organizzativi meccanicistici alimentano la convinzione secondo cui un leader unico sia il fattore più importante per mantenere un sistema sulla strada giusta”. Nel testo a p. 479. Vedi anche M. Caligiuri, “La formazione delle Élite. Una pedagogia per la democrazia”, cit. ↑
- Nel testo a p. 479 (note). ↑
- Nel testo a p. 480. ↑