Con l’entrata in vigore del Regolamento sull’Intelligenza artificiale (IA Act) che stabilisce regole armonizzate, nasce l’esigenza di associare un ulteriore tassello relativo alla buona governance finanziaria.
Non è singolare, a questo punto, proporre lo sviluppo e la messa in opera di una tassonomia Ue sull’IA, che guardi alla compliance, all’etica e all’accountability dei sistemi IA, al pari di quanto avvenuto per il Green deal europeo, e renda più trasparenti gli investimenti in capitale di rischio.
È un esercizio che richiede uno sforzo filosofico per l’adozione di una linguistica digitale comune o la semantizzazione dell’agire artificiale, un matrimonio tra saperi tecnici e sociologici per caratterizzare i sistemi di IA in base al proprio valore sociale. Una cooperazione tra operatori finanziari e agenti artificiali per sviluppare strumenti finanziari condivisi.
Regolamento europeo sull’intelligenza artificiale in ritardo, ecco perché
La governance europea
L’Ue è in ritardo rispetto alle legislazioni adottate dalla Cina e, come conseguenza diretta, lo sviluppo di intelligenze artificiali da parte di aziende continentali ne risentirà. Nonostante ciò, non tutto è da buttare e va sottolineato che Bruxelles non è rimasta colpevolmente con le mai in mano, pure dovendo superare diversi scogli incontrati lungo il percorso verso la regolamentazione.
La governance europea dell’Intelligenza artificiale (IA) ha già contemplato al suo interno sia spazi legislativi, in primis il Libro bianco sull’Intelligenza artificiale, le risoluzioni del Parlamento europeo, la Direttiva sull’apertura dei dati e le convenzioni etiche, tra le quali le conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo su La Carta dei diritti fondamentali nel contesto dell’intelligenza artificiale e della trasformazione digitale.
Anche gli algoritmi sono per propria natura strumenti di governance: in modo più o meno trasparente propongono raccomandazioni di comportamento nella biosfera e, in modo più o meno programmato, stanno contribuendo ad alimentare le asimmetrie che governano l’infosfera.
La classificazione dei sistemi di IA secondo l’Ocse
La caratterizzazione può definirsi attribuendo a ciascuno sistema uno scoring, determinabile da una media ponderata tra sostenibilità applicativa, trasparenza di funzionamento e preferibilità di mercato. L’individuazione dei pesi e l’attribuzione del relativo valore è l’esercizio più audace. In assenza di un glossario convenzionale e di un’analisi, democraticamente accettata, che spieghi le ragioni politiche di tale esercizio, il rischio è quello di adottare metriche e principi troppo di frontiera per il mondo analogico.
Senza rinunciare all’obiettivo, una base solida di partenza è senz’altro il primo framework sviluppato dall’Osservatorio sull’IA dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).
Qui la caratterizzazione dei sistemi di IA si muove su due livelli di classificazione: ciclo di vita del sistema di IA che prevede:
- Pianificazione e progettazione
- Raccolta ed elaborazione dei dati
- Costruzione e utilizzo del modello
- Verifica, convalida e distribuzione
- Funzionamento e monitoraggio.
Il secondo livello di classificazione segue i principi dell’Ocse e include dimensioni diverse:
- Persone e pianeta
- Contesto economico
- Dati e input
- Modello di intelligenza artificiale
- Attività e output.
Per ciascuna dimensione vengono attribuiti criteri di preferibilità, individuati gli attori coinvolti e lo stato di maturità della tecnologia. Disallineando i diversi insight è possibile definire una tassonomia di base, universalmente accettabile.
Il passaggio al livello “preferibile”, può invece operarsi aggiungendo indicatori di impatto sociale, tecnico e finanziario oltre a unità di misurazione del livello massimo di uno e la “do not significant harm” per gli altri due.
L’ecosistema finanziario
L’ecosistema finanziario dell’intelligenza artificiale vede il coinvolgimento, nel vecchio continente, di attori convenzionali e nuovi player, lo stabilirsi di regole relazionali e forme di cooperazione che approntano soluzioni di investimento sempre più competitive, in cui il lead player diventa la piattaforma di dati, aggiornati in modo decentralizzato da ciascun utente.
Tanto è che, sia l’Open, sia l’Embedded finance hanno eletto la piattaforma data governance come il player più produttivo di nuovi servizi finanziari customizzati.
Sul fronte pubblico, il Consiglio europeo per l’Innovazione ha istituito la prima piattaforma basata sull’Intelligenza artificiale, per la progettazione e il finanziamento di progetti di innovazione. Un ambiente di insight automatici che, da una parte aiuta i proponenti a redigere i progetti, dall’altro sostiene il valutatore nell’individuazione del miglior schema di finanziamento tra l’Eic Pathfinder, Accelerator e Open.
Per il mercato europeo, l’Eic si conferma il primo canale di approvvigionamento di risorse per il sostegno di start-up e spinoff verticalizzate in IA. Il ruolo dell’Eic va a controbilanciare la debolezza, tra numeri di accordi e valore degli investimenti, del settore del capitale di rischio dei Venture capital e Corporate venture Capital.
Le difficoltà di concettualizzazione e di implementazione di una tassonomia qualificata sugli investimenti in IA vanno comunque superate perché, la fotografia del trend dei Venture capital, restituisce un buon indicatore di quali paesi e quali settori stanno attraendo investimenti nell’IA, in che dimensione e per quali ragioni.
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Il Venture capital
Da un report dell’osservatorio dell’Ocse, il Venture capital si conferma la forma di finanziamento in equity più ricorrente per le start-up di IA. L’indagine condotta sul data-set Preqin, ha evidenziato come, su 170mila operazioni di venture capital, più di 20mila hanno riguardato deal su tecnologia di IA, l’11% dei quali ha avuto come destinatari start-up europee.
A livello mondiale, dal 2012 al 2020, i Venture capital hanno investito su 8.300 imprese impegnate nella ricerca, sviluppo e fornitura di sistemi integrati di IA o parti di essi. Dal 2012 al 2020, gli investimenti globali annuali sono passati da 3 miliardi a 75 miliardi di dollari.
Nel 2020, le start-up con sede negli Stati Uniti e in Cina hanno drenato quasi l’80% degli investimenti in capitale di rischio. In Europa il 9% dei Venture capital ha investito in aziende di Intelligenza artificiale. Le start-up europee hanno assorbito solo il 4% di queste risorse, con la dominanza di aziende francesi e tedesche.
Il valore mediano di investimento per i Venture capital fluttua tra i 2 e i 4 milioni di dollari, mentre il finanziamento iniziale di business angel o seed financing è al di sotto di 1 milione di dollari.
La situazione in Italia
Un focus sulla situazione italiana evidenzia che, dal 2012 al 2020, sono stati conclusi 67 deal con imprese verticalizzate in IA. Limitatamente al 2021, 77 dei 262 round di finanziamento, sono stati a favore di IA e Machine learning.
Non è censita la fase di raccolta e le successive fasi di pre-seed e seed. I deal chiusi sono stati 23.
Conclusioni
L’ecosistema degli attori che finanziano con capitale di rischio i sistemi di IA ha già evidenziato una razionalità quasi perfetta nei processi decisionali di investimento.
Abbiamo visto che la valutazione del decisore, a prescindere dalla natura privata o pubblica dell’offerta, è supportata prioritariamente dalle abilità funzionali di piattaforme di data governance. La categorizzazione dei sistemi di IA per livelli di sostenibilità, dimensione dell’impatto e valore finanziario, può contribuire alla costruzione di una governance finanziaria dei diversi modelli di IA comportamentale ma poco euristica.
Bibliografia
Open Innovation made in Italy, Giuseppe Iacobelli, FrancoAngeli, 2018
Etica dell’intelligenza artificiale, Luciano Floridi, Raffaello Cortina Editore, 2022
Oecd publishing, Venture Capital Investments In Artificial Intelligence, 2021
Oecd publishing, Framework for the Classification Of AI Systems, 2022.